05 novembre, 2005
5. Newsletter del 7 aprile 2004
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 5 – 7 aprile 2004
"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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In questo numero:
ECO-AFFARISMO. LE TORRI EOLICHE DETURPANO L’ITALIA
ETICA DELLA PACE? MA L’ONU E’ UN COVO DI STATI FASCISTI
L’AFRO-INGLESE PHILLIPS: BASTA CON IL MULTI-CULTURALISMO
PRETENDENTI DI DESTRA E SINISTRA. CHI SCEGLIERA’ EMMA?
L’AYATOLLAH MARCO E LE SUE TRE FOLLIE
TELEKOM. DITELO CHE AVETE FATTO UNA SCIOCCHEZZA
SANGUE DI CRISTO USATO PER PROPAGANDA (E MORBOSITA’)
EBREI SEMPRE PIU’ COLPEVOLI DI DEICIDIO, NEGLI USA
E’ LA TOPA LA VERA STAR, ALTRO CHE LA SCIENZIATA CANE
MA CHI STA PEGGIO, L’UOMO O L’ANIMALE?
MENO TASSE PER TUTTI (MA PIU’ TASSE PER TOTTI)
MARIOTTO CI RIPROVA: ECCO I "LIBERALDEMOCRATICI"
INDIPENDENTE MA CARO: COSTA 120 LIRE AD ARTICOLO
KEDIR E’ BIGAMO? LA GERMANIA RICONOSCE DUE MOGLI
DOTTORE CURA TE STESSO. DALLA SINDROME DA PRIMADONNA
DESTRA E SINISTRA. LE VERE DIFFERENZE
IMPIEGATI PUBBLICI: "FANIGOTTUN" O SOLO LENTI?
DA PARMALAT A CIRIO, CHI PAGA GLI ERRORI DELLE BANCHE
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RIPA DI MEANA E SPIEGEL SMASCHERANO L’IMBROGLIO FINTO-VERDE
Eco-affarismo. Le torri eoliche deturpano l’Italia
I romani e i milanesi non lo sanno, finché non vanno in vacanza. Ma l’intero paesaggio italiano, uno tra i più belli al mondo, è già oggi - e se non interveniamo subito lo sarà ancor di più in futuro - intaccato irrimediabilmente da migliaia di orribili e imponenti torri metalliche alte dai 65 ai 140 metri, poste nei luoghi più visibili, sui valichi, sulle alture prospicienti città e pianure, sugli altopiani, anche a ridosso delle case dei nostri bei villaggi storici. Sono "torri eoliche" (Eolo per i greci era il re dei venti) munite di lunghe e velocissime pale, come immense eliche o iper-tecnologici mulini a vento, che dovrebbero produrre energia elettrica alternativa, non inquinante, rinnovabile ed economica.
Invece ci costano moltissimo (da 1 a 2 miliardi delle vecchie lire ognuno, pagati da tutti noi sotto forma di incentivi a fondo perduto e finanziamenti facilitati), non avvantaggiano l’economia italiana perché sono prodotti per lo più da grandi società del Nord Europa (le uniche che fanno veramente l’affare), producono pochissima energia (in Italia dallo 0,1 allo 0,6 per cento) e apportano solo svantaggi: spese, rumore, disturbo devastante sugli uccelli e agli altri animali, e soprattutto un gravissimo "inquinamento estetico".
In Italia, auspici i Verdi, col benestare del governo D’Alema, ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio, di torri del genere ne sono state impiantate circa 1200-1300, in tutta la penisola, specialmente lungo la dorsale degli Appennini, proprio dove l’Italia nasconde paesaggi unici e incantati. Sono stati registrati casi al limite della sopportazione civile. Ma la grande stampa, si sa, è occupata solo dal si-no a Berlusconi, e non ha tempo per la bellezza del paesaggio italiano. Un bel paesino del centro-sud, Castiglione Messer Marino (Chieti) è deturpato da ben 90 altissime torri metalliche che ne hanno ormai compromesso l’habitat e ogni possibile futuro turistico. Altro che "Parchi Edison", come con cinico eufemismo enti elettrici e caporioni finto-ecologisti li hanno rinominati, si tratta di una serie di pugni in un occhio da lasciare senza fiato. Ricordiamo ancora, l’anno scorso, lo spaventoso effetto di bolgia infernale (e sì, perché sono anche rumorosissimi: già lo è la minuscola ventola d’un computer, figuriamoci quei giganti dalle pale enormi) che un altopiano dell’isola di Creta disseminato di centinaia di torri elettriche offriva agli occhi scandalizzati di noi turisti.
Ora il settimanale tedesco Der Spiegel, nel suo ultimo numero, mette in copertina un’inchiesta in cui viene strappata la maschera "virtuosa" dell’energia eolica su vasta scala, definendola "una distruzione del paesaggio altamente sovvenzionata" da regioni, stati e Unione Europea, in cui gli interessi, le speculazioni e le petizioni di principio dei politici Verdi prevalgono di gran lunga sul "risparmio" energetico. La Germania, con le sue 15 mila torri, è il paese di punta nel mondo per l’eolico. Ma ora, vista la devastazione dell’ambiente e gli alti costi, perfino il paese del verde Fisher ci sta ripensando.
E in Italia? Siamo ancora in tempo, specialmente noi veri ecologisti della prima ora, a fermare questo scempio. Diamo una mano, perciò, al coraggioso Carlo Ripa di Meana, già commissario all’ambiente della Unione Europea, che con Oreste Rutigliano, Stefano Allavena e altri seri protezionisti, si stanno battendo nel Comitato Nazionale per il Paesaggio per la riduzione prima e l’eliminazione poi del folle programma eolico (http://www.comitatonazionalepaesaggio.it). E finalmente i primi risultati della contro-informazione stanno già arrivando. Il Comune di Perugia
ha rinunciato ad installare due centrali di 22 torri alle porte della città, sul Monte Tezio; il presidente della Basilicata, Bubbico, ha deciso la moratoria sulle centrali progettate nella regione; il candidato presidente per la Sardegna, Renato Soru, si è già pronunciato contro l’eolico; infine, Italia Nostra ha chiesto una moratoria nazionale per l’eolico in Italia. Ma la mobilitazione deve continuare (Sciura Bice di Lorenteggio)
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L’IPOCRISIA DELLE INVOCAZIONI DEL PALAZZO DI VETRO
E’ un covo di stati fascisti l’Onu "pacifista" e super-stato "etico"
L’ultimo intelligentone che ha invocato quei noti efficientisti, ultraliberali e strademocratici dell’Onu per risolvere con un colpo di bacchetta magica i millennari problemi dell’Iraq è stato il presidente della Commissione Europea, Prodi. Non se ne può più. Dall’impaziente medico di fabbrica Agnoletto, (qual è stata l’ultima volta che ha visitato un paziente?) al frustrato segretario dei Ds, Fassino, dai no-global ai Verdi, dai Rossi ai Neri, ovunque in Italia salgono fino all’iperuranio dell’ipocrisia corali preghiere per il nuovo Santo Patrono Universale, il grande taumaturgo dalle mani d’oro, il segretario generale delle Nazioni Unite.
