13 novembre, 2005
13. Newsletter del 4 ottobre 2004
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 13 - 4 ottobre 2004
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo numero contiene:
ESPORTARE LA DEMOCRAZIA. Ad Acerra
LIBERA CHIESA. Ma a Cesare quel ch’è di Cesare
CHE RAZZA DI LIBERALI. Ora vanno in piazza
QUELLI CHE "Era meglio sotto Saddam"
GEOPOLITICA DEGLI SCEMI. Il cavillo di Troia
DONNE NUDE ADDIO. Le batte Padre Pio
MAMMISMO E TERRORISMO. Se il riscatto è in dollari
VENERDI IN MOSCHEA. Con le bombe
LIBERALI D’EGITTO. La nipote del Pascià
CHI DA’ LA LINEA. Strada e Torretta, no
RIDURRE LE TASSE. Ma Berlusconi non è Lincoln
METODO LIBERALE. Da Adornato a Sgarbi
ANTIDOTO A UN VIZIO. Morire dal ridere
LIBERALI E TURCHIA. L’appello di due studiosi
SUD E NEPOTISMO. Se telefona il politico
MADONNA. Fu fecondazione assistita?
VOTO E BILANCI. Deficit da proporzionale
ESPERIMENTI. Utili anche quando falliscono
BUFALE DEI VERDI. L’apocalisse rimandata
LEGGINE. Se lo Stato paga il sottopassaggio
MUSICA SU INTERNET. Celentano non legge libri
SCUOLA D’OGGI. Mamma, c’è un corso di vino
RIVOLTA DEI LABORATORI. Da tutto il mondo
CROCE. Dialogando con don Benedetto
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NAPOLI E IL SUD D’ITALIA: L’IRAQ IN CASA
Esportare la democrazia. Dove? Ad Acerra
Zio Bush, aiutaci tu. Per caso ti avanzano delle bombe "intelligenti"? Anche arrugginite vanno bene. Tanto, sai, là ad Acerra (near Naples, do you know?), come dice il sindaco, tutto è degradato. Se anche gliele mandi nuove, nel viaggio tra Caserta e Salerno si ossidano. Come le devi armare? Be’, non metterci i soliti esplosivi, ché tanto i napoletani sono maestri, già usano i loro. Mettici invece un software intelligente. Ma guarda che sono "capatosta" e cavillosi. Ogni tre contadini hanno un avvocato. Per convincerli, le bombe devono essere molto intelligenti. Per esempio devono spiegare che tutte le città civili hanno i depuratori, e che questi inquinano meno delle loro automobili (sapessi, zio Bush, quante grosse auto hanno i napoletani, sembrano i vostri pick-up, do you know?). Ah, dimenticavo: nelle bombe mettici anche un software di psicologia da Terzo Mondo, perché se no molti da quelle parti pensano che più producono rifiuti e gettano immondizie per strada, più vuol dire che sono diventati ricchi ed "evoluti". Grazie di tutto, come sempre, zio Bush. (La badante russa di Cossiga)
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"LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO"
A Cesare quel che è di Cesare"
Dopo la replica del segretario Capezzone, il bravissimo e liberale segretario dei Radicali italiani, il Comitato nazionale del suo partito ha approvato all’unanimità una mozione che ha toccato soprattutto i referendum. Ci piace riportarne, invece, il bel passaggio in cui si denuncia il carattere "sempre più pervasivo" delle gerarchie del Vaticano nella vita civile italiana, fino alle "vere e proprie ingerenze". "Da liberali, da radicali - prosegue il comunicato - ci batteremo affinché Pietro e la sua Chiesa abbiano il diritto di diffondere la loro predicazione. Ma altra cosa, insostenibile, è invece la pretesa che gli orientamenti confessionali della Chiesa, di una Chiesa, si traducano in imposizione o proibizione per tutti i cittadini".
"E’ bene (magari recuperando l’evangelico e troppo spesso dimenticato "date a Cesare quel che è di Cesare, e date a Dio quel che è di Dio") che anche Oltretevere si comprenda che la laicità degli ordinamenti è la miglior difesa anche per la libertà religiosa. Ed è bene che il ceto politico italiano la smetta di genuflettersi, in un modo che risulta offensivo in primo luogo rispetto alla coscienza dei credenti, che hanno sempre saputo distinguere (a partire dalle prove popolari su divorzio e aborto) tra la loro personale opinione e le necessaria neutralità delle leggi dello stato.
"La laicità non è nemica di nessuno: è amica di tutti, di tutte le coscienze e di tutte le scelte. Semmai, è sempre più necessario e urgente organizzare una risposta all’invasione anche mediatica (a maggior ragione, se sulle reti del servizio pubblico) di rappresentanti ecclesiastici, che dettano l’agenda politica e si vedono riconosciuto un vero e proprio monopolio di indirizzo etico nelle questioni attinenti alla morale personale; così come è giunta l’ora di rimettere in discussione tutte quelle misure (a partire dal meccanismo dall’8 per mille) che clericalizzano gli stati e parastatalizzano le Chiese, riducendole ad espressione mondana di cui i Governi sono veri e propri esattori. La lezione di Romolo Murri, degli anticlericali per religiosità, è sicura guida politica anche per l’oggi".
Impeccabile, da ritagliare. Che dite, amici di Salon Voltaire, ne facciamo il nostro articolo di fondo? (François Marie Arouet)
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SICUREZZA PERSONALE O LIBERTA’?
Quelli che...: "Si stava meglio sotto Saddam"
Tranquillità o libertà? Per noi un dilemma odioso, inaccettabile, dover scegliere tra il rischio d’essere incarcerati o uccisi da un dittatore, e quello di finire rapiti, taglieggiati o squarciati dalle bombe di criminali comuni e attentatori che seminano il panico tra la popolazione. Ma per gli iracheni del dopo Saddam, che stanno riconquistando forme elementari di democrazia e libertà (centinaia di giornali, radio e tv, migliaia di nuove iniziative economiche libere, scuole, ministeri e tribunali che bene o male funzionano), quello di morire per fatti di "cronaca nera" e non più di "politica interna" oggi è un rischio grave.
Il liberale Ostellino, sul Corriere, ironizza su quegli italiani un po’ ottusi (lo lasci dire a me), di sinistra o di destra, che ad un sondaggio della Swg-Espresso hanno risposto che "oggi in Iraq si sta peggio di quando c’era Saddam Hussein" (47 per cento degli intervistati). A parte che lo trovo un quiz un po’ snob e perverso, e che bisognerebbe lasciarlo dire solo agli iracheni se stavano davvero meglio quando si stava peggio.
Per gli italiani il quieto vivere vale più di tutte le libertà. Una risposta qualunquista, tipica dei personaggi interpretati da Alberto Sordi, che fa pensare subito al famoso vizio nazionale, la vigliaccheria. Non vogliamo fare a tutti i costi i risorgimentali romantici: è un’opinione che non ci piace, ma è umana. Anche perché non si può fare violenza alla propria natura. E sappiamo anche che se l’ordine pubblico, la stabilità politica e le regole di civile convivenza non sono assicurati, o se la gente non ha da mangiare, la pura enunciazione delle "libertà" interessa poco.
Sotto Saddam non c’erano gli attentati di oggi, e chi se ne stava buono in casa o si adattava al conformismo non aveva problemi. Dunque "si stava meglio"? Sì, come in Italia sotto il fascismo: poca criminalità, niente scioperi, vita tranquilla. Per vivere bastava non fare gli oppositori e non avere idee proprie in nessun campo. Hai detto niente. Ma Ostellino contesta due contraddizioni a questi italianissimi opportunisti "alla Alberto Sordi".
La loro "real-politik" è simile a quella dei governi americani che - con loro scandalo - hanno appoggiato i governi locali illiberali con la scusa della "stabilità" e della "sicurezza", appunto. E "non sanno di pensarla come i loro compatrioti che durante il fascismo, se ne stettero acquattati nel proprio guscio, costituendo il nocciolo duro del "consenso" al regime", che una certa sinistra ha sempre negato, mentre i coraggiosi che amavano davvero la libertà prendevano la via delle montagne nella Resistenza o continuavano a combattere per l’Italia nell’esercito. E, se una Resistenza c’è anche in Iraq, questa è semmai quella che molti giovani iracheni vorrebbero fare mettendosi in fila (falciati dalle bombe dei terroristi "anti-resistenti") per arruolarsi nella polizia.
Chi antepone, insomma, la sicurezza personale alla libertà, compresi i "pacifisti", sarà pure "umano, troppo umano", ma va trattato da noi liberali come quelli che sotto il fascismo fecero la scelta dei vigliacchi. Filo-fascisti ieri, filo-fascisti oggi. (Generale Lafayette)
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UNITI SULLA LIBERTA’ DELLA SCIENZA
Ma che razza di liberali, vanno in piazza
I liberali, tranne casi importanti, non amano cortei, manifestazioni collettive, scioperi, raccolte di firme e referendum. Ogni occasione, insomma, di radicale semplificazione, in cui la "democrazia" sostanziale cioè il governo immediato del demos, del popolo, possa surrogare le libertà del singolo, per esempio quella di dissentire o di esprimersi in minoranza e singolarmente con gli stessi diritti degli altri. Diritti che una folla, anche se non eccitata, inferocita o disinformata, non garantisce certo. E non c’è bisogno di scomodare Le Bon e gli antichi filosofi: nel popolo il discernimento, la capacità di distinguere le sfumature e di confrontare i diversi punti di vista, si annullano in un’indistinta, prepolitica, istintuale, feroce "volontà collettiva" che ricorda i miti, le saghe e i giudizi sommari degli antichi, e ci rende inevitabilmente uomini-massa senza pensiero e senza diritti, cioè senza libertà. Perché le libertà o sono individuali o non sono. Per questo, è dagli inizi del liberalismo, fondato sulla ragione, le libertà dell’individuo e il bilanciamento dei poteri, che le suggestioni reazionarie, rivoluzionarie e populiste della piazza, ci fanno paura. Per questo la piazza, invece, piace tanto ai regimi autoritari di destra e sinistra.
