21 novembre, 2005

 

21. Newsletter del 21 febbraio 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA DEL SALOTTO VOLTAIRE
QUINDICINALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, POLITICA, SCIENZA, CULTURA E COSTUME
Lettera n.21 - 21 febbraio 2005
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Sommario:
SMOG E POPULISMO. La faccia tosta dei sindaci
TURN-OVER. No cowboy, viva gli indiani
GIUSTIZIA IN PUGLIA. Orecchioni e orecchiette
FARSELA SOTTO. Don Abbondio liberale
BORGHESIA DI SINISTRA. "E ora per chi votiamo?"
CONGRESSO A BOLOGNA. Laicità prima di tutto
NUCLEARE SI O NO. Che testa, quel Chicco
AMBIENTE. Kioto, il mito ottuso della pulizia
VENETO E FRANCIA. "I Love Israel". "Zitto, ebreo"
BANCO A TRE GAMBE. Ti dò uno, prendo quattro
EUROPA E CORPORAZIONI. Meno Ordine nei giornali
LOGO VECCHIO. L’Unione? Che partite a scacchi!
INGEGNERI SADICI. Piede sn, predellino dx, di lunedi
IL SUD DEI RIFIUTI. Uno schiaffo ben meritato
FUNZIONARI PUBBLICI. Gli sbagli li paga il cap.Nemo
SPROLOQUI. "Ove le problematiche ostassero…"
NUOVI FARMACI. Clonazione di embrioni umani
DIRITTO E LIBERTA’. La Bibbia del pastore anti-gay
NO ALL’ART.18. Segretaria furba e dirigente nudo
LIBERAZIONE. La reazione migliore: la Terza
CACCIA ALLA CAMERA. La doppietta perde due volte
LETTORE DISSENTE. Touché: giacobini in ritardo?
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POPULISTI E LASSISTI, PER PAURA DI NON ESSERE RIELETTI
Sindaci con la faccia nera, di smog
E’ di bronzo o sporca di fuliggine? Fatto sta che i sindaci della ex Bell’Italia hanno tutti una faccia che non ci piace. Prima c’era solo Albertini (pubblicità Progresso), ma ora le nuove norme europee sull’inquinamento stanno mettendo in mutande tutti i sindaci (pubblicità Regresso). Che hanno fatto? Niente, appunto. I sindaci italiani non fanno mai niente. Vogliono solo piacere. Dire sempre sì al popolo bue. E finché vengono rieletti hanno ragione. Da noi Rudolph Giuliani e Fiorello La Guardia (New York ieri e l’altroieri), o Ken Livingston (Londra, oggi) sarebbero durati un mese. Fatto sta che, terrorizzati dal loro stesso potere, i sindaci italiani rinviano da anni ogni drastica decisione. E tra concerti rock, bande, coccarde, conferenze e pranzi, non decidono sul riscaldamento delle abitazioni - ancora a nafta o a carbone in molti casi - sul traffico e sul trasporto comunale (bus inquinanti, quasi niente tram e filobus elettrici, metro rarissime e brevi). Hanno paura che le misure impopolari li brucierebbero come amministratori e come politici.
Ora alcuni sindaci, Veltroni in testa, hanno avuto il coraggio di chiedere un incontro urgente e ultimativo al ministro dell’Ambiente per avere finanziamenti dallo Stato. Matteoli, in questi tempi di magra, ha potuto offrire solo 110 milioni di euro per aiutare tutti i grandi Comuni italiani ad affrontare il problema delle polveri fini e dello smog. Una cifra simbolica. "Mortificante", anzi "una beffa"- ha commentato l’assessore romano all’Ambiente. Stesso commento per una tassa sulla benzina - pagata dai produttori - destinata ai bus non inquinanti. Sì, è davvero mortificante, anzi una beffa per i cittadini, che i sindaci delle metropoli e dei capoluoghi d’Italia, i soli responsabili della grave crisi ambientale, si permettano di scaricare sullo Stato gli oneri dei guai provocati dalla loro inerzia. Non erano i paladini del decentramento e del localismo? Non vogliono far da sé quando si tratta di riscuotere le esose e bizzarre tasse comunali, o i consensi e la fama procurati - a spese dei cittadini che le sopportano e le pagano - da concerti rock, feste, "notti bianche", promozioni, elargizioni, assunzioni di impiegati e consulenti inutili, inaugurazioni, commemorazioni, incontri, tornei, premiazioni, sponsorizzazioni e altre "attività di varia umanità"?
E’ comodo amministrare, sia da Sinistra che da Destra, col populismo più peronista, prendendo solo il dolce della facile popolarità e rifiutando l’amaro delle scelte severe, senza aver mai il coraggio di fare e dire. Dire le verità scomode ai concittadini, che se bene informati per tempo (vedi casco, cintura di sicurezza, fumo ecc), potrebbero anche capire, fare qualche sacrificio e infine gradire. Ma soprattutto fare, cioè prendere quei provvedimenti coraggiosi e oggi impopolari, alcuni gratuiti, che sono indispensabili - dicono gli scienziati - per salvaguardare decoro e ambiente delle città. E proprio Veltroni, sindaco d’una metropoli super-inquinata, sporchissima e rumorosa come una città del Terzo Mondo, è il perfetto simbolo in Italia di questo modello di sindaco populista e soft, buonista e simpaticone nella forma ma cattivista nella sostanza, perché anziché amministrare in sordina e con efficienza, pensa a fare carriera con la pubblicità di iniziative futili ed eclatanti. Insomma, sembra proprio che i sindaci della grandi città italiane siano inadeguati al compito, e che perfino gli inutili divieti di targhe pari o dispari, e i blocchi totali, non siano altro che ricatti a Governo e Regioni per avere più soldi. Molti soldi. Con cui poter continuare ad assumere impiegati e consulenti, fare concerti rock e sagre della porchetta. E i centri storici, e la salute dei cittadini? Non è problema loro. "Noi sindaci - ha detto uno di loro - duriamo solo cinque anni". (La badante russa di Cossiga)
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DIARREE POLITICHE E PAURE ISLAMICHE
Liberali alla Don Abbondio
Come mai così frequenti attacchi di dissenteria tra i politici italiani? Saranno i virus para-influenzali, o le mense popolari dei festival di Rifondazione, dall’igiene approssimativa? Mi riferisco ai Rutelli e Morando, Marini e Turci, Bianco e Debenedetti, naturalmente. Mal di pancia sospetti nei frustratissimi "liberali" di centro-sinistra, dopo i mal di pancia dei depressi "liberali" di centro-destra. A quanto pare, un destino cupo, costellato di umiliazioni e autodafé gastrointestinali, attende i liberali dei due versanti. A tutti il Salon Voltaire consiglia subito una speciale "dieta anti-diarrea" a base di riso bianco salato, mele renette o annurche, carote grattugiate e budino di farina di carrube. Infallibile.
Ma i mal di pancia degli sfortunati "liberali" della neonominata Unione sono, se possibile, ancora più dolorosi di quelli degli amici-avversari di centro-destra. Come si è visto nel corteo pacifista fuori tempo massimo, così tardo da sembrare quasi una nostalgica rievocazione dei bei cortei iridati di due anni fa. Ma l’acme della colica si ebbe durante l’incredibile sceneggiata del voto contrario al finanziamento della missione italiana in Iraq. In quell’occasione i pochi e timidissimi liberali dello schieramento diretto da Prodinotti Mister Hyde con polso di ferro (ma ancora senza lo straccio di un’idea o d’un voto popolare), si sono dimostrati assai poco prodi. Diciamo dei fessacchiotti alle prime armi. Perfino sui voti in assemblea si sono fatti imbrogliare. E ciò non ostante, come nel vecchio Pci, non una voce di dissenso trapela. Siamo all’autocensura più staliniana, anzi alla paura islamica. Se la fanno sotto. Come gli arabi che in pubblico non dicono mai una parola chiara e forte di dissenso sul terrorismo. Per timore di venire decapitati. Ma noi che siamo mezzi medici, e quindi coprologi, sappiamo distinguere a naso un attacco di vera dissenteria da uno di dissennatezza. La prima si può curare, la seconda no. (Camillo Benso di Latour)
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BORGHESIA MODERATA DI SINISTRA
"E ora, per chi votiamo?"