Ha scritto bene Galli della Loggia sul Corriere: per l’Italia delegare tutto all’Onu, significherebbe spogliarsi dei propri diritti di scelta in politica estera e sottostare al ricatto del diritto di veto d’un paese come la Cina. Ma non basta. "L’idea della preminenza da attribuire all’Onu nelle decisioni sulla pace e sulla guerra si fonda implicitamente sul presupposto che il Palazzo di Vetro rappresenti un’istanza di qualità morale superiore, depositaria in qualche modo, essa sì, del giusto e dell’ingiusto, e quindi del criterio di legalità-illegalità. Ma ciò è del tutto falso. La verità è che quando si dice Onu si dice in concreto un’assemblea la cui maggioranza promana da governi ben lontani dai nostri criteri di democraticità, governi estranei o addirittura apertamente ostili ai principi del costituzionalismo e ai diritti dell’uomo"
E poi abbiamo già visto Ricordiamo benissimo che l’ineffabile Kofi Annan si recò a suo tempo a Bagdad, prima dell’invasione americana, senza cavare un ragno dal buco. Sappiamo anche di che pasta siano fatte le scalcagnate truppe Onu, che ovunque vadano, in Africa, Jugoslavia o Medio Oriente, si lasciano dietro piccoli o grandi atti di viltà e sadismo. Comunque nei segreti salotti, dove tra diplomatici in pensione e vecchie matrone scosciate si decide il politicamente corretto nell’orbe terracqueo, è stato stabilito che soltanto se e quando Annan Einstein (o se preferite Kofi Wellington) prenderà in carico l’ordine pubblico in Iraq, quella che i mistificatori di tutto il mondo si ostinano a dipingere tuttora come "guerra", per imbrogliare le vecchiette che non leggono il giornale e non vedono il Tg, si trasformerà di colpo, per miracolo, in una missione socio-umanitaria degna d’un Albert Schweitzer. D’incanto, dai mitra delle truppe di Dio spunteranno garofani, dagli scoppi delle granate islamiche si diffonderà come un soave odore di giglio, il sangue americano e iracheno versato per terra sarà rosa, e sulle spalle dei carabinieri, anche quelli con i baffi, cresceranno le bianche ali degli angeli. Ali che in effetti già si meritano per fatti loro. Così va il mondo, quando arriva Kofi Annan. (Camillo Benso di Latour)
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DONNE E CAVIE NEI LABORATORI SCIENTIFICI. 1
La topa è la vera star, altro che la scienziata-cane
Lo sapete che ormai i laboratori scientifici di tutto il mondo, specialmente quelli di biologia, sono strapieni di giovani donne? Ecco dove si erano nascoste le "meglio" fanciulle, quelle che non incontravate mai nei bar, negli stadi o nelle discoteche. Insomma, la sperimentazione oggi è femmina, basta dare una scorsa alla sfilza di coautori degli studi pubblicati sulle riviste, piena di misteriose e perciò affascinanti Ethel, Mary-Ann, Chris, con qualche Antonietta, Genevieve, Keiko, Alicia e Giuliana. E a leggere quegli studi, non c’è bisogno di essere dei maniaci per lasciarsi distrarre, tra tabelle e diagrammi, da un pensierino recondito: ma come sarà, che aspetto avrà, sotto il camice bianco, la (quasi sempre) giovane ricercatrice che ha condotto e firmato l’esperimento?
E conoscendo la ripugnanza che quasi tutte le donne hanno per i topi, meraviglia scoprire che parecchi laboratori sono abitati solo da donne e topi. Chi è più indispensabile? Finora lo sono stati i secondi, sostituiti tutt’al più dai ratti. Certo, viene da pensare, che cosa ne sarebbe della biologia, senza l'apporto umile e servizievole dei suoi "schiavi di laboratorio", cioè di alcune "specie amiche" dedite ciecamente alla causa della scienza, fino a morirne? Altro che madame Curie, uccisa dal radio, altro che Jessica e Sue-Allen, procaci ricercatrici in camice bianco. Topi e ratti sono i veri eroi misconosciuti della scienza, e meriterebbero un monumento più d’un Lavoisier o d’un Pasteur. Avevamo già i "topi di biblioteca" abili nel condurre gli studi scopiazzando le riviste. Ma il vero topo di laboratorio è molto meglio, perché gli esperimenti li fa davvero.
Il biologo A.L.Bacharach ha dedicato il suo libro Science and Nutrition, non al Maestro o alla moglie, come si usa, ma al prezioso collaboratore scientifico noto come Rattus norvegicus. E conoscendo la psicologia concreta del vorace roditore, che bada poco alle parole e vuole fatti, il libro glielo ha promesso anche sotto forma di gustosa risma di carta: "Adiutori pernecessario fertilissimo perquam versatili Ratto Albino Norvegico, hunc librum auctor aliique eiusdem disciplinae cultores dant, donant, dedicant". Dedica epocale che rischia di cambiare i rapporti di forza all’interno dei laboratori scientifici di tutto il mondo, ormai femminilizzati. Sapevamo già che in Italia qualche ricercatrice statale assunta per raccomandazione può essere una scienziata-cane. Ma allora, animale per animale, visto che la scienza è donna, d’ora in poi sarà la topa la vera star. (Ermete Trismeghistos)
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DONNE E CAVIE NEI LABORATORI SCIENTIFICI. 2
Ma chi sta peggio, l’uomo o l’animale?