Che tanti liberali siano scesi in strada nei mesi scorsi per firmare ai tavoli dei radicali la richiesta di referendum contro una legge sulla procreazione di sapore sadico e medievale, è quindi un avvenimento. Non pochi di loro, poi, li abbiamo visti tra la folla anonima che festeggiava in piazza Cavour - bel nome per la sede della Cassazione - e in minor numero a Campo de’ Fiori, a Roma, al suono d’una jazz-band dixieland ("il jazz è musica di libertà" - ha detto qualcuno - per storie personali, armonie, temi, ritmi, esecuzione) il compimento d’una prima battaglia in sostanza liberale (sul metodo abbiamo già detto), come la raccolta delle firme per abrogare una legge clericale contro la libertà di procreazione, di terapia e di scienza. E negli sguardi, nei sorrisi, si leggeva anche l’eccitazione per la novità di ritrovarsi, una volta tanto, con altri che non siano la solita faccia riflessa dallo specchio al mattino, l’assaporare il gusto raro di essere vincenti nelle questioni vere, quelle che dividono, oltre che nei soliti bla-bla ipocriti e anodini del "tutti liberali". Era dai lontani tempi del divorzio e dell’aborto che non si vedevano per strada tante facce liberali, unite ma distinte dagli altri laici d’ogni tendenza.
Però, il piacere dell’evento, qualunque sia l’esito giuridico (controllo della Cassazione) ed elettorale dei referendum, è stato turbato dalla constatazione tutta politica che i nostri cugini radicali, vincono solo quando in loro soccorso, sempre tardivo, arrivano le quadrate legioni del demos che noi non amiamo, quel popolo organizzato e pronto agli ordini di scuderia che ieri era la base del Pci e dei sindacati, e oggi di Cgil, Ds, Rifondazione comunista e Comunisti italiani. Perché, inutile negarlo, le tv hanno cominciato a parlare della cosa solo quando la "sinistra istituzionale", con ritardo sui radicali, si è mossa.
E’ vero che ai tavoli, hanno firmato i liberali d’ogni partito, le donne, i professionisti e gli impiegati qualunque, il vasto popolo dei moderati e di chi non sa nulla di politica. Ma, siamo sinceri, se i radicali avessero dovuto contare solo su queste firme, non ce l’avrebbero fatta. Infatti solo 350 mila sono state le firme al referendum (totale abrogazione) raccolte dai radicali, mentre ben 740 mila quelle raccolte sullo stesso quesito dalla sinistra nel pacchetto dei cinque referendum. In pratica, Bertinotti e Fassino hanno salvato Pannella. Come ai tempi del divorzio e di Berlinguer. Meditate, liberali, meditate. (Camillo Benso di Latour)
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SUPERSTIZIONI VECCHIE E NUOVE
Donne nude addio, le batte Padre Pio
E chi li trova più i camionisti d’una volta, grandi raccontatori di barzellette sconce e "galleristi" di foto di donne nude. Tempi andati. Oggi perfino loro, viaggiatori internazionali, bon vivants e conoscitori del mondo autostradale, appendono sempre più spesso in cabina immagini religiose e votive (primo con distacco: Padre Pio), come gli automobilisti di provincia più superstiziosi. Roba da far cadere le braccia. Eppure lo ha accertato un’inchiesta demoscopica dell’Istituto "Donne e qualità della vita" coordinato dalla psicologa Serenella Salomoni e condotto su un campione di 1.000 sui 3.317.600 autotrasportatori italiani. Dalla ricerca emerge che i simboli religiosi (adesivi, spille, rosari) sono usati dal 76% degli intervistati, mentre solo il 35% ammette di appendere in cabina calendari erotici o pornografici. Ma il 38% appare più raffinato e preferisce attaccare foto di donne eleganti e "di classe" che si presentano belle e altere. Pochissimi (18 %) espongono la foto della moglie o dei figli.
Una volta chiesi a un camionista se non "si stufava" a vedere sempre la stessa donna nuda. Domanda da adolescente, ma ineccepibile dal punto di vista antropologico, essendo stata provata dai ricercatori come "innata" la tendenza del maschio a cambiare spesso partner, in questo caso "virtuale". Mi rispose così: "E chi le guarda… Sono lì come scaccia-guai". Scoprii allora una cosa che non avevo mai immaginato, che tutte le foto "da cabina", da quelle sportive a quelle turistiche ("Saluti da Gabicce mare"), porno, erotiche e religiose, sono accomunate da una funzione segreta: sono dei portafortuna, difendono dal "malocchio", proteggono dagli incidenti stradali, evitano le disavventure amorose. Proprio come le famose statuette maschili "itifalliche" (dai membri esagerati), le "Veneri steatopigie" (dai glutei enormi) o le Grandi Madri dalle mammelle giganti e dalle vulve promettenti fertilità, che per i nostri progenitori avevano - dicono gli antopologi - un valore apotropaico e beneaugurante.
Se, perciò, vediamo dondolare in un’auto un dolente Padre Pio o un bellissimo Gesù Cristo biondo con fattezze da hippy svedese degli anni ’70 (ma non era un medio-orientale bruno, bassino e dalla pelle olivastra?), dobbiamo pensare ad un caso di superstizione popolare. Lo avevano già capito i primi Riformatori, che proprio sull’eccesso di immaginette sacre fino al "feticismo pagano", e alle relative indulgenze della Chiesa di Roma, fondarono il primo scontro con i papi da cui nacquero le chiese protestanti. Nientemeno.
Piuttosto, non si capisce quale sia la portata utile "scientificamente" rilevabile di questi oggetti taumaturgici. A meno di un metro (p. es. sul monitor del computer, sul cruscotto)?, entro tre metri (parete di fronte, soffitto, finestrino)? Non si sa. Si sa solo che "devono essere "vicine"), come asseriscono anziani esperti napoletani dei vicoli dietro via Roma, diplomati a furor di popolo in "anti-jella". Se invece, aggiungono, l’immagine resta nell’edicola di giornali all’angolo o peggio nella più lontana chiesa, non fa effetto.
Se è così, sapete che vi dico? Come Benedetto Croce, che vergognandosi con i suoi allievi, da razionalista e non credente, del secondo dei suoi peccati (il primo era che fumava) pronunciò la celebre battuta con cui tentava di giustificare la propria incongruente superstizione: "Non è vero, ma ci credo". A questo punto, forte del sostegno dei nostri maitres à penser, riattacco subito al monitor del pc la foto di Letitia Casta senza costume che all’inizio dell’articolo, per coerenza, avevo staccato. Meglio della Ferilli è sicuramente. A scopo apotropaico, tie’. (Il barista di via di Porta Vigentina)
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LA NIPOTE D’UN PASCIA’
Ma che partito liberale d’Egitto…
Solo un "mona" - ripete sempre l’amico Franzin, un padovano che fa il barista a Porta Vigentina - potrebbe pretendere la libertà in un paese arabo. Ma lui è un noto pessimista e anti-Islam. Noi invece siamo ottimisti, almeno sulla volontà (perché poi la ragione…), e quindi vediamo con curiosità e favore il coraggioso tentativo di Mona Makram-Ebeid, un’intelligente signora nipote d’un pascià, deputata e professore di scienze politiche all’American University del Cairo, che - ci consenta un po’ di goliardia - col suo nome sta facendo avverare la profezia popolaresca di quel pirla di Franzin. Sta per presiedere infatti il neonato "Partito del domani" (Hizb al Ghad), un vero partito liberale, che ha già 2.000 iscritti. Libero mercato, democrazia, maggior potere alle donne, libertà d’espressione, armonia religiosa, diritti umani e Stato di diritto, ecco il programma, direi da manuale liberale. Non è che il blitz di quella virago della Bonino, che ha casa al Cairo e parlicchia l’arabo, a forza di rompere le scatole agli egiziani, è riuscito a dare coraggio a qualche loro esponente femminile? Vedremo se ne verrà fuori davvero un "partito liberale d’Egitto". (Sir Lawrence Da Rabbia)
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VECCHI VIZI
Il sud degli "amici": "Telefono io e sistemo tutto"
Caro vecchio sud delle trecce di bufala stillanti latte, dei cannoli e delle cassate di ricotta dolce, dei gelati al caffè, delle "granite al limon" cantate dall’avv. Paolo Conte, sud accidioso dove si passano i pomeriggi al bar a guardare il sedere delle donne ("e meno male che non c’è il burqa", pensano Rocco e Salvatore). Caro sud, non ti smentisci mai. Però non è vero, come dice il simpatico "gelataio di Corfù", che "La vita è una cassata": la vita è una cosa seria anche per gli umoristi.