Se questi sono i colori rossastri dell’alba - direbbe un vecchio saggio pellerossa - che cosa mai sarà il cielo del mattino in un eventuale governo di sinistra? Panebianco ha scritto che il ruolo di Bertinotti stavolta sarà determinante, e per tre ragioni. 1. Non darà più solo appoggio esterno come nel governo D’Alema, ma sarà determinante per il programma. 2. Negli Usa non c'è più Clinton a fare da garante ideale, ma l’odiato Bush. 3. Dopo l’11 settembre è guerra continua e totale al terrorismo. Per questi motivi il no scontato d’un governo "Prodinotti" alla politica degli Stati Uniti e a qualsiasi intervento militare di "peace keeping" nelle aree calde delle truppe italiane farebbe definitivamente uscire l’Italia dall’area di influenza Stati Uniti-Regno Unito, e anche dal novero delle medie potenze regionali. Con quali conseguenze, anche economiche, sull’immagine dell’Italia all’estero, è facile immaginare.
In quanto a politica interna, economia, fisco e tutela dei soliti ceti parassitari (super-sindacalizzati), un futuro governo unionista sarà sicuramente peggiore del già insoddisfacente governo attuale, sempre troppo timido nelle riforme liberali, condizionato com’è dalle sue componenti conservatrici. Fatto sta che quella parte di elettorato della sinistra borghese, laica e moderna che non solo vede la tv, ma legge i giornali e va all’estero, fa confronti e si è fatta qualche idea, dopo aver visto certi "liberali" della Margherita e dei Ds calare le braghe di fronte al popolo reazionario di Bertinotti e Pecoraro Scanio, senza avere il coraggio di votare "sì", non li appoggerà certo nel 2006. La borghesia progressista moderata, insomma, frustrati i suoi sogni di palingenesi illuminista, non saprà per chi votare. Finirà per essere attratta di nuovo dal Centro-destra, che per quanto con un personale politico goffo e dilettantistico, almeno non aumenterà le tasse e non andrà contro gli Stati Uniti? Quel che ci preoccupa, da liberali, è che così la Sinistra sta perdendo, umiliando ancor più della Destra la sua piccola frangia liberale, l’ultima occasione per superare i vecchi tabù dell’America e della guerra, di Israele e del mondo ebraico, dello Stato pigliatutto e delle tasse. E torna a vent’anni fa, altro che futuro. (Pietro Gobbetti)
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L’EUROPA CONTRO LA CORPORAZIONE ITALIANA
Meno Ordine nei giornali
Scoppierà il caos nelle redazioni dei giornali italiani, se ci sarà meno Ordine? Alcuni giornalisti sono convinti che un colpo al potere dell’Ordine dei giornalisti farà diminuire il diffuso disordine del nepotismo e delle raccomandazioni politiche e amicali che regna da decenni nelle redazioni italiane. Fino a nuovo Ordine, s’intende. Macché, fino alla sua totale eliminazione, ritengono altri. Quei provocatori dei Radicali, al solito, ne hanno pensata un’altra delle loro. Non che fosse la prima volta: sono sempre stati gli unici, insieme con i cugini Liberali, ad essere contrari a un Ordine dei giornalisti. Seguendo le famose "prediche inutili" di Luigi Einaudi. La corporazione, che unisce i direttori, i giornalisti e i pubblicisti in albi di valore legale - sanzionati dai tribunali - a cui si accede con esami di Stato, fu istituita dal fascismo. Solo in Italia un cittadino, per poter lavorare come giornalista o fotoreporter in giornali, agenzie e tv, deve obbligatoriamente essere iscritto all’Ordine. Cosa impossibile senza le conoscenze giuste, indipendentemente dal merito.
Nei giorni scorsi la Commissione Ue per gli Affari Sociali, ha deciso di avviare la procedura di infrazione contro l’Ordine dei Giornalisti italiano. Tutto è partito dal caso del giornalista professionista francese Claude Jeancolas, il quale si è "visto negare – hanno denunciato gli eurodeputati radicali Marco Pannella ed Emma Bonino - la possibilità di svolgere in Italia il ruolo di direttore di alcune riviste", in base alla legge italiana che regola la professione giornalistica. I due denuncianti sostengono che l’Ordine va abolito per il bene stesso della libera informazione, anche perché è in contrasto con i principi di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea. Il caso di Claude Marie Jeancolas, già giornalista professionista in Francia, che è diventato direttore di due periodici Rusconi-Hachette provocando il ricorso dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia al Tribunale di Milano, era stato già due anni fa oggetto di un’interrogazione del radicale Benedetto Della Vedova, deputato al Parlamento europeo, secondo cui l’articolo 46 della legge sull’Ordine del 3 febbraio 1963 n. 69 potrebbe essere incompatibile con l'art. 39 del Trattato CE che assicura la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità. (Mastro Lindo Malagodi)
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NORD E SUD TRA I RIFIUTI
Uno schiaffo ben meritato
Le pulite città straniere e anche quelle civili e linde del Nord Italia, dove vengono inceneriti con le più moderne tecnologie, spesso all’interno del perimetro urbano, i rifiuti che i furbissimi campani producono in grande quantità, ma che poi rifiutano di trasformare perfino in aperta campagna, lontano da centri abitati fatiscenti, abusivi, sporchissimi e superinquinati, stanno dando una bella lezione ai Masaniello e arruffapopolo, partenopei e parte italiani. "In Brescia, dove io vivo e dove abbiamo smaltito e stiamo smaltendo molti dei rifiuti campani – ha scritto il lettore Guarnieri al Corriere - è stato costruito un termodistruttore in città (non in sperdute zone di montagna). Nessuno ha manifestato contro o fatto sit-in: si cerca di convivere con una necessità che certo fa un po' paura, ma se vogliamo vivere con i livelli di benessere attuali è assolutamente indispensabile. Il mio disagio nei confronti dei poveri manifestanti campani è rappresentato dalla consapevolezza di assistere a una sceneggiata in cui chi fa il sit-in è una pedina di un gioco che vuole vedere il Sud fuori dalla crescita economica e sociale del Paese". (Nino Bixio & Cherubini)
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VENETO COME FRANCIA? MOBBING ANTISEMITA
"I Love Israel". "Zitto, ebreo"
Nonostante le ultime correzioni di rotta del governo Raffarin e la maggior attenzione dei giudici, la Francia resta un paese ad alto rischio di antisemitismo (oltre il 70 per cento tra tutti gli episodi di razzismo), con aggressioni gravi agli ebrei, incendi di scuole e sinagoghe, devastazioni di cimiteri ebraici, soprattutto da parte di fanatici islamici. Lo ha reso noto nei giorni scorsi una ricerca dell’Ecri, organismo indipendente dell’Unione Europea. E’ un primato vergognoso, che il presidente Chirac ha cercato di esorcizzare con una frase forte quanto infelice: "Non è un'opinione, ma una perversione", ha detto atteggiandosi a psicoanalista. Ma se fosse così non andrebbe repressa, ma curata, ha fatto notare ironicamente qualcuno.
Nel Veneto, invece, l’antisemitismo non è islamico o cruento, ma sembra un malcostume strisciante, fatto più di vecchie "ciacole" da provincia cattolica vecchio stile e di moderno "mobbing" che di aggressioni fisiche. Forse anche peggio, da un certo punto di vista. A Camisano Vicentino, l’operaio Alfredo Ferrarese non può portare una maglietta con la scritta "Jerusalem" e l’anello con la stella di David, né parlare spesso di ebraismo e Israele, che tutti intorno a lui tutti lo sfottono con cattiveria, lo emarginano col più classico dei mobbing, lo chiamano con scherno "ebreo". Uso dispregiativo sempre più diffuso nel popolino ignorante. "Dai, ebrei, entrate", è solita apostrofare un’impiegata in una certa azienda meccanica. E non solo nel Veneto la parola "ebreo" è considerata di per sé un’ingiuria. Da Roma in giù gli studenti cretini, anche fuori dello stadio, non bastandogli più "ebreo", si offendono tra loro col grado superiore: "rabbino". E meno male che nell’ebraismo non esistono cardinali e papi.
Per avere un equivalente grado di offesa contro il cattolicesimo bisognerebbe spingersi in certi paesini dell’entroterra toscano, terra elettiva di bestemmiatori incalliti. Che credono ingenuamente di essere atei, mentre sono i veri, ultimi, fedelissimi credenti. Solo chi è in intimità con Dio lo può insultare e prendere a male parole. E del resto, si rimprovera chi c’è, non chi non c’è. Ma mentre la bestemmia classica, è sempre rivolta verso entità ritenute a torto lontane e improbabili, l’ingiuria anti-ebraica non si indirzza mai a Dio - ineffabile sia per gli ebrei che per gli anti-ebrei - ma al singolo uomo o all’intero popolo israelita. E’ più grave, quindi, sul piano sociale e psicologico. Eppure non ci risulta che mamme e compagni di scuola mollino ceffoni agli sciocchini intolleranti, né che maestri e professori puniscano questi piccoli atti di razzismo verbale, o tengano lezioni apposite sul valore della parola "ebraismo". E, sia chiaro per noi liberali, che tuteliamo fino al paradosso la libertà di parola e di idee, che questi nomi usati come ingiuria non sono manifestazioni di pensiero, per quanto deliranti, da tutelare, ma solo offese gratuite e immotivate.
