23 settembre, 2008

 

Fascisti in crisi di identità: da puttanieri e mangia-preti a baciapile e anti-prostitute

Quando non si è politicamente sinceri, quando si finge una evoluzione democratica che non si sente, quando l'intelligenza non aiuta, quando gli ex picchiatori, dopo aver tanto a lungo recitato, si accorgono di essere diventati, per ignoranza di pensionati e casalinghe che non leggono i giornali ma vedono la tv, addirittura i loro beniamini, che fanno? Entrano in crisi.
Che cosa vuol dire oggi essere ex-fascisti o post-fascisti? Non si sa. Non lo sanno. Non si saprà mai. Erano anti-borghesi, contro la Grande Borghesia demo-pluto-giudaica, e sono costretti a fare i piccolo-borghesi, da socialisti anarchici e sorelliani odiavano il Capitalismo e il Liberalismo, e sono diventati finto-liberisti (salvo tradirsi, poi, con l'improvviso riemergere di quel fastidioso tic statalista).
Erano puttanieri, i primi, i veterani dei Grandi Casini, da Mussolini in giù, ed ora fanno i sessuofobi, le mammolette vittoriane e prude da parrocchietta, che cacciano le prostitute dalla vista delle persone perbene: che stiano in casa - dicono, come alla San Vincenzo le vecchie beghine - così faranno quel che faranno, le svergognate, magari ci andremo anche noi, ma almeno che nessuno sappia, che nessuno veda, per l'amor di Dio!
Siamo alla pantomima da cabaret d'una sezione di Rovigo della Democrazia Cristiana negli anni Cinquanta. Ma il tartufismo ipocrita porta voti?
E poi, erano mangia-preti, antipapalini, atei, tutti, a cominciare dal Duce (nessuno in famiglia era credente, anzi in casa Mussolini si raccontavano storielle sboccate sui preti), ed ora fanno i neofiti, gli opliti d'attacco della difesa della Cristianità. Difesa da chi, da se stessi? E dire che fino a pochi anni fa, nelle sezioni della Fiamma ci si rallegrava che qualcuno finalmente avesse legnato i preti, prima metaforicamente nell’800, poi realisticamente nei vari moti di piazza del ‘900.
Ed ora, invece? Eccoli recitare il catechismo elencando uno per uno quelle anime sante dei soldati mercenari del Papa, vittime, si sa, di criminali laicisti che assalirono le mura Aureliane a Porta Pia, comandate dal super-cattolico, sicuramente dossettiano, Cadorna, che prima di ordinare gesuiticamente – per evitare la scomunica – al capitano ebreo Segre di ordinare a sua volta il fuoco dei cannoni aveva sentito Messa col suo cappellano militare al quartier generale. O no?
Ma sì, dice il colto generale Torri per conto dell’ing.Alemanno, che se scala montagne come scala la logica è bell’e fritto: in realtà fu uno scontro di civiltà. Il XX Settembre una manica di assatanati laicisti capitanati da un antenato di Pannella, con un omonimo di Massimo Bordin capo dei bersaglieri e un sedicente Nico Valerio mascherato da capitano ebreo dell’artiglieria piemontese, a cui la scomunica faceva un baffo, assalì un drappello inerme di "veri laici" asserragliati sulle mura del Papa, che – a questo punto tutto si chiarisce – dei laici era il capo supremo.
Le fonti? Il 21 settembre 1870 lo rivelò in un contorto articolo di fondo il Foglio di Rugantino dell'oste ateo e trasteverino Ferrara, rifacendo il verso all’agnostico padre Pera. Et tout se tient, grace à Dieu.
Evviva il post-quasi-anti-fascismo! Ma sì, ci siamo convinti. Da liberali. Proprio in base al concetto radicale della "riduzione del danno". Perché se la finta Destra è questa, e se la falsa Sinistra è quest’altra, siamo fottuti. Quasi quasi – almeno provocava merde vegetali – era meglio l’olio di ricino. Oggi, purtroppo, lo diciamo da vegetariani, solo merde animali.

21 settembre, 2008

 

Anti-Risorgimento e anti-Italia al Sud e al Nord. Come si risponde ai revisionisti e ai nostalgici.