Telefonini, seconde case (abusive), insegne in inglese, linguaggio da tv, cani ringhiosi, fuoristrada 4x4, magliette alla moda, Internet. Certo, ma nel nostro caro sud restano gli antichi vizi mafiosi della politica e della società familista. Gli amministratori sono quelli che sono. Del resto, oggi a chi salterebbe in mente di fare il sindaco, se non a qualche arretrato che crede ancora, poveretto, che "cumannari è megghiu ca fùttiri"? E chissà che succederà quando la legge sul federalismo (riforma in teoria ottima per noi liberali) affiderà ancora più poteri ai tipi umani che si nascondono dietro le cariche di sindaci o presidenti di regioni o di provincia.
E a proposito di "comandare", di nepotismo e protezioni amicali, sentite l’ultima, tratta da un’accorata lettera d’un manager a Severgnini. Dopo aver lavorato anni all’estero, il manager rientra in patria animato dalle migliori intenzioni. Accetta una posizione dirigenziale in uno stabilimento del sud. Ad agosto un dipendente è colto in flagrante mentre sta rubando materiale destinato alla vendita. Dopo un consulto in azienda, si decide il licenziamento, sia per fermare un andazzo di furti che andava avanti da mesi, sia per correttezza nei confronti dei dipendenti onesti. Ovviamente il contratto prevede il licenziamento in questi casi. Dopo alcune settimane la ditta riceve due telefonate. La prima dal presidente della provincia, che si qualifica come "il padrone della provincia" e ci invita a riassumere il dipendente perché "suo parente". La seconda dell'assessore regionale alla sanità che si presenta come "responsabile dei controlli per l'attuazione della legge 626 sulla sicurezza degli stabilimenti operanti nella regione, e poi mi occupo anche di ospedali". Manco a dirlo, anche quest'ultimo chiedeva la riassunzione.
Caro amico dirigente, ha tutta la nostra solidarietà. E' il costume che va cambiato in Italia, specie al sud. E anche al sud già emigrato e ambientato al nord. Il merito, l'intelligenza e la moralità personali non sono mai considerati: ma solo le famiglie, le parentele, le raccomandazioni, le "amicizie", la cordata, i protettori. Ne sappiamo qualcosa. Questo è il primo problema italiano, anche se gli studenti italiani lo considerano "normale" (inchiesta demoscopica Eures 2003). Ma questo non entra in testa né alla gente di sinistra che per "moralità" intende solo fare le pulci a Berlusconi (per il resto dicono che è solo un problema di politica) e di destra (per loro è solo un costume radicato e ineliminabile). No, purtroppo, la politica non c'entra. In quanto al "costume", voglio vedere come sopravviverebbe con arresti e pene severissime. Ma la "giustizia" in Italia pensa sempre ad altro. Ah, dimenticavo: questa non "è l’Italia", come ripetono sempre al sud, quasi per alibi: questa è solo una brutta parte dell’Italia. (Gennarino Condorcet)
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E’ IL MAMMISMO IL VERO TERRORISMO
I riscatti delle anime belle. Se in dollari, "non olent"
Chi ha liberato davvero le due donne Pari e Torretta? Una intelligence che ha agganci dappertutto, sostiene il suo volontario "ufficio stampa" il sacerdote don Michele Barone del Santuario del Divino Amore, almeno lui volontario davvero e non a 5000 dollari al mese come quelli delle organizzazioni non governative in Iraq. "Ho affidato le ragazze alla Madonna e agli angeli - ha detto il sacerdote - che hanno fatto il loro dovere riportandole a casa''.
Veramente il bravo Scelli aveva dato una versione più terrena. Comunque questi "angeli" negli ultimi tempi stanno provocando inflazione. Per ungere le ruote del carro celeste, hanno preteso sull’unghia da uno a quattro milioni di dollari, (2 o 8 miliardi di lire del "vecchio conio", direbbe Bonolis ignorando che la cartamoneta si stampa e non si conia, Senta, don Michele, avverta in Alto di non occuparsi più dei rapiti: altri due "miracoli" così e l’Italia va a rotoli. Ma poi è proprio sicuro che si trattasse davvero di "angeli" e "madonne", voglio dire privi di missili e kalashnikov? No, perché quei soldi, i nostri soldi, sono andati a finanziare il terrorismo e la criminilità comune, e inquineranno le prossime elezioni in Iraq - ha detto il caporedattore del Messaggero in un’intervista a Radio radicale - rilanciando con un ignobile patto segreto i candidati del partito Baath, quello del criminale Saddam. Le sembra una buona azione, don Barone?
Intanto le due sventatelle sono in piena sindrome di Stoccolma. Lodano i rapitori: "Ci hanno trattato bene, ci hanno offerto anche dei dolci". Insomma, davvero rapite. Ah sì? E allora gli auguriamo altri bei rapimenti così. E appena sbarcate, anziché baciare per terra e ringraziare il governo, hanno ringraziato - pensate un po’ - i pacifisti e l’Islam, e poi hanno chiesto di ritirare i militari italiani. Ha fatto bene Ferrara a chiedergli indietro i nostri soldi: organizzino una colletta, visti i redditizi mestieri dei pacifisti di professione. E i poveri inglesi, colpiti dal pianto del loro connazionale Ken Bigley, abbrutito come un animale in gabbia, hanno visto allibiti in tv le ben pasciute e sorridenti ragazze italiane tornare come da una vacanza, aggiustandosi con vezzo femminile velo e vestito trapunto alla moda d’Oriente.
Che avranno pensato degli italiani? Che sono, come sempre, ambigui, inaffidabili, calano le braghe, fanno un patto e poi non lo mantengono, si mettono d’accordo per vie traverse col nemico. Stile vecchia Dc o Badoglio. E ora, pagando il riscatto, abbiamo messo in pericolo migliaia di potenziali candidati al sequestro: americani, inglesi, francesi, italiani che lavorano in Iraq. Senza contare il messaggio diseducativo che mandiamo ai giovani (non solo del sud: lì già lo sanno), che basta pagare e si aggiusta tutto. E se Chirac si torce le mani dall’invidia, il Ministro degli esteri britannico è furente. Ha tutta la nostra solidarietà. Per fortuna c’è la Gran Bretagna in Europa. Non lamentiamoci poi se siamo trattati da mafiosi e levantini appena sbarchiamo a Heathrow. E che dire dell’eccitazione, dell’amosfera fatua e leggera che si respirava durante e dopo il rapimento sul Campidoglio, con un Veltroni, sindaco di Roma, che per ricavarne un ritorno di "immagine" (ah, la politica…), si butta scodinzolando efficiente come un maestro di cerimonie su ogni feretro, su ogni tragedia annunciata nel mondo?
Non parliamo poi di tutta la retorica appiccicosa, peggio d’una predica di Natale. Se due impiegate un po’ sventate, prima fortunate, poi sfortunate, poi di nuovo fortunatissime, vengono salvate a pagamento, diventano eroine, che dico, sante. Ma, scusate, gli eroi non dovrebbero essere i salvatori, cioè tutti noi italiani? Una vergogna. E allora, che avevano di meno quei poveri carabinieri morti a Nassirya, la guardia del corpo Quattrocchi? Certo, non erano giornalisti, non avevano la laurea, non avevano avuto le ammanicature giuste nei Ds e in Rifondazione per lavorare in una Ong fin dai tempi di Saddam. D’accordo, non basta essere vittime per essere eroi. Ma almeno loro sono morti come degli eroi. E invece alcuni finto-pacifisti che oggi abbracciano la coppietta Pari-Torretta qualche giorno fa col volto coperto hanno urlato: "Dieci, cento, mille Nassirya".
Speravamo nella coerenza laica delle due ragazze di sinistra. Macché, in piena sceneggiata nazional-popolare, anche loro come Silvio Pellico vanno a finire in parrocchia. Marx & superstizione. Come una vecchina dei quartieri popolari, la Torretta ha promesso di fare il pellegrinaggio a piedi fino al santuario del Divino Amore, insieme alla Pari. Le regaleremo l’abbonamento al Messaggero di S.Antonio. Si decida: filoislamica o filocristiana? "Per grazia ricevuta", ma da chi? Siamo alle solite. In una certa Italia da parrocchia finto-buonista e finto-progressista l’ipocrisia è il vizio segreto più coltivato. Tutto finisce a biscottini e rosolio, abbracci e genuflessioni, un gelato e il bacio dell’anello al vescovo, una candela e un cioccolatino, tre ave, un pater e un gloria, zie lacrimose, suore festanti, mamme poppute che come chioccie hanno un solo pensiero (debole), quello dei propri pulcini, e intimoriscono di commozione politici e generali. E sì, perché da noi si fa politica e perfino campagne militari pensando alle mamme d’Italia, che piangono quando devono ridere e ridono quando devono piangere. Meno male che il Risorgimento l’abbiamo già fatto. (Ciccio, il giardiniere della Palombelli)
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1. GEOPOLITICA DEGLI SCEMI: IL CAVILLO DI TROIA
Quando i politici giocano a risiko
Al bar della Nilde, a Ferrara, l’Ubaldo entra col passo lento e cadenzato del politico arrivato, con la giacca grigia anche ad agosto, come i professori che scrivono sui giornali, che lui vede in tv. E’ un maestro elementare in pensione, ma anziché costruire la torre Eiffel con gli stecchini o ritagliare articoli su Padre Pio, come tutti, ha l’hobby delle strategie mondiali. Lui pensa in grande, mica come gli altri clienti, che al massimo fanno "scendere in campo" qualche giocatore della Juve o del Bologna. No, tra un’oliva e un Martini, lui sposta interi popoli, infiltra spie, fa scontrare eserciti, blocca esodi di massa, affronta guerriglie e kamikaze, si può dire a mani nude. Infatti fa tutto spostando il dito sull’atlante. Dice che questa è la "geopolitica", una politica internazionale che si spiega con la geografia. Grazie tante: è vecchia quanto il cucco.