Antipatico ai colleghi che gli lavorano accanto, Ferrarese è un uomo semplice di 39 anni, piccolo di statura, ciuffo e basette da cantante rock. E’ accusato di scarso impegno sul lavoro, di avere la testa solo alle sorti di Israele, alla Shoah, ai pellegrinaggi ad Auschwitz, di essere "un fissato" filo-ebreo, forse perché ha lavorato qualche mese in un kibbutz e ha denunciato un negozio per aver messo in vendita bottiglie di vino "nazista" con l’etichetta "Sieg Heil" e "Ein Volk, ein Reich, ein Führer", come riferisce Imarisio sul Corriere. I colleghi lo mandano a quel paese: "Ti e la tò religion", imprecano intolleranti. Ma il curioso è che stavolta la vittima del pregiudizio e mobbing anti-ebraico non è un ebreo, ma un simpatizzate, un amico degli ebrei, frequentatore della locale sinagoga, dove conta alcuni amici. Subisce spesso le ironie e gli sfottò malevoli dei colleghi e del caporeparto, che ad ogni sua presunta mancanza tirano in ballo il suo filo-ebraismo. Ma dopo l’ultima sfuriata del capo ("Tu sei un ebreo-ebreo-ebreo-ebreo-ebreo", avrebbe detto con evidente disprezzo di fronte a testimoni), il Ferrarese perde la pazienza e denuncia i fatti ai carabinieri. Il magistrato di Vicenza, Giorgio Falcone, dirà con linguaggio giustinianeo che si tratta di un "reato bagattellare", Totò direbbe una quisquilia, una cosa da poco. Decide di chiedere l’archiviazione del procedimento contro il capo reparto, con queste motivazioni: "Il fatto è di particolare tenuità; in considerazione degli interessi tutelati, dell’esiguità del danno e del modesto o nullo pericolo concreto derivatone, nonché dei pregiudizi che potrebbero derivare all’indagato all’ordinaria vita di relazione, non pare giustificato l’esercizio dell’azione penale".
Il giudice Falcone ha peccato di psicologia e di fantasia. Meglio sarebbe stato se si fosse inventato una pena leggera ed educativa, all’anglosassone. Per esempio, condannare tutti i colleghi di Ferrarese, capo compreso, a leggere e studiare tre libri sul razzismo e l’ebraismo, per poi essere interrogati nel più vicino liceo. Per gli ignoranti e i bulli di tutt’Italia, dal Veneto alla Sicilia, sarebbe stato uno shock positivo. Un messaggio chiaro, anche per mamme disattente e insegnanti buonisti. Perché sono proprio gli ostacoli alla vita sociale il cruccio della vittima di Camisano Vicentino, un uomo comune, che certo avrà i difetti di tutti, non un eroe. Ma che ha diritto a vivere in santa pace, con le sue idee, il suo credo, il suo amore per gli ebrei e Israele, le sue innocenti e buone "fissazioni", senza essere discriminato ogni giorno. (Sarah Veroli, commessa in via Ottaviano)
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TURN-OVER DI MASSA
Macché cowboy, viva gli Indiani
Personale lavorativo pletorico, poco efficiente, costoso, pieno di pretese, altamente sindacalizzato? Sostituiamolo con gli indiani. E non pensate al solito folclore delle povere donne dei villaggi del Bangladesh: l’India - sarà per l’educazione britannica che si è radicata nel suo Dna - sforna oggi ottimi laureati. Tra l’altro, a differenza di quelli svogliati e incapaci made in Italy, sanno far di conto più che bene. I migliori matematici e informatici al mondo sono indiani. Ricercatissimi dalle università e aziende Usa. Anzi, sono pure troppo bravi per le nostre modeste esigenze. In fondo che dovrebbero fare da noi? Dovrebbero sistemarsi, nei seggi che preferiscono, alla Camera dei Deputati, al Senato della Repubblica, soprattutto nella Ragioneria generale dello Stato, nelle Regioni, nei Comuni, nei ministeri, nei sindacati, nelle scuole, nei trasporti (sia ferrovie, sia Alitalia). Se poi desiderano anche dirigere la Fiat e la Rai, ben vengano. Tanto, peggio di così i nostri non possono fare. Se ci fanno uno sconto li prendiamo in stock per sistemarli anche a capo di Unione, Fed, Ulivo, An, Casa delle libertà. Anzi, visto il livello dei burocrati di Strasburgo e Bruxelles, li consiglierei vivamente all’Unione Europea. E Sonia Maino? La vedrei come una nostrana Rice Condoleezza (il padre, amante di musica, voleva "Con dolcezza" ma l’impiegato per fortuna si sbagliò) a capo di un Governo di sole donne. Dopotutto, la statura c’è, le gambe pure. E grazie all’ing. Marco Bonioli, di Milano, che mi ha dato l’idea. Ma, ingegnere, se arrivano gli indiani stia attento al posto… Le dico subito che se si presenta una "ingegneressa" in sari da New Delhi, meglio se bella, la prendiamo subito. E buon riso al curry. (Ciccio, il giardiniere della Palombelli)
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PUGLIA: PENTITI E INTERCETTAZIONI
Orecchioni e orecchiette
Guardando i conti della Giustizia, i direttori generali del ministero di via Arenula avevano sgranato gli occhi. Il Grande Orecchio costa troppo. Facendo le somme, in Italia si spendono milioni di euro in intercettazioni telefoniche. Roba che neanche sotto fascismo o comunismo. Una spesa proibitiva e forse inutile. Davvero esemplare, poi, per uno Stato che ama definirsi "liberale", questo controllo poliziesco della privacy del cittadino. Dopo la denuncia dei manager di Castelli, l’allarme è stato ripreso dal sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali a Bari. "Non è possibile che in uno stato di diritto e democratico siano intercettati 100 mila cittadini. Nel 2001 abbiamo speso per intercettazioni telefoniche, solo nel distretto di Lecce, più di quanto hanno speso gli interi Stati Uniti. Mi auguro ci sia la volontà in Parlamento di risolvere il problema"
Non farà piacere al neonominato candidato governatore della Puglia per la Sinistra, il "rifondatore" comunista Nicky Vendola, fautore della magistratura politicizzata, la pubblicazione, prevista per questi giorni, del libro di Mauro Mellini "Tra corvi e pentiti", per la casa editrice Koinè di Roma (06.52247979, fax 06.52244280). Non è solo Grande Orecchio o Orecchione, qui: un cabarettista parlerebbe di "Giustizia alle orecchiette". La Puglia, infatti, è regione non seconda a nessuna - sostiene Mauro Mellini, avvocato liberale, già deputato del PR e celebre promotore della legge sul divorzio - nella frequenza del prestito di magistrati a ruoli politici e dell'assunzione di connotazioni politiche nelle attività di certi magistrati. In Puglia, "mani pulite" è arrivata in ritardo, ma sta facendo danni rilevanti.
