28 febbraio, 2006
Cattolicesimo di fronte a Islamismo: la mollezza che distrugge Chiesa, Occidente e Liberalismo.
L'IDEOLOGIA DEL CATTOLICESIMO? NON LA BONTA’, CHE PURE VUOLE FORZA, MA LA MOLLEZZA. Assomiglia a quella della moderna Sinistra di Governo, un ossimoro che descrive bene la mancanza di idee forti del PD, che si ritrova solo su cose secondarie come immigrati, zingari e gay, un po' poco per delineare i Grandi Temi di un partito liberal-socialista di libertà-giustizia-progresso per tutti i cittadini e per tutte le questioni. Davvero, il parallelismo tra l'assenza di idee dei Cattolici e del PD è fondatissimo. E capisco che possano piacere ai giovani, tutti ormai senza idee perché ignoranti (Sinistra-Centro-Destra), idee che vogliono intelligenza-cultura-storia-coraggio. E peggio ancora la Destra che con pseudo-idee di forza vuole dare ad intendere di essere l'unica a opporsi a questa carenza etico-intellettiva. Ma ha un personale così rozzo e ottuso, e ancora più ignorante della Sinistra cattolica (se no, che Destra sarebbe?) da avvalorare ancor più la mia tesi. Come i cattolici fanno passare la mollezza per idee, così la Destra fa passare per idee la durezza. Ma è lo stesso trucco di chi non ha idee, cultura, morale, senso della dignità e della storia...
Ma questo voleva essere solo una premessa del ragionamento vero, che è il seguente:
La mollezza e il curioso understatement con cui il Papa e i giornali cattolici piagnucolano per le continue stragi di fedeli cristiani da parte degli islamisti mi scandalizza e mi offende. Da non credente liberale che sa che l'ingiustizia e l'illibertà sono il vero Demonio, e vanno combattute qui e ora con tutte le nostre forze, se non vogliamo col nostro ritardo esserne complici, mi sento ribollire. Non contro gli Islamisti, che fanno il mestiere loro, ma contro i cattolici. Un comportamento non dignitoso, vergognoso? No, perché non si vergognano, anzi se ne gloriano. Ma il masochismo, l'etica del martirio, a parte che è anche islamista, non si trova né in Natura, né nella nostra grande cultura antropologica occidentale, che ha chiarissime origini pagane, tanto meno in quella etrusco-romana e greca antica (niente in comune coi Greci di oggi) da cui proveniamo. Sa di morboso, di malato. Volevo scrivere qualcosa, ma poiché nella storia delle idee, nella Storia e nella psicologia "tutto è stato già scritto" copio un mio commento apparso su un quotidiano nel 2005. Non vi aggiungo né tolgo una virgola (NV).
.
LA CHIESA NON SERVE CONTRO L’ISLAM: FA SANTE LE VITTIME, PERDONA I NEMICI, È FEMMINA
NICO VALERIO, L’Opinione, 11 febbraio 2006
Molti cristiani, e specialmente i cattolici, hanno idee sbagliate sul ruolo della loro religione in questa fase storica in cui l’Islam, che governa su popoli arretrati, e arretrati a causa dell’Islam, minaccia di far esplodere tutto il suo rozzo potenziale di fanatismo contro l’Occidente, insieme liberale e cristiano.
Ma qui, sùbito, si evidenzia il primo equivoco: che l’Occidente sia oggi cristiano è ininfluente nel confronto con l’Islam, anzi è controproducente. Perché è proprio la mentalità cristiana, specialmente cattolica, all’origine della nostra debolezza di italiani, europei e occidentali. Il Cristianesimo, la Religione Occidentale, non serve all'esercito contro l’Islam, perché è l’arma più spuntata che esista. E' una religione che fa santi i deboli, le vittime, i martiri, i perdenti, che non osanna una vittoria ma venera il Sacrificio, cioè una sconfitta (che altro è la Croce?), perché addirittura perdona i nemici e chi commette i delitti, perché infine contrasta il liberalismo, cioè l’approccio attivistico e laico alla vita, che da sempre è alla base del progresso umano, della scienza, delle nuove idee e della libertà. Quindi, inutile illudersi, la Chiesa cristiana non ci difenderà mai dai fondamentalisti islamici, anche perché essa stessa è rimasta fondamentalista nel suo intimo.
Ma, allora le Crociate? Ecco il secondo equivoco storico: quei vescovi che indossavano la corazza, quei prìncipi che si dicevano difensori del Santo Sepolcro, non erano veri cristiani, ma condottieri e avventurieri che oggi non esistono più, e se esistessero sarebbero sconfessati, perché ormai la Chiesa ha ritrovato le sue vere radici. Nell’Ottocento, grazie ai liberali che le hanno tolto ogni velleità terrena e politica di Stato tra gli Stati, e l’hanno forzata alla pura sfera spirituale, che è l’ambito che le compete.
Ma in questa nuova e antica veste, la Chiesa cristiana si scopre inadatta ad ogni reazione culturale e politica, perché la sua natura è debolissima, passiva, masochista, raffinata, femminile. Mentre l’Islam, non avendo mai trovato sul suo cammino una rivoluzione liberale, è rimasto quello che è sempre stato, cioè una "religione in armi". Ed è quindi l’esatto opposto della Chiesa cristiana: forte, attivo, sadico, rozzo, maschile. E infatti, le due forze asimmetriche non si fronteggiano. C'è solo l'Islam che sta attaccando l'Occidente liberale, non la Chiesa. Perché non le riconosce il ruolo e la forza di competitrice. Perché una cultura maschile come l'Islam pretende un avversario altrettanto maschile: l'Occidente liberale. E anche quando un esaltato sfuggito al controllo colpisce un religioso o un fedele cristiano, lo fa in realtà per colpire l'Occidente liberale.
E dunque anche un bambino capirebbe che in questa situazione di emergenza di fronte all’Islam, per quanto sia nostalgico e gratificante, è perdente puntare sul recupero della Cristianità, della Fede, dei Simboli cari alla nostra religione. Non è certo da lì che possono venire le nostre difese. A meno che non vogliamo ascendere a miglior gloria facendo i martiri. Vedete con che fatalismo inerte la Chiesa accoglie i suoi morti massacrati?
La Chiesa è perdente di fronte all’Islam, anzi ha già perso. E siamo noi, gli Stati laici e liberali, noi cittadini liberali che, anzi, senza saperlo, la stiamo difendendo. Con quel minimo di dignità e di forza che ci resta nelle vene grazie alle istituzioni e alle abitudini virtuose che i nostri antenati, più coraggiosi di noi, crearono.
Da qui dobbiamo ripartire per la difesa dell’Occidente. Dobbiamo attaccare e vincere come gli antichi Romani e i Liberali delle Grandi democrazie laiche che ne sono oggi gli eredi. Loro rappresentano, sì, la forza virile della Libertà. Altro che la mollezza femminea e prepotente della Chiesa. Ed è proprio qui, nella scelta della terapia, nella messa a punto della riscossa, che sbaglia, in parte, la Fallaci, che invece è così brava – da giornalista – nel fotografare la realtà e delineare la psicologia del mondo arabo e islamico.
NICO VALERIO (L’Opinione, 11 febbraio 2006)
L'Oriente della prepotenza. E questa sarebbe la loro "cultura"
La tradizione etnica, la violenza cieca del clan. Sì ma contro una legge non liberale, bensì conservatrice. Un caso curioso, un pasticcio un po' paradossale, ma ugualmente indicativo della complessa società islamica, se lo si va ad analizzare sul piano psico-sociologico.
E' accaduto in Pakistan. Rubina Kousar, 26 anni, infermiera a Mattrai, sperduta zona rurale nel Punjab, è stata violentata per vendetta, come riferisce il Corriere. Si era rifiutata di praticare due aborti, una pratica illegale in Pakistan, a meno di rischio di vita per la madre. «Per sei mesi mi hanno messo sotto pressione, racconta Rubina. I familiari delle due donne erano venuti anche a minacciarmi ma non avrei mai pensato che sarebbero arrivati a questo». Gli agenti hanno arrestato i tre uomini, ma difficilmente Rubina riuscirà ad avere giustizia. Anzi la ragazza rischia la galera. I tre, infatti, negano tutto. E la legge Hudood, approvata nel 1979 durante il regime del generale Zia-ul-Haq, è sicuramente a favore dei violentatori. La vittima dello stupro, per essere creduta, deve trovare quattro testimoni disposti a confermare la violenza. Altrimenti rischia di essere accusata di aver avuto rapporti sessuali fuori dal matrimonio, un reato ( Zina ) punito con la lapidazione.
Ecco, questa gli islamici tradizionalisti chiamano "nostra cultura". Quella che l'Occidente liberale, capitalistico e consumistico vorrebbe cancellare. Protestano contro la Coca Cola (non contro internet, come mai?) ma non contro una vendetta con stupro contro una legge già tradizionalista, illiberale. Segno della complessità dei problemi dell'Islam: il clericalismo teocratico si innesta sull'arretratezza sociale e su una struttura familiare che è essa stessa fonte di crimini. Anche noi, per carità, avevamo il delitto d'onore fino a pochi decenni fa, e ancora abbiamo l'omertà mafiosa nel Sud e il "familismo amorale" d'una certa società italiana, e perfino la piaga - tipicamente italiana - del do-ut-des delle raccomandazioni amicali, che è la vera e trasversale "mafia del 2000" che ci distingue in tutto il mondo.
Magari, insomma, fosse colpa del solo Islam, come pensa la Fallaci, più brava nel fotografare i fatti, da giornalista, che nel proporre terapie possibili. Inutile inveire, come fa lei fiutando da giornalista gli umori del pubblico, contro il "malato", la "vittima" dell'autoritarismo reazionario, tribale e teocratico. Perché in fondo, questo è il popolo islamico: una vittima ignorante delle dittature. E' il difetto di liberalismo nelle classi dirigenti - la democrazia, che è solo voto, non basta - da cui scaturisce il difetto di modernità nella società, il problema principale dell'Oriente musulmano. Sul quale si è innestato poi il fanatismo politico-religioso.
Ma quello della legge penale barbarica è un campo in cui l'intromissione dell'Europa e dell'America sarebbe necessaria. Dovremmo costringere con ogni mezzo gli islamici a cambiare le leggi penali e civili al loro interno. E anche a sostituire mullah e religiosi, scegliendo quelli diplomati in nuove Scuole coraniche dove è vietato fare politica. Perché "tutte le idee e le religioni sono uguali di fronte alla legge", certo. Ma non quelle che limitano la libertà e provocano delitti. E queste vanno perseguite con mano pesante. Non è meglio bombardarli di idee liberali e diritto romano piuttosto che di bombe?
27 febbraio, 2006
Che sceglierà la Chiesa, liberalismo occidentale o fanatismo orientale?
Nell’attuale cosiddetto "scontro di Civiltà" i contendenti non sono una religione contro l’altra. Ma solo il fanatismo assolutistico contro il razionalismo liberale. Ora è il momento di scegliere. I Cristiani protestanti hanno già scelto: il capitalismo e la sua ideologia di riferimento, il liberalismo. Che per attrarre e liberare i popoli schiavi del Terzo Mondo, e per fronteggiare qualsiasi pericolo, hanno tutto quello che serve: libertà individuale, tolleranza, modelli di vita moderna, sviluppo economico, diritto severo, forza bastante. Ma i Cristiani cattolici? Non vogliono o non sanno ancora scegliere.
Civiltà occidentale capitalistica o Islam fanatico? Come si schiererà la Chiesa? Questo, solo questo, è il dilemma. Non esiste una terza via, una via di fuga nello scontro in atto. Altro che appelli per un "Occidente cristiano". L’Occidente è liberale. Nel senso che questa è la sua caratteristica unica e differenziale. E dunque è il capitalismo-liberalismo, geniale invenzione vincente, la facies riconoscibile dell’Occidente. Quella contro cui, però, significativamente, si scagliano encicliche di Papi e sermoni di parroci che tuonano contro "consumismo", "egoismo individualistico", "edonismo", "dittatura del denaro", "capitalismo", "eccessiva libertà", se non addirittura "licenza colpevole". E dunque, chi difende davvero, e chi invece fa la fronda contro l’Occidente? Il liberalismo o il cattolicesimo? E voi, dite la verità, vi fareste difendere contro un nemico rozzo e determinato da chi fa la fronda, divide il capello in quattro, ed è pure disarmato?