Proprio in questi giorni, un film, in Italia pudicamente lasciato col titolo inglese "Troy", perché al distributore romanesco "troia" sembrava brutto (e poi tutte le spettatrici avrebbero subito pensato ad Elena), ripropone le vicende romanzate d’una epica guerra svoltasi più di 3000 anni fa nell’attuale Turchia. Corsi e ricorsi storici. I Turchi moderni sono "figli di Troy" e vogliono la rivincita, e quel cavallo di legno che li beffò una volta stavolta lo vogliono costruire loro, fargli fare dietro-front e regalarlo all’Europa. Chissà che non abbocchi. Così stanno promettendo, nientemeno, di aggiornare leggi e regolamenti, eliminando un po’ di pugnali qua, un caftano là. Poiché, come tutti gli orientali credono che gli europei siano un po’ scemi (se no, non gli chiederebbero condizioni così facili), i turchi hanno sùbito finto di eliminare il reato di adulterio, quando è noto che l’adulterio in Turchia è tuttora vendicato dai parenti maschi e dal marito in un modo solo: con un po’ di coltellate date alla donna. Perciò, se i Greci inventori del cavallo di Troia hanno oggi falsificato i bilanci per mostrare a Bruxelles una "economia a posto", i Turchi per godere dei milioni di euro dell’Unione Europea stanno seguendo un’altra strada, quella del cavillo. Il cavillo di Troia.
E poi a noi non piace il gioco della geopolitica dei politici dilettanti, d’Europa e d’America, un cinico risiko sullo scacchiere mondiale con i popoli in carne e ossa ("una zona a te, una a me"), senza curarsi delle conseguenze psicologiche, economiche, sociali e culturali delle loro proposte balzane. Quasi sempre privi di buon senso e senso comune - due virtù diverse ma utili entrambe - i politicanti giocano con i destini degli uomini, e solo così provano il proprio "potere". Ora hanno deciso che la Turchia, non Israele o la Nuova Zelanda o l’Australia, deve entrare in Europa. Per motivi di Storia? No. Per la Geografia, neanche. Per la Cultura? Figuriamoci. Ma, udite udite, per la "geopolitica".
Noi siamo contrarissimi all’ingresso della Turchia in Europa. E siamo sicuri che, se gli imbonitori da fiera dei mass-media non imbroglieranno i lettori, è contraria anche la maggioranza del popolo europeo. Sarebbe troppo un altro ingresso in Europa d'un paese ancora più illiberale e arretrato di quelli ex-sovietici che già sono entrati, con storia e tradizioni incompatibili con la nostra cultura illuminista, tollerante e fondata sul diritto romano, del tutto analoghe a quelle di curdi, irakeni e siriani. Folle di turchi, portandosi appresso la loro visione islamica, anti-liberale e reazionaria del mondo, si riverserebbe in massa nel nostro continente, sconvolgendone i già delicati equilibri psicologici, demografici, economici e sociali, orientalizzando in modo inaccettabile la nostra vita quotidiana, facendo scomparire quel po’ di liberalismo e tolleranza che siamo riusciti a difendere nei secoli, e facendo dell’Islam - la più pericolosa delle fedi - la prima e più agguerrita religione europea. Scatenando per reazione un razzismo aperto e combattivo. E’ questo che si vuole? (Giannino Sobieski, quello dell’arma bianca)
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2. GEOPOLITICA DEGLI SCEMI: IL CAVILLO DI TROIA
L’appello (e il saggio) di "Liberali per l’Italia"
Il gruppo "Liberali per l’Italia", dopo un sondaggio tra i liberali, ha stilato un appello per dire no all’ingresso di un paese illiberale, a rischio di teocrazia islamica, e oltretutto tipicamente asiatico, in un’Europa già divisa, debole e travagliata. Ma il testo non dice "no" e basta, vuole soprattutto un dibattito pubblico, in modo che i cittadini - che sono i diretti interessati - possano decidere. Ecco il testo:
"Perché diciamo no alla Turchia in Europa. Turchia in Europa: si o no? L'Europa di Bruxelles e i suoi strapagati burocrati stanno decidendo sulle nostre teste. E l'Economist, il settimanale "liberal" per eccellenza [che vuol dire "di sinistra", più o meno come L’Espresso, NdR], concorda e spinge. Il prossimo dicembre i capi di governo dell'Europa a 25 dovranno esprimersi e prendere una decisione storica. Il sondaggio da noi indetto è schiacciante (più del 70% non vuole la Turchia in Europa). Anche altri intellettuali di diverse fazioni politiche si oppongono. Noi non diciamo "no" e basta. Vogliamo innanzitutto poter partecipare ad un dibattito allargato, vogliamo poi che il popolo italiano possa esprimersi con un referendum e vogliamo infine poter considerare altre forme di "alleanza" con il vicino turco che non sia l'entrata così come paventata a Bruxelles. Insomma, vogliamo poter decidere del futuro della nostra civiltà e questo dossier spiega in modo pacato i fatti sui quali occorre seriamente riflettere".
L’appello, presentato dal gruppo "Liberali per l’Italia" (adesioni per email all’indirizzo info@liberaliperlitalia.it) e firmato dall’economista Anton Giulio Gaetano e da Enrico Caniglia, professore di Scienze Politiche all’Università di Firenze, è seguito da un interessante e dettagliatissimo saggio dei due studiosi che fotografa sotto tutti gli aspetti la situazione della Turchia oggi. Vi consiglio vivamente di leggerlo in http://www.liberaliperlitalia.it/pagina.phtml?_id_articolo=221
Che fare a questo punto? E’ urgente indire a Roma una conferenza alla sede della Stampa Estera. Faccio appello ai corrispondenti dei giornali esteri contrari all’ingresso della Turchia per chiedere la sala e organizzare insieme la conferenza. La conferenza avrebbe un impatto mediatico europeo e impressionerebbe l'opinione pubblica liberale dell'Unione. A quel punto aderiranno anche i giornalisti italiani. Ma siamo già in ritardo. D'altra parte una campagna provinciale solo in Italia non avrebbe nessuna eco e nessun seguito. (Pedrazzini, il messo comunale)
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RUTELLI: "IL NEMICO E’ IL TERRORISMO, NON LA GUERRA"
"La linea non la danno né Strada né Torretta"
Ritiro dei militari italiani dall’Iraq, come hanno chiesto le nuove "maitresses à penser" della sinistra chic, la Torretta e la Pari? Il portavoce della Margherita, Rutelli, almeno su questo tiene duro e cerca di raddrizzare il timone rotto dell’Ulivo. "Inutile parlarne, Oggi è un tema che non si pone", dichiara al Riformista. E le dichiarazioni delle due pacifiste baciate dalla fortuna? "Separerei le opinioni degli operatori di pace dalle responsabilità della politica. Per intenderci: abbiamo imparato a distinguere tra la mirabile attività degli ospedali di Gino Strada e l’appropriatezza delle sue analisi. E questo vale per tutti gli altri". O.k., le due ragazze non fanno analisi "appropriate". Secondo Rutelli, anzi, l’"emozione suscitata dal loro rilascio" non deve avere influenza sulla politica. "Non ci si ritirerà dalla lotta al terrorismo", ammonisce. E aggiunge: "Il centrosinistra deve riscrivere l’agenda: è la lotta al terrorismo che va messa in cima". Non solo. "Il terrorismo - ricorda Rutelli, non è il frutto della guerra, e non è nemmeno il frutto di una ingiustizia sociale". Una serie di stoccatine niente male. (Little Chestnuts)
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PREMIER OU DEUXIEME?
Tasse. Ma Berlusconi non è Lincoln
Il teatrino all’italiana, dove destra e sinistra, nordisti e sudisti stemperano i propri colori in un esilarante giallino indistinto. Il colore dei matti? Diciamo degli estrosi, degli imprevedibili. Prendi il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Ora è "alternativo" a se stesso, come i comunisti di ieri. E’ insieme "di lotta" (bandana) e "di governo" (doppiopetto). Prima di salvare la vita a due oppositrici, forse per rimpolpare le fila esangui dei cortei pacifisti e non essere accusato di voler fare a meno dell’opposizione, se n’era uscito con questa lamentela: "Ah se potessi abbassare le tasse: il guaio è che non me lo fanno fare: sono l’unico a volerlo". Mi ha fatto pensare a uno di quei re antichi d’Oriente che di notte di travestiva e scendeva a mescolarsi in strada tra i passanti. Magari criticando il re. Meno male che nel suo caso non passava nessuno. Se no avrebbero potuto apostrofarlo: "Senta, buon uomo, se lei è davvero in grado di salvare l’economia italiana, come dice, bene, si faccia nominare capo del governo. Ma adesso mi lasci passare che devo andare in ufficio".