Nella vicenda di Franco Giangualano, per esempio, ci sono tutti i luoghi comuni caratteristici del giustizialismo e della "mala giustizia", dai vecchi metodi di calunnia e persecuzione (i "corvi", gli anonimi e gli apocrifi), ai processi per fantasiose ipotesi di reato secondo i canoni tipici della "giustizia dell'emergenza", in cui il garantismo liberale si perde. Anche in questo caso il re della vicenda è un pentito dai molti delitti, quel "pentito" (le virgolette sono d’obbligo) Salvatore Annacondia, che ha alle spalle quaranta omicidi, eppure ha un credito illimitato presso Procure e tribunali. Credito, scrive Mellini, utilizzato nelle più spericolate e contorte operazioni contro vittime eccellenti dell'ondata giustizialista. Tutto comincia col pentito pugliese che si accusa per aver ricevuto da Giangualano e da altre persone in vista l’incarico di uccidere un magistrato. E l’appassionante vicenda si dipana attraverso colpi di scena, ritrattazioni, agnizioni, accuse e controaccuse, secondo una trama che ha del romanzesco. Sullo sfondo troviamo anche personaggi noti, come il deputato pugliese Luciano Violante, che ai tempi della sua presidenza dell’Antimafia - riferisce Mellini - chiama proprio il pentito Annacondia a riferire al Parlamento di quel fantastico "mandato a uccidere". Un libro pieno di sorprese, per gli amanti del genere "noir" alla Sciascia, tutto da leggere. (L'amante di Zanardelli)
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SI’ DI LONDRA ALLA CLONAZIONE MEDICA
Nuovi farmaci da embrioni umani
L’embrione umano gli verrà meglio, speriamo, della "sua" pecora Dolly, che era nata piena d’acciacchi. Lo scienziato Ian Wilmot è stato autorizzato alla clonazione umana per trovare una cura a una malattia neuronale grave, la malattia del moto-neurone (MND), una sindrome che nel cervello e nel midollo spinale provoca la morte dei neuroni che controllano i movimenti. E’ indubbiamente un avvenimento di grande importanza scientifica, etica e giuridica. E’ la prima volta che, dopo il blocco degli ultimi anni, il governo britannico ha concesso la licenza per attività scientifiche di clonazione terapeutica di esseri umani. Per la verità, la clonazione terapeutica è legale in Gran Bretagna dal 2001, ma da allora l'authority preposta al vaglio delle autorizzazioni ha concesso il proprio parere positivo solo un'altra volta. Al Roslin Institute di Edimburgo, dove il papá di Dolly lavora, si intendono clonare embrioni con la MND per studiarne la progressione "con dettagli di precisione inimmaginabili con altri metodi". L'obiettivo è quello di trovare farmaci in grado di arrestare la progressione della patologia che, in media, porta alla morte in soli 14 mesi dalla diagnosi. Per tacitare qualche critica, Wilmut ha assicurato che il suo gruppo "non ha intenzione di creare bebè clonati. Gli embrioni creati saranno distrutti dopo la sperimentazione". (La nipote di Francesco Redi)
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FUNZIONARI PUBBLICI CHE "PERDONO LE PRATICHE"
Gli sbagli li paga il capitano Nemo
"Nell’ottobre 2003 mia moglie ha depositato presso la prefettura di Modena la pratica per la cittadinanza. Ora, alle mie richieste - ricevuta alla mano -, candidamente mi è stato risposto che la domanda è stata persa (20 pagine con traduzioni costose). Il difensore civico mi ha detto che posso: 1) ripresentare la pratica perdendo il tempo già trascorso; 2) ricorrere in tribunale (8-10 anni più spese). A me sarebbe bastato recuperare il tempo già trascorso, ma dal ministero dell’Interno mi è stato detto che se ripresento la pratica l’iter inizia ex novo. Eppure ad avere sbagliato è lo Stato, il quale, tuttavia, è sicuro che alla fine il cittadino non potrà fare nulla. Ora capisco perché i funzionari e i dirigenti pubblici si sentano così sicuri di loro stessi... "
Che dice il Ministero della Funzione pubblica? Bello sarebbe stato se l’ufficio avesse riconosciuto al cittadino almeno una somma in riparazione, p. es. 1000 o 2000 euro. Macché. Questa lettera di Alessandro Baldini al Corriere dimostra che noi liberali abbiamo sempre avuto ragione nel chiedere la responsabilità personale di amministratori e magistrati pubblici. Ma invano. Se pensiamo che perfino il referendum (vinto) sulla responsabilità dei giudici è stato disatteso (e una sentenza colpevolmente sbagliata può rovinare un uomo per la vita), ci accorgiamo che la nostra amministrazione per certi aspetti è ancora Ancien Regime, borbonica. Chi paga gli sbagli degli uffici? Nessuno. Diciamo il cap.Nemo. (Giolitti, il gelataio di Campo Marzio)
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"NO ALL'ART.18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI"
La segretaria furba e il dirigente nudo
Caro Salon Voltaire, due settimane fa ho compiuto 46 anni. La mattina del mio compleanno mi sono alzato un po' giù di morale. Sono andato a fare colazione sperando che mia moglie mi dicesse "Buon Compleanno!" e mi facesse una sorpresa dandomi un regalo. Invece mi ha detto solamente: "Buongiorno". I miei figli si sono seduti a tavola e l'unica cosa che mi hanno detto è stata: "Abbiamo bisogno di un aumento della paghetta!". Così sono andato a lavorare ancora più depresso.
Appena entrato in ufficio, però, la mia segretaria (25enne e carina) mi è venuta incontro esclamando: "Buon Compleanno!". Mi sono sentito subito meglio: per lo meno qualcuno se ne era ricordato! Ho lavorato normalmente fino a mezzogiorno quando la segretaria mi ha chiamato proponendomi di andare a mangiare insieme; ho accettato dicendole che era la proposta migliore che potesse farmi. Abbiamo scelto un ristorante molto accogliente, abbiamo mangiato con calma e poi siamo andati da un'altra parte a bere un drink. È stato tutto molto bello e mentre tornavamo in ufficio la segretaria mi ha detto: "Visto che oggi è un giorno speciale, perché anziché tornare subito al lavoro non andiamo a casa mia a rilassarci un po'?". Le ho risposto allibito che era un'ottima idea.
Appena entrati nel suo appartamento, lei mi ha detto: "Se non le dispiace desidererei mettermi qualcosa di più comodo". Io le ho risposto che non c'era alcun problema… E così se ne è andata in camera sua. Dopo tre minuti ne è uscita… con una grande torta di compleanno, seguita da mia moglie, i miei figli e i miei amici con i quali cantava in coro: "Tanti auguri a te, tanti auguri a te!", mentre io ero in piedi in mezzo al salotto, nudo, con addosso solo un paio di calzini corti.
Adesso mi dica: le sembra giusto che io non abbia la possibilità di licenziare quella testa di cazzo della mia segretaria? (Viviana, citofonare all'int.2)
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IGNORANTI A CONSESSO E PAROLONI
"Ove le problematiche ostassero…"
La lingua italiana, che i nostri politici di Destra e Sinistra non tutelano né in Patria né all’estero (basti vedere come gli gnomi burocrati di Bruxelles lo stanno trattando), è la più antica esistente tra quelle occidentali, l’unica che ha ancora in uso anche le parole del primo Medioevo. Un italiano colto dovrebbe poter capire e leggere al volo Guido Guinizelli (13° sec.) e Boccaccio (14°), mentre un inglese colto non è tenuto a capire in originale neanche Shakespeare, che è di alcuni secoli dopo (16° sec). Ecco perché gli stupidi dicono che "l’inglese è una lingua più moderna", come se fosse un pregio. In realtà, è proprio la ricchezza, la lunga evoluzione nel tempo, ancora riscontrabile nei dizionari, che dà profondità, bellezza e variabilità estrema alla lingua italiana. Che permette, molto più delle altre lingue, di capire tutto della cultura e della psicologia linguistica della persona che parla o scrive. Insomma, se la parola è lo specchio dell’uomo, in Italia questo è davvero confermato al più alto grado. Nel bene, come nel male.
Vediamo il male, intanto. E’ un problema di immagine, un cattivo esempio, l’italiano parlato da deputati e senatori. "Problema"? Non è tale se non cambia sesso e non si complica diventando "problematica". Senza contare la "tempistica", la "logistica" e "il razionale". Gli articoli di una proposta di legge non sembrano impressionare nessuno se non li si trasforma in un mostro snodabile con venti zampe: "l’articolato". E poi, ammettiamolo, esistono verbi sconvenienti. Cancellare, eliminare, togliere? Ma come osate? Solo "abrogare". Stabilire? No, "deliberare". Colpa anche del gergo giuridico. E, sia chiaro,"nel caso che fosse impedito da…" può diventare "ove non ostasse il…" Questo "ove" gallinaceo ha impressionato Severgnini del Corriere che ha ascoltato nei discorsi alla Camera dei Deputati anche errori più sfumati di quelli ascoltati da noi, cioè frasi dalla sintassi discutibile o dalla grammatica sbagliata, però con qualche pretesa di seriosità colta. Non c’è niente di peggio. Si può capire il linguaggio volgare delle scuole, delle caserme, dei mercati o dei porti. Si può capire il linguaggio colto. Si può capire perfino il gergo tecnico (purché per uso interno d’una corporazione), come il famoso "règime" (regime, numero di giri) degli ingegneri o il "càrisma" (carìsma) dei grecisti. Ma quello che non si può sopportare è lo stile affettato, la parola inconsueta o erudita fine a se stessa, la frase complessa e involuta, in bocca a una persona ignorante. Che infatti cade negli errori. Vi ricordate il caso dell’avverbio "assolutamente"? E’ di moda da vent’anni, e fino a ieri è stato usato al posto del "no". Solo da qualche anno gli snob ignorantelli hanno saputo che in realtà è un rafforzativo, sì, ma neutro, che si appoggia all’ultimo "sì" o "no".