Un episodio divertente: l'antica maestria del "guanto di velluto"
"Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire". L’errore di Manzoni è stato mettere questa frase in bocca al Conte zio di don Rodrigo, e non ad un monsignore o cardinale, come sarebbe stato più efficace nella psicologia dei personaggi. Un ritaglio su un piccolo episodio, un aneddoto minore, che ci fa sorridere di nostalgia. Fa venire in mente questa frase manzoniana che noi sappiamo, invece, essere tipica della Chiesa e dei partiti-chiesa. Perché, come tutti i piccoli eventi della vita quotidiana, spiega ambiente, persone e metodi, meglio di saggi seriosi. E che ricorda tanto le vecchie scuole delle suore o dei preti, dove si usava con maestria unica la "mano di ferro in guanto di velluto", o le sezioni del vecchio Pci, quando i compagni non sapevano più che cosa era la nuova Cosa, diciamo dopo Berlinguer. Molto divertente. Basta mettere, al posto del drappello di provocatori gay, studenti contestatori, preti eretici, o la solita fazione dissidente. Ammirate la straordinaria abilità nel neutralizzare in modo incruento il gruppetto di sprovveduti rompiscatole. Eh, la tradizione del Potere cattolico non è acqua, ragazzi.
"Ci hanno discriminato nella Pontificia Università Lateranense impedendoci di intervenire a un dibattito sull’omosessualità e di controbattere alle affermazioni dei relatori", hanno denunciato al Corriere della sera una decina di gay, lesbiche e trans aderenti al coordinamento "Facciamo breccia", movimento impegnato a sostegno della laicità delle istituzioni [Grazie, amici, per la citazione liberale e laica della "Breccia di Porta Pia", cioè il celebre buco nelle mura papaline. Però, tra tutte le immagini liberali siete andati a trovare proprio questa... Consentitecelo: sembra che le battute dei tipacci alla Storace ve le cerchiate... NdR] "Volevamo partecipare pacificamente all’unico dibattito aperto al pubblico nell’ambito di una cinque giorni seminariale su "La questione omosessuale: psicologia, diritto e verità dell’amore" - spiega Maria Ornella Serpa - ma ci hanno impedito di entrare nel salone dove stava per iniziare l’incontro e ci hanno rinchiusi in una sala secondaria collegata via audio con la scusa che non c’era posto".
"Al termine delle relazioni "tutte dal contenuto omofobico - continua Serpa - volevamo intervenire al dibattito, ma ci è stato imposto di scrivere le nostre domande con la promessa che i relatori avrebbero risposto. Ma nessun nostro quesito ha raggiunto i relatori...". Il gruppo di omosessuali ha iniziato a lamentarsi, raccontano sempre i militanti, ma "uomini della vigilanza interna all’ateneo ci hanno strappato dai vestiti gli adesivi con su scritto "sono gay" e "sono lesbica"". Quando gli omosessuali hanno provato a protestare, sono subito intervenuti agenti di polizia del Commissariato Esquilino che li hanno identificati e poi lasciati andare. "Così nel frattempo il convegno era finito - aggiunge Serpa - e allora ci hanno invitato a uscire". Inutile ieri ogni tentativo di chiedere repliche alla Pontificia Università Lateranense: gli uffici sono aperti dal lunedì al venerdì".
24 febbraio, 2006
Economia e rifiuti. Dalle balle degli ecologisti alle "eco-balle"
A Roma gli ambientalisti sono al governo con il Centro-sinistra da 13 anni - scrive in Cronaca il Corriere della sera - eppure la raccolta differenziata dei rifiuti praticamente non c'è. Né viene spiegato il mistero dei termovalorizzatori, impianti che potrebbero risolvere il problema delle discariche bruciando i rifiuti e producendo energia elettrica. Vogliamo fare come la Campania, che da anni spedisce i rifiuti sotto forma di "ecoballe", in Germania e in Polonia, dove sono utilizzati come combustibili per i termovalorizzatori, che lì, invece, ci sono e funzionano?
E il paradosso non è soltanto nell’incredibile viaggio da Napoli a Düsseldorf e Katowice che si ripete ogni giorno. Il fatto è che per la fornitura di quel combustibile - continua l'articolo - non sono gli inceneritori tedeschi che pagano l’Italia, ma esattamente il contrario. Noi paghiamo i tedeschi perché producano energia con la nostra immondizia. E a caro prezzo, se si pensa che l’emergenza rifiuti in Campania costa centinaia di milioni l’anno. Senza considerare lo spreco e l’inquinamento che producono le discariche. Eppure, contro ogni ragionevolezza, anziché battersi concretamente per la raccolta differenziata e i termodistruttori, ambientalisti e spezzoni della sinistra hanno pensato bene di dichiarare guerra totale agli impianti che producono energia dai rifiuti. Ed è uno dei motivi non trascurabili per cui i sacchetti dell’immondizia vanno ancora in discarica. Ma davvero per l’ambiente è preferibile una situazione come quella di Malagrotta (chiedere a chi abita lì vicino o anche a chi passa sull’Aurelia nei giorni in cui il vento spira da una certa direzione) a un impianto che ricicla l’immondizia trasformandola in energia elettrica?
Come per la liberalizzazione dei taxi, anche per i rifiuti è arrivato ora il momento di cambiare registro. Si sostituiscano pure i vertici dell’Ama [l'azienda che dovrebbe raccogliere i rifiuti a Roma. NdR], ma se non si affronterà con decisione la faccenda dei termodistruttori (con i quali in tutti i paesi civili viene risolto il problema dello smaltimento dei rifiuti), nel pieno rispetto dell’ambiente e soprattutto con la più assoluta trasparenza, sarà inutile. E presto anche l’immondizia di Roma prenderà la via della Germania e della Polonia: a nostre spese. Vogliamo arrivare a questo?"
Siamo ammirati dell'inusitato coraggio della redazione romana del Corriere, finora vicinissima al sindaco Veltroni e alla giunta di sinistra del Comune di Roma, tanto che non pubblicava la più piccola critica su Estati Romane o Notti Bianche, bus inefficienti, traffico caotico e buche sulle strade. Che è successo?
Ottusi del quartierino. "Illiberale l'Islam? Diventiamo illiberali anche noi"
Eravamo preparati a combattere mascalzoni di Sinistra, ma ora dobbiamo combattere anche furbetti di Destra. E gli ottusi che gli vanno dietro. Che faticaccia. Dal catto-comunismo al clerico-fascismo, fino alla Destra finto-spiritualista - in realtà calcolatrice - delle Crociate. Ecco dove può arrivare l'idiozia umana, l'ignoranza della Storia. Sempre sorvolando, evitando, bypassando il liberalismo.
Perché questo è il problema della Destra in Italia: non ha conosciuto il liberalismo come in America e Gran Bretagna. Là i religiosi hanno addirittura fondato lo Stato laico e liberale. Infatti erano protestanti, non cattolici. Qui i religiosi lo hanno combattuto. Infatti erano e sono cattolici. Possibile che gli ultra-conservatori clericali italiani non lo capiscano? Ma se fossero intelligenti non sarebbero quello che sono. Perciò i neo-con e i teo-con possono esistere solo negli Stati Uniti: qui si chiamano, traducendo in francese "nuovi coglioni" e "teologi coglioni". Non erano i teologi del passato a parlare di "santa stupidità"? Ecco: i "coglioni di Dio". Senza offesa per quest'ultimo, s'intende, che non c'entra niente e che viene messo in ballo da chi neanche se lo merita.
Ora criticano chi come noi si rifiuta di firmare il Manifesto Crociato di Pera. "Troppi distinguo", "Spaccate il capello in quattro...", lamentano. Mentre il nemico è alle porte. Intendiamoci: odiamo anche noi chi spacca il capello in quattro (vedi tipica sinistra cattolica...). Ma qui è diversissimo: si buttano a mare i liberali e si riesumano i Crociati. Si dice che contro l'Islam fanatico sarà la Chiesa a difenderci, figuriamoci, anzichè un rinnovato e forte liberalismo. C'è un abisso. Ed è anche una sciocchezza assurda: mai la Chiesa difenderà la libertà. La Storia lo insegna. Pensa solo alla "sua" libertà. Il Manifesto di Pera è solo politica furbetta per avere i voti cattolici alle elezioni. Illusi: è statisticamente dimostrato che i cattolici votano per i partiti più diversi...
Quindi 100 volte sì all'orgoglio dell'Europa contro i nuovi nazisti islamici, ma solo aumentando il liberalismo, non diminuendolo. Se no, sarebbe la vittoria dell'Islam: possibile che non lo capite? O Islam arabo o Islam vaticano, sempre Islam sarebbe.
Infine, quale "relativismo"? Ma di che parlano? Per il liberalismo idee e religioni sono tutte uguali tra loro in teoria, ma con la supremazia assoluta dell'idea di libertà e del sistema liberale. Galera dura per chi fa il più picco atto criminale e attenta alla libertà - anche delle idee - degli altri. Come fanno spesso non solo i fanatici dell'Islam, ma anche quelli della Chiesa cattolica. I primi ammazzano i corpi, i secondi le menti. Se questo per loro vuol dire "spaccare il capello in quattro", vuol dire che sulla testa senza cervello hanno un solo capello, del diametro di mezzo metro.
Ecco che cosa c'è sotto il Manifesto dei nuovi Crociati, che ha apposta un inizio così bello per attrarre i pirla: calcolo, furbizia, ottusità e nessun amore per la libertà.
Era ora, finalmente si bruciano anche le bandiere italiane...
Era ora! Finalmente, dopo 150 anni, qualcuno brucia una bandiera italiana. Gli ultimi saranno stati i popolani del Papa dopo la caduta della Repubblica Romana, o le plebi meridionali che arrivarono a Napoli seguendo il cardinale-generale Ruffo di Calabria. Certo, da una parte, come liberali che hanno sempre avuto come simbolo la bandiera, ci dà molto fastidio. Ma, sempre come liberali, sappiamo che i fanatici studenti della scuola coranica di Qom che a Teheren hanno bruciato i tricolori davanti alla nostra ambasciata un po' di piacere ce l'hanno fatto. E come? Be', intanto, prendendoci finalmente sul serio. Era tanto tempo che ciò non accadeva. Finora, ditemi voi a chi sarebbe mai venuto in mente di bruciare in piazza simbolicamente la nostra bandiera? Con quello che costa: per colpa d'una economia assistenziale e protezionistica ogni bandiera italiana viene a costare un'enormità alla ditta produttrice. Sapendo oltretutto che quei cacasotto di italiani neanche reagiranno. Che gusto c'era? Ora, invece, questi cento studentelli un po' ci rianimano. Sta a vedere che li ha pagati la Digos, per tirare sù il morale italico e dare un po' d'importanza all'Italietta depressa. Ma non basta. Dopo l'esempio di Israele, dove si è scoperto un florido commercio - e te pareva - che esporta a caro prezzo bandiere di mediocre fattura con la stella di David verso Palestina, Libano, Siria e altri Paesi anti-sionisti, dove "vanno come il pane" - ha detto un cinico importatore - e dove verranno bruciate per essere subito sostituite da nuovi vessilli (il consumismo di questi cortei anti-occidentali è incredibile...), a Palazzo Chigi per incrementare un pò il prodotto lordo stanno pensando di favorire, grazie ad appositi ministri provocatori (nel Terzo mondo il mercato, si sa, ha bisogno di starter), i cortei di protesta anti-italiani. All'uopo, un furgone della Presidenza del Consiglio, seguirà d'ora in poi tutti i cortei anti-italiani nei Paesi islamici. E sarà stracarico di bandiere. Roba da stadio. E niente omaggi, le deve vendere tutte. Anche per provare "sul campo" che effetto fa alla folla degli acquirenti quel particolare nuovo verde bandiera standard ideato l'anno scorso per eliminare le 100 variazioni di verde e differenziarci finalmente da Ungheria e Messico. Ma a parte che un pittore amico mio dice che la nuova bandiera col nuovo verde fa schifo ed è meglio bruciarla, è chiaro che per un investimento di mercato così ambizioso un solo Calderoli non basta: ce ne vorrebbero 100, 1000, 10 mila. Comunque, fratelli d'Italia, benvenuti di nuovo tra le Grandi Potenze.
Orecchie indiscrete. Fini e Pisanu laicisti contro il clero-neofita Pera?
E a proposito di Stato laico, si scopre che sono più laici (o laicisti: è lo stesso in italiano) un ex democristiano e un ex fascista che certi finti liberali teo-con (in francese, lett.: "coglioni di Dio") , neo-con ("nuovi coglioni") o neofiti convertiti di nostra conoscenza. Riflettete, gente. Siparietto gustoso ieri tra il ministro Pisanu, FI ed ex Dc, e il ministro Fini, An, sulla laicità dello Stato. Con tanto di indovinello con suspense, come scrive la brava Laura Cesaretti (Velino, rif. su Legno Storto). Ore 14.35: Pisanu risponde ad una serie di domande al termine dell'audizione davanti alle commissioni Affari costituzionali ed Esteri, tracciando le linee che il Governo ha adottato sulla "promozione del dialogo interreligioso". Spiega Pisanu che "abbiamo fatto attenzione a limitare la nostra azione pubblica alla promozione del dialogo, badando bene a non interferire sui contenuti di quel dialogo. È una cosa che mi hanno insegnato in parrocchia, la laicita' dello Stato" [cioè che lo Stato non deve mettere becco nelle questioni religiose, tantomeno tra religione e religione. NdR]. Ridono i parlamentari presenti. Il ministro Fini si rivolge scherzosamente ad alcuni interlocutori, e si capisce chiaramente una frase incompleta del leader di An: "sono sempre i neofiti che…". Poi si mette la mano davanti alla bocca accorgendosi di avere davanti un microfono. I cronisti delle agenzie non hanno colto la battuta del ministro degli Esteri, e si vedra' se i nei resoconti stenografici della seduta la battuta di Fini sara' piu' comprensibile. Quale sara' il neofita più realista del re cui accennava il leader di An? Pera o Ratzinger, Ruini o Ferrara? Lo sapremo presto. Ma secondo noi (e anche secondo il titolo interrogativo del Velino), è Pera.