Ma è proprio contro questi laboratori femminili che altre donne, quelle che in pochi anni hanno colonizzato i Movimenti per la liberazione degli animali, stanno lottando duramente. Nei giorni scorsi, per esempio, un commando dell'Alf (Fronte di liberazione animalista) ha compiuto un’incursione di tipo para-militare nel Dipartimento di oncologia sperimentale dell'Università di Firenze, liberando ben 450 topi destinati alle sperimentazioni.
Noi liberali, anche i più animalisti e vegetariani, non amiamo questo genere di azioni dimostrative violente. Pur ammirandole segretamente, sul piano azionistico, perché ci ricordano in piccolo certe nostre temerarie imprese del Risorgimento. Ma ora siamo in regime di libertà e le uniche armi sono l’educazione e le idee. Siamo inclini, piuttosto, a diffondere idee nuove (scuola, famiglie) ed anche a favorire nuove leggi, ma solo dopo aver accertato nel caso concreto qual è effettivamente il "bene" o il "male minore", sia per gli individui sia per la società, tra le due opzioni di libertà che nei laboratori entrano in conflitto: la necessità degli esperimenti per una scienza libera, progredita e sicura, e il carattere profondamente diseducativo di una mancata risposta all’inutile sofferenza degli animali.
Gli antivivisettori sostengono, infatti, che per sottile sadismo (noi diciamo per pigrizia burocratica) spesso si continuano a praticare sugli animali esperimenti già noti e arci-noti, quindi inutili, per i quali potrebbero bastare le simulazioni al computer. Noi ricordiamo che non solo gli animali, ma anche l’uomo è purtroppo usato - a sua insaputa - per sperimentare farmaci e cosmetici. La vita stessa, così, è diventata - anzi, è sempre stata - un continuo test a rischio, senza garanzie di sorta. Perché e in base a quale principio filosofico gli animali potrebbero sperare in un trattamento migliore? Di questo, dunque, si lamentano gli avvocati umani degli animali, che ai loro assistiti la cattiva sorte riserva il trattamento peggiore: quello degli umani. (Jacopus Recanatensis)
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OMERTA’ TOTALE SU TELEKOM SERBIA
E sù, amici ulivisti, ditelo: "Ci siamo sbagliati"
In perfetta controtendenza rispetto al settimanale L’Espresso in cui lavora, che di norma non è incline ad ammettere che l’Ulivo possa sbagliare, neanche se l’autista di Fassino dovesse imboccare un’autostrada contromano, Francesco Bonazzi ha scritto un libro (instant book) sulla incredibile vicenda di Telekom Serbia, definendola "un caso politico, mediatico e giudiziario", e senza risparmiare giudizi taglienti sull’establishment ulivista, come fa notare in una noticina Dario di Vico sul Corriere. In quell’occasione, sotto il governo Prodi, con Fassino, Dini e Ciampi che ricoprivano cariche importanti, se non ricordiamo male, Telecom Italia versò al regime di Milosevic, poco prima dell’azione militare contro la Jugoslavia, una somma ingente per acquisire l’inutile controllo di Telekom Serbia, in tal modo finanziando di fatto - argomentano gli accusatori - il regime del dittatore comunista, che con quel denaro avrà potuto acquistare armi e potenziare una guerra tribale agli albanesi del Kossovo che assomigliava tremendamente ad una "pulizia etnica".
Ora tutta la classe dirgente di quegli anni nega risolutamente e disperatamente qualsiasi secondo fine, affermando che si trattava di un "investimento normale". E’ normale che la fiorente Telecom Italia, allora statale, vada ad "investire" in una economia ad alto rischio e proprio mentre si addensavano nubi minacciose sulla testa del despota Milosevic, già allora accusato di genocidio in Kossovo?
Allora dobbiamo riconoscere che la campagna del Giornale era fondata, se perfino Bonazzi – come riporta Dario di Vico - non può trattenersi dal punzecchiare: "Chi non sapeva, chi non ricorda, chi non ci trovava nulla di male". Ma era così difficile "alzarsi in piedi e dire la frasetta "su Telekom Serbia abbiamo commesso un grave errore"?". Sarebbe stato un gesto che li avrebbe autorizzati a continuare "a dirigere con animo sgombro nazioni, ministeri, partiti e municipi". (Jure imperitus)
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LA CHIESA VUOLE TORNARE AI TEMPI EROICI E FANATICI DELLE ORIGINI
Sangue di Cristo usato per propaganda (e morbosità)
Le parrocchie italiane, come negli anni fanatici e bui del Medioevo (sì, "bui", da questo punto di vista, è inutile che i medioevalisti insorgano…), stanno organizzando proiezioni di massa per il morboso e sanguinario film su Gesù. Uno scandalo unico. Negli Stati Uniti tanta crudeltà è vietata ai bambini. La stessa attrice Monica Bellucci, una protagonista del fim, è turbata. "Non permetterei mai a mio figlio - ha detto - di vedere un film del genere". Ma in Italia, uno spettacolo così violento, la commissione ministeriale non lo ha neanche vietato ai bambini più piccoli. E sì che negli Stati Uniti ci sono stati svenimenti anche tra spettatori adulti. E allora, è proprio questa morbosità che piace, è il fascino obliquo della corrida? I flagellanti cristiani descritti da par suo dal poeta G.G.Belli, godevano così, dandosi reciprocamente staffilate cruente nell’Oratorio del Caravita.
Che altro è, se no, un preciso disegno psico-politico? I preti e la Chiesa, che cosa pensano di guadagnare da tutto questo sangue? Che il cristianesimo si rafforzi, perdendo quel poco di liberalismo e tolleranza che eravamo riusciti ad iniettargli negli ultimi due secoli. Forse vogliono assomigliare un po’ all’islamismo folle di oggi, o piuttosto al fanatismo degli invasati catacombali delle origini. Pensano di lucrare le offerta di qualche ottusa beghina nella cassetta delle elemosine? O qualche vocazione nelle vandee agricole e sottoculturali della Polonia, della Slovacchia, o in qualche sperduta comunità di pastori andalusi? Loro, sì, il popolo della corrida, abituati a scannare agnelli e a vedere nell’assoluta indifferenza scorrere tanto sangue. Come in Barbagia.