UN GENERALE CHE ELOGIA I NEMICI
Il XX Settembre è la ricorrenza principale dello Stato italiano, e quindi anche della Nazione italiana. Si compiva il Risorgimento con la conquista di Roma e con l’unità di gran parte dell’Italia. Il Liberalismo vinceva non solo tra le idee, ma anche sui campi di battaglia.
Eppure, si sono levate anche in questa occasione varie voci fastidiose contro il Risorgimento. L’ultima è quella del delegato del sindaco di Roma che proprio davanti alla Breccia di Porta Pia, affronto nell’affronto, ha provocatoriamente elencato come "martiri" solo i mercenari del Papa, molti dei quali stranieri, caduti per difendere il potere temporale del Papa-Re contro la libertà degli Italiani.
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UN SINDACO ANTI-ITALIANO, MA MOLTO VATICANO
Vergogna, anzi, tradimento si sarebbe detto un tempo. E un generale che avesse avuto la sfrontatezza d’un simile gesto anti-italiano avrebbe certamente – come minimo – passato qualche giorno a casa propria. E anzi, il Salon Voltaire auspica qualche provvedimento anche oggi: non è lecito ad un generale commemorare i nemici senza aver prima onorato con maggior risalto i caduti italiani. E di questo gesto anti-italiano consideriamo politicamente responsabile anche il sindaco Alemanno. Che non venga più a cianciare di "italianità".
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SE LA STORIA LI HA SCONFITTI CI SARA' UNA RAGIONE
E’ naturale che il XX Settembre sia un’occasione d’oro per una rivalsa fuori tempo massimo degli sconfitti della Storia, gli anti-liberali. Ma non è colpa del "Destino cinico e baro": ci sarà pure una ragione se la Storia li ha sconfitti. La loro era la posizione dell'incultura, dell'anti-storia, della prepotenza, dell'ipse dixit, dell'autoritarismo, sempre perdenti. La Storia, invece, è sempre storia di libertà.
Il Revisionismo è un alibi fuori luogo. Un titolo breve per raccomandati giornalisti di provincia. Se davvero fossero in grado, loro che leggono poco e male, e sui loro giornali scrivono malissimo, di riscrivere la Storia, allora tirerebbero fuori fatti nuovi e idee nuove, e scriverebbero dei libri. Un compito impossibile. Come vano è cercare di cancellare gli eventi, ormai ben noti e indiscutibili, e opporsi retroattivamente nel 2008 al progresso delle idee innescato dal 1848 al 1870 dal processo di indipendenza e modernizzazione messo in atto dai liberali italiani. Sono dunque dei ridicoli sanfedisti in ritardo di 150 anni?
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DESTRA ANTI-RISORGIMENTALE, QUINDI ANTI-ITALIANA
L’episodio rivela meglio di dieci articoli di fondo che l’attuale Destra populista, impersonata soprattutto dagli ex-fascisti di AN, ma anche dalla piccola parte clericale e tradizionalista di FI (e perciò noi liberali siamo preoccupati dalla loro unificazione, che vedrebbe ancor più compressi ed emarginati i rarissimi liberali del PdL), nulla ha a che vedere con la gloriosa grande Destra storica liberale, e si conferma invece come anti-risorgimentale, anti-patriottica, anti-liberale, anti-italiana. E non si tratta di frange, come mostra la rivolta corale dell’intera classe giovanile di AN (Azione Giovani) e di molti dirigenti al lineare discorso del "neo-gaullista" Fini, tendente a porre le basi per una Destra conservatrice ma antifascista. Il che è anche logico, non essendo mai stato il Fascismo un movimento conservatore.