Eppure che ci vorrebbe a imporsi? direte voi. Ma questa è un’idea da impiegatucci, scusate. Non sapete che ormai industriali e politici lavorano con uno o più team, in un briefing continuo? Bush e Berlusconi si portano sempre appresso gli esperti, di cui si fidano ciecamente. Pensate a Silvio che è in mano ai democristiani. E se quegli ottusi gli dicono di no, loro non possono far nulla. Non vogliono mica passare per provinciali cumenda "faso tuto mi". Credete a me, comanda molto più una casalinga. Sono lontani i tempi di Lincoln, ricorda Mauro della Porta Raffo. "Alla fine di un’agitata riunione di governo in cui si era scontrato con tutti i suoi ministri a proposito di un progetto, messa ai voti la controversa questione, il presidente comunicò alla stampa l’esito della votazione con queste parole: "Sette contrari, uno favorevole. La proposta è approvata!". Solo Blair oggi potrebbe far questo, non Bush o Berlusconi. (Olga, stagista di Putin)
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LEGGINE ELETTORALI IN STILE PRIMA REPUBBLICA
Se lo Stato si occupa del sottopassaggio
Con un contropiede da "statalisti" d’accatto, una proposta di legge-mancia ha fatto capire in che considerazione alcuni parlamentari tengono federalismo e autonomie locali. Un colpo di coda dei nostalgici dei tempi democristiani, quando si era confermati a Roma solo se si davano soldi per le fognature di Isernia. "Se non faccio vedere agli elettori del mio collegio che dal Parlamento gli procuro qualche vantaggio, come posso pretendere che mi votino la prossima volta?", pensano i parlamentari di provincia, che si industriano per far passare leggine con cui elargiscono soldi dei cittadini a qualche piccolo comune della Campania, della Toscana o del Veneto. Come negli anni bui della Prima Repubblica. Con l’aggravante che oggi, più di ieri, sono le Regioni ad avere le competenze in materia di finanziamenti per opere locali. Sorpresi con le mani nel sacco (la spesa prevista dalla "leggina" era di 547 milioni di euro in tre anni (più di mille miliardi di lire), quasi sessanta parlamentari hanno ritirato la propria firma dall’incredibile legge che pretendeva di regolare materia di interesse nazionale come "l’illuminazione d’un campo di calcio", un "sottopassaggio ciclo-pedonale", una "struttura per la cremazione"
Questi trucchi, ammettiamolo, il centro-sinistra li sapeva fare molto meglio dell’attuale centro-destra un po’ cialtrone, almeno senza farli scoprire subito. Del resto la migliore "qualità" del suo personale politico, che fin dalla gioventù fa politica per mestiere a partire dalle sezioni di partito (vedi D’Alema, Veltroni ecc.), avrà pure un peso, no? Ricordo una ciliegina sulla torta: le centinaia di nomine fatte pochi giorni prima della fine della passata legislatura: non se ne accorse nessuno. E’ proprio vero, allora, che "la destra è ottusa e la sinistra imbrogliona", come il Salon Voltaire non si stanca di ripetere? Ma se così fosse, perbacco, si avrebbe una conseguenza curiosa e virtuosa: che la destra, troppo scema per fare gli inganni, sarebbe "condannata" all’onesta. Del resto, la maggior parte della gente - sostengono psicologi e moralisti - non fa il male non perché è "buona" ma perché non è abbastanza intelligente per portarlo a buon fine. (La cuoca di Pareto)
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RICERCHE SCIENTIFICHE INSOLITE
Morire dal ridere? Meglio che vivere piangendo
(Dedicato ai numerosi praticanti della massima di vita "Chiagne e fotte"). Un godibilissimo libro che si intitola "La donna che morì dal ridere" del medico. V.S. Ramachandran (edito dagli Oscar nell'edizione "I libri di Quark") riporta numerosi casi di soggetti che per una patologia cerebrale sono andati incontro a crisi di riso prolungate, con conseguenti difficoltà respiratorie. Non è chiaro se la morte sia sopravvenuta direttamente per questo motivo o per altre complicazioni. Fatto sta che il documentatissimo saggio riporta tra l'altro che nel corso di un intervento neurochirurgico su una paziente epilettica, è stato per caso trovata un'area che se stimolata rendeva buffo, funny, tutto ciò che il soggetto vedeva, mentre altri soggetti, per emorragie focali, andavano incontro a crisi di riso incontrollabili (perfino durante un funerale o, peggio, un matrimonio).
L’autore essendo indiano, di politici italiani conoscerà solo Sonia Gandhi: troppo poco per giudicare. Ma certo, bisognerà convenirne, piuttosto che vivere lamentandosi e piangendo, come fanno i nostri politici che vengono da una sottocultura popolare superstiziosa fondata sul detto partenopeo e parte italiano "Chiagne e fotte" (trad. edulcorata: "piangi miseria e intanto fai i soldi"), molto meglio morire dal ridere. Che, nella gerarchia dei piaceri sereni del saggio, sosteneva un filosofo indiano, viene subito dopo il "morire durante il coito con una donna dai lunghi capelli neri". Mah, protesto a nome delle bionde. (Sciura Egle di Porta Ticinese)
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EVANGELISTI ORIGINALI
La Madonna: fu fecondazione "assistita"?
Un accanito compulsatore della Bibbia e perfino dei vangeli apocrifi, l’originale Ennio Montesi, è convinto di poter dimostrare che la nota pagina dell’Annunciazione nasconda in nuce una forma di fecondazione, come dire, "trasmessa". Non siamo versati in questo genere di esegesi mistico-intrauterine. Ma la tesi di Montesi, per quanto labile, è di quelle che affascinano gli inesperti come me. "Ed ecco un angelo del Signore si presentò davanti a lei e le disse: Non aver paura Maria, infatti hai trovato favore presso il Signore di tutte le cose, e concepirai per opera della sua parola. Udendo queste parole, ella rimase perplessa dentro di sé e domandò: "Concepirò io dunque per opera del Signore il Dio vivente, e partorirò come partorisce una donna?". Protovangelo di Giacomo, vangeli dell’infanzia, XI, 2.
Be’, intanto anch’io capisco che Maria proprio ingenua di cose del sesso non doveva essere. Ma il Montesi incalza. A questo punto - dice - l’accostamento della Vergine Maria alla fecondazione assistita viene naturale. Le simbologie, le immagini e i segni si sovrappongono senza sforzo e combaciano perfettamente. "Le varie spiritualità messe in gioco creano un momento di forte astrazione e di fuori fuoco dalla realtà concreta suscitata dagli spermatozoi maschili e dall’ovulo femminile, ma l’immagine di una donna fecondata appare molto nitida. E’ dunque proprio la figura della Vergine Maria e del suo iter di concepimento, che danno alla fecondazione assistita l’accettazione benevola che merita. Insomma (ma la cosa lascia molto perplessi i miscredenti come noi, N.d.R.) - la gravidanza della Vergine Maria potrebbe essere identificata e sollevata proprio come caso emblematico ed eclatante di fecondazione assistita, assistita dalle cure dell’angelo". Sì, vaglielo a dire al Vaticano che l’Angelo Gabriele era in realtà un medico fecondatore armato di metaforica provetta. E vaglielo a dire alla più vicina Asl che il loro ginecologo è un angelo che fa miracoli. "Lei, signo’, nun faccia ‘a furba, rispetti ‘a coda", gracchierà l’impiegata allo sportello, con l’accento che a Roma – chissà perché – hanno solo impiegati comunali e vigili. (Agnieszka, la stiratrice della Pivetti)
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CASE CHIUSE O APERTE. DA ADORNATO A SGARBI
Non basta il "metodo" per i liberali
Credevamo che fosse stato il liberale Morelli, che abbiamo conosciuto combattivo e polemico in tempi lontani nella Gioventù liberale (e questo in tempi di finti liberali per noi è una garanzia), ad avere avuto l’idea d’un convegno ad hoc intitolato curiosamente "Metodo liberale" ("Tricolore d’oro" per il titolo più originale). Invece abbiamo scoperto che il deus ex machina era Vittorio Sgarbi. Che signorilmente ha ammesso di essere lì per tirar sù un po’ di consensi grazie alla sua notorietà extra-politica. Saputo che l’ex avversario di Berlusconi e ora organizzatore culturale di Forza Italia, Adornato, avrebbe organizzato un convegno ("La casa italiana del Ppe") per dar vita alla "filiale italiana" del Partito Popolare Europeo, per decenni casa dei soli Dc ma che oggi rinchiude un po’ come una prigione anche i liberali che stanno in F.I., Sgarbi era "corso ai ripari" organizzando in quattro e quattr’otto, con Morelli e Bortoluzzi (dei Riformatori liberali) un convegno nella stessa sede scelta da Adornato, Palazzo Marini.
Ma mentre al progetto di Adornato erano stati invitati gli ex-democristiani dei vari partiti di centrodestra, da Pisanu a D’Onofrio, e perfino Gasparri e la Stefania Craxi (al solito, il minestrone è il vero piatto italiano…), la relazione introduttiva di Sgarbi è stata sobria e severa, come di un "vecchio liberale". Ha auspicato un soggetto unico di ispirazione liberale capace di far convergere tutte quelle associazioni e movimenti davvero liberali, che fino ad oggi hanno operato in ordine sparso sul territorio nazionale, in un unico soggetto politico, indipendente sia dal centrosinistra sia dal centrodestra. Ha escluso dalla "casa liberale" i socialisti di De Michelis ("rapporto improbabile") e i radicali di Pannella, ("rapporto impossibile per la sua temperatura umana"). I socialisti stiano coi socialisti, i popolari stiano coi popolari ed i liberali coi liberali. Cade perciò l’appoggio al progetto di Diaconale (L’Opinione) di un "Polo laico" unitario.