Al contrario, a riprova che non sono furbi ma stupidi, come sempre nella Storia, perderanno credenti e fedeli. Già a "Porta a Porta" a una giovane attrice del film è scappata la battuta: "Ero credente, ma dopo aver partecipato a questo film, ho perso la fede". Non si rendono conto che così la Chiesa perde quel po’ di credito residuo – molto poco ormai – che ancora aveva presso le persone intelligenti? (Peppino de Condorcet)
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TORNA L’INQUIETANTE "ANTISEMITISMO STORICO"
Sempre più americani convinti che "gli Ebrei sono colpevoli"
Molto grave la credulità dello spettatore medio nella società di massa, formalmente sempre più "democratica" (fra poco, con la tv digitale interattiva potremo votare su qualunque inezia, da casa), ma ancora poco critica e quindi poco liberale. Sarà per gli anziani e i bambini, fatto sta che siamo sempre più suggestionabili dagli audiovisivi. Il cinema, poi, insieme con internet, si può dire che crea la sottocultura dei giovani. Leggende metropolitane, mode e tic nascono di lì.
Intanto, una ricerca pubblicata dal Washington Post rivela che tra gli americani cresce la convinzione della "colpevolezza degli ebrei" per la morte di Gesù: il 26 per cento degli interpellati, contro il 19 nel ’97. Un test futile, secondo voi? Macché, va preso terribilmente sul serio, anche perché la psicologia insegna che ciò che si fa con leggerezza rivela le nostre tendenze più di un atto meditato. (Sarah Veroli)
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I LIBERALI E LA SOCIETA’ MULTI-ETNICA
L’afro-caraibico Philips: "Basta con il multiculturalismo"
Come cammina in Trafalgar square a Londra, o in piazza del Popolo a Roma, in pieno 2004, una coppia araba o africana-islamica tradizionalista? Davanti procede il maschio, dietro segue la femmina, a tre passi di rispettosa distanza. Nessuno, certo, li arresta per questo, ci mancherebbe. Al massimo sorridiamo. Del resto, nei villaggi africani sull’asino state pur certi che ci sta l’uomo, mentre la donna segue a piedi. Ma torniamo a noi. Pochi si accorgono che i manifesti di film o pubblicità con qualche coscia o seno nudo, sono regolarmente strappati o deturpati con scritte o vernice dagli immigrati islamici. Senza inibizioni. Come se fossimo già nel "loro" paese. Pensate se i fanatici fossero maggioranza. Anche le nostre donne dovrebbero coprirsi. E i nudisti? Dovrebbero portare la fondina con la pistola, per difendersi dalle bastonate.
Ma esistono questioni più gravi L’uso barbaro, in piena Europa, delle mutilazioni genitali (clitoridectomia e infibulazione) sulle bambine arabe e africane. Il "diritto alla poligamia" che gli arabi tentano di esportare in Occidente. Il disprezzo o la sfiducia nella democrazie e nella libertà individuale. Il maschilismo più ottuso e l’umiliazione della donna, a cui sarebbero negati numerosi diritti e attività. Non parliamo poi d’una "politica" e d’una "giustizia" fondate sul Corano, invocate dai religiosi imam nelle moschee d’Europa.
La sinistra e i liberali, perciò, si stanno interrogando sulla validità di un "multi-culturalismo" portato all’eccesso, quella filosofia minimalista, giuridica e sociale secondo cui tutte le tradizioni, regole e culture antropologiche sono giuridicamente uguali e vanno ugualmente difese. Diciamocelo francamente, questo è stato per vent’anni il verbo non solo di tutta la sinistra, ma anche della maggior parte di noi liberali. Tanto che solo ieri nei salotti "politicamente corretti" della nostra intellighentzia borghese a Stoccolma, Londra o Milano, come anche nei "centri sociali" dei marxisti no-global, il burqa delle donne arabe era paragonato al velo delle suore, il taglio del clitoride su una bambina africana considerato come il taglio dei capelli dei catecumeni in parrocchia
Insomma, la società liberale mostra di avere idee confuse e leggere, di non credere più in se stessa, nei suoi valori eroici di libertà e giustizia, tanto faticosamente conquistati in passato con ben altro nerbo, perfino con le armi. Si trincera dietro un molle relativismo culturale e un pacifismo snob che negli ultimi anni sono stati i simboli della nostra decadenza morale. E gli islamici hanno capito subito che noi avevamo paura. Hanno infiltrato, anno dopo anno, approfittando della nostra liberalità (di cui si ridono), minoranze dotate di un’aggressività di stampo antico. E ora comincia a trasparire, con il terrorismo pianificato, il loro disegno di imporre anche in Europa, dopo il terrore, larvate forme di teocrazia e autoritarismo. Prima per le loro comunità, poi per tutti. Questo sta cambiando l’atteggiamento di molti europei liberali, sta facendo svegliare le coscienze. Si sta diffondendo soprattutto nel Nord Europa la voglia di reagire.
La prima sorpresa ci viene da un collaboratore di Blair. Il laburista britannico e afro-caraibico Trevor Phillips, presidente della commissione britannica per l’uguaglianza razziale, sempre in prima linea nel difendere gli immigrati ingiustamente discriminati, in un’intervista al Times che farà epoca, ha attaccato con forza il mito finto-progressista del multi-culturalismo britannico. Non bisogna confondere, come facciamo spesso noi italiani, la società "multi-etnica" che si sta formando in Occidente grazie agli apporti di tutti i popoli, con il "multi-culturalismo". Quest’ultimo, denuncia il progressista Phillips, ha incoraggiato la separazione tra i gruppi etnici, cristallizzandoli nelle loro tradizioni, senza il minimo senso autocritico, e ha moltiplicato con la separatezza da ghetto l’ostilità alla civiltà liberale e democratica. Così, anziché diminuire, aumenta la conflittualità tra gruppi etnici. Basta vedere quello che succede nelle periferie urbane inglesi, dove infatti il fanatismo islamico e anti-occidentale è maggioritario.