23 febbraio, 2006
Storia e filosofia elettorali. Occidente in crisi? Sì, di confusione
Il prof. Pera era un mio punto di riferimento fino a cinque anni fa, cioè fino a quando non diventò presidente del Senato. Se ne tornava da solo verso casa traversando piazza Navona e percorrendo via Tor Millina affollata di tavolini di bar, birrerie e localini di musica, tra la folla di giovani e turisti di provincia che credono di trovarsi nel Quartiere latino di Roma, anziché nel commerciale "triangolo delle bevute". Il contrasto tra la sua figura di intellettuale alto e solitario, un po’ goffo con quell’andatura troppo impettita, e i ragazzacci in jeans dalla vita bassa che gli scorrevano attorno rumorosi, era feroce e grottesco. Che ci faceva uno così in mezzo a quella marmaglia di nottambuli fumati, mi veniva di pensare. Ma abitava lì dietro.
"Finché ci sarà Lei, ci saremo anche noi sul versante liberale" gli abbiamo detto un paio di volte, forse in tono enfatico, sentendoci subito ridicoli come fans d’un cantante rock. E Pera, che è una persona semplice e alla mano, come molti professori abituati agli studenti, si mostrava stupito e infastidito solo quando si accorgeva di essere diventato un simbolo di qualcosa per qualcuno. Il che – oh santa ingenuità – mi confermava che era proprio "un liberale e un laico" che non crede a certi fanatismi. Alzava le spalle e faceva qualche gesto con la mano. Che oggi, però, interpreto come: "Eh, caro mio, se lei mi conoscesse davvero nell’intimo…" E col senno di poi, chissà se quel fastidio evidente che arrivava solo ad una certa frase era il segno della "coscienza laica" che già cominciava a rimordergli, per le troppe e troppo repentine svolte ideologiche e culturali, come ha documentato il
libro di De Lucia.Ripensavamo alla figura austera di Pera, al suo essere evidentemente fuori posto e fuori del coro, quando abbiamo cominciato a leggere il suo Manifesto o appello per la dignità dell’Europa – un bel titolo che gli regaliamo – meravigliati di non trovare intoppi, anzi sempre più entusiasti. Come ai vecchi tempi. "Be’, stavolta questo glielo firmiamo. Finalmente…"
"L'Occidente è in crisi. Attaccato dall'esterno dal fondamentalismo e dal terrorismo islamico, non è capace di rispondere alla sfida. Minato dall'interno da una crisi morale e spirituale, non trova il coraggio per reagire. Ci sentiamo colpevoli del nostro benessere, proviamo vergogna delle nostre tradizioni, consideriamo il terrorismo come una reazione ai nostri errori. Il terrorismo, invece, è un'aggressione diretta alla nostra civiltà e all'umanità intera.L'Europa è ferma. Continua a perdere natalità, competitività, unità di azione sulla scena internazionale. Nasconde e nega la propria identità e così fallisce nel tentativo di darsi una Costituzione legittimata dai cittadini. Determina una frattura con gli Stati Uniti e fa dell'antiamericanismo una bandiera"
Fin qui bene. Poi la confusione concettuale, una serie di sfondoni storici e filosofici, e il tutto finisce in Gloria. Cioè nel nulla:
"Le nostre tradizioni sono messe in discussione. Il laicismo o il progressismo rinnegano i costumi millenari della nostra storia. Si sviliscono così i valori della vita, della persona, del matrimonio, della famiglia. Si predica l'uguale valore di tutte le culture. Si lascia senza guida e senza regola l'integrazione degli immigrati. Come ha detto Benedetto XVI, oggi "l'Occidente non ama più se stesso". Per superare questa crisi abbiamo bisogno di più impegno e di più coraggio sui temi della nostra civiltà"
Un capoverso così non passerebbe la maturità classica. Che infatti Pera non ha sostenuto, se viene dagli istituti tecnici. Il laicismo rinnega le tradizioni? Ma se è proprio il laicismo la vera tradizione europea! La Riforma protestante, una delle basi del liberalismo e del laicismo, l’illuminismo, il razionalismo, la Rivoluzione francese, e il liberalismo politico vero e proprio, hanno eliminato il temporalismo della Chiesa, e confermato la base laica del vivere comune. Cioè la religione è foro individuale, non foro pubblico. E' cosa vecchia, tradizionale, appunto, in Europa. Quindi, per favore, rispettare le tradizioni. Le reazioni della Chiesa (Controriforma, Inquisizioni, Sanfedisti ecc) furono perdenti. Il modello che s’impose fu l’altro, quello laico o laicista (
sono termini solo italiani, sinonimi, come mostrano i dizionari). Non parliamo poi delle grandi e generalizzate tradizioni mercantili e capitalistiche, laicissime di per sé, dalla civiltà del Comuni fino alle varie Compagnie delle Indie di Olanda e Regno Unito. Anche a non voler considerare, essendo liberali, l’importanza del socialismo in Europa, comunque sempre laicista Ma anche prima, perfino Boccaccio e Dante, due nomi a caso per limitarci ai fondamenti della Grande Tradizione culturale italiana, hanno una visione laicista e anticlericale della vita. E infatti la Chiesa li mise all'Indice, ponendosi - lei sì - fuori del solco principale delle tradizioni europee. E prima ancora, la grande civiltà laica dei Romani, la cui unica vera religione era il diritto. Ma perfino la Magna Charta inglese (quell'acca mancante nel logo di Pera, invero, mi aveva fatto pensare ad una mancanza di basi culturali...), che è del Duecento garantisce le libertà personali ma anche l'indipendenza del potere laico dalla Chiesa. E poi, che c'entra l'accenno al Papa, tanto per finire in Gloria? Figuriamoci, con la Chiesa che è ancora più debole dell'Europa laica contro i fanatismi islamici. Peccato, un capoverso da bar.
20 febbraio, 2006
Quel Socrate che parlava al computer di libertà di scienza. Anzi, di libertà
Ormai poteva "parlare" solo grazie ad uno speciale programma che leggeva il movimento dei suoi occhi su uno schermo del computer. La sclerosi laterale amiotrofica gli aveva distrutto tutte le cellule motorie del sistema nervoso. I suoi muscoli volontari non rispondevano più ai comandi del cervello. E gli ultimi a resistere e a crollare, evidentemente, sono stati quelli della respirazione.
Con Luca Coscioni, un uomo appassionatamente razionale che ci rimanda ai tempi remoti in cui i filosofi erano anche uomini saggi, scompare una figura eroica che senza falsi pudori aveva messo la propria gravissima e inesorabile malattia a disposizione degli altri, delle generazioni future, per un lucido investimento politico e morale a beneficio di tutti: la libertà della scienza, la libertà della terapia, la libertà di vivere e di morire, ma anche di guarire. Magari con l'utilizzo di quelle cellule staminali che oggi alcuni ottusi conservatori, religiosi o laici, vogliono vietare, macchiandosi d'una crudeltà insensata che in nome della "divinità" dell'uomo, nega sia la divinità, sia l'uomo.
Ma con Luca non perdiamo, semmai acquistiamo il simbolo di quel laicismo nobile e rigoroso, che purtroppo deve essere eroico per diventare notizia, e di quell'amore per la scienza che in altri tempi - non oggi - sarebbero stati alla base di ogni personalità e politica davvero liberale.
Agli amici radicali, che altrettanto eroicamante lo hanno sorretto fino in fondo, vogliamo far pervenire il cordoglio del Salon Voltaire, nella speranza, anzi con la certezza che la battaglia di Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica continui con maggior forza, e diventi la lotta di tutti noi per tutte le libertà, nessuna esclusa, contro ogni oscurantismo, nessuno escluso.
Liberali preoccupati. "E' questa la gente che dovrebbe governarci?"
Una sola concorrenza sembra funzionare in Italia: quella delle stupidaggini e delle prese di posizione sbagliate. Alle volte i due poli sembra che facciano a gara. Alle elezioni di aprile vincerà non chi non ne avrà fatte, ma chi ne avrà fatte di meno, o meno gravi. Non si fa in tempo a lamentare lo scarso liberalismo e la poca efficienza d’una parte, che l’altra fa addirittura molto peggio, torna all'anti-americanismo, all'anti-patriottismo, all'anti-semitismo. Nessuna meraviglia: sotto elezioni è il momento dell'orgogliosa affermazione delle "identità", sia pure le più squallide
I liberali di base sono perplessi e anche un po' scandalizzati. Ne è una prova l’accorata lettera che Piero Mazza ci scrive testimoniando il proprio sconcerto per l'alternativa che si prepara in Italia. Fino a ieri, credeva di poter fare una certa scelta, sia pure sofferta, ma ora?
"Sono veramente in crisi", scrive Mazza. "Dopo la solenne delusione causata dal lungo governo Berlusconi (idee magari potenzialmente buone, ma realizzate in modo superficiale e inconcludente), veramente non saprei a chi dare la preferenza quando verrò chiamato a compiere il mio dovere di cittadino. Provare a cambiare e votare per la coalizione di Centro-sinistra? Non più! Sono rimasto troppo scioccato da quel che ho visto oggi, 18 febbraio, al Tg delle 20:30. Un corteo di estrema sinistra, capeggiato da loschi personaggi come Rizzo e Diliberto, che, col pugno alzato, gridavano vergognosi slogan contro l'America ("Mille Nassirya!"), contro Israele, e a favore - manco a dirlo - di una Palestina libera e indipendente. "Libera e indipendente" con i rappresentanti dei terroristi di Hamas al governo? Personaggi che sarebbero felici di vedere intestata una via o una piazza a Yasser Arafat, un terrorista che per tanti anni è stato l'unico vero impedimento all'agognata pace in Medio Oriente. Sarebbe dunque questa la gente candidata a governarci prossimamente? È scandaloso, davvero: scandaloso! Piero Mazza, Milano".
Caro amico, capisco e condivido il "grido di dolore". Però lei che è ormai uno dei nostri, visto che le arriva da mesi la News-letter Salon Voltaire, avrà imparato a conoscermi meglio di quelli che leggono questo nuovo sito dallo stesso nome. Amo i paradossi e le rispondo: "per fortuna". Come fanno i cani o gli scemi di paese? Danno in escandescenze quando tutt'intorno percepiscono agitazione. E così avviene in politica. Per fortuna i "cretini politici" - una specie a sè, irrecuperabile, numerosissima in Italia - si svegliano dal proprio torpore catatonico proprio quando avvertono nell'aria quella speciale elettricità che precede le elezioni. Sono ottusi? E meno male. Anzi, loro sono convinti di essere furbi, pensi un po'. Credono, con queste mascalzonate, con questi apparenti "errori", di fare il pieno dei propri votanti. Ma sono voti già acquisiti dal loro schieramento. Solo che dopo un corteo del genere i voti della sinistra estrema si redistribuiranno in modo diverso tra i partiti.
E riguardo ai voti esterni, che accade, invece? Che disgustando ancor di più gli incerti, questi gratuiti estremisti spacciati per "emotivi" o "spontanei", finiscono per mettere sull'avviso solo gli estranei, i voti in libera uscita, i progressisti democratici che si illudevano magari di aver individuato un'alternativa al poco o punto liberalismo, all'eccessivo conservatorismo democristiano del Centro-destra, e si preparavano magari a confluire. Macché, loro glielo impediscono, non vogliono annacquamenti, contaminazioni. Esigono la purezza islamica della base elettorale, un'identità etno-antropologica certa, da opporre poi al tavolo dei negoziati coi Ds e con tutta l'Unione. Insomma un deterrente. Giochi politici interni, caro amico. Che nessuno ammetterà mai. Chiamiamola "pulizia etnica" del voto.
E poi, da liberale, sa qual è lo sfregio che più mi ha dato fastidio? Che proprio lungo la romana via Cavour, bella e larga arteria costruita dai liberali piemontesi, i mascalzoni (per citare l'invettiva del liberale Antonio Martino) hanno urlato di voler sostituire al nome dell'unificatore dell'Italia quello del manigoldo Arraffat, che non solo organizzava attentati contro Israele facendo l'agnellino (e truffando pure quegli ingenui del premio Nobel), ma ha anche diviso e derubato il suo stesso popolo. Ma, a differenza del grande Cavour, lui solo perché è morto comincia a fare del bene ai suoi.
17 febbraio, 2006
Diritto & rovescio in Italia: Cristo "ridotto allo stato laicale". E i cattolici gioiscono...