Insomma, nessuno è obbligato a essere colto o ad avere facilità di parola. Si può parlare con dignità anche in modo elementare e con la licenza media, per parafrasare Montaigne. Basterebbe che come in Gran Bretagna o negli Stati Uniti i nostri politici parlassero in modo naturale, semplice e diretto, senza inutili fronzoli, termini aulici e retorica, che oltretutto attirano gli sfondoni. "Ci si consenta qualche parola", "Quegli eventi passati attraverso la verifica sul campo", "Ci sono stati dei plausi da parte dello scenario mondiale", "Una domanda è risuonata in questi giorni". Con l’occasione – ha scritto Severgnini che ha seguito lo stile di quattro deputati – rinasce il Pri: la Pubblica retorica italiana. Ma a me ricorda tanto la provincia illetterata del vecchio Sud, dove i "signori", il "dottore" e l’ex contadino arricchito, oltre a dover portare cravatta, cappello e bastone, dovevano parlare difficile e erudito per denotare un differente status sociale, e quindi avere credito presso il popolino. Lo stesso accade a certi palloni gonfiati di saggisti dagli scritti incomprensibili o di "esperti" tv, che nascondono la propria pochezza o mancanza di idee dietro i paroloni. Gli psicologi dicono che parla difficile e oscuro solo chi ha un secondo fine o vuole nascondersi.
E poi siamo dell’antica idea che un liberale parli spontaneamente chiaro e schietto. Senza retorica o termini inutilmente altisonanti. Se è colto parlerà pure colto, ma solo se indispensabile, nella materia, nei luoghi e nei momenti appropriati, per non rischiare il ridicolo e l’ostentazione volgare. Non è un caso che gli scritti dei grandi autori liberali, a cominciare da Croce, siano relativamente facili da leggere e capire, pur trattando materie normalmente difficili e oscure. Ma sì, saremo degli illusi, però ci piace pensare che dietro il "pane al pane" ci sia come un’etica antica, un rigore di onestà del discorso paragonabile all’onestà e al coraggio (virtus) di cui parlavano i Romani della Repubblica. Parlar chiaro e semplice per esprimere idee chiare e forti. (Il copista cieco di Niccolò Tommaseo)
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SEVERI SULLE PICCOLE COSE, LASSISTI SULLE GRANDI
Kyoto, il mito della pulizia di Stato
Gente, tenetevi dentro il respiro. Lo sapete, sì, che con la vostra dannata anidride carbonica CO2 state inquinando l’aria, aumentando la temperatura, allargando il buco dell’ozono, sciogliendo i ghiacci, innalzando i mari, cambiando il clima e forse provocando maremoti e devastazioni del "Niño"? Per carità, scherzavo, riprendete pure fiato. Questo incipit (dicono che i miei sono "incipit mozzafiato") serviva solo a demistificare un po’ il problema. Anche perché dovrei avere da ridire anche sul meteorismo delle pecore e sulle puzze delle vacche, entrambe grandi produttrici di CO2.
Pazzia? No, è che anche in Italia ora si applica il Protocollo di Kyoto. Capirete, ora sì che tutto cambierà. E alla fine del tunnel, avremo un tabù, come dice Riotta, o un totem in più? Forse solo uno Stato di Pulizia. C’è chi obietta che non servirà assolutamente a niente perché nessuno Stato lo osserverà (ipotesi 1, degli scettici politici). Secondo altri, invece, tutti lo prenderanno alla lettera, svenandosi e complicandosi la vita da masochisti, ma ottenendo appena il 2 o il 5 per cento di riduzione dell’anidride nell’atmosfera. Troppo poco e troppo costoso, visto che semmai la si dovrebbe ridurre del 50 o 60 per cento, come ha fatto notare anche il geofisico Boschi, per avere miglioramenti sensibili (ipotesi 2, degli scettici scienziati).
E poi, chi ci assicura che in realtà non sia in atto uno dei tanti lunghissimi e complicati cicli della Terra, e che il modesto 0,8°C in più di temperatura, come tutti gli altri valori, non sia destinato ad essere corretto dalla Natura, prima o poi, tra 10, 20 o 100 anni? Diceva bene Lovelock: "Ha tante risorse il pianeta Gaia" (e non è il "Pianeta dei culattoni", on. Tremaglia e Calderoli, ma solo l’antico nome greco "gea", Terra).
Perciò, ditemi voi come si dovrà sentire un ecologista vero (non come i finti verdi), per di più razionalista e liberale. Scettico, tremendamente scettico, di fronte a questa inutile sceneggiata fatta solo per secondi fini. Secondi fini? Ma sì, questa "scienza" è politica. E la politica è rappresentazione, teatro. Più che fare, si parla e si fa vedere. E c’è anche l’ideologia. C’è chi agita minacciosamente i dati scientifici (spesso smentiti pochi anni dopo) sbandierati nelle convenzioni di Kyoto contro gli Stati Uniti, Bush, l’Occidente, l’industria, il capitalismo, il liberalismo. Lo riconoscano: è un’occasione d’oro, quasi una rivalsa, per un marxista (o un ex fascista "sociale") sconfitto dalla Storia. E c’è anche chi pensa di essere rieletto riciclandosi con l’etichetta di "verde" puro e casto, dopo averne fatte di tutti i colori politici e ambientali. E non mancano neanche coloro che già sanno come realizzare affari e profitti facili rifilando alle industrie "filtri appositi a norma Kyoto", "metodiche nuove del Kyoto update", "know how" rivoluzionari per essere esenti dalle penalità. E’ il solito gioco: spenderemo o guadagneremo (dipende dal punto di osservazione) miliardi di euro. Vedrete, in pochi mesi tutte le fabbriche saranno miracolosamente "Euro 4", esenti da divieti e controlli, come le nuove automobili. Ma temperatura, anidridi CO2 ed SO2, idrocarburi, caldo d’estate e freddo d’inverno, siccità, allagamenti e maremoti, calotte polari e iceberg, saranno sempre gli stessi.
E’ un po’ quello che sta succedendo con le polveri fini pm 10: hai voglia a bloccare le auto. Per rispettare i valori bassissimi che ci siamo improvvisamente dati dovremmo cominciare ad eliminare tutti gli impianti di riscaldamento a gasolio e tutte le auto diesel. Poi dovremmo chiudere alle auto tutti i centri storici d’Europa. Infine "diradare" di molto i palazzi delle città per permettere al vento di entrare nelle vie e spazzar tutto. Sono le città il primo problema. E così via, di obiettivo in obiettivo. Ma a quel punto faremmo prima a ritornare nelle savane da cui siamo partiti. E invece gli stupidi gnomi della UE sono integralisti sulle piccole cose e lassisti sulle grandi. Vorrebbero coniugare gli agi, l’innaturalità e gli sprechi della vita moderna con la pulizia "ex lege" della vita atavica nella Natura. Illusi. E furbi, anche. Per loro tutto si metterebbe a posto, per miracolo, comprando le auto che producono loro, quelle con l’apposito bollino 2005.
Perché, dunque, ‘ste sciocchezze in stile Kyoto non funzionano? Perché sono "finte", inutili, solo politiche, fatte per far vedere o far vendere. Sono troppo poco. Eppure, visto quello che ci costano, sembrano troppo. Un’inezia, per incidere davvero su fenomeni macroscopici, che vorrebbero addirittura che tutta l’umanità cambiasse modi di vivere. Non possiamo vivere in via Montenapoleone o via del Tritone conservando i parametri d’una grande faggeta di montagna. Ma una scocciatura esagerata per tutto il casino che fanno nella nostra vita cittadina e nella produzione di beni. D’accordo, sarà pure educativo abituare la gente, i giovanissimi, ad avere a che fare quotidianamente con i "limiti", anche perché non si abituino a pensare che tutto sia infinito in una Terra troppo finita, e che fregandosene dei diritti altrui si instauri in realtà non il liberalismo ma la dittatura dei prepotenti. Ma per questo basterebbero dei buoni e severi corsi scolastici. Che bisogno c’è di una inutile e dispendiosa "simulazione" su vasta scala?