Ma l’integrazione non era reazionaria e di destra? Macché, dice l’afro-caraibico Phillips, è invece, l’obiettivo giusto degli immigrati vecchi e nuovi. Gli extra-europei devono poter conservare usi e tradizioni, se lo vogliono, ma in un quadro democratico e liberale di rispetto delle leggi e del tipo di società che si vuole costruire in Europa. Commenta il liberale Panebianco sul Corriere: " Si tratta di negare protezione legale, e indulgenza culturale, a quelle usanze, e solo a quelle, che risultino incompatibili con i nostri principi liberali. O, che è lo stesso, si tratta di operare perché gli immigrati adattino costumi e credenze in modo tale da renderli coerenti con i princìpi e le regole della nostra convivenza civile" E anche in Italia, su questo - conclude Panebianco – bisogna cominciare ad essere chiari". (Il giornalaio di Porta Vigentina)
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RELATIVISMO CULTURALE E DECADENZA DELL’EUROPA
Khedir è bigamo? E "la Germania del diritto" riconosce la bigamia
Immaginate che un sudanese scenda dalla scaletta dell’aereo alla Malpensa con tre schiavi al guinzaglio, e che dopo l’intervento della polizia, la denuncia e l’arresto per "riduzione in schiavitù" il suo avvocato ottenga l’assoluzione "per ragioni umanitarie", avendo convinto i giudici che lo schiavista è incapace di vivere senza i suoi tre schiavi. Un’assurdità, direte voi, un caso che mai e poi mai potrebbe porsi nella "civilissima" Europa. Ne siete proprio sicuri? Il rifugiato iracheno Khedir S. potrà conservare le sue due mogli. Già accordato alla prima consorte, lo status di profugo, con relativo permesso di soggiorno, dovrà essere garantito anche alla seconda moglie. Che poi ciò avvenga per ragioni umanitarie, come dice il dispositivo, la sostanza non cambia: la bigamia dell’immigrato musulmano viene permessa dall’Islam, e ora anche dalla Germania. Il Tribunale ha definito la sentenza un’eccezione, ma l’allarme è già scattato. (Il figlio della portiera)
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SCROLLIAMOCI DI DOSSO QUALCOSA DELLO STATO SOCIALISTA
Meno tasse per tutti (ma più tasse per Totti)
Vi piace la Storia fatta con i "se"? Se la Gran Bretagna non avesse imposto ai coloni inglesi una forte tassa sul tè, oggi forse gli Stati Uniti d’America non esisterebbero. O almeno sarebbero sorti qualche decennio più tardi. E molte altre rivolte sono nate, molti governi sono caduti, specialmente tra gli anglosassoni, sempre per via delle tasse.
Noi liberali per lunga tradizione siamo contro le tasse elevate. Poiché vogliamo uno "Stato minimo", ridotto alle poche funzioni essenziali (esercito, polizia, scuola e poco altro), e riteniamo che tutto il resto debba tornare agli individui (i "privati"), i veri detentori del potere in uno stato liberale. Prevediamo, in conseguenza, spese pubbliche molto minori di quelle che mettono in bilancio gli statalisti (socialisti, ma anche cattolici e destra), che tutto vogliono far fare allo Stato, perfino - vi ricordate?- i panettoni di Natale.
Per noi la stessa macchina statale dovrebbe costare almeno la metà della metà della metà. Perché vorremmo ridurre drasticamente numero degli eletti, enti, burocrazia. Ma temiamo che questo in Italia, paese delle "amicizie" un po’ mafiose, delle "presentazioni" diffuse tra la popolazione, e delle elargizioni elettorali di "posti" pubblici da parte dei governi - di destra e di sinistra, non fa differenza – non avverrà mai. O meglio, avverrà solo in un caso fortunato: una massiccia e prolungata immigrazione inglese o americana.
Vediamo perciò molto di buon occhio la riduzione delle tasse, sia per le imprese che per i singoli, fino al 33 per cento circa, un limite che il buon senso ci dice oggi – cioè con questo Stato appesantito da decenni di statalismo – accettabile. Purché si dia inizio ad una drastica riduzione delle spese statali, che a sua volta potrebbe portare a ulteriori riduzioni di tasse. E se pagassero tutti, i tassi potrebbero scendere ancora di più. Il motto potrebbe essere: "Pagare meno, pagare tutti". (La Sora Elvira)
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RADICALI: UN PO’ DI BUON SENSO ALLA "CONVENTION"
Pretendenti di destra e sinistra. Chi scegliere?
"Puri" lo sono certamente gli amici radicali. Ma non nel senso che qualcuno di loro vorrebbe far credere. Piuttosto, nel senso di politici. E da politici puri, testimoni per memoria di gruppo delle vicende più segrete dell’Italia repubblicana, fin dai tempi del liberale Villabruna e dell’azionista Parri, conoscono o sanno interpretare meglio del miglior giornalista politico le sottigliezze semantiche e le sfumature psicologiche che accompagnano le vicende della politica italiana. Se non altro, per la non comune longevità politica di Pannella, che cominciò come giornalista al "Giorno" ed è oggi il più anziano politico attivo in Italia, da quando Andreotti si è isolato nel suo laticlavio onorifico, colpito insieme dalla "giustizia" e dagli anni.
Così, fatti due conti con la matita grossa su un pezzo di carta-paglia (ve la ricordate? eravamo bambini), come una bella contadinella da marito nelle fumose cucine d’un tempo, la concreta Emma Bonino, che è di Cuneo, provincia poco incline alla poesia, ha fatto il bilancio dei pretendenti. Realistico e, se vogliamo, terra-terra, ma adatto ai tempi, ai luoghi e agli uomini politici con cui ha a che fare. In alto ha scritto "Convention", ignorando l’italiano "congresso" ("Quoque tu, Marce?"). Sotto ha allineato la lista della serva, divisa in due colonne.
Tra i pretendenti di destra c’erano il consigliere del Presidente del Consiglio, Bondi, il responsabile di un partito (Follini), il presidente della Camera, Casini. Senza contare almeno un ministro in carica, Gasparri, avversario dei radicali sulla droga e forse sull’ordine pubblico, ma che coi pannelliani ha un buon feeeling. Gasparri ha parlato a lungo offrendo spontaneamente ben "tre punti di convergenza" (economia, politica estera, terrorismo).