Poteva accadere solo in Italia, grande, spettacolare Paese della follia e del paradosso, abitato da 40 milioni di cittadini che si comportano come personaggi di Pirandello e Pulcinella, e che nascondono nel chiuso delle famiglie (un caso ogni 2 nuclei familiari, secondo l'Istituto Superiore di Sanità) psicopatologie d'ogni tipo.
Pensate: giudici sbagliati che emettono una sentenza sbagliata perfino sulla natura dell'oggetto del contendere. Sentenza che, come se niente fosse, pur di andare contro la libertà religiosa e il rispetto delle differenze - base del liberalismo - arriva al punto di negare la religiosità del simbolo unico, il più alto, del Cattolicesimo: il crocifisso. Incredibile, se non blasfemo, direte voi. E invece no. Mica siamo in un Paese islamico, qui, per fortuna, abbiamo un altro genere di fanatici, minori o minorati non si sa. Fatto sta che anche la reazione alla sentenza è vistosamente sbagliata: i cattolici integralisti - minoranza tanto più rumorosa quanto più lontana, diciamo così, dal Logos - lungi dall'arrabbiarsi, fare le barricate e assaltare il Consiglio di Stato, plaudono, sorridono, credono di aver vinto. Preferiscono, da ottusi, essere considerati tradizionalisti piuttosto che cattolici. Del resto, la loro scarsissima frequentazione delle chiese - lamentano le stesse autorità religiose - parla chiaro. Minchioni è dire poco: non si accorgono che Gesù è stato "ridotto allo stato laicale"?
E' questo che abbiamo subito pensato, mentre commentavamo a caldo la paradossale e ininfluente sentenza di un organo giurisdizionale amministrativo su cose che neanche la Corte Costituzionale si azzarda a trattare: crocifisso, religione, laicità e quindi libertà di religione di tutti i cittadini. Ma aspettavamo che qualcun altro lo dicesse. Tempo un giorno, e Silvio Viale, noto medico e intellettuale torinese, ha rilasciato una dichiarazione all'agenzia Notizie Radicali che esprime lo stesso concetto.
"La riduzione allo stato laicale del crocifisso, espropriato del suo significato religioso, è una offesa alla Chiesa ed ai cattolici praticanti, indice di una superficialità ideale e di pensiero che deve fare riflettere ogni sincero democratico. E' però il segno dei tempi, per cui l'80% degli italiani si dichiara cattolico, ma ognuno a modo proprio e senza impegni, mantenendo comportamenti non certo in sintonia con gli insegnamenti del Catechismo e della Chiesa. Se da un lato questo rimarca la dicotomia tra chiesa e fedeli, per cui la Chiesa dovrebbe preoccuparsi delle posizioni che assume, dall'altro esalta un generico spirito di appartenenza che nel simbolo vede solo un epifenomeno.
"Il rischio concreto - continua Viale - è che tutto ciò si possa tradurre nell'esaltazione dell'intolleranza e della faziosità sciovinista, anche se è più probabile che finisca per alimentare l'indifferenza di massa verso la religione e le sue regole, per cui il crocifisso, come i sacramenti, il catechismo o l'obbligo di santificare le feste diventa una pratiche da sbrigare e di cui non tenere conto nella vita quotidiana.
"Nella classe di mia figlia c'è il crocifisso - conclude Viale - nel mio ospedale c'è il crocifisso, anche nei locali delle IVG [interruzioni volontarie di gravidanza"]. Dovrei essere felice del fatto che da oggi debba essere considerato poco più di u soprammobile, ma non lo sono perché così facendo si offende chi in quel simbolo ci crede davvero. E' da loro che mi aspetto la rivolta. Pensate un po' se agli islamici si fosse detto che il Corano è un simbolo laico?"
In quanto a noi, dopo la premesse, da liberali rispettosi di ogni libertà e di ogni religione, ci scappa solo questo commento: parole sante. E non lo correggiamo.
# Nico Valerio 16:59
La Sinistra come la Destra: libertà di ricerca scientifica assente dai programmi
"La libertà di ricerca scientifica e la riforma della politica del governo Berlusconi in materia di cellule staminali embrionali non hanno cittadinanza nel programma della maggioranza ma nemmeno in quello dell'Unione". A denunciarlo - riporta l'agenzia Notizie Radicali - e' Marco Cappato, segretario dell'associazione Luca Coscioni e membro della segreteria della Rosa nel Pugno, in apertura dei lavori del primo incontro del Congresso Mondiale per la libertà di ricerca scientifica, organizzato dall'associazione Luca Coscioni.
"E' suicida e controproducente presentarsi agli elettori e non dedicare nemmeno una riga di programma alla libertà di ricerca scientifica e all'idea di sbloccare i fondi comunitari sulle cellule staminali embrionali, bloccati - ancora una volta - da questo governo". "La nostra lotta è cominciata nell'estate 2004 - ha proseguito Cappato - mentre come Associazione Luca Coscioni raccoglievamo le firme necessarie per convocare il referendum e per abolire la legge 40. Negli stessi giorni però ci rendemmo conto che, anche al di là dei nostri confini, in sede ONU, si tentava di far passare una messa al bando internazionale di quella ricerca vietata in Italia". Da allora le battaglie dell'associazione si sono spostate anche sul piano internazionale, a cominciare da un appello di 77 premi Nobel "che da tutto il mondo ha spiegato l'esponente della Rosa nel Pugno - chiedevano regole, e sottolineo regole, che affermassero il diritto alla vita e alla salute, garantendo libertà di scienza, coscienza e conoscenza".
Marco Cappato ha lanciato un appello alla mobilitazione, innanzitutto per tutti i presenti al congresso, che "si rendano protagonisti raccogliendo adesioni di illustri scienziati e di semplici cittadini per presentare una petizione al Parlamento Europeo. Una petizione - ha concluso Cappato - per aiutare prima di tutto i politici italiani a prendere un impegno affinché affermino chiaramente che i finanziamenti alla scienza non vanno bloccati per ragioni meramente ideologiche".
16 febbraio, 2006
Tarallucci e vino. Si riduce a poco il "mercato libero" dei servizi in Europa
Poteva essere una grande riforma liberale, ma così non è stato. Una prima decisione del Parlamento Europeo (cui seguiranno altre tappe, il che ci fa sperare) ha trasformato profondamente quella che, come bozza, era un provvedimento teso a "diminuire la burocrazia e a ridurre i vincoli alla competitività nei servizi per il mercato interno". La Direttiva Bolkestein si prefiggeva di imporre ai 25 Stati membri dell'Unione le regole della concorrenza commerciale, senza alcun limite, in tutte le attività di servizio"; cioè in "ogni attività economica che si occupa della fornitura di una prestazione oggetto di contropartita economica". In pratica, un po’ tutto sarebbe cambiato in Europa nel mercato dei servizi. Per un continente in profonda crisi almeno dal 2001, sarebbe stata una ventata liberista senza precedenti, sicuramente l’occasione d’oro per la rinascita economica e sociale, visto che i vantaggi d’un mercato davvero libero li godono soprattutto i consumatori, prima ancora dei produttori. Macché, hanno prevalso le resistenze conservatrici trasversali, e il blocco della solita sinistra europea.
Ci avevano messo sull’avviso, è vero, il popolo dei no-global e in genere i reazionari dell’ultra-sinistra (e anche dell’ultra-destra), che l’avevano chiamata "un esperimento di liberismo selvaggio", "un attacco all’Europa sociale" e la "negazione del Welfare", i primi, "una legge troppo liberista", i secondi. E non solo il temibile gruppo "Attac", ma nel suo piccolo perfino il comune di Foggia, si erano dichiarati molto contrari. Ma i timori degli anti-liberali europei, purtroppo, non si sono concretizzati. Così, la Direttiva si è ridotta a ben poca cosa, ed ha escluso tanti servizi che interessavano i cittadini, dalle banche ai trasporti.
Per sapere come si è arrivati alla votazione e al testo attuale, rimando all’articolo di
JimMomo
Scienza e etica a Roma: dalle staminali alla libertà dell'uomo
"Difendere la libertà di ricerca scientifica oggi, nel mondo, significa difendere la libertà personale tout court, e la democrazia. Promuovere l’educazione e la cultura scientifica, esportare la scienza, sarebbe il modo più efficace e meno cruento per diffondere il benessere e la democrazia nei Paesi ancora arretrati e autoritari". Queste belle parole, in sintesi, sono l’inizio della relazione del prof. Gilberto Corbellini, docente di Storia della medicina all’Università di Roma, impegnato da anni nella battaglia a favore della libertà della scienza. Ma sono anche l’incipit del primo meeting del Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca Scientifica che si svolge da oggi a sabato 18 a Roma (Protomoteca del Campidoglio), organizzato dall’Associazione per la libertà della scienza Luca Coscioni.
Un grande avvenimento, denso di significati non solo per la libertà intellettuale, oggi messa in pericolo perfino in Occidente dal curioso revival del vecchio oscurantismo antiscientifico dei cristiani fondamentalisti, ma soprattutto perché individua nella libertà della ricerca il mezzo dell’evoluzione culturale, economica e politica dell’Occidente. Insomma una ricerca libera potrebbe essere quel "bombardamento" di idee e razionalità che, solo, può vincere gli assolutismi teocratici e il fanatismo religioso dell’Oriente pan-islamico. Peccato, però, che un pò di quella stessa intolleranza ce l'abbiamo in casa.
Numerosa e di prestigio la partecipazione di scienziati e ricercatori provenienti da tutto il mondo, tra i quali non mancano anche gli esperti di etica della scienza, diritto e società, medici, pazienti e attivisti dei movimenti di libertà scientifica.
"Questa è la frontiera verso cui la comunità scientifica, a livello nazionale e internazionale, dovrebbe cercare di indirizzare il dibattito politico-culturale sul ruolo sociale della scienza", dice Corbellini, che del Congresso è uno dei promotori. Perché questo primo Congresso mondiale? "Perché la libertà di ricerca scientifica è la fonte culturale primaria, per motivi insieme operativi e storici, della concezione laica dello Stato. Perché la comunità scientifica, soprattutto in Occidente, dovrebbe reagire contro le strumentalizzazioni e censure politiche della scienza, che sfruttano le "perversioni bioetiche" [e nella "bioetica" spesso si infiltrano i reazionari anti-scienza, NdR] e gli equivoci dei ragionamenti precauzionali. Perché è importante rafforzare il pensiero critico e i sistemi interni di controllo sulla validità dei risultati scientifici, onde evitare che la forza intrinseca delle tecnologie scientifiche consenta lo sviluppo di una scienza acritica, che sarebbe avvantaggiata anche in paesi non democratici, alimentando sistemi politici che non garantiscono le libertà personali". Parole davvero condivisibili dal Salon Voltaire.
15 febbraio, 2006
Crocifisso obbligatorio anche per gli atei. La "laicità" relativa del Consiglio di Stato
Ciascuno al posto sbagliato, in Italia: politici che fanno i conduttori televisivi, sociologi che scrivono da psicologi, cantanti che insegnano ricette di cucina, e così via. Ora anche il Consiglio di Stato, tribunale amministrativo, nella cosiddetta "culla del Diritto" (che è rimasto in culla, però), si mette a sentenziare sui diritti assoluti del cittadino e addirittura su che cosa si deve intendere per concetto filosofico di "laicità".
Il crocifisso deve restare nelle aule scolastiche - ha deciso respingendo il ricorso contro il Tar del Veneto di una signora finlandese che ha un figlio a scuola - non perchè è una "suppellettile" (ma i regolamenti ministeriali del '24 e '27 riguardano gli "arredi") e neanche un "oggetto di culto", ma perchè - udite, udite - "è un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili" (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, etc...) che hanno un'origine religiosa, ma "che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato".
Un attimo che andiamo a raccattare il vecchio Lamanna liceale, alla voci "Laicità" e soprattutto "Tolleranza". Per quest'ultima però basta un Bignami di storia da III Liceo: inquisizione, cardinal Bellarmino, processo a Galileo, rogo di Giordano Bruno, Strage degli Ugonotti, Crociate, uccisione degli indigeni Americani, Censura, Indice dei libri proibiti. Basta? Volendo ci sono migliaia di altri casi.
Insomma, si impone con la forza amministrativa nelle scuole italiane, uniche al mondo anche in questo, il crocifisso cattolico (neanche la croce dei Cristiani) perfino agli studenti atei, ebrei, buddisti, come unico vero simbolo dell’Italia. Il che offende anche i liberali che hanno sempre saputo che i nostri simboli, semmai, sono la bandiera, la Costituzione, il ritratto del Presidente, l'immagine dell' Italia turrita o il bollo con la stella e la ruota dentata - per quanto brutto - che caratterizza i pubblici documenti. Lo ricorda l’amico Vallocchia, di No God. Ma, caro Vallocchia, vedi che i cattolici integralisti sono anti-Patria? Politicamente inaffidabili. Come faremo con questi falsi alleati contro l'Islam? Ecco la prova provata: come le plebi sanfediste del card. Ruffo contrappongono il crocifisso alla gloriosa Bandiera italiana. Questo un tempo sarebbe stato tradimento.