E’ il "principio di precauzione" portato all’eccesso e applicato solo alle piccole cose che genera il ridicolo. Funzionari con la pappagorgia, stempiati anzitempo, dal ventre a botte per l’alimentazione sbagliata, il fegato a pezzi per i farmaci e l’alcol, i polmoni incatramati dal fumo, fiaccati da artrosi e malattie degenerative, con le membra rattrappite dalla vita innaturale e sedentaria, fustigano poi virtuosamente il prossimo prescrivendo valori di inquinamento dell’aria severissimi. Dimenticano che la ricchezza raggiunta (che li fa oggi così schizzinosi e sovrappeso) è stata accumulata in passato non seguendo le norme Asl, Ue o Uni, ma vivendo per secoli o millenni con poco cibo tra polveri d’ogni genere, smog, anidride solforosa, cinabro di mercurio, anidride carbonica, fumi di combustione di legna e carbone, benzopirene, catrami, amianto, antimonio, arsenico, assenzio, biacca di piombo, ossido di carbonio, idrogeno solforato, oppio e droghe d’ogni tipo, erbe velenose, cibi tossici o putrefatti, virus, batteri, insetti e parassiti, escrementi umani e animali. Senza contare che tutti puzzavano d’aglio fin da lontano ("l’odore del coraggio", diceva Catone) e, non esistendo il sapone, per pulirsi i più ricchi si cospargevano ogni tanto di olio rancido e poi di cenere, che raschiavano via con lo strigile. Una cosa è certa: con le attuali norme iperprotettive e "precauzioniste" la civiltà non sarebbe mai nata. Neanche Roma si sarebbe potuta fondare. A parte le riserve dell’Ufficio del Piano regolatore, la più vicina Asl avrebbe subito fatto questione per le "fosse biologiche non a norma", i vigili del fuoco per la mancanza di "uscite di sicurezza". E addio Storia. (Thoreau, il guardiano della capanna)
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DE SADE AI TRASPORTI
Piede sn, predellino dx, di lunedi
Se non siete stanchi di "obliterare" (timbrare) il biglietto dei bus, e di percorrere una "tratta" (tratto) di 30 km di ferrovia in un’ora, leggete l’ultima inutile cretinata pseudo-colta inventata dai soliti ingegneri dei trasporti. Io già me l’immagino il sadico Dott Ing di Trenitalia (e già il logos è un rebus: quanti sono i "treni" in realtà? mancando l’ultima lettera potrebbe essere uno solo…) che si è divertito a descrivere nel modo più preciso e insieme più contorto e incomprensibile una data di scadenza del buono di rimborso per un ritardo del treno, come lamenta Michele Cortellazzo di Padova. Avrà pensato con speciale crudeltà agli anziani con la quinta elementare, alle persone frettolose che devono fermarsi a calcolare, agli studenti italiani che leggendo poco già hanno problemi a interpretare i testi scolastici, insomma a tutta la gente che se la cava maluccio con una frase appena un po’ complicata: "Il presente bonus (…) è valido per acquistare biglietti di viaggio entro le ore 24 del giorno antecedente al corrispondente giorno del sesto mese successivo all'emissione". A parte il calcolo complesso dei giorni utili, come nel metodo anticoncezionale Ogino-Knaus, si noti il raffinato parallelismo secentesco tra la rara forma "antecedente" (oggi si dice "precedente", dal che si vede che lo scrivente non è abituato a scrivere) e l’aggettivo "corrispondente". Senza contare la sanitaria ributtante "emissione", a metà tra vomito e defecazione. Ma "ora vi faccio vedere io, di che cosa sono capace", si sarà detto l’inguaribile grafomane. Chi ha detto che gli Ing non sanno scrivere? Nella nostra corporazione non c’è stato solo il grande Gadda, ci sono anch’io", avrà pensato l’oscuro dirigente. Infatti, caro Ing Dott., e chissà, magari anche Avv., diciamo che si è fatto notare - eccome - tra la massa sudaticcia dei vili viaggiatori pendolari accalcati come servi della gleba nelle carrozze fredde, sporche e senza gabinetto. Il "bonus" (latinorum di Don Abbondio) per il biglietto era scritto coi piedi, sia pure calzati "british", ma il messaggio sottostante era borbonico. E non dimentichi: la "tratta" è solo quella degli schiavi. Appunto. (La cuoca di Pareto)
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PILATO E LA CATINELLA D’ACQUA
Capo del personale no, giudice sì
Gli enti pubblici e perfino le aziende in Italia sono sempre più incapaci di gestire con mano ferma il personale, di punire quando i dipendenti sono sorpresi a rubare perfino dalle telecamere tv (vedi il caso scandaloso degli addetti ai bagagli di Malpensa), o si assentano dal lavoro per una partita di pallone, sia pure dopo aver "avvertito". Siamo ancora agli insopportabili privilegi di minoranze elette di lavoratori d’oro, frutto del permissivismo pansindacalista e del cattivo buonismo che ci portiamo appresso dagli anni 70. E siccome non è politicamente corretto licenziare o tirare le orecchie a chi ha commesso un illecito aziendale, che fanno i capi del personale e gli uffici legali? "Non si prendono la responsabilità". Come un qualsiasi pauroso privato cittadino italico, per non avere grane, i capi del personale e i dirigenti legali di enti e aziende di Stato, di finto-Stato e finto-private, chiesta alle segretarie una catinella d’acqua compiono il rituale gesto di Pilato: se ne lavano le mani. E’ più comodo e "meno grave" denunciare alla magistratura. Che tolga lei - sembrano dire - le castagne dal fuoco. Insomma, "usano i Pubblici Ministeri e i Procuratori per supplire alla loro incapacità di punire", ha detto proprio il PM Fabio Roia, che ha sostenuto invano l’accusa contro i 62 controllori di volo di Linate giudicati per "assenteismo" a Milano. Così, un episodio in cui sarebbe bastato - e sarebbe stato molto più efficace - un semplice provvedimento interno dell’azienda, portato in giudizio si è ritorto contro l’azienda stessa, ha fatto dei 62 poco meno che degli eroi (sant’iddio, stavano giocando a pallone, mica stavano rubando…), e ha finito per dare il cattivo esempio agli altri. Ma bravi signori dell’Ufficio del personale. E poi dicono che i luoghi comuni non sono veri: il solito, famoso, "coraggio" dei moderni Italiani. (Goffredo di Bugliolo)
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IL BANCO TRABALLA: MANCA UNA GAMBA
Ti finanzio, ma tu mi presti il doppio
Luigi Einaudi e Ernesto Rossi non dormono in pace nel Purgatorio (il Paradiso, si sa, è proibito agli economisti liberali dal Padreterno statalista…) da quando tra le banche italiane si è diffuso il vizio di finanziare con somme esorbitanti i soci che ufficialmente erano venuti a salvarle. Il trucco è semplice ma ingegnoso. Un finanziere o un industriale con problemi di liquidità investe i suoi ultimi capitali disponibili intervenendo come socio in una grossa banca. Poi, passato qualche mese, forte della posizione privilegiata, si farà finanziare per somme ben più alte di quella investita. Un sistema che deve essere stato inventato in tempi antichissimi a Napoli, al mercato di Forcella, ma che applicato ad altissimo livello diventa una "operazione creativa" ammirata da investitori e giornalisti economici. Un po’ meno dalla Banca d’Italia.
Il settimanale "Economy" riporta un esempio da manuale di questo genere di inventiva finanziaria all’italiana: Gnutti ha investito nel Monte dei Paschi di Siena circa 200 milioni di euro, ma ne è stato finanziato per 900. Ed è solo uno dei tanti casi verificatisi negli ultimi tempi. Basti considerare che un colosso bancario come Capitalia ha affidamenti per oltre 2,5 miliardi di euro (si parla di una somma vicina ai 5.000 miliardi di lire) verso soci aderenti al patto di sindacato, come riporta Paolo Carotenuto in un articolo trasmesso sul web. E per motivi analoghi anche la Popolare di Lodi, la Antonveneta e altre banche italiane hanno ricevuto bacchettate dalla Banca d’Italia. Non solo le banche italiane spennano i correntisti e li consigliano male - spesso colpevolmente, secondo i giudici - sugli investimenti (Bond argentini, Cirio, Parmalat ecc), ma ora si scopre anche la palla al piede dei furbi "debitori di riferimento". Insomma, il tipico Banco italico, come il famoso tavolino spiritico di Prodi durante il rapimento Moro, ha solo tre gambe, ed è per questo che traballa.
Ora, finalmente, viene presentata in Parlamento una legge sul risparmio che, se non modificata da una lobby sotterranea trasversale alla Destra e alla Sinistra, può pulire il sistema bancario almeno da questo trucco. La nuova legge, a parere degli esperti, introdurrebbe una regola per la quale gli azionisti di una banca non potranno ottenere dalla stessa finanziamenti oltre il 75 per cento del capitale sottoscritto. Ma se dovesse essere approvata questa legge costringerà molti imprenditori a restituire in poco tempo le quote eccedenti le proprie partecipazioni negli istituti di credito amici. E si tratta di somme enormi. In sincerità, credete davvero che questa norma moralizzatrice sarà approvata? (La fattoressa di John Stuart Mill)
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CHE TESTA QUEL CHICCO
‘A dotto’, nucleare, sì o no?
Eh, la generazione degli anni 70 e 80… Hanno preso cantonate, ma non lo ammettono. Orgogliosi peggio d’un tronfio cavaliere spagnolo del Seicento. Vabbè che un "vero uomo" politico in Italia non chiede mai scusa. Prendiamo il verde Chicco Testa: ha cambiato idea sull’energia nucleare (e si vede, eccome), ma non vuole ammetterlo e si arrampica sugli specchi della sintassi più scivolosa contraddicendo anche la Logica aristotelica. Sentite che ne dice Claudio Sabelli Fioretti in un suo blog.