Ma dall’altra parte, tra i pretendenti di sinistra, chi c’era? Solo un ex-presidente dal garbato eloquio autoironico (Amato) e alcuni parlamentari (tra cui Salvi, Violante, Bertinotti, Pecoraro Scanio) che convergevano a conti fatti solo sulla liberalizzazione della fecondazione assistita, ma che in pratica rappresentavano solo se stessi. La simmetria politica avrebbe voluto, infatti, che alla Convention radicale fossero presenti e, in parte convergenti, anche personaggi come Rutelli e Fassino, Parisi (in rappresentanza di Prodi), perfino Flores D’Arcais e Agnoletto. Dopotutto il più celebre medico di fabbrica d’Italia non sarà candidato alle elezioni europee - si dice – per i Ds?
La savia contadinella Emma, quindi, fatta la somma con la sua matita grossa, ha registrato più attenzioni dai pretendenti del governo che dall’opposizione, come ha poi confermato il bravissimo segretario Capezzone quando ha chiesto la ripresa dei contatti con la Casa delle libertà ("Torniamo a parlare").. Nonostante che Marco Cappato, che ogni tanto è ospitato dall’Unità, si fosse sbilanciato a favore del diessino Salvi, del "correntone" anti-Fassino. E dopo che l’ayatollah Pannella, con una delle sue tipiche e giovanili incursioni in area avversaria, aveva costretto il mite Amato ad ascoltare le proposte radicali per un’eventuale accordo tematico con l’Ulivo. (Anna, lattaia in via Torre Argentina)
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A 73 ANNI DUE NUOVI "COLPI DI TESTA", I SOLITI
La massaia Emma contro il prete Marco
Che sta accadendo nella testa dell’ayatollah Pannella, che a 73 anni suonati e con un by-pass non vuole ancora mettersi da parte e rifiuta pervicacemente di installarsi nel Pantheon dei Padri della Patria? Fatto sta che in poco più di quindici giorni il Grande vecchio dei radicali italiani ha incontrato Amato sottoponendogli una bozza di piattaforma comune, ha presentato alla Corte di Cassazione quattro referendum abrogativi della famigerata legge sulla fecondazione assistita e, come se non bastasse, ho lanciato l’offensiva finale contro governo e media per far sì che Ciampi si riprenda il potere di concedere o no la grazia, potere oggi limitato di fatto dall’usanza della controfirma ministeriale. A parte il caso Sofri, come tiene a precisare, per non essere accusato di favorire trattamenti preferenziali ad personam.
E così, testardo come un abruzzese di montagna, visionario quel tanto che basta, il prete Marco ne ha combinate altre due delle sue, senza quasi dir nulla alla Bonino, che era ancora al Cairo quando Pannella ha architettato il pacchetto di azioni esemplari. In due mosse ha messo la Bonino e il gruppo dirigente radicale di fronte al fatto compiuto. Due decisioni un po’ avventate che hanno mandato su tutte le furie la sensata Emma e provocato la fibrillazione dell’esigua base radicale, alla quale spetterà poi il difficile compito di raccogliere mezzo milione di firme entro settembre, come ha notato preoccupata Rita Bernardini.
Noi da liberali, e quindi razionalisti e inclini sempre al motto liberale del neu nimis (mai troppo), pur sentendoci da sempre amici di Marco, lo siamo in maniera critica e non passiva, come abbiamo detto più volte perfino in lontani congressi radicali. Riteniamo che l’istituto del referendum, prima troppo a lungo ignorato, sia stato poi abusato per numero di leggi coinvolte e per frequenza. Cassazione e Corte costituzionale, poi, ne hanno limitato in pratica l’esercizio per motivi di conservazione politico-giuridica. Ma per un liberale, va detto, il ricorso al referendum deve essere eccezionale, rarissimo, e su questioni di larga e immediata comprensibilità, che si prestino anche a semplici si e no. Il referendum non è adatto a leggi che implicano conoscenze scientifiche o tecniche, o che non si possono risolvere solo con un sì o un no. E’ il caso della fecondazione assistita, come pure di gran parte delle proposte referendarie degli ultimi anni. E anche il ricorso nella lotta politica al ricatto morale del digiuno non è liberale, perché introduce elementi irrazionali, di sapore orientale, altamente ultimativi, che assomigliano stranamente alla violenza e, con la sovrapposizione di un elemento umano (la vita del digiunatore) falsano la risposta politica. Secondo noi, si può (si deve) essere radicali senza referendum e senza digiuni. Ma il caro ayatollah Marco non vuol sentire ragioni. (Ernesto, della Martini & Rossi)
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CRISI DELLA PROFESSIONE MEDICA. C’E’ CHI SCEGLIE LA POLITICA
Dottore, cura te stesso: hai la sindrome da "prima donna"
Vi fareste mai praticare una iniezione dal dottor Agnoletto, medico di una Asl di fabbrica, quello che accusa l’America di tutti i mali del mondo? Be’, se fosse esagitato come quando fa politica e fa queste sparate, mettendosi in mostra in tutti i cortei e in tutte le tv, molti risponderebbero di no. Anche perché i fatti hanno dimostrato tutto il contrario di quello che dice. Non sarà, allora, un timido esibizionista? Però tutto questo mettersi in mostra, in una Paese superficiale e televisivo come l’Italia, gli ha giovato: forse i Ds lo presentano candidato alle Europee. Meno male, un medico in meno.
Allora vi rivolgereste all’altro medico, il tuttora chirurgo Strada, quello che dice di essere un "medecin sans frontieres", ma poi si scopre che una frontiera ce l’ha, quella con l’Iraq. Una frontiera che lui ha passato e ripassato più volte, impunemente, anche quando c’era Saddam. Ecco perché dice che ora gli iracheni "stanno peggio", pur avendo finalmente acqua e luce, stipendi regolari, niente più dittatura, libertà religiosa e politica, stessi diritti per tutte le etnie e i sessi. Certo, prima c’era "solo" il terrorismo della polizia di Saddam, ora ci sono i terrorismi contrapposti. Anche lui (Strada, non Saddam), sta sempre in mezzo a tutto e tutti, appare in tutti i cortei e in tutte le tv, affascinante peggio d’un Crepet. Di lui si invaghiscono decrepite signore dalla faccia accigliata che leggono il Manifesto. Non sarà per caso il solito timido esibizionista? Triste cosa fare le primedonne, nel paese della lirica. (La badante russa di Cossiga)
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IZQUIERDA IN SPAGNA E GAUCHE IN FRANCIA
E ora se la prendono con gli inglesi e il liberismo
Sembra che all’indomani della vittoria di Zapatero in Spagna, dall’ambasciata francese a Roma sia partita indirizzata a Parigi una nota confidenziale in cui si prospettava uno scenario del tutto nuovo per gli equilibri in Europa, dopo la scomparsa politica di Aznar. Il Foglio, che ha raccolto l’indiscrezione, e Ostellino sul Corriere che l’ha commentata, ci dicono che la prospettiva fatta balenare è quella, finalmente, del "tramonto di un’Europa liberale [nel senso di "liberista" in Francia, NdR] e anglosassone". Poi c’è stata la vittoria della sinistra in Francia e immaginiamo altre postille, ancora più entusiaste alla relazione.