La sentenza è molto grave non solo prché colpisce e limita i diritti personali, ma anche perché contrasta col Concordato. E' come se d'improvviso - grazie al Consiglio di Stato, che non ha simili poteri - fosse stato ripristinato l'art.1 del Trattato Italia-Santa Sede del 1929, laddove quella cattolica veniva definita "la sola religione dello Stato". Definizione, come si sa, superata dal Concordato del 1984 con il consenso della stessa Santa Sede, nota Vallocchia.
Ma perfino l'aspetto filosofico-sociologico della laicità è stato rapidamente affrontato e risolto dal Consiglio di Stato, che non sopporta le lungaggini dei colleghi della Giustizia ordinaria. "La laicità, benchè presupponga e richieda ovunque la distinzione tra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all'interno della medesima civiltà", è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione".
Be’, che vi devo dire, mi fa piacere che i rudi giuristi incalliti nel Diritto Amministrativo trovino il tempo per la "dimensione spirituale" (sì, ma quale fonte giuridica, please?). Secondo loro, mentre in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia ecc., il crocifisso è vietato nei locali pubblici, come qualunque altro simbolo religioso, in Italia gli stessi principi laici e liberali imporrebbero di esporlo. Perché, si sa, noi siamo unici al mondo. E dire che negli Stati Uniti, per aver installato nell’atrio d’un tribunale una statua religiosa, un giudice si è visto arrivare la polizia federale che l’ha subito smantellata.
Ebbene, un compitino così lo ha presentato il Consiglio di Stato. Nessun tribunale, ovviamente si sarebbe azzardato a tanto, visto che non esistono leggi. Giustizia "creativa"? Diciamo, una prima, promettente, prova letteraria. Per la seconda, però, bisognerà attendere molto: dovranno studiare di più, molto di più.
Per quanto ci riguarda, siamo lieti che lo scandalo sia avvenuto: ora ne vedremo delle belle. Perché la sentenza di un'organo così inadeguato a trattare i diritti personali dei cittadini, come l'eguaglianza e la libertà di religione e di idee, innesca una reazione che porterà certamente all'abrogazione della curiosa usanza italiana, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale e poi alle leggi ordinarie. Lo stesso accadde per tutti gli altri diritti civili riconosciuti nel dopoguerra.
Nell'Aldilà c’è molta agitazione tra le anime dei filosofi e dei grandi liberali del passato, che prendono tutto sul serio, e per una parola si scannerebbero. Calma, signori, non vi scaldate: le parole in Italia vanno e vengono. E molte non hanno alcun valore.
# Nico Valerio 19:17
Più liberale il processo: no alla persecuzione da parte dell'accusa
Gli accanimenti un po' sadici dei pubblici ministeri saranno un ricordo? Speriamo. Ricordiamo che molti di loro hanno fatto ricorso, in casi rimasti famosi, solo per poter avvalorare una propria "teoria" processuale o politica. Ebbene, questo nel campo penale non sarà più possibile in Italia, come già in altri Paesi, primi tra tutti gli Stati Uniti. Dopo il rinvio alle Camere da parte di Ciampi, è stata definitivamente approvata con poche modifiche la legge che elimina finalmente dal codice di procedura penale l’assurda possibilità di ricorrere in Appello da parte dell’accusa contro l’imputato assolto in primo grado. In passato, in casi del genere, erano stati segnalati gravi episodi di vera e propria persecuzione. Resta la possibilità di ricorrere in Cassazione per i vizi di forma.
Il principio che la "legge Pecorella" difende è talmente chiaro e condivisibile per un liberale che, se anche questa legge dovesse servire al Presidente del consiglio, come denuncia la Sinistra, il fatto che serve da garanzia a tutti i cittadini italiani la riscatta e nobilita. D’altra parte il lento e farraginoso triplice grado del processo all’italiana non ha l’eguale nel mondo. E accusa e difesa, nel penale, non possono essere messi sullo stesso piano, essendo in gioco per l’imputato la stessa "sacra" libertà personale, che non è certo in gioco per l'Accusa. "L’imputato non rischierà più di essere condannato da un giudice di appello che non ha celebrato il suo processo, ma si è limitato a leggere gli atti del primo grado", ha detto il presidente degli avvocati penalisti Randazzo.
Una legge che finalmente segue un grande principio di civiltà e democrazia. La lobby dei giudici ha protestato, com’era prevedibile, e per tre motivi: perché è super-politicizzata a sinistra, e questa è stata una sua sconfessione, per la "lesa maestà" alla sua potentissima corporazione, infine perché ora viene intaccata quella preponderanza processuale che la Pubblica Accusa ha sempre avuto nel diritto italiano, perfino dopo la fine del sistema accusatorio. Veramente ha protestato anche per i ritardi che, a suo dire, la novità portrebbe nei processi, ma su questa argomentazione da parte della magistratura più lenta al mondo stendiamo un velo pietoso.
Ad ogni modo, se si aprono nuovi spazi di garanzia e libertà per il cittadino, per tutti i cittadini, Berlusconi o non Berlusconi, questo è un vantaggio per tutti.
Politica come la guerra d'antan: tornano tagliatori di ponti e avvelenatori di pozzi
Per millenni la lotta politica fu tutt’uno con quella militare: all’avversario si faceva guerra con ogni mezzo. Una buona tattica era quella di tagliare i ponti perché non potesse muoversi e, durante gli assedi, perfino quella di avvelenare o rendere putrida l’acqua dei pozzi. Così la cittadella assediata, colpita da febbri tifoidee e morti, si arrendeva in poche settimane.
Oggi la lotta politica non arriva a questi mezzi, ma escogita sistemi addirittura più complicati per nuocere all’avversario. Però in modo subdolo, cioè senza darlo subito a vedere. Per esempio, la Sinistra con le continue denunce giudiziarie e soprattutto controbattendo ad ogni parola o provvedimento, ha di fatto impedito al Governo di Berlusconi di legiferare come voleva, e di portare a compimento il programma delle riforme? Ebbene, ora Berlusconi rende pan per focaccia. Ha ideato un sistema elettorale apparentemente "proporzionale bilanciato", ma che si sta rivelando – scrivono Panebianco sul Corriere ("E’ tutta colpa del proporzionale") e Diaconale sull’Opinione ("Legge elettorale e imbrogli obbligatori) così complicato e pieno di trucchi e trabocchetti letali per la Sinistra e, se non stanno attenti, anche per i distratti minori della Destra, che l’esito di questa campagna elettorale sarà tutto da vedere, forse uno dei più incerti e al cardiopalmo.
Che volete? Chi la fa, l’aspetti. E se, come diceva l’eufemismo di von Clausewitz, la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi, che sarà mai la politica se non, appunto, l’inizio della guerra?
Scuola "privata"? E se fosse più pubblica della scuola di Stato?
Amici "liberali", ovunque voi siate, che vi troviate ad essere compagni di Luxuria o di Giovanardi – senza godere, ça va sans dire – o che vi asteniate preferendo eccitarvi guardando le figure scollacciate d’un terzo polo di là da venire – aspetta e spera – fatto di "bellissimi ambosessi liberali di pura razza ariana, coscialunga e con gli occhi azzurri" (ho detto "polo", signor veterinario: stia fermo con quella siringa!), mi meraviglio assai che voi, gente dal QI super 120, rotta ad ogni querelle politica, vi siete bevuta come novizie Orsoline la storiella della scuola "privata" cattolica. Ma per favore...
Ma sì, non fate gli gnorri, la scuola cattolica vista come "alternativa privatistica" e "individual-borghese", e magari pure "occidentale", figuriamoci, da contrapporre ad una trinariciuta, baffuta, bolscevica e magari pure puzzolente scuola "di Stato". Ma, dico, siete fuori di testa? Mi dispiace per le belle gambe della Moratti, che m'intriga perfino più della Pivetti (Irene, ovviamente), ma se mandate avanti la scuola Pubblica finto-privata siamo fritti. Col loro millennario ecumenismo e irenismo ci ritroviamo i fanatici islamici in casa, ché tra religionari non si scomunicano, per solidarietà sindacale e per la storia dell’unico Dio. E subito, al posto dei Comitati di quartiere, avremmo i Consigli delle Chiese. Manco a Pietroburgo. Altro che Darwin (che purtroppo aveva proprio la faccia da orango). E la Storia ricomincerà da Adamo ed Eva, state sicuri. Con i produttori di mele del Trentino, "zona bianca", a fare da sponsor.
Ma, dico, ma avete studiato Lucrezio, e suoi Dei, ehem, "non veritieri"? Non vi rendete conto che "Colui che è in Alto e che tutto puote" ha confezionato per la "sua" creatura prediletta, adibita a forgiare le coscienze dei "Perfetti und Implakabilen Kristiani", il massimo della mistificazione nominalistica? Se non sono bravi "loro" con i nomi, loro che hanno rinominato "Natale" la grande ammucchiata dei debosciati dei Saturnali romani, e hanno spostato dall’epifania al sostizio d’inverno, perché gli faceva comodo, la nascita dell’ebreo Joshua il Nazareo, cioè il ribelle (che non era di Nazareth, ha scoperto il cristologo Cascioli), chi altro volete che sappia così mirabilmente giocare con le parole, le date, i concetti, i miti, al puro scopo teleologico di fregarvi, Totò?
Liberali, liberal-socialisti, liberal-radicali, radicali semplici, truppa! Non lasciatevi fuorviare dal fatto che nelle nostre città ricche la scuola cattolica è più costosa di quella di Stato, e sembra riservata a poche famiglie super-cattoliche che la utilizzano on demand per una formazione specialistica. Non è così: è una scuola generica e non specializzata come pubblico. Ecco cosa ne dice il Card. Laghi, prefetto vaticano della Congreg. Edu. Catt.: "Ci si trova di fronte ad alunni che (…) non sono solo indifferenti o non praticanti, ma risultano essere privi di qualsiasi formazione religiosa o morale. A ciò si aggiunge in molti allievi e nelle famiglie un senso di profonda apatia per la formazione etica e religiosa, per cui alla fin fine quello che interessa e viene richiesto alla scuola cattolica è solo un diploma...".
Un pubblico generico e indistinto, quindi: proprio quello a cui si rivolge una vera Scuola Pubblica. Una "scuola per tutti" – scrive Laghi – cioè, traduciamo noi, che vuole fare concorrenza a quella statale, con tutte le caratteristiche della "pubblicità", compreso il fatto che in certi Paesi e per certi studenti è gratuita, assistenziale. E proprio come quella statale si pone grandi fini generali e obiettivi lontani: l’alfabetizzazione, la cultura di base e un titolo di studio. Come una struttura di Stato.
Non cadete, quindi nell’errore di considerare "privata" la scuola cattolica, a meno che non vogliate riferirvi al fatto che è spesso privata dei requisiti indispensabili.
Del resto, come può essere "privato" un ente millennario che ha dietro la Chiesa Universale e transnazionale, che addirittura travalica gli Stati, e che nello stesso tempo è emanazione di uno di essi, il Vaticano?
E’ chiaro, insomma, che il regime giuridico a cui è assoggettata non rappresenta la sua realtà sociologica, perché la scuola cattolica è in tutto e per tutto una Scuola Pubblica alternativa alla Scuola Pubblica di Stato. Anzi, nelle finalità è più pubblica della Pubblica. Noi oggi discutendo di scuola dobbiamo, purtroppo, scegliere tra due Scuole Pubbliche, una di Stato e un’altra della Chiesa. Ma mentre nella prima, casualmente, possiamo trovare il docente o il testo di idee liberali, grazie al pluralismo almeno nominale che in teoria dovrebbe ispirarla (in realtà vi domina la Sinistra più ottusa, ma con qualche isola di eccezioni), il monolitismo ideologico della Scuola Pubblica della Chiesa esclude in partenza qualunque possibilità di educazione liberale.
14 febbraio, 2006
Il cardinal Mazzaruino gioca su due tavoli: dopo la Destra ora "cura" la Sinistra
Eh questi preti, ne sanno una più del Diavolo. Lo disse perfino papa Polo VI Montini, che doveva essere un po' mangiapreti. Chissà che cosa aveva scoperto, fatto sta che se ne uscì con una frase che gelò cardinali e monsignori, per di più in piena basilica di San Pietro: "Il fumo di Satana è entrato in Chiesa". Offesissimi, certi alti prelati della Curia gli tagliarono le udienze. Poco dopo, infatti, morì. "Il Beatissimo Padre mi riceveva una volta al mese, ma da quando disse quella frase - insinuò un reverendissimo - l'ho rivisto solo nel catafalco". "Ammazza, che jella", avrebbe detto Alberto Sordi. Noi diremo: All'anima, che nèmesi rapida. Resta il fatto, comunque, che il Diavolo è cosa loro, anche se in certi casi la gente è portata a pensare proprio il contrario, come l'ingenuo Polo VI.