Il bel manifesto di "Metodo liberale", dovuto per lo più alla penna di Bortoluzzi, e sottoscritto anche da Scognamiglio, Segni, Ripa di Meana e l’ecologista Michele Boato, sembrava però scritto negli anni ’50, appesantito da riferimenti nobili ma fuori dei tempi (Gobetti e i fratelli Rosselli, Spinelli, Croce, Einaudi, Cattaneo, Rossi), che sarebbero piaciuti al grande filosofo Calogero, ma poco utili in un’epoca in cui ha ormai "vinto" il liberalismo individualista anglosassone.
Si rischia di dar ragione, così, a quei critici troppo prevenuti, come Mingardi su Libero, che sono contro la rifondazione d’un "partito liberale" perché da una parte temono che questo celi solo aspirazioni di volgari poltrone. Dall’altra, che si tratti di tentativi di rivincite radical-azioniste o liberal-socialiste, in tempi in cui, aggiungiamo noi, l’azionismo è solo un ricordo e il socialismo, qualunque socialismo, ha perso senza onore la competizione storica col liberalismo. Ma il giudizio a colpi di accetta di Mingardi è ingiusto per Guido Di Massimo, editorialista di "Lobby Liberal", perché non tiene conto della realtà di questi anni in casa liberale, che cioè "c'è una parte di elettorato liberale che non si sente rappresentato da nessuno. Di questi possiamo forse dire che sono velleitari, sognatori, incapaci di vedere la realtà, ma non che siano i soliti furbi".
E poi, diciamola tutta, il "metodo" è un po’ poco per una "rivoluzione liberale": ormai un certo formalismo garantista lo hanno orecchiato un po’ tutti, specie i non liberali, a destra e a sinistra. Perché non impegna e, per errore, è visto come anodino. Anzi, loro sbagliando lo chiamano genericamente "metodo democratico". Sono invece le scelte pratiche, il "che fare", che fanno riconoscere oggi i veri liberali. Che non possono più essere "neutrali" e istituzionali, come ai tempi di Giolitti o di Croce, in cui ogni prefetto o professore era di per sé "liberale", atteggiamento che era usato anche da certi notabili di provincia del Sud per nascondere la mancanza di idee pratiche e il coraggio di scelte forti. L’accademia è facile nelle comode stanze d’uno studio o d’una università, e consente di fare tutto e il contrario di tutto, come certi crociani da barzelletta. Il difficile, invece, è scegliere in ogni minuto, in ogni campo e in modo sicuro l’opzione più liberale possibile. (Giolitti, il gelataio di via Campo Marzio)
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SPESA PUBBLICA E SISTEMA ELETTORALE
Proporzionale? Vuol dire deficit di bilancio
Mentre l’ex ministro socialista Paolo Signorile (chi si risente) capeggia già il "Comitato del sì" al futuro referendum contro il sistema maggioritario (quello del "no" lo faranno i radicali), si provano sempre nuovi danni che il proporzionale ha fatto all’Italia. Chi ha detto che i sistemi elettorali non incidono sull’economia? Il liberale Angelo Panebianco ha scritto sul Corriere più volte sui guasti del proporzionale ai tempi del predominio Dc. Anche secondo una lettera di Emilio Freyrie, si potrebbero confrontare dati economici rapportandoli ai sistemi di voto utilizzati in Italia per trarne conclusioni curiose ma eloquenti. "L’esperienza degli ultimi decenni del ’900 dovrebbe aver insegnato che il proporzionale assicura al partito di centro permanenza continua al potere (e forse per questo è rimpianto dagli ex dc), in coalizione con altri partiti di una parte e dell’altra.
"Il collegamento fra i partiti, la poca conflittualità fra di loro finiscono per coinvolgerli in una sorta di convivenza, talvolta spartizione di potere. In queste condizioni l’opposizione manca al suo compito storico di vigilare sulla politica della spesa. Il consenso finisce per essere facilmente comprato con denaro pubblico (cattedrali nel deserto, ospedali mai aperti, strade senza sbocchi). Insomma, il frutto avvelenato del proporzionale è stato il debito pubblico (grazie, Panebianco). Mi domando se si può dire che ci sia stata una sequenza logica: proporzionale, grosso partito di centro, nessuna alternanza, convivenza pacifica tra maggioranza e opposizione, poca attenzione alla spesa, debito pubblico". Un’ipotesi di lavoro, senza dubbio, come dicono gli studiosi, che andrebbe avvalorata. Ma che per il momento ci affascina. Sul maggioritario, però, bisogna dire che per ora, in Italia, non ha mandato in parlamento né Blair, né Kennedy, né Thatcher, né Churchill e neanche Reagan. Anche perché gli italiani purtroppo non sono né inglesi né americani. Così sono risultati eletti quasi solo ex fascisti, ex comunisti ed ex democristiani. Pochissimi liberali. Che invece sono la maggioranza nei paesi anglosassoni. Questo è il punto. (Bottino Ricasoli)
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LIBERTA’ DI RICERCA E ATTENDIBILITA’
Esperimenti non riusciti? Sono utilissimi
Quattordici delle più serie riviste scientifiche al mondo, come New England Journal of Medicine, JAMA, Lancet ecc, hanno stilato un appello perché sia istituito un pubblico registro sul quale render noto ai ricercatori della comunità mondiale tutti gli studi e i trial fatti, anche quelli che non vengono ospitati sulle riviste, magari perché hanno dato esito negativo o non significativo. Poiché non possono essere utilizzate a scopi pratici da nessuno, sono scartati. Cosa che però per il pubblico di studiosi, medici, biologi e operatori sanitari è altrettanto importante ed eloquente, in alcuni casi. Se un nuovo farmaco non funziona o dà risultati analoghi ad uno già esistente, che magari costa la metà, i ricercatori, i medici e i consumatori devono saperlo. La conoscenza degli esperimenti negativi è parte integrante della conoscenza, tipica della libertà di comunicazione e di scienza. (Hyppokrates l’ipocrita)
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SBAGLIATE LE PREVISIONI DI WORLDWATCH
Apocalisse rimandata. Le bufale "verdi"
Da liberali ambientalisti della prima ora (anzi, ci definiamo addirittura "naturisti", nel senso vero), critici verso certi finto-verdi che per politica, approssimazione e terrorismo pseudo-scientifico hanno screditato il movimento agli occhi dell’opinione pubblica e degli scienziati, non vogliamo stravincere infilando il coltello nella piaga che da decenni affligge l’ambientalismo ufficiale, fatto di disprezzo per la scienza, mistificazione dei dati e anticapitalismo da sala da biliardo socialista del primo ‘900.
Sarebbe stucchevole e alla La Malfa (padre) ricordare: "io glielo avevo sempre ripetuto". I lettori si annoierebbero. Meglio, perciò, dar conto d’un libro che sottopone tutti i rapporti annuali del celebre WorldWatch Institute, che fa monitoraggio dello stato generale del pianeta e divulga poi corposi rendiconti che diventano la base delle querule recriminazioni dei verdi politici. Ebbene si è scoperto che tutte le grandi previsioni, quelle più allarmanti e che gettavano la popolazione nello sconforto, non si sono avverate. Tutto sbagliato. In molti casi la natura ha rivelato insospettate capacità di recupero e di "auto-purificazione". Dando ragione, quindi, al Lovelock della "ipotesi Gaia" (da Gea in greco), secondo la quale il pianeta non sarebbe un "ambiente", uno "sfondo" su cui agiscono le forse naturali e gli esseri, ma esso stesso un soggetto attivo, un essere in qualche modo unitario capace di reagire complessivamente alle modificazioni. Il che, permettetemi la nota personale, rallegra il naturista che è in me che crede nelle enormi capacità di guarigione della Natura. Anche perché, per fortuna, l’uomo è ancora una piccola cosa per la Terra.
E così, spulciando cavillosamente gli studiosi indipendenti hanno scoperto molte cose strane. Prendiamone due per esempio: i boschi stanno aumentando in molti paesi, specie in Italia, grazie all’abbandono dell’agricoltura, mentre l’inquinamento atmosferico è crollato in 40 anni del 70 per cento. Ma potremmo accennare altro. Nel 1978 il WWI profetizzava la diminuzione mondiale delle terre coltivate? Macché: i terreni arabili sono invece cresciuti da 1,32 miliardi di ettari del '73 a 1,34 nel '93. Nel 1978 il World Watch Institute prevedeva una diminuzione esponenziale delle risorse alimentari che avrebbe sicuramente aggravato la "fame nel mondo". Anni dopo perfino i radicali ci cascarono e si recarono in piazza San Pietro a impetrare dal papa non ricordo più che cosa. Fu il punto più basso della parabola radicale. Ebbene, secondo la Fao (ente addirittura "terzomondista") la disponibilitá alimentare mondiale per persona é cresciuta da 2.440 calorie del '69-71 a 2.720 del 90-92. Più di quella presunta per gli antichi Romani, che fecero quel che fecero. Altra bufala rosso-verde, il diluvio di "piogge acide" che avrebbe dovuto bruciare perfino gli ombrelli. Nel 1984 il WWI riportó che le piogge acide stavano distruggendo le foreste del Vermont. Il servizio forestale Usa ha constatato che l'area boschiva é cresciuta nel periodo 1952-92 del 15% . Secondo i teorici del riscaldamento globale sono le attivitá lavorative umane a innalzare la concentrazione del Co2, anche se l'uomo contribuisce alla crescita del gai in atmosfera di solo i1 4,5%.