"Sergio Rizzo, bravo giornalista del Corriere della Sera, intervista Chicco Testa sul nucleare. Ottimo, mi dico, finalmente potrò farmi una chiara idea sul futuro. Perché il problema del nucleare non è così semplice. Noi non abbiamo centrali (giusto!) ma compriamo l'energia nucleare dalla Francia che ha le centrali che producono l'energia nucleare che ci vendono a pochi chilometri dai nostri confini. Come la mettiamo? Chicco Testa: "Oggi un mondo senza energia nucleare è impensabile". Bene, questo vuol dire parlare chiaro. Chicco Testa è a favore. Rizzo però ha memoria. E gli chiede: "E il referendum di cui come Lega Ambiente fosti promotore?" Chicco Testa non si fa cogliere di sorpresa. "Il referendum fu interpretato come consultazione contro il nucleare ma era un'altra cosa". Rizzo insiste: "Cosa?" "Era un referendum contro la politica energetica italiana. Ma adesso la situazione è diversa". Insomma, Chicco Testa è proprio favorevole al nucleare. Rizzo allora insiste: "Non era meglio a questo punto tenersi la centrale italiana?" "Spassionatamente no". Oibò, Chicco Testa è contro il nucleare. Oltretutto ci sono le scorie. "Non mi sentirei di puntare sulle centrali nucleari", dice. E' contro, è contro. "Però..." Come però? E' favorevole o è contro? "Oggi mi sembra difficile pensare a un mondo senza nucleare". Ma allora è pro! Bisogna tornare al nucleare anche in Italia?! "Io non consiglio di farlo", dice Chicco. Ma allora è contro! E si dichiara favorevole al carbone. Mi gira la testa. Ma Sergio Rizzo, per fortuna, lo incalza (a lui vada tutta la mia solidarietà di intervistatore e di collega): "Non bisogna tornare al nucleare, vero?". "Trovo che comunque non si dovrebbe impedire all'Enel di comprare società in cui ci sono centrali nucleari". Ma allora è pro! E conclude Chicco: "Non bisogna perdere il contatto con la tecnologia nucleare". E' pro, è pro. Ma io ho il mal di testa. Di Chicco Testa".
A commento, mi viene in mente un aneddoto. Si era ai tempi delle lotte contro il nucleare, e in un’infuocata assemblea su Pian dei Cangani un esperto parlava da mezz’ora spaccando il capello in quattro. Arzigogolava, dava un colpo al cerchio e uno alla botte, diceva e non diceva, era favorevole ma contrario, all’italiana. Ad un certo punto un vecchietto rugoso, il classico contadino, non ne poté più e si alzò in piedi:"A dotto’, ma che stai a di’? La centrale la vòi o nun la vòi?" (Alessandro Volt-Ampere)
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BOLOGNA. ANTICLERICALI A CONGRESSO
Laicità, prima di tutto
Vi ricordate di quando gli anticlericali erano visti come estremisti da noi liberali? Poi tutto è cambiato. Dopo la caduta della Dc, è accaduto che la Chiesa e il Vaticano si siano fatti, loro sì, per certi versi, estremisti e clericali, cercando di influenzare e piegare il mondo politico italiano come mai avevano tentato in passato. Il terrorismo islamico, poi, e il riaffiorare dell’integralismo religioso, hanno spinto la Chiesa, con la scusa di riaffermare presunte "origini cristiane", a vere e proprie intromissioni indebite nella sfera sociale e giuridica, sconosciute all’estero. Ormai, 150 anni dopo le leggi laiche e liberali del Piemonte, che separarono per la prima volta Stato e Chiesa, siamo alle "contro-leggi Siccardi". Una vergogna, sia per il Centro-destra, sia per il Centro-sinistra, perché la libertà e la laicità, cioè la separazione netta tra sfera pubblica e sfera privata, tra Chiesa e Stato, sono la base del liberalismo. Non si può essere liberali senza essere laicisti.
Il terzo Congresso degli anticlericali italiani (anticlericale.net), tenutosi a Bologna il 12 febbraio scorso, ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme. "Negli ultimi 2 anni – si legge nella mozione finale – la politica italiana è stata pervasa da una nuova violenta ondata clericale che si è tradotta in leggi illiberali volte a negare la libertà di coscienza ed ad accrescere il potere economico e sociale dei rappresentanti del Vaticano-S.Sede: si pensi alla legge 40 che vieta la ricerca scientifica e la fecondazione assistita, alla legge sui finanziamenti agli oratori, all’assunzione in ruolo degli insegnanti di religione, ancora oggi scelti dai Vescovi sulla base di giudizi etici".
A parte un ingombrante Concordato, si è aggravata la sottrazione ai contribuenti italiani di centinaia di milioni di euro ogni anno attraverso il meccanismo dell’8 per mille Irpef, grazie a tutti i Governi dal 1990 ad oggi. Ai cittadini, violando la legge, si nega la conoscenza del reale sistema di ripartizione dei fondi della quota dell’8 per mille, e la possibilità di determinare liberamente le loro scelte in materia religiosa, pur di garantire alla Conferenza episcopale italiana una rendita di posizione senza precedenti e senza controlli. La Presidenza del Consiglio non dà spiegazioni sull’inerzia della Commissione che avrebbe il compito di rivedere l’importo dell’8 per mille (passato da 200 milioni ad oltre 1 miliardo di euro), e nessun parlamentare - di Destra o Sinistra - ha sollevato critiche alla legge finanziaria, che aumenta del 500 per cento i fondi assegnati alla Chiesa cattolica, mentre il suo fabbisogno è solo raddoppiato. Denaro che oltretutto è utilizzato anche per iniziative politiche ostili alle libertà civili degli italiani.
Non c’è dubbio che la politica della Chiesa si sia fatta più aggressiva, e cerchi in modo quasi "esemplare" di adeguare le leggi del Paese oggi laicamente più debole, l’Italia, alle regole della morale cattolica. E’ un esempio la "guerra santa" intrapresa contro la libertà scientifica e la procreazione assistita (tema del referendum contro la legge n.40). Perfino in televisione è in atto un inquietante piano di "sensibilizzazione" delle coscienze. Negli ultimi 10 anni su 100 fiction prodotte e mandate in onda in prima serata da Rai e Mediaset, ben il 30 per cento è stata incentrata su soggetti religiosi. Non era mai accaduto in passato. Non è colpa dei laicisti e dei liberali, insomma, se oggi si rivaluta l’anticlericalismo. Chi ha aperto le ostilità? La causa di tutto è la rinascita del clericalismo, tendenza reazionaria e antistorica che tenta di scardinare i principi stessi del liberalismo. Col risultato che ora l’anticlericalismo, alla luce di quello che sta accadendo, non è più giudicato "estremista" dai liberali, anzi, viene rivalutato come autodifesa naturale, uno dei contenuti di sempre della normale battaglia liberale di laicità e libertà, fin dai tempi di Cavour. Tantomeno va contro le religioni: Il Congresso di Bologna, ha ricordato l’impegno anticlericale, democratico e liberale di cattolici come Don Romolo Murri e Don Carlo Falconi. Come dire: la lotta contro il clericalismo è lotta per la libertà di tutti, laici e cattolici. (Peppino d'Holbach)
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LIBERAZIONE E LA PAGINA DELLA CULTURA
La reazione migliore? La "terza"
A forza di andare indietro come i gamberi, quei reazionari (per carità, niente offese: la reazione in fondo è solo un’azione al contrario) dei comunisti di Liberazione, dai e ridai, una cosa buona l’hanno trovata: la terza pagina. Vabbè che ormai l’età media della Sinistra estrema è talmente alta che nei manifesti di quest’anno per il tesseramento di Rifondazione il grafico ci ha messo un bel vecchio con i capelli bianchi. E anche se non dovesse essere il Grande Vecchio, è certamente una realistica presa d’atto che ormai il residuo del sinistrismo comunista attrae solo qualche pensionato nostalgico. Se è così, deve essersi detto il bravo Sansonetti, direttore di Liberazione, perché non "restaurare" anche una cosa buona, tra tante pessime? Rinasce, insomma, sui fogli del giornale comunista la gloriosa Terza Pagina letteraria, saggistica, di reportage e dibattiti, inventata nel 1901 da Alberto Bergamini sul Giornale d’Italia. Un fenomeno tutto italiano e liberale, che ha sempre abbellito i nostri quotidiani fino agli anni 80, quando direttori ottusi e grafici poco psicologi decisero di eliminarla.