Perché diciamo queste cose? Perché ci sembra che l'atteggiamento del cardinal Ruini, politico così perspicace, così versato nel gioco della tattica, così attento alle sfumature della politica, da apparire quasi un piccolo Mazzarino del XXI secolo, abbia - senza offesa, anzi in senso ammirativo - del diabolico. Per anni si è dedicato a prendersi l'anima del Centro-destra, e non solo della coalizione nel suo complesso, perfino dei suoi singoli partiti, uno ad uno. Ha imposto tutto quello che voleva, e da ultimo ha perfino dato la direttiva ex cathedra agli Italiani tutti di disertare le urne in occasione del referendum sulla fecondazione. Come un generale fa con le sue truppe. Che dico, come un pastore fa col suo gregge di pecore. Che costituisce il suo patrimonio, il peculio, che gli dà periodicamente il suo reddito o pecunia. Ci sarà pure un motivo per cui lui è egregio, mentre loro sono gregari, no?
Ora, alla vigilia delle elezioni politiche, sicuro di avere il Centro-destra in pugno, "cosa sua" ormai, il cardinal Mazzaruino come ogni bravo esperto di marketing che fa? Diversifica gli investimenti. Se la Fiat vende già 800 auto su 1000 ad Abbiategrasso, non insisterà più in quella città con la pubblicità e gli incentivi ai concessionari. Ma concentrerà le sue iniziative, per esempio, a Mestre, dove vende solo 200 auto. Elementare.
Perciò sul piano delle strategie di mercato troviamo "logico" che il presidente della Conferenza episcopale abbia imposto (si dice "suggerito" nel bon ton ecclesiale) la candidatura nel Centro-sinistra di Paola Binetti, animatrice del Comitato Scienza e vita, lo stesso che si è opposto alla libertà di scelta sulla fecondazione, alla libertà di scienza e terapia, con forza e con i soldi di tutti noi: quelli destinati dagli italiani, consapevoli e inconsapevoli, alla Chiesa con l'Otto per mille. Quella era, secondo le antenne sensibilissime del cardinale, la vergine savana, la terra infidelium da convertire, e quella ha convertito.
Pannella, che capisce da esperto di che pasta è fatto Mazzaruino, ha parlato di "scandalosa candidatura nella Margherita, non nell’Udc o in An", in fondo per gratificare il forte ego del cardinale, che neanche ci si mette a fare cosette leggere e banali, senza un minimo di ritorno di immagine (e di immagine avventurosa, sia chiaro, da raider della politica). Pannella lo definisce infatti un «colpo magistrale» che trasferisce il sigillo, l'imprimatur CEI dalla Destra alla Sinistra.
Naturalmente, i superficiali del Centro-destra (la Destra in Italia ha uomini più mediocri delle sue idee, proprio l'opposto della Sinistra...) sono cascati come polli nel tranello ruiniano, e hanno cominciato a urlare in coro: "Avete visto, laicisti del menga, chi è davvero clericale? Non siamo noi, non è la Casa della libertà, ma l'Unione". Sciocchezze. Ingenuità da prima elementare.
La verità è chiara come il sole: non c'è alcuna differenza sul laicismo, sui diritti civili, sulle riforme. Clericali da una parte, clericali dall'altra. Conservatori contro conservatori. Del resto, non un "guaito" si è levato da Ds, Rifondazione, Comunisti italiani, non solo per la candidatura della Binetti, ma perfino per le sue dichiarazioni in cui condivide le idee di Giovanardi e Mantovano, ha notato il leader radicale. E, attenzione, non si tratta di particolari secondari, di fisime "ottocentesche" del matto Pannella: il laicismo e la libertà della scienza sono fondamentali per il liberalismo, per quanto possa essere "di destra". Storicamente nasce proprio su questi temi.
Ma, soprattutto, il fatto stesso che ora il dottor sottile Card. Mazzaruino si stia "dedicando" all'anima da salvare della Sinistra, che cosa vuol dire in termini missionari? Vuol dire solo una cosa: che a quella della Destra già si è dedicato abbastanza. Fino ad esserne stufo. Pensate, giorno e notte a tu per tu con le anime di Giovanardi, Mantovano, Storace e Buttiglione: non deve essere stato piacevole, neanche per un uomo votato alla penitenza. Sì, ma quella degli altri.
13 febbraio, 2006
Ma chi sono i Radicali? Il pannellismo, variante "pietista" e anarcoide del liberal-socialismo.
Le spine della rosa, si sa, non feriscono chi la rosa porge, ma solo chi incautamente la riceve. Tanto più se era abituato, come accade a certa Sinistra, a stringere un po' troppo le dita, diciamo, per l'antico riflesso condizionato del pugno chiuso.
I Radicali, ora che le loro proposte di rendere un po' più liberale la conservatrice Sinistra italiana vengono rifiutate, dopo il teatrale "strappo" della Bonino che esce sbattendo la porta dalla sede romana dell'Unione in piazza SS.Apostoli, sono visti come un corpo estraneo dai dirigenti dell'Unione. Unione che dietro la facciata dell'anti-berlusconismo nasconde il vuoto, cioè una sintesi impossibile tra il conservatorismo, ben pasciuto dalle banche, dei Ds, il clericalismo opportunista della Margherita, il nulla democristano del dossettiano statalista Prodi, le icone da "ultimi comunisti" di Cossutta e Bertinotti, il ribellismo populista-reazionario dei movimenti di base, dai girotondi ai no-global.
Ma, insomma, vincono o perdono i Radicali, dopo questo strappo? Il loro è un bilancio positivo o negativo? Li si può criticare, certo (e loro stessi ce ne hanno offerto cento motivi, in passato), ma non gli si può negare il ruolo, ancora una volta, di protagonisti intelligenti, di santi provocatori, di inventori di nuove idee per la Destra e la Sinistra. Già, ma chi sono davvero i Radicali? Facciamo un passo indietro.
I liberali dal Risorgimento ad oggi, e ora i radicali, sono accomunati da una paradossale analogia: entrambi nascono come movimento di giovani ma ora attirano solo i vecchi, per la disaffezione delle nuove generazioni dalla politica. Ed è un peccato in tutti e due i casi, un’ingiustizia della Storia. E, anzi, "grazie" alla strage selettiva di partiti fatta dall’inchiesta Mani pulite nei primi anni 90, oggi i Radicali si ritrovano ad essere curiosamente il "più vecchio partito italiano" tra quelli attivi senza soluzione di continuità.
Ma i Radicali, per le proposte che fanno, restano di gran lunga i più giovani della politica in Italia. Di questo andrà fiero Marco Pannella, eterno giovane. Ora, poi, che da quando si è spostato al Centro-sinistra "sta sempre sui giornali e in tv", come ha osservato acidamente l’ex compagno radicale Calderisi dei Riformatori liberali (Centro-destra), ha modo di dimostrare con le sue invenzioni tattiche che a 76 anni, e dopo vari accidenti cardiaci, è rimasto il giovane creativo di sempre. Uno che conosce i segreti, la psicologia e le sfumature della politica italiana forse meglio di Andreotti. D’altra parte, e noi liberali lo sappiamo, che c’è di più giovane che fare politica liberale?
Liberali? Be’, a leggere il bel Manifesto Laico con cui nel 1955 si ponevano le basi per il "Partito radicale dei liberali e dei democratici italiani", si direbbe che i radicali nascano come da Minerva dalla mente del filosofo Guido Calogero, oltreché dalla concretezza e grande cultura risorgimentale e crociana di Mario Pannunzio. Perciò, "liberali di sinistra" o liberal-socialisti. Anzi, dopo i fallimenti di Giustizia e libertà e del Partito d’Azione, e la giusta condanna teoretica da parte di Croce del disegno calogeriano del liberal-socialismo ("è un ircocervo", come a dire un animale fantastico, un mostro impossibile, per metà nobile cervo, per metà rozzo caprone), va a finire che il Partito Radicale pannunziano è stata la sola cosa funzionante e di successo di quell’utopia sbagliata.
Successo? Calogero, se fosse dipeso da lui, quell'utopia l'avrebbe condannata al disastro dell'irrilevanza, al silenzio dell'inutilità. Invece, la nuova creatura ha funzionato, almeno nel senso della visibilità nelle cronache politiche, solo perché l'eclettico giovane Pannella, il Pierino discolo, il super-individualista dannunziano, abbandonato da tutti i fondatori, vi ha messo molto di suo, trasformando il radicalismo liberal-socialista in "pannellismo". Con tutti i pro e i contra. Gli ingredienti della sua fortunata ricetta? L’eterno movimentismo agitatorio, la specializzazione in alcuni temi (Stato-Chiesa, divorzio, aborto, diritti civili, gay, droghe, carceri ecc), l’utilitaristica ciclica oscillazione tra temi socialisti, anche con venatcristiane (antimilitarismo, fame nel mondo, amnistia, grazia, referendum ecc) e liberali (filo-occidentalismo, guerra ai dittatori, liberismo, meritocrazia, anti-sindacalismo ecc), tra l'altruismo pietistico da morale protestante e l'egoismo selettivo liberista da struggle for life.
E poi nei primi decenni si è rivelata indovinata, moderna, la struttura a fisarmonica del gruppo (di norma leggerissimo, ma capace nei momenti topici di moltiplicarsi in poche settimane, come i partiti negli Usa), l’imitazione delle battaglie da strada dei "liberal" inglesi e americani, cioè la sinistra liberale (contro-informazione, uomini-sandwich, tavoli, firme, megafoni, volantini distribuiti in modo liberale, cioè dati alla singola persona…), l’uso della non-violenza e della "insistenza" di Gandhi, con i suoi ricatti morali che funzionarono perché indirizzati ad una società cristiana, quella britannica (digiuni, interruzioni di cura, provocazioni, auto-denunce), la testimonianza personale, con il proprio corpo (l'uomo bendato, l'uomo che beve la sua urina, i dirigenti radicali nudi in un teatro), l'azione di lobbing paziente e tenace verso i parlamentari d’ogni tendenza, l’uso continuo, eccessivo per noi liberali, di strumenti eccezionali di democrazia diretta (referendum), il saper piegare tutta l'azione politica alle inesorabili necessità e tecniche della comunicazione, e non viceversa come fanno i soliti partiti.
Tutti elementi che delineano un vero e proprio fenotipo nuovo e originale, che non ha più niente a che fare con i metodi e la prassi dei partiti liberali, socialisti, liberal-socialisti alla Blair, e neanche radicali; ma che, ripeto, è più corretto denominare "pannellismo".
C’è chi ha accusato Pannella (e noi, tanti anni fa, all'interno del PR, fummo tra questi), di "non voler vincere", di non volere eletti in Parlamento per poter manovrare tatticamente meglio un movimento tenuto sempre sulla corda dell'emergenza, piuttosto che un partito di parlamentari stanchi e seduti. Ma bisogna riconoscere che le rappresentanze radicali in Parlamento sono ricordate ancor oggi come le più battagliere, e anche capaci di ottenere risultati.
C’è chi lo ha accusato di "non aver mai imposto un tema davvero impopolare" (noi tra questi), ma di aver furbamente aspettato per combattere e vincere che il tema fosse ormai maturo, stramaturo, tra la gente. Come a dire: Pannella non è mai stato un vero utopista. Ma questa ci sembra ora, col senno di poi, proprio la sua genialità: la scelta dei tempi del bravo giocatore e psicologo politico. Il disegno dell'affresco, ma anche i conti con i colori a disposizione, con la realtà.
In molti, in passato, dentro o fuori dei Radicali, lo abbiamo criticato per il cocktail di temi e metodi tutto suo, unico al mondo, che in fondo umiliava la forma partito e smentiva anche i soliti riti mediatori della Politica (compresa la capacità di allearsi e proporre programmi comuni), una formula - accusavamo - spesso condita di un certo populismo, troppo dipendente dalla comunicazione, insomma "teatro" nel teatro della politica. Lo si è accusato, lo abbiamo accusato, perfino di creare, non volendo, una sorta di "sindacato di categorie" specializzate (donne, gay, tossicodipendenti, carcerati ecc), ignorando le maggioranze, la gente comune, il che farebbe a pugni con il compito d'una democrazia liberale: rivolgersi a tutti i cittadini.
Ma lui ha saputo rispondere, dimostrando davanti ai giudici della Storia che quelle non erano, non sono, categorie privilegiate, ma minoranze oppresse nei loro diritti, e che su di loro innanzitutto bisognava concentrarsi per appianare le disuguaglianze dei punti di partenza. Una "filantropia" politica che curiosamente, come si accennava prima, fa pensare al "pietismo" attivistico dei riformati tedeschi tra '600 e '700. Insomma, c'è del cristiano in Pannella e nel pannellismo dei Radicali. Chi l'avrebbe detto?
Per tutti questi motivi, va riconosciuto con onestà e col senno di poi, che poi è l'intelligenza delle persone mature, che se i Radicali fossero stati più simili agli altri partiti, sarebbero stati, sì, più accettati dalla classe politica, ma probabilmente sarebbero spariti da tempo, o si sarebbero ridotti a fare da inutili testimoni come corrente in un partito altrui.