TALEBANI DELLE DUE SICILIE
Ma questi ultimi episodi si inseriscono in un più vasto movimento antimodernista e reazionario che ha i suoi punti di forza, si fa per dire, sui blog e siti di internet o su giornali quasi clandestini, o in discorsi pronunciati al chiuso di associazioni poco note. Che siano ridicoli non esclude che siano anche allarmanti quei coloriti personaggi travestiti da revisionisti che riabilitano i Borboni, il cardinale Ruffo di Calabria, le sue truppe sanfediste, il papa Pio IX, e sputano sul Risorgimento, su Cavour, Garibaldi, il Regno di Piemonte, confondendo furbescamente i Savoia d’allora con quelli impresentabili di oggi, e addirittura difendono le bande armate e i briganti meridionali pagati dai baroni, indipendenti perfino dai Borboni, che si opponevano alla penetrazione nel Sud della Libertà e del Progresso, proprio come i talebani e gli islamici fondamentalisti oggi in Iraq e Afganistam. Così nacque la Mafia, vergogna del Sud e dell’Italia. E come "si stava bene sotto i Borboni", re ignoranti, ottusi, capricciosi e crudeli, ce lo dice non uno storico marxista ma l’aristocratico siciliano Michele Palmieri di Miccicchè ("Pensieri e ricordi storici e contemporanei", ed. Sellerio), che sperimentò sulla propria pelle, pur essendo un privilegiato, la crudeltà pazzoide di quello Stato assolutista, corrotto, clericale e poliziesco che lo costrinse ad emigrare.
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LE IDEALITA' CHE MANCANO AL SUD
E’ vero, senza il Sud, perfino senza il Veneto strappato agli Austriaci, l’Italia oggi sarebbe un’Italietta, come il Belgio, ma una delle prime nazioni in Europa, se non la prima. Ma l’idealità apparentemente anti-economica dei Savoia e della classe dirigente liberale della Destra capitanata dal genio Cavour, fu premiata. Altro che la sciocchezza del Liberalismo come egoismo. Senza passione, senza la forza degli ideali, senza i rischi dell’altruismo e della generosità – ha dimostrato con stupendi capitoli Benedetto Croce – non esiste Liberalismo.
E anche il Risorgimento italiano ha dimostrato che il Liberalismo non è soltanto economia, ma l’estensione del "mercato delle idee" e della merce rara "libertà", va ben oltre l’allargamento del progresso materiale e sociale, e la disponibilità dei beni materiali. Seminare, diffondere, perfino imporre la democrazia liberale dove vige l’autoritarismo, dà alla lunga grandi benefici per le popolazioni. In cambio della caduta di benessere delle ristrette e corrotte oligarchie legate ai favori della Corona. Chi oggi protesta da ridicolo filo-borbonico o filo-papista in ritardo, perciò, lo fa per un curioso e acrobatico snobismo metastorico: vorrebbe cioè dare ad intendere che a quei tempi avrebbe fatto parte della casta dei privilegiati borbonici, non della borghesia e del popolo. E così si tradisce. Ma la sua è anche un’illusione fallace, come dimostrano le disavventure anche di qualche nobile liberale come il Miccicchè. Anche se l’intera marineria borbonica, naviglio e gradi, fu acquisita dal nuovo Regno d’Italia. E quindi neanche quella aristocrazia fu punita.
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E I MERIDIONALISTI L'AVEVANO CAPITO
Del resto, tutti i grandi meridionalisti che si batterono per il riscatto morale – ecco il problema vero – del Sud, da Giustino Fortunato a Dorso, da Salvemini a Compagna, erano dell’avviso che le idee di libertà fanno sempre bene. Anche al portafoglio. E infatti, contro una vulgata neo-reazionaria, è sotto gli occhi di tutti che hanno fatto diventare più ricche le popolazioni interessate. Basta comparare il rapporto dei livelli di vita di siciliani e triveneti all’inizio 800 rispetto alla media italiana d’allora, e ripetere il confronto oggi. Si scopre che le classi dirigenti o i "popoli conquistati" allora sono i privilegiati oggi. E, anzi, questi privilegi devono finire.
Ma invitare i revisionisti e i reazionari a studiare la Storia è fatica sprecata. Perché la Storia è sempre storia di libertà. E’ come dire ai preti di studiare la scienza: diranno che non rappresenta la Verità. Questa ce l’hanno soltanto loro, in qualche foglio sgualcito e scarabocchiato conservato in un segreto cassetto. Troppo comodo.
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I CATTOLICI LIBERALI FECERO IL RISORGIMENTO