Ma, a parte che in Spagna e in Francia non ha vinto il progresso o la sinistra, ma la peggiore "destra" sociale, ovvero la conservazione dei privilegi delle categorie protette, impaurite dalle riforme modernizzatrici, imposte tra l’altro dall’Unione Europea (longa manus dell’Inghilterra e degli Stati Uniti?), è grave che politici che condividono il destino europeo non capiscono che i paesi che hanno liberalizzato, eliminato lacci e lacciuoli, ridotto le tasse e aperto alla globalizzazione (Spagna, Irlanda e, appunto, Gran Bretagna) sono progrediti, mentre gli altri, ostinati in una vecchia visione socialdemocratica, dirigista, statalista e protezionistica dei ceti protetti (Francia, Germania, Italia) sono regrediti? (Il barista del bar all’angolo)
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PENSIERINO PSICO-FILOSOFICO DI MEZZA LEGISLATURA
Destra e sinistra. Le vere "differenze"
Demoscopea e Mannheimer non c’entrano, stavolta. A metà legislatura, il campione è stato ricavato in modo del tutto personale, arbitrario ed episodico. Le conclusioni dell’indagine psico-demoscopica-attitudinale sono state fatte "a naso". Eppure, o forse proprio per questo, mi sembrano davvero convincenti. Il risultato? Imprevedibile, se non per chi lo ha redatto. Il Centro-destra ha un personale politico qualitativamente scarso e banale, ma con qualche idea buona, peraltro mai attuata. Il Centro-sinistra, invece, possiede un personale politico migliore e più professionale, ma spesso con idee arretrate, peraltro fortunatamente non realizzate. Entrambi stanno troppo in televisione, polemizzando in modo incomprensibile tra loro. Ah, dimenticavo: Rutelli, Fassino e Boselli (sinistra) e Follini, Gasparri e Schifani (destra) sono adibiti a fare una dichiarazione al giorno, sempre la stessa. (La donna delle pulizie)
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IL QUOTIDIANO DI GIORDANO BRUNO GUERRI
Sarà pure Indipendente, ma caro: 120 lire ad articolo
Ah, volevo ben dire, non sono davvero "di destra" come andavano dicendo in anteprima, secondo me per farsi finanziare da quelli di AN e dagli amici industriali del vice-coordinatore Italo Bocchino (c’è anche un Auricchio: se è quello giusto, beati i giornalisti, adesso avranno gentili omaggi di caratteristiche forme allungate di provolone stagionato piccante). A me pare un giornale liberale, con il gusto di qualche posizione contro (per esempio è contro la grazia a Sofri, a meno che non la chieda lui stesso). Ma sembra troppo serioso per essere diretto, sia pure nominalmente, da un tipo fuori schema come Guerri. Si vede che in redazione conduce i giochi Luciano Lanna, ex caporedattore di Ideazione.
Un nuovo Foglio o Riformista? Con tre quotidiani brevi e "intelligenti" concorrenti tra loro, per noi è un bengodi. Altro che il paradiso islamico promesso ai terroristi ingenui, che sperano di fottere per saecula saeculorim con 99 vergini nude. Qui in teoria si potrebbe godere di più. Ma in pratica? L’Indipendente non ha la verve del Foglio o del Riformista, è molto meno spigliato e acuto del primo, molto meno bello del secondo. Ha una impaginazione tetra, che sarà pure di stampo "futurista", ma resta pesante e poco redditizia, se è vero che fa entrare pochi articoli. Lasciando da parte il primo numero, che nei giornali fa sempre storia a sé, guardiamo il secondo. Ha in pratica solo 16 articoli, più quattro trafiletti. Dunque ogni articolo il lettore lo paga ben 120 lire. (Salvatore, quello che scopa in redazione)
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AGO DELLA BILANCIA O AGO NEL PAGLIAIO?
Mariotto ci riprova: ecco i "liberal-democratici"
Del suo "Patto con gli Italiani" nessuno si ricorda più. Ed è meglio per lui. E sì, perché c’è stato un momento, il suo magic moment, in cui Mario Segni aveva l’Italia intera ai suoi piedi. Salutato da Pannella e da molti laici di destra e sinistra, dodici anni fa era alla testa del movimento che impose anche in Italia il bipartitismo. Ragione politica voleva che fosse proprio Mariotto, tanto più che in tempi di Tangentopoli era un politico senza macchia e con un pizzico di idealismo, ad assumersi la responsabilità di guidare una grande lista liberale. Ma lui, come papa Celestino V che "fece per viltade lo gran rifiuto", non se la sentì. E l’eccesso di modestia, in politica come in guerra, non giova, specie a chi manca di carisma. Ora, però, Mario Segni ci riprova e presenta per le europee una lista con Scognamiglio e la Federazione dei liberali a cui auguriamo tutto il successo possibile. Se non altro, in questi tempi di improvviso antiliberismo, ha il coraggio di rifarsi perfino nel simbolo grafico alla tradizione liberaldemocratica, che è anche la ricetta sicura per andare avanti, come insegna il successo costante dei paesi anglosassoni. E non è poco. Speriamo solo che Segni, stretto in una difficile competizione tra una destra e una sinistra poco liberali, da ago della bilancia non si trasformi in ago nel pagliaio. (Madame Pompadour)
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CONSIDERAZIONI DI UN GIOVANE STORICO
"A leggervi, scopro di avere idee personali sul liberalismo…"
"Leggendo gli articoli mi sono reso conto di come siano molte le accezioni di pensiero "liberale", e di come io stesso abbia una posizione piuttosto personale sulle questioni contemporanee. Con cordialità, Rossano Raspo. Ma no, non si butti giù…Anche a noi, succede, sapesse. Anzi i più snob di noi sono convinti davvero di avere "una posizione personale" sull’Orbe terracqueo e lo Scibile tutto. Lei, che è un giovane storico, avrà già notato che quanto più si procede verso i fatti dell’oggi, tanto più la divaricazione dal supposto "comune sentire" si fa evidente in chi ha idee liberali.