Non sappiamo come andrà a finire l'incontro-scontro tra i Radicali e l'Unione di Prodi. Non possiamo prevedere se Bonino, Pannella e Capezzone riusciranno a imporre temi liberali e liberisti alla Sinistra. Ci sembra difficile, visto che Prodi in fondo esprime il peggio delle vecchie tradizioni democristiane. Ma prima di dichiararli perdenti pensiamoci bene. Avranno vinto anche solo se la Sinistra si interrogherà sulla propria contorta identità. Del resto, l'inserimento o meno delle proposte radicali nelle 200 pagine del programma dell'Unione, dove c'è tutto e il contrario di tutto, non aggiungerebbe nulla alla storia del movimento di Pannella. Quel che è certo, è che perfino le ultime scelte - discutibili quanto si vuole - di quest'uomo nato nel 1930 che oggi sembra rinato, sono sufficienti per riconoscergli, nonostante i tantissimi errori, tra cui imperdonabile non aver capito che all'Italia debole in Liberalismo serviva urgentemente un grande, unico, nuovo Soggetto Liberale, il ruolo del politico più originale dell’Italia degli ultimi trent’anni.
Non c'è che dire, avrà pure tutti i difetti caratteriali che sappiamo e i ben noti disturbi della personalità (narcisismo, esibizionismo, autoreferenzialità ecc), ma dobbiamo ammetterlo: rispetto al cinismo conservatore dei suoi contemporanei Pannella, proprio perché "aveva torto" nel provocare di continuo e nel voler distruggere senza costruire, un po' di ragione l'aveva.
AGGIORNATO IL 17 GENNAIO 2019
12 febbraio, 2006
Greenpeace e gli Ogm. Il politicamente corretto (o corrotto?) anche nei campi
L'Istituto Bruno Leoni - di cui ci piace riportare, come spesso facciamo, l'ultimo comunicato - giudica "gravissima" l'iniziativa dei militanti di Greenpeace, che hanno dichiarato "off limits" l'area della Fieragricola di Verona nella quale l'associazione Futuragra offriva un banchetto a base di polenta e birra Ogm.
La violenza dei fondamentalisti del biologico - commenta Carlo Stagnaro, direttore del dipartimento Ecologia di mercato dell'IBL - è semplicemente inaccettabile. L'intolleranza non è più limitata ai prodotti transgenici: a quanto pare anche chi pacificamente li promuove è a rischio. Questo genere di manifestazioni sono indegne di un paese civile, così come indegna è la campagna di disinformazione contro i benefici dei cibi biotech e la possibilità di coesistenza tra i diversi approcci all'agricoltura.
Caro Stagnaro, loro hanno suonato le loro campane, dietro cui c'è un business del vegetale biologico finto e infondato (perché la Natura in alcuni casi fa peggio dell'uomo, è stato dimostrato) su cui si dovrebbe indagare, perché il politicamente corretto, totalitario e perciò odioso, non sia anche "politicamente corrotto". Ebbene, voi suonate le vostre trombe. Noi liberali esistiamo apposta per permettere a tutti di opporre alternative, interloquire, fare confronti.
"La lobby anti-ogm - conclude Stagnaro - si sente evidentemente protetta da un alone di impunità. Il ministro Gianni Alemanno, che pochi giorni fa aveva inaugurato la fiera, dovrebbe almeno prendere le distanze: o forse dovremmo pensare che approva questo genere di squadrismo?".
Magari lo squadrismo no, anzi non più, ci permettiamo di chiosare, ma certo la chiusura alla sperimentazione Ogm voluta dalla sinistra pseudo-ecologica, sì. Sarà che Alemanno e Matteoli sono "sociali", sarà che Mussolini, il loro originario leader di riferimento, prima di essere fascista era stato socialista, fatto sta che per anni c'è stata una strana connivenza tra i due ministri di An con i Verdi e Legambiente.
Chi redige queste note ha scritto vari manuali sulla Alimentazione "naturale" e sana, da alcuni erroneamente indentificata tout court con il biologico. Ma ha anche messo in guardia i suoi lettori dal cadere nelle mistificazioni e nel business della finta alternativa. Tutto quello che mangiamo noi umani è frutto di manipolazioni genetiche, per quanto elementari fossero in origine. Se pensiamo che una varietà di cavolo broccolo fu creata dagli Etruschi, che cosa vogliono i reazionari di Greenpeace? Quasi nulla di ciò che sta sulle nostre tavole nasce spontaneo in Natura, ma è frutto della collaborazione uomo-Natura, che inizia circa 12mila anni fa.
In un sistema liberale ci deve essere il confronto e la libertà di mercato, oltreché di sperimentazione scientifica. Il consumatore ha il diritto di trovare al supermarket tutti i prodotti possibili, anche quelli Ogm. Certo, però - e torno alla solita psicologia, questa volta della comunicazione - se quei cretini degli ingegneri biotech o forse analisti di laboratorio, inconsciamente contrari, non avessero chiamato la categoria "Organismi geneticamente modificati", le cose sarebbero ora più semplici... Chissà che cosa immagina la gente ignorante. Fatto sta che negli Usa gli Ogm si usano da dieci anni, senza alcuna conseguenza. Neanche le rare piccole reazioni allergiche sembrerebbero confermate scientificamente.
Ad ogni modo vedremo: la scienza fa passi da gigante. E noi liberali ci rimettiamo sempre alla scienza. Ma, come esperti di alimentazione e fautori dell'uso preventivo e terapeutico dei cibi, dobbiamo anche ricordare che i vegetali Ogm hanno il vantaggio di aver bisogno di meno pesticidi artificiali: basteranno e avanzeranno quindi le migliaia di pesticidi della Natura presenti in ogni alimento. Questo aspetto "salutistico" del cibo Ogm gli intelligentoni degli uffici stampa del biotech, non lo mettono mai bene in evidenza.
Darwin Day o Festa dell'evoluzionismo, contro la teologia imposta come scienza
Il 12 febbraio dovrebbe essere celebrato ogni anno come "La festa dell’evoluzionismo" o "Darwin Day", perché Charles Darwin, autore della "Origine della specie" e teorizzatore delle leggi dell’evoluzionismo e della selezione naturale, nacque il 12 febbraio 1809 a Shrewsbury, cittadina vicina a Birmingham. (Regno Unito). Oggi, sull’onda d’un revanchismo reazionario che ciclicamente percorre le società di massa, Darwin è diventato in qualche remota contea degli Stati Uniti, e ora in qualche più remota provincia d'Europa, la bestia nera dei divulgatori e degli pseudo-scienziati "creazionisti", fanatici religionari - per dirla con Bertrand Russell - che prendendo alla lettera le parole della Bibbia e forzando le stesse indicazioini della Chiesa, contestano i principi stessi della nascita delle specie attraverso il processo di evoluzione, la selezione e la continuità tra animali e uomo, scoperti e teorizzati dallo scienziato inglese. La figura e l’opera di Darwin, perciò, oltre ad aver rivoluzionato la scienza, possono essere assunte anche come la testimonianza d’un sapere laico e liberale, che in pieno 800 ha saputo affrancarsi dalle verità teologiche imposte autoritariamente come verità scientifiche per tutti, credenti e non credenti. E, anche solo per questo aspetto, la data del 12 febbraio dovrebbe essere celebrata ogni anno con "Darwin Day", o "Giornata della libertà della Scienza".
11 febbraio, 2006
Perché Salon Voltaire "fa politica" ma non parteggia alle elezioni
Esiste un impegno non scritto della
Newsletter quindicinale del Salon Voltaire, che esce da due anni, con i suoi 3000 destinatari (un target liberale e laico di docenti universitari, direttori di club, direttori di testate, giornalisti, oltre a richiedenti vari), quello di presentare sull’attualità il commento liberale più obiettivo e neutrale possibile, in modo da rispettare le diverse anime e sfumature del liberalismo italiano. [Se vuoi vedere un esempio di
Salon Voltaire Newsletter,
clicca qui].
Anche il presente
sito-blog, nato alla fine di novembre 2005, intende uniformarsi a quel principio: i fatti dell’attualità, il costume, la politica, l’economia, la scienza, visti da "un ideale punto di vista liberale", per esempio quello del salotto Voltaire (o di M.me Pompadour).
Nessuna scelta di schieramento, per correttezza verso i nostri destinatari, che gradiscono (e infatti inviano tanti complimenti) la Newsletter proprio perché non fa propaganda spicciola o elettorale, non parteggia per nessuno ma critica tutti, e soprattutto perché è una rivista culturale che intende diffondere il liberalismo e la razionalità, e lotta duramente – ma col sorriso o l’ironia sulle labbra – contro ogni fanatismo, fondamentalismo, superstizione e intolleranza.
Ma anche se volessimo, non sapremmo per chi parteggiare, tanto carenti di liberalismo sono oggi i partiti in Italia, e quindi le loro coalizioni. Da una parte ci si fa belli con l’aggettivo "liberale", che oggi è di moda (ma che può nascondere un generico moderato, magari senza idee, e perfino un conservatore), e si ostentano anche parecchi veri liberali, ma del tutto emarginati, quasi degli ostaggi in una politica poco o nulla liberale. E si convive con ben tre partiti illiberali. Peccato, perché nel ‘94 si era annunciato addirittura di voler creare un "Partito liberale di massa", poi più miseramente rivelatosi una pessima copia, quasi grottesca, della Democrazia cristiana.
Dall’altra parte, neanche ci si fa belli abusivamente di finto liberalismo: si ignora sia il nome che la politica liberale, si convive con ben due partiti comunisti, con almeno altri due partiti illiberali, e con una base diffusa di movimenti reazionari, no-global e giustizialisti. Eppure, anche lì ci sono un paio di liberali veri, emarginati, quasi degli ostaggi.
E tutti ora cercano liberali credibili da mettere in lista. A me, per esempio, sono arrivate ben 4 proposte, da esponenti seri, autenticamente liberali, di entrambi i poli. Ma senza prospettive. Ho dovuto dire di no a tutti. Anche perché in quest'Italia di raccomandati e incapaci, i giornali, le tv e gli editori direbbero che sei "liberale" o "radicale" per non dirti bravo: la scusa per fare a meno di te.
Perciò, una sola proposta politica abbiamo più volte avanzato noi del Salon Voltaire (
Newsletter): una grande rifondazione liberale, che unisca tutti i liberali italiani, che sono tanti, forse oltre il 30 per cento degli italiani, altro che lo 0,3 del PLI. Un’ipotesi a cui si comincerà a lavorare dopo le elezioni.
Elezioni che, comunque vadano, non vedranno vincitori liberali, né politiche liberali. Il che non vuol dire che mettiamo le due prospettive sullo stesso piano. Fatto sta che l’Italia resta il paese delle corporazioni (dai tassisti ai giornalisti, dalle farmacie ai notai), della poca o nulla concorrenza, delle pastoie messe a chi vuole creare ricchezza aprendo un'attività, del disprezzo verso il cittadino e il consumatore, della prepotenza di banche, assicurazioni e monopoli, degli sprechi dell’amministrazione pubblica, della scuola inconcludente e succube della propaganda degli insegnanti, della magistratura politicizzata e inefficiente, dei diritti civili non riconosciuti, della libertà scientifica negata, delle troppe leggi e insensate.
Così, noi liberali voteremo ancora una volta malvolentieri e turandoci il naso, tra tanti che si dicono "liberali" solo perché non hanno idee ("moderati dell'intelligenza") o si vergognano di dirsi conservatori. E chissà perché, poi, solo in Italia è una brutta parola. E anche questa volta, diceva Eduardo De Filippo, "ha da passa’ ‘a nuttata", cioè la campagna elettorale.
"Duecento milioni e ripristiniamo le centrali nucleari di Trino e Caorso..."
"Ma è possibile che in questa drammatica situazione di imminente, grave crisi energetica per mancanza di gas, e con l’energia elettrica troppo cara, ormai il doppio della media europea, ci intestardiamo pervicacemente a continuare in quella vandalica azione dello smantellamento accelerato delle centrali nucleari di Caorso e Trino Vercellese, proposta nella precedente legislatura?", scrive sull'Opinione l'ing. Paolo Fornaciari, che da anni si batte eroicamente per un ritorno all'energia nucleare.
Tra l'altro è "una decisione contraria alla prassi internazionale, che per motivi finanziari e di radioprotezione suggerisce di attendere 50 o più anni (Il Regno Unito per Calder Hall ha preso 100 anni di tempo), annunciata dall’allora ministro all’Industria, on. Pierluigi Bersani a fine 1999". Una decisione anche "inutilmente costosa (7.500 miliardi delle vecchie lire a detta dello stesso ministro Bersani), quando con 200 milioni di euro le due centrali potrebbero esser riavviate in 15 o 20 mesi e generare 8 miliardi di kWh ad un costo di 1 Eurocent/kWh mentre a noi costa 10 o 12 volte tanto produrla con petrolio o gas naturale, ma soprattutto impossibile da eseguire senza aver prima identificato il sito in cui sistemare le scorie radioattive.