Come se, a partire da quegli anni, gli Italiani si fossero messi improvvisamente a leggere - invece della "Terza" - libri di saggistica, storia, scienza, biografie, filosofia, reportage o altro. La Terza era, appunto, un dignitoso surrogato, una sintesi ben più approfondita del Reader’s Digest, delle nuove idee correnti, delle novità culturali, degli elzeviri letterari, dei dibattiti teorici. Sbaglia, quindi, il direttore del Domenicale, Angelo Crespi, a criticare Sansonetti per questa decisione passatista. Fossero tutte queste le scelte reazionarie della Sinistra. Tanto che vogliamo far arrivare, una volta tanto, i complimenti agli avversari. Qualunque cosa scrivano, poi, su quella Terza Pagina. E perché, scusi Crespi, i giornali di Destra o borghesi, oltre alla tv, al calcio e al massimo dei libri degli amici, parlano forse di cultura? E lo lasci dire a noi liberali: a leggere i vostri giornali, sembrerebbe proprio confermato il detto politicamente scorretto del barista Giuanin di Porta Vigentina, che traduco in italiano: "Gli ignoranti a destra, i faziosi a sinistra". (La terza sorella Lecciso)
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GAFFE DI PRODI. IL LOGO E' GIA' UTILIZZATO
L’Unione? Che partite a scacchi!
Monarchici, liberali, qualche aristocratico alla mano, molta borghesia delle professioni. Vi si mangiava benissimo - riferiscono le cronache – ma nei suoi salotti parecchie amministrazioni locali e perfino qualche Governo si è formato o è caduto. Così almeno vantano i vecchi "unionisti". L’Unione è stato il circolo per eccellenza dell’Italia unita fin dai primordi: nobili, militari, medici, professionisti, proprietari, commendatori e cavalieri. Ecco uno spaccato in 150 anni di vita, degli iscritti al più antico dei circoli italiani: L’Unione. Ma come, non la aveva inventata Prodi? Neanche per sogno. Lui forse credeva di continuare, in casa, la pacchia dell’Unione Europea. E il nome deve essergli sembrato beneaugurante. Ma qui in Italia una fiorente e ben radicata Unione c’è già da oltre un secolo. E da Milano a Palermo, sono decine i circoli Unione. E ora i loro responsabili protestano per l’incursione prodiana, come ha notato il Corriere. "Il presidente del Circolo dell’unione di Milano fondato nel 1841, chiuso dagli austriaci, riaperto nel 1848 - il conte Emilio Gola, lo dice chiaramente: "Non ci fa piacere la scelta di Prodi. Per noi il termine "Unione" indica l’incontro tra l’aristocrazia e la borghesia. Se nascessero dei Circoli dell’unione prodiani si creerebbe una confusione deleteria. Noi deriviamo dai liberali inglesi, eravamo antiaustriaci e poi, nel tempo, siamo stati di inclinazione monarchica e quindi liberal-repubblicana". A Palermo, come a Trani, Lecce, Civitavecchia, Ferrara, Firenze e Bari (dove la sede è una fastosa sala del Petruzzelli) l’"Unione" esiste già da un paio di secoli, ma "non ha l’apostrofo rosso", tengono a precisare. (La callista epilettica di Rosy Bindi)
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"REATI D’ODIO" E LIBERTA’ D’ESPRESSIONE
Assolto prete antigay che citava la Bibbia
Aake Green, pastore della chiesa pentecostale svedese, che aveva definito gli omosessuali "un cancro", con prediche dai toni duri e violenti in cui citava come prova versetti della Bibbia, in primo grado era stato condannato nel 2004 per "reato d’odio" a 30 giorni di prigione. Nei giorni scorsi è stato invece assolto in Appello. "La sua interpretazione della Bibbia è opinabile per la forma, ma nella sostanza non si allontana molto dal testo. La sua è stata una interpretazione discutibile - hanno detto i giudici nella sentenza - ma va tutelata la libertà d’espressione. Il pastore, inoltre, aveva evocato immagini odiose collegando l’omosessualità alla zoofilia: "Il Signore sa che chi si abbandona alla devianza sessuale violerà anche gli animali". In suo appoggio era intervenuto il Becket Fund for Religious Liberty, una Ong di Washington che difende nei tribunali la libertà di espressione di tutte le confessioni religiose.
L’articolo 18 della Convenzione Internazionale sui Diritti civili e politici, di cui la Svezia è firmataria, recita: "Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell'osservanza dei riti, nelle pratiche e nell'insegnamento". Nella memoria il "Becket Fund" osservava anche che "l'art.18 prevede che non sia compito di un governo dichiarare quale sia l'ortodossia, punendo chi pubblicamente spiega il punto di vista religioso di ciò che è giusto, anche quando questa opinione offenda altre persone". Questo articolo protegge non solo il diritto di avere un proprio credo religioso, ma anche il diritto di manifestarlo liberamente, in pubblico o in privato, tramite la devozione e l'insegnamento". (Don Minzione)
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PROTESTE D’UN LETTORE SULL’8 PER MILLE
Touché: giacobini in ritardo?
"Non pare saggio - scrive un gentile lettore - lasciarsi accecare da eccessi di anticlericalismo e contestare l'opportunità che anche una cospicua parte dell' 8 per mille venga destinato ad enti ecclesiastici per la cura del patrimonio artistico ed architettonico dagli stessi tuttora posseduto e gestito. Chi altrimenti potrebbe farlo con migliore efficacia se non da chi ha ancora in uso questi beni? A meno che non si pensi che sarebbe comunque auspicabile che queste testimonianze spariscano lentamente, ma definitivamente, dalla storia e dal paesaggio italiano. Ciò sarebbe non solo irrealistico e non proprio un pensiero liberale, piuttosto la sua deformazione giacobina, tentazione peraltro immanente a tutti gli anticlericali". Vincenzo Dittrich
Caro amico, non abbiamo tempo di controllare a quale numero di Salon Voltaire lei si riferisca. Ma ammettiamo con onestà che talvolta potrebbe sembrare che sui temi del laicismo noi si calchi un po’ la mano. Ma ricordo a tutti che Salon Voltaire nasce anche per fare satira, per stimolare, per divertire. E poi è la polemica di ogni giorno che ci impone i suoi temi. E lei non può negare che sia in atto una offensiva clericale e anti-liberale. Noi, le assicuro, non andiamo oltre Cavour. Non vogliamo minimamente attaccare i liberali cattolici. Ci limitiamo a rispondere. Forse con troppa foga, ammetto. Ma mi creda, se avessimo più tempo i nostri giudizi sarebbe meglio cesellati e meno tranchant. Nulla da obiettare, figuriamoci, sulla parte dell’8 per mille destinata alla manutenzione delle opere artistiche ecclesiastiche. Ma non esiste possibilità di controlli, tutto è lasciato alla discrezionalità. E quest’anno (veda l’articolo a parte), di fronte al raddoppio del fabbisogno economico della Chiesa, le elargizioni da parte dello Stato italiano sono quintuplicate.
Questo mentre non ci sono soldi per l’ambiente, la scienza, la medicina, l’arte. Questo mentre – non dica di no – la Chiesa sta tentando di modificare la legislazione italiana in senso meno liberale. Siamo davvero contrari ad ogni tentazione giacobina, ma se i toni talvolta le sembrano forti, le assicuro che ciò deriva da questa indignazione. (François Marie Arouet)
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I CITTADINI SOMMERGONO DI EMAIL LA CAMERA
La "doppietta" non dà ragione due volte
E’ stata per fortuna tolta all’ultimo momento dall’ordine dei lavori della Camera dal presidente Casini la proposta di legge patrocinata dai cacciatori che avrebbe dovuto rivoluzionare l’attuale legge della caccia in modo da permettere di cacciare anche molte specie protette. L’Italia si è ribellata. Gente di destra e di sinistra ha inviato migliaia di email e lettere a Casini e al Wwf. Era mai possibile che in un paese moderno e attento alla sorte degli animali, l’1,3 per cento della popolazione dovesse decidere per tutti? Come se "doppietta" volesse dire avere ragione il doppio. Come se gli uccelli fossero di proprietà di chi li uccide, e non di tutti, compresi i tanti che amano osservarli e sentirli cinguettare. Senza contare il loro ruolo ecologico, di insettivori. Perfino nel Regno Unito non è più ammessa la caccia alla volpe, e da noi si vorrebbe riprendere la caccia ai piccoli uccelli che pesano pochi grammi? Mentre i cacciatori intanto diminuiscono di numero e il 72 per cento degli italiani è contro la caccia, le lobbies venatorie erano partite all’attacco pensando, in tempi di "revisionismo", che fosse il momento buono per modificare in senso molto permissivo la legge n.157 del 1992 sulla fauna selvatica, permettendo per la prima volta la caccia anche di specie protette dalle norme europee. Ma le doppiette hanno avuto torto. Il doppio. (Sciura Egle di Porta Vigentina)

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