Non abbiamo ancora letto il libro (Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari ("Le bugie degli ambientalisti" Editore Piemme, 188 pagine, 12,50 euro), ma anche se dovessimo trovarvi qualche errore e imprecisione, sappiamo già che, grosso modo, alcuni dati aggregati sono sensati e largamente previsti da chi frequenta non solo i libri ma anche la natura.
Certo, non possiamo adagiarci e buttare a mare l’ambiente con la scusa che le previsioni più catastrofiche non si sono avverate. Ci sono molte altre previsioni, fatte da ecologi veri, che già si sono avverate. E c’è sempre il pericolo di politici e amministratori locali ignoranti che con decisionismo da casalinga fanno le sciocchezze più atroci, pur di mettersi in mostra e avere i voti delle varie corporazioni: sempre più specie avicole (uccelli) permesse e troppe strade di montagna, per pochi cacciatori, dighe inutili, costose torri eoliche che deturpano il paesaggio, troppo basse tasse di circolazioni per giganteschi "4x4" che divorano petrolio e super-inquinano, per ingraziarsi i produttori, motocross e fuoristrada sulle strade campestri ecc. In Brasile ora è il rosso-verde governo Lula che continua a distruggere la foresta amazzonica con concessioni a destra e a manca. Nell'89 fu tagliata in Brasile una superficie di foresta pari a quella della Svizzera. Del resto l’ecologia è scienza o non è. Con buona pace dei rosso-Verdi. Ma anche dei tanti ottusi di destra, che di quel binomio vedono solo il rosso, e di sinistra, che vedono invece solo il verde. (Thoreau, il guardiano della capanna)
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MUSICA SU INTERNET, DIRITTI E PROPRIETA’
Celentano non legge libri. E Urbani?
Se io presto o regalo un mio libro (scritto da me) a Celentano, il cantante deve forse pagare il diritto d’autore alla Siae (che poi lo verserebbe a me)? No. Eppure, per analogia con quanto sostengono per i dischi gli intelligentoni della Fimi (i discografici), in teoria sarebbe giusto, perché questo regalo o prestito significa per autore ed editore "una copia in meno venduta". E il libro, più del disco, si presta ad essere letto da decine di persone, prestato, fotocopiato in casa (in negozio ci sono limiti) per uso personale o no, scansito elettronicamente. Ma in questi casi nessuno fiata: Siae, produttori, avvocati "legislatori", ministro della cultura.
Se, invece, organizzo una festicciola in terrazza ascoltando le canzoni di Celentano (disco o un’amica che canta), ecco che si precipita sù per le scale un agente della Siae a pretendere la lista delle canzoni eseguite e i nomi degli autori, e l’immediato pagamento dei diritti d’autore. Perché questo favore sfacciato agli autori ed editori di canzonette, e di musica in genere?
Ora la Fimi e la Siae (che riscuote i diritti d’autore e li versa con criteri e percentuali discutibili agli autori) protestano per i "mancati diritti" e le "mancate vendite" causate, sostengono (ma indagini di mercato li smentiscono), dai brani musicali scambiati tra di loro dagli utenti di internet. Ma sbagliano in modo crasso, e lo lascino dire a un liberale, visto che neanche i no-global riescono a dirglielo con buone argomentazioni.
Come è nata la rete di internet? Mettendo in comune in computer e server di libero accesso i propri documenti, con libera scelta dei singoli. Come iniziò lo scambio musicale? Con "Adamo ed Eva". Cioè, all’inizio dei tempi due persone hanno cominciato a mettere in rete alcuni loro dischi, regolarmente acquistati pagando il dirtto d’autore. Era come se il proprietario mandasse in prestito libri o dischi propri agli amici. Il download, l’acquisizione di questa musica, era esattamente questo: ricevere in prestito o in regalo un libro o un disco, dopo che il donante l’aveva letto o ascoltato. Tutto qui.
Certo, diventati milioni, gli utenti di questo servizio finiscono ormai per copiare le copie delle copie delle copie degli originali. E non si sa più chi e quando pagò i diritti degli originali. Ma degli originali legali ci devono pur essere stati: se no come si inizia una catena del genere? Inoltre ci sono numerosi difetti nel sistema, che non sempre permettono la copia esatta (titoli errati, forse infilati dai produttori per screditare lo scambio, brani incompleti, dischi frusciati perché tratti dal vinile, mancanza di note discografiche) e legalmente rendono molte copie non sovrapponibili all’originale, e comunque di valore commerciale nullo o minimo.
Perciò, anche da liberale, ritengo del tutto sbagliato il "decreto Urbani" che colpisce non solo chi copia per commercio - cosa giusta - ma anche il privato che copia per sé o fa scambio. Insomma, proprio da liberale protesto, e per due motivi. Primo: alla legittima e sacrosanta lobby dei produttori, non ci si deve inchinare. Si può opporre un bel no, da liberali. Secondo: uno dei contenuti più alti e antichi del diritto di proprietà è quello di prestare, scambiare o regalare un oggetto. E se soltanto all’oggetto "disco" leggi di favore hanno attribuito finora il pagamento di diritti a ogni passaggio di mano, ebbene si riformino quelle leggi assurde e le si uniformino a quelle del libro (diritto d’autore pagato una sola volta all’acquisto e non ad ogni cambio di possessore).
Capisco che Celentano non abbia molta dimestichezza coi libri, e protesti (Corriere) se qualcuno presta o scambia i dischi con le sue musiche. Ma da un liberale e uomo di cultura come il ministro Urbani mi aspetto che abbia la casa foderata di libri. Non ne ha mai avuto uno in regalo o in prestito? E da ministro, dovrebbe più avere a cuore gli interessi di tutti che di pochi individui. E ancora, da liberale einaudiano, permetta ai ragazzi di migliorare i propri "punti di partenza", almeno nella cultura. Lo scambio spontaneo e gratuito di documenti (anche stampe, libri antichi, fotografie rare ecc), è essenziale per realizzare un po’ di quella einaudiana "eguaglianza" nella libertà. E’ poi stato provato che la presenza nei siti di scambio giova molto alla fama d’un artista, con ricadute nelle vendite. Si ricordi, infine, di come il liberale Malagodi, uomo di centro-destra, trattò un industriale arrogante che credeva che il Partito liberale fosse il suo privato ufficio stampa. (Tommasino A. Edison)
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RELIGIOSI INCITANO ALLA VIOLENZA. E NESSUNO LI ARRESTA
Venerdi in moschea. Con le bombe
Per molto meno, "solo" per aver incitato i cittadini dei paesi del Sud a disobbedire alle leggi dello Stato Italiano, visto come "occupante", decine di preti e vescovi furono arrestati nella mai tanto lodata Italia liberale di fine Ottocento. Certo, durò poco, ma fu un segnale chiaro e coraggioso. Perché oggi nessuno arresta le centinaia di pseudo-religiosi islamici che dalla Palestina all’Afganistan infiammano con esortazioni all’omicidio chi frequenta moschee e scuole coraniche? Neanche polizia israeliana lo fa, come per rispettare una sorta di tabù che dovrebbe coprire l’autonomia dei religiosi di ogni confessione. Ma chi, tanto più se approfitta del proprio prestigio, incita all’uccisione, non merita di essere considerato un "religioso". Quindi, che aspettano? Basterebbe arrestare e lasciare per qualche annetto in carcere, con tutti gli onori (guai a chi gli torce un capello), poche centinaia di sedicenti religiosi islamici, per veder calare all’improvviso attentati e terrorismo in tutta l’area medio-orientale. Lo giudicate eccessivo? Sentite che cosa ricordano ad ogni funzione del venerdi i religiosi palestinesi:
o
Gli ebrei sono nemici di Dio (Allah)
Ammazzare gli ebrei e' un obbligo religioso
Ogni accordo con gli ebrei non esiste
L'islam sta combattendo una guerra santa contro gli ebrei
I palestinesi sono i guardiani di questa guerra e tutto l'islam e' obbligato ad appoggiarli
Tutta la terra tra il fiume giordano e il mare mediterraneo e' islamica e ogni musulmano che rinuncia a questa terra e' destinato all'inferno
Allah punira' ogni musulamno che dimentica il suo dovere di combattere Israele
La distruzione finale di Israele e' certa
o
Chi arringa la folla emotiva con queste prediche è all’origine dell’estremismo islamico. Altro che Saddam Hussein o Bin Laden. Se non si neutralizzano i veri mandanti del terrorismo, coloro che lo legittimano moralmente agli occhi della gente semplice e ignorante che frequenta i centri religiosi, ogni sforzo per sconfiggere l’islamismo estremista sarà vano. E se gli americani, con pochi dollari, anziché fare la guerra ad uno Stato, avessero eliminato subito tutti i religiosi islamici estremisti operanti nell’area (sostituendoli con altri religiosi moderati), oggi il mondo non vivrebbe nell’angoscia. (Sara Veroli, commessa di via Ottaviano)
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I BILANCI TRUCCATI DEI GRECI
"Levantini" per Venezia. E per l’Europa
Tra umoristi ci si intende, anche se politicamente non la pensiamo allo stesso modo. E poi a me i gelati piacciono. Basta questo per elevare Aldo Vincent ("Il gelataio di Corfù") al rango di lettore privilegiato del Salon Voltaire. E’ successo che sollevando la testa da una cattabriga odorosa di panna in qualche vicolo della Corfù vecchia, Vincent abbia posato gli occhi su una nota d’agenzia: "Dal 2000 il governo ellenico avrebbe fornito a Bruxelles dati aggiustati ad arte sull'entità del proprio deficit pubblico. La Grecia potrebbe aver violato i criteri di Maastricht sin dal suo ingresso nell'area-euro". Del resto, chi la conosce un po' se lo aspettava. Il commento spontaneo del nostro corrispondente a Corfù? "Finalmente! Dai panegirici e agiografie che andavano in onda durante le olimpiadi, credevo di vivere in un altro paese", ha detto Aldo, italiano-in-perenne-vacanza-a-Kerkyra (beato lui) che nella verde isola dei Feaci (o dei Proci, mi viene un dubbio) ci ha messo radici.