Il fatto è, caro amico, che tra i tanti angoli visuali e strumenti messi a disposizione dal liberalismo è naturale che ognuno di noi tenda in un dato momento ad usarne solo uno o alcuni, e non altri. Pensi alla "parabola" pedagogica del fumatore. Ognuno ha "diritto" a fumare, protesterà il fumatore liberale. Ma gli altri hanno "diritto" a non fumare il suo fumo, se non vogliono, come faranno notare i liberali non fumatori. Non se ne esce: peggio che "Achille e la tartaruga". E uno Stato liberale che farà, allora? Dovrà difendere le libertà individuali dei singoli fumatori e non fumatori.. Ma poiché è Stato e deve anche compensare gli interessi di tutti, per evitare bellum omnium contra omnes, tanto più se conosce i rischi di certe abitudini e spende grosse cifre per la sanità, dovrà pure mettere in guardia e porre divieti a favore degli altri. Se non altro (buona tirchieria lib) per...risparmiare.
Da questa dialettica elementare viene fuori di tutto. Chi ama i paradossi ammetterà che la società liberale è proprio quella in cui i diritti personali - pur di estenderli a tutti - vengono più limitati. Molto più "libero" (in una accezione impropria) il singolo fascista nel fascismo, o il singolo comunista del comunismo. Ma l'assenza di vincoli è anche un'esigenza naturale (anarchica?), e quindi è psicologicamente normale che ognuno di noi parli e si comporti "come se" i suoi diritti fossero assoluti, quelli d'un cacciatore in una foresta inesplorata, e non dovessero incontrare analoghi e contrari diritti degli altri.
Perciò spesso discutiamo, garbatamente, tra di noi. E agli occhi estranei sembriamo di volta in volta "anarco-individualisti" o "proibizionisti di massa", interessati all'unicità dell'individuo ma anche alla società di individui nel suo complesso. Perciò è bello e sempre istruttivo parlare tra liberali: stia sicuro, avranno sempre qualche opinione o sfumatura diversa. Comunque, questa newsletter si è prefissa lo scopo, difficile, di tener conto sempre di almeno due diversi angoli visuali liberali. Ci riusciremo? (Il nipote di un Fratello Bandiera)
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IL "LAVORO" DEGLI IMPIEGATI PUBBLICI. .ALMENO DA ROMA IN GIU’
Tutti "fanigottun"? No, ma lenti, lentissimi, sì
In una Asl centrale sul Lungotevere, in un rione medio borghese della capitale, arrivo trafelato ma in orario per le analisi. Ho calcolato da bravo efficientista che anche con una coda di 10 persone, tempo medio 3 minuti a testa, dovrei farcela. Per fortuna davanti a me ci sono solo quattro signore. Ottimo, mi dico. Macché, tra frasi interlocutorie, confessioni private, risate (quanto ridono le impiegate regionali, ne hanno tutti i motivi…), esitazioni e problemi di famiglia degli utenti ("No, guardi, venerdì proprio non posso fare la visita. Sa, arriva mia figlia e io non ho ancora visto il nipotino…"), passa oltre mezz’ora. Le grassissime e paciose impiegate romane di questa Asl – della regione, immagino – se la prendono comoda, con ritmi, diciamo, orientali. Non incalzano mai l’utente, facendogli notare che dietro di lui c’è la fila. Come invece fanno ora (effetto della privatizzazione?) le più magre impiegate delle Poste. Hanno forse paura dello stress? Ma a tipe come loro un po’ di stress farebbe solo bene. O hanno calcolato che facendo così a fine giornata hanno "evaso" (è il caso di dirlo) una cinquantina di utenti in meno? Fatto sta che io ho perso l’orario per la visita, e mezza mattinata.
"Anziché parlare di troppe feste – scrive saggiamente un lettore al Corriere - non sarebbe il caso di parlare di qualità e quantità di lavoro nell'arco delle ore lavorative? Quanti impiegati vediamo a fare poco o nulla? Vi è uno studio sulla quantità di lavoro prodotto dai dipendenti pubblici?
Qual è il rapporto tra lavoro prodotto e numero di addetti nella pubblica amministrazione? Oppure di questo non si può parlare? Angelo Bonaldi, Bussolengo (Vr). No, caro Bonaldi, di queste cose, né la sinistra, né la destra parlano. Perché, per difetto di esempi, di educazione e di controlli severi, questo è il pubblico italiano. E loro, a destra e a sinistra, devono essere rieletti.(Roberto, il pony)
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TAVOLA ROTONDA SUI CASI CIRIO, BOND ARGENTINI, PARMALAT
Chi pagherà gli errori delle Banche?
"Mazziati", sì, per dirla alla napoletana, ma "cornuti" no. In buon toscano: passi per il danno, che comunque un gruppo di esperti legali sta quantificando con qualche speranza di un parziale risarcimento, ma la beffa proprio no. Per questo a Roma, il Partito Liberale e il quotidiano L’Opinione hanno organizzato una tavola rotonda con diversi esperti sul tema: "Chi pagherà gli errori delle banche?" L’incontro che si terrà a Roma giovedì 29 aprile alle ore 17 presso l’Hotel Massimo D’Azeglio in Via Cavour 18, avrà come relatori Giuseppe Vegas, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Emmanuele Emanuele, Presidente della Fondazione Casse di Risparmio di Roma, Bruno Tabacci, presidente della commissione Attività Produttive della Camera, Stefano de Luca, Segretario del Partito Liberale. Moderatore sarà Arturo Diaconale, direttore de L’opinione. Tra gli interventi previsti quelli del vice-presidente della Camera, Alfredo Biondi, di Raffaele Costa, Benedetto Della Vedova, Oscar Giannino, Aristide Gunnella, Teodoro Klitsche de La Grange,Carla Martino, Savino Melillo, Paola Pampana, Roberto Sanseverino. (Giorgino, il ragazzo che aggiusta i computer)