"Non occorrono 20 anni, come afferma il ministro Matteoli [influenzato da Verdi e Legambiente, così come Alemanno: scarsa personalità questi di AN, NdR], per costruire una nuova centrale nucleare: in un recente incontro con il direttore del Dipartimento energia del ministero alle Attività Produttive, professor Sergio Garribba, i responsabili Westinghouse hanno dichiarato che i nuovi reattori nucleari ad acqua in pressione (Pwr), largamente prefabbricati in officina, possono essere costruiti, dal primo getto di calcestruzzo all’avviamento commerciale, in soli 36 mesi.
"In aggiunta si dovrebbe ricordare che anche le nostre prime tre centrali nucleari, Latina, Garigliano e Trino Vercellese, furono costruite rispettivamente in 52, 60 e 46 mesi, quando le competenze non erano certo maggiori di quelle di oggi. Ove i 6 miliardi di euro del previsto “taglio fiscale”, annunciato dal presidente Berlusconi a “Porta a Porta” di Bruno Vespa, anziché essere restituiti ai contribuenti, venissero utilizzati, nei prossimi tre o quattro anni, per costruire nuove centrali elettro-nucleari, si potrebbero riportare le nostre bollette elettriche a livello europeo, con un beneficio per famiglie e imprese, valutabile rispettivamente, nei diversi settori, in 4.8 mld di euro (uso domestico), 5.1 mld di euro (industria) e 2.2 mld di euro (settore terziario).
Che aggiungere? Prima si veda (così ipocritamente ci salviamo la coscienza...) l'articolo nostalgico, ma anche autocritico, riportato più sotto: "Com'erano belli quegli anni alternativi..."). Oggi, certo, nell'emergenza energetica, e con tanta energia elettrica di origine nucleare prodotta all'estero, ma ai confini dell'Italia, e comprata dall'Enel a caro prezzo, sarebbe una pazzia rinunciare per coerenza al nucleare. Ha dei rischi, certo, ma molto minori di quelli di vent'anni fa, e soprattutto nella piccola Europa in caso malaugurato di incidente il fallaout non si fermerebbe certo alle frontiere italiane. Perciò non sono contrario.
Però voglio l'onore delle armi, concedetemi almeno il contentino naturista. Non è una balla alternativa, è provato scientificamente che con la razionalizzazione dei consumi elettrici e l'eliminazione degli sprechi, senza spendere nulla, risparmiremmo fino al 20 e più per cento. Dopodiché, per carità, sì all'energia nucleare. Anche perché nel frattempo abbiamo studiato un po' di biologia, e abbiamo scoperto che la Natura non è "buona" come la dipingono per retorica politica certi Verdi ignoranti. E se è vero che qualunque alimento "sano e naturale", magari definito "biologico" e venduto a caro prezzo, contiene circa 10 mila sostanze chimiche naturali, rispetto alle pochissime artificiali create dall'uomo (spesso meno cancerogene e meno tossiche), allora è proprio vero che un rischio vale l'altro. Eliminare del tutto i rischi è impossibile per l'uomo. Dopo aver fatto di tutto per ridurli, dobbiamo imparare a convivere anche con i rischi energetici, come facciamo con i tanti rischi della Natura, con un razionale bilanciamento tra costi e benefici.
"La Conferenza episcopale? Lancia un'Opa sull'Italia, alla Lenin"
Esiste una strategia, un lucido disegno, nel "programma" di papa Ratzinger e della Cei per l'Italia? Se lo sono chiesti, in margine al tema centrale della discussione, i Radicali italiani al romano Teatro Flaiano, nel corso del convegno "Libere Chiese in libero Stato. La Rosa nel pugno per il superamento del Concordato", tenutosi alla vigilia dell'11 febbraio, sotto le foto giganti (sempre fantasiosi e bravi comunicatori i cugini radicali, complimenti) di Charles Darwin (il 12 febbraio è l'anniversario della sua nascita) e di Ernesto Rossi (il 9 febbraio è l'anniversario della sua morte).
Nell'intervento introduttivo, il segretario radicale Daniele Capezzone ha ricordato che il superamento del modello concordatario è sempre stato chiesto dalla cultura laica e liberal-socialista, compresi il filosofo Bobbio e il giurista cattolico-liberale (lui sì, davvero cattolico-liberale) Arturo Carlo Jemolo, che infatti firmarono per la richiesta del referendum abrogativo del PR. All’Unione, poi, ha chiesto in modo estremamente moderato non di imporre il tema all’intera Sinistra, ma almeno che per Radicali e RnP vi sia pieno diritto di cittadinanza per questa battaglia.
E’ una stranezza che esiste solo in Italia. "Come si fa a non vedere che si tratta di un tema centrale? Non risulta che esistano nel mondo ordinamenti in cui le gerarchie di una (sottolineo, di una) confessione religiosa, da una parte godano di privilegi particolari (Concordato, otto per mille, esenzioni Ici, insegnanti scelti da loro stesse e pagati dallo Stato, straordinaria presenza sugli organi informativi sul servizio pubblico, ecc.), e dall'altra pretendano di "entrare a gamba tesa" nell'agone politico di quel Paese (addirittura, divenendo protagonisti di campagne elettorali condotte anche grazie ai finanziamenti pubblici di cui sopra!).
"Io vorrei, invece - ha detto Capezzone - la linearità e la chiarezza del modello anglosassone: ognuno (a cominciare dal cardinale Ruini) dica e faccia quello che gli pare, ma senza Concordati, senza Otto per mille, senza privilegi particolari. Non si può avere (insieme) la botte piena e la moglie ubriaca (e magari pure l'uva nella vigna...)". E si riferiva, crediamo, al modello degli Stati Uniti, dove le varie chiese dicono e fanno di tutto, ma lo Stato è assolutamente neutrale ed estraneo ai diverbi religiosi, tanto che è vietato apporre simboli addirittura all’ingresso dei tribunali. Altro che i crocifissi in ogni stanza pubblica, da Stato teocratico da barzelletta, come in Italia.
Il rischio è quello di una scalata della Chiesa al potere in Italia. Sì, una minoranza, come quelle fasciste e leniniste (ma il paragone "metodologico" con Lenin lo ha fatto lo stesso colto papa Ratzinger – ha ricordato Capezzone – ) che si fa largo con tutti i mezzi, leciti e illeciti nella lotta politica, solo politica. "Se non si affronta questo nodo, se non si fa una lettura perfino socio-economica (oltre che politico-culturale) del ruolo della Cei, di questa Cei in Italia, non si capisce che è in corso una gigantesca "Opa vaticana" sulla società italiana", dice Capezzone.
"E questo è a maggior ragione vero oggi, quando la Chiesa è guidata da una personalità, quella di Joseph Ratzinger, che non nasconde intenzioni: la capacità di azione e di avanzata di una minoranza consistente, determinata, compatta, che può smettere di stare in difesa e può andare all'offensiva". E i contenuti dell'offensiva stanno tutti nella lunga "enciclica" - chiamiamola così - che il cardinale Ratzinger ha nitidamente scritto per trent'anni: il "nemico non è l'Islam, e anzi occorre l'unità delle religioni contro l'avversario comune, che è il "relativismo", cioè - tradotto più chiaramente - il non assolutismo, il liberalismo, il pluralismo morale, la tolleranza, una umana e umanistica etica delle etiche", rispettosa delle scelte individuali".
Questo è il nemico da abbattere per la Chiesa di questo inizio di terzo Millennio. Altro che Islam. E’ il liberalismo il vero nemico della Chiesa, e non certo per colpa sua. Il liberalismo è solo attaccato, non sta attaccando. Aprite gli occhi "cattolici di Destra" e finti-liberali di Destra e Sinistra.
# Nico Valerio 13:44
Com'erano belli quegli anni alternativi: anti-nucleari, sì, ma anche pre-Aids...
Le dita esitano un pò sui tasti: in fondo ero a Pian dei Cangani, vicino Montalto di Castro, l'altroieri, diciamo nel '77, a manifestare da ambientalista duro, ma liberale (Lega Naturista, primo club "ecologista" in Italia, modestamente...) contro la decisione di costruire là una centrale nucleare. C'era il principe Nicola Caracciolo, nostro amico, che ancora debbo ringraziare per aver offerto alla mia Lega una sede spettacolare in via Giulia, con tanto di terrazza. Lussi d'un tempo. Nicola venne maltrattato e aggredito da energumeni contro-manifestanti, definiti dal Pci "operai e contadini", cosa che a quei tempi era abituale per i compagni comunisti, ancora trinariciuti...
Già, avete capito bene, il Pci era a favore della centrale. Non per l'economia: era all'opposizione, e peggio andava per il Governo e per l'Italia, meglio era. Allora per l'aria pulita. Macché, non gliene fregava niente della salute e dell'ambiente, figuratevi, col loro cinismo e la loro ignoranza presuntuosa. L'ecologia allora per Pci e sindacati era "un tipico discorso borghese": ho ancora i ritagli di giornale ("Altro che lupo e orso: è l'uomo l'unico animale braccato del Parco d'Abruzzo", era uno dei loro tipici, stupidi, slogan anti-ecologici).
No, gli interessava solo la propaganda politica: i posti di lavoro, l'occasione di sindacalizzare e circuire nuove masse contadine in fabbrica. Una nuova centrale sarebbe stata una ghiotta occasione: avrebbero aperto una nuova sezione. Gente così: gli unici politici puri. I democristiani erano dei bonaccioni dilettanti, al confronto. E poi ce l'avevano ancora nel sangue il mito dei poveri e dei Paesi poveri: Stalin e le sue "modernizzazioni" futuriste: elettricità, locomotive, trattori, kolkoz collettivi. Peccato che in Urss tutte quelle belle parole fossero spesso solo nei Piani quinquennali.
Noi, invece, eravamo, ahimé, gli "alternativi", tutti borghesi e per benino. Si andava dal principe-giornalista arruffa-popolo (timido e signorile, però: stringeva il cuore quando doveva arringare con quella esse blesa della nobiltà partenopea le rozze e sudaticce masse contadine di Montalto) ai professori d'università Mattioli e Scalia, fino ai coloratissimi Indiani metropolitani, travestiti come a carnevale, ai cattolici del dissenso, a laici e liberi pensatori vari, Kronos 1991, il Mir, la Lega per i diritti dell'uomo, il Fuori, il Movimento Nonviolento, ai radicali. Di questi - gli va dato atto perché l'abbiamo sfottuto per anni - l'unico filo-nucleare era il fratello del segretario Spadaccia.
Ma chi era esperto di fisica e di scienza? Pochissimi, oltre a Scalia e Mattioli. Basta dire che noi della Lega Naturista, che avevamo una base totalmente radicale, un po' di divulgazione scientifica la facevamo, ma avevamo un bel daffare a far capire ai manifestanti di estrema sinistra e perfino ai nostri parenti, che una centrale termo-nucleare non ha niente a che fare con... la bomba atomica. A parte i caporioni, quello era il livello.
Meno male che nel corteo succedeva di tutto, e si rimorchiava pure. Le tante ragazze presenti (memorabili certe minigonne) erano più libere e molto meno diffidenti di quelle di oggi. Allora non lo sapevamo, ma quella era una piccola Età dell'oro, l'ultimo avventuroso decennio della fortunata Era pre-immigrazione e "pre-Aids". A proposito, che cos'era il preservativo? Ah, sì, quel marchingeno che usavano solo prostitute e attempate madri di famiglia...
Allora non era come oggi. Tecnocrati e politici erano meno smaliziati e più impacciati. Non conoscevano le pubbliche relazioni, e si capiva quando nascondevano o fingevano. Il potere era davvero ottuso nei suoi silenzi. Non faceva sapere nulla: tutto era inutilmente segreto. Questo allarmava e alimentava i sospetti. Certi ingegneri dell'Enel e certi amministratori erano, poi, davvero cretini, privi della minima psicologia. Fecero succedere loro tutto quel caos antinuclearista: non dettero mai dati e cifre sulla sicurezza degli impianti nucleari. Non cercavano di rassicurare la gente dando informazioni, come si fa oggi. Erano sempre imbarazzati, reticenti. "Non siamo dei ritardati mentali", protestava qualche manifestante di buonsenso. "Ci assicurano l'assoluta sicurezza della centrale, ma nessuno ci viene a spiegare con precisione su che cosa si basa questo ottimismo".
Insomma, lo vollero loro, gli stupidi della tecnocrazia, il no al nucleare. Quelli che non seppero o vollero comunicare. Forse per oscuri motivi politici ed economici. Dopotutto, il povero Ippolito era stato distrutto e incarcerato anni prima da una certa lobby del petrolio, si diceva. Poi, come si sa, a confermare i nostri timori di incompetenti su una "tecnologia ancora pericolosa e malgestita" vennero gli incidenti gravi, negli Stati Uniti alla centrale nucleare di Three Miles Island (1979), poi lo choc psicologico più terribile, la tragedia sovietica di Cernobyl. E al referendum, è chiaro, votammo tutti "no".