E ha aggiunto velenoso accuse terribili: "Vedrai quando saltera' fuori che la polizia controlla il traffico di droga e dirotta l'immigrazione clandestina verso l'Italia; quando scopriranno che sparano in mare agli albanesi che tentano di avvicinarsi alle coste; che l'economia della nazione e' in mano a dodici grandi famiglie, e gli altri...ciccia; che la giustizia e' una presa in giro; che le carceri sono le peggiori d'Europa; che non c'e' certezza del diritto, e altri ammennicoli. Stanno a fare le pulci alla Turchia per farla entrare in Europa e hanno lasciato che ci entrassero questi imbroglioni."
Così parlò Aldo Vincent, il gelataio di Corfù, umorista (ma questa era satira dura, alla Grillo…) nei newsgroup di politica e nel sito di satira di Super-Eva, lo stesso che, parlando di corda in casa dell’impiccato, scrive come memento finale delle sue email la saggia verità filosofico-gelatesca: "La vita? Una cassata". (Irini, la monaca bionda del Monte Athos)
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MAESTRI ALL’ITALIANA
"Vado a squola: di vino quel corso!"
Durante il regime fascista l'idea liberale del servizio di "pubblica istruzione" fu purtroppo sostituita da quella totalitaria dell'"educazione nazionale". Caduto il fascismo, abbiamo giustamente ripristinato il vecchio nome, ma nell'ultimo decennio ha trionfato l'idea totalitaria e illiberale della funzione "educatrice" della scuola. Non si tratta solo di retorica, ma di fatti concreti e allarmanti. Dovremmo riflettere sulla quantità di tempo e denaro sottratti all'istruzione per svolgere progetti spesso fumosi e chiaramente assistenziali, all'insegna del più trito conformismo e senza alcuna verifica delle capacità degli operatori extrascolastici e tanto meno degli effetti sugli studenti. In un istituto superiore di Roma sono stati approvati, per un solo docente, ben 16 progetti (due cinematografico-teatrali, uno sulla Resistenza con viaggio ad Auschwitz, due pacifisti, cinque sanitari inclusi sessualità, donazione di sangue e organi, Aids e alcolismo, uno sulla cultura del vino, uno grafologico e quattro psicologici) per un impegno totale di ben 490 ore, più molte altre non quantificate, con compensi di ben 11.800 euro per psicologa e grafologo, senza contare un paio di cooperative finanziate dalla Provincia e dal Comune. E il tempo per studiare?" Così Virgilio Ilari conclude la sua lettera a Paolo Mieli.
Ma, caro Ilari, sono d’accordo su tutto, tranne sulla faccenda della scuola liberale che non sarebbe "educatrice". Certo, ho capito che cosa intendeva dire: pluralismo e non un’idea filosofica o politica imposta dall’alto. Ma guardi che le maestre di fine Ottocento nell’Italia liberale erano "patriottiche", altroché, e facevano, eccome, propaganda alla nuova Italia unita e liberale, e agli stessi fondamenti spiccioli del liberalismo. Ho un paio di abbeccedari elementari dell’epoca. (La Maestrina dalla penna blu)
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A ROMA IL CONGRESSO DEGLI SCIENZIATI
La rivolta dei laboratori di tutto il mondo
Le restrizioni alla ricerca scientifica, come abbiamo visto negli ultimi anni, non sono soltanto residui di tempi e regimi politici definiti "oscuri" (il solito medioevo, l’Italia dei Papa-re, gli stati comunisti o fascisti ecc.), ma possono essere decise anche in stati liberal-democratici. Accade perfino negli Stati Uniti, in Italia, in Irlanda, in Portogallo ecc., quando il parlamento, il capo di governo o un ministro decidono per tutti i cittadini leggi e regolamenti che accolgono i dettami d’un credo religioso, d’una filosofia o d’una morale che invece dovrebbero toccare solo la sfera personale.
I danni che l’autoritarismo degli intolleranti stanno procurando alla scienza, alla ricerca di laboratorio e alla libertà di terapia in corsia, cominciano ad essere notevoli. Basterebbe che l’obiettore di coscienza (cattolico, buddista, islamico, panteista ecc) non utilizzasse per sé la legge o lo strumento messo a disposizione dallo Stato liberale. Come il "bravo" cattolico integrale, per esempio, non utilizza l’istituto del divorzio. Ma purtroppo, come nell’Islam, il cattolico ultrà non solo non utilizza per sé il divorzio, ma neanche vuol vedere in giro divorziati. Questo è inammissibile in una società liberale. E bene, lo stesso sta accadendo nella ricerca scientifica, a proposito di embrioni e altro, e perfino nei luoghi di cura per la scelta delle terapie più appropriate. Per porre le basi, in tutto il mondo, d’una nuova e più pervasiva libertà, quella nei laboratori di ricerca e nelle corsie d’ospedale, l’Associazione Luca Coscioni organizza una Sessione preparatoria del primo "Congresso Mondiale per la libertà di ricerca scientifica" (Roma, sabato 9 e domenica 10 ottobre 2004, Hotel Ergife, Via Aurelia 619), a cui parteciperanno anche numerosi scienziati e ricercatori.
Per chi è interessato, ecco una prima lista di interventi: Giulio Cossu, embriologia e istologia medica all’Università di Roma ("Cellule staminali embrionali ed adulte: promesse e problemi"), Bernat Soria, Istituto di bioingegneria dell'Università, Hernandez de Elx e del primo programma di ricerca spagnolo sulle cellule staminali ("Quattro ragioni scientifiche per autorizzare, regolare e finanziare il trasferimento somatico nucleare"), Gilberto Corbellini, storia della medicina all’Università di Roma ("Il paternalismo e l'abuso politico dell'eugenica"), Ivar Giaever, Nobel per la fisica ("La Scienza nel XXI secolo"), Baccio Baccetti, biologia applicata all’Università di Siena e socio Accademia Lincei ("Nuove tecnologie di fecondazione assistita nel quadro della libertà di ricerca scientifica"), Luca Gianaroli, Società italiana medicina della riproduzione, Yury Verlinsky del Reproductive Genetics Institute di Chicago.
La lista degli scienziati partecipanti così prosegue: Fernando Aiuti, immunologia ed allergologia clinica all’Università di Roma ("Libertà della ricerca e sua importanza nella terapia e prevenzione delle malattie del sistema immunitario ed infettive"), Mayana Zatz del Centro sul Genoma umano dell'Università di Sao Paulo, Claudio Giorlandino del Forum delle associazioni di genetica e riproduzione ("Diagnosi prenatale, test genetici e nuova medicina"), Alois Gratwohl ematologo Ospedale universitario di Basilea ("L’anima non è nel cuore: perché abbiamo bisogno della ricerca sulla riprogrammazione nel trapianto di cellule staminali ematopoietiche"), Francesco Fiorentino del Laboratorio Genoma ("Diagnosi pre-impianto e il caso del piccolo Luca"), Tullio Regge, Teorie quantistiche della materia al Politecnico di Torino, socio Accademia Lincei ("Il ritorno al Medioevo"), Françoise Shenfield, Società europea di embriologia e dell’Autorità britannica sulla fertilità umana e l’embriologia, Giulio Giorello, Filosofia della scienza all’Università di Milano ("Libertà di ricerca e libertà di espressione"), Cesare Galli, Laboratorio di tecnologie della riproduzione all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Cremona ("La vicenda del toro Galileo"). Presiedono i lavori Ivar Giaever e Gilberto Corbellini. (Ermete Trismeghistos)
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CROCE, SIMBOLO DELLA "NUOVA ITALIA"
Dialogando (a tutto campo) con don Benedetto
"Un singolare, intrigante dialogo con uno dei grandi della cultura del '900", ha scritto Arturo Colombo a proposito di un libro corposo e originale su Croce, uomo di cultura simbolo della nuova Italia. "Costantino Marco (Benedetto Croce, Editore Marco, Tel. 0981.947555, pagine 436, euro 25) suggerisce efficaci spunti per rileggere alcuni dei temi chiave, come l'autonomia dell'arte, la classificazione dei valori, il rapporto fra etica e politica, la teoria storiografica. Convinto ammiratore del suo "magistero culturale", Marco polemizza anche duramente con le critiche di certo storicismo marxista, pur senza tralasciare accorti rilievi verso quello che chiama il "liberalismo zoppo" di Croce. Dunque, un libro "serio e ben argomentato", come lo definisce Sebastiano Maffettone nelle pagine introduttive". (Peppinello ‘o filosofo di via Roma)