Il che dimostra subito il carattere provinciale, municipale e sottoculturale dell’anti-Risorgimento. Nessuna grande personalità, nessun intelletto, nessun docente di valore dice sciocchezze del genere. Solo le mezze figure, i personaggi locali al limite del grottesco, gli "storici di paese", qualche giornalista da terza pagina.
Ma, soprattutto, sfugge ai reazionari anti-Porta Pia che i liberal-conservatori o cattolici moderati del Risorgimento, dopo tante illusioni su un rinsavimento di papa Pio IX erano tutti per la presa di Roma, tutti. E c'erano perfino preti sulle barricate. Preti che avevano capito tutto. Anche perché, dal loro punto di vista religioso, non è molto cristiano detenere ricchezze, regni, Stati, polizia che tortura ed eserciti che uccidono, boia che tagliano teste o impiccano, come faceva lo Stato Pontificio, e dunque il Papa.
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CONSERVATORI CHE SI SPACCIANO PER LIBERALI
Al Risorgimento e alla presa di Roma erano contrari solo i reazionari e aristocratici papalini e i pochi clericali d'ogni regione. I referendum mostrarono che erano poche decine o centinaia in ogni città. Perfino a Roma.
Legittimo oggi sparlare del Risorgimento e delle glorie della Patria, purché non si appartenga ad organi dello Stato. E’ però un comportamento che non ha nulla a che vedere con i liberali, neanche quelli di Destra. Chi parla così è un nemico del Liberalismo. Anche perché i liberali di Destra, ormai lo sanno anche i ripetenti, parteciparono in massa al Risorgimento, anzi ne furono la parte più attiva e combattiva. Gli estremisti, i radicali, erano stati emarginati o erano emigrati. E’ stranoto che il Risorgimento italiano a differenza della Rivoluzione Francese fu liberal-moderato e liberal-cattolico. E perciò vinse. Era la Destra al potere, non la Sinistra quando i cannoni piemontesi spararono a Porta Pia. Cattolici erano Cavour, magari all’acqua di rose, più convinto D’Azeglio, e gran parte della Destra storica.
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GENERALE CATTOLICO: MESSAGGI AL PAPA, MESSA, POI I CANNONI
Il generale Cadorna, cattolico osservante e abile diplomatico, fu scelto oculatamente tra i liberali più papisti per la delicata campagna di Roma. E fino all’ultimo chiese un atto di comprensione al Papa, garantendogli comunque il rispetto per la sua persona e l’assenza di morti e violenze per le strade di Roma. Se il comandante fosse stato Bixio, le cose non sarebbero andate così.
All’alba del giorno fatale, il 20 settembre, visto che erano falliti tutti i tentativi diplomatici italiani di fronte alla provocatoria ostinatezza pontificia del "tanto peggio tanto meglio", un cinismo che toglie il residuo onore a Pio IX perché mirava a creare lo "scandalo" europeo, il timorato Cadorna, dopo aver sentito Messa col cappellano militare, per evitare la scomunica già comminata preventivamente su "chi avesse dato ordine", comandò al capitano artigliere ebreo piemontese Segre, lui sì un "eroe misconosciuto", di ordinare di cannoneggiare le mura Aureliane ed entrare in Roma. E con questo trucco morale un po' gesuitico del generale cattolico, le ipocrite coscienze furono in pace. La battaglia fu quasi simbolica e rituale: nessuno dei due contendenti voleva fare stragi. E dopo i primi morti i papalini alzarono bandiera bianca. Noi avemmo 49 morti, tutti elencati sulla grande lapide del monumento sulla Breccia. I papalini 25. Fosse stata a Parigi, la battaglia di sarebbe risolta in una carneficina. Il Risorgimento, secondo le migliori idee liberali, aborriva l'eccesso di violenza, le morti inutili. E la libertà, insieme col buonsenso, trionfò.
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CRITICHE DAI LIBERALI PROGRESSISTI
Il che ridicolizza le drammatiche tesi reazionarie e revisioniste dei clericali un po’ ignorantelli di oggi, che non possono accettare che siano stati proprio i cattolici moderati e i liberali cattolici a guidar il Risorgimento e ad entrare a Roma. Tanto è vero che sia i papalini, sia i liberali moderati ne dissero e fecero di tutti i colori al povero Garibaldi.
I liberali progressisti avevano criticato il Governo piemontese per le sue incertezze e la sua condotta diplomatica. E durante la presa di Roma anche per i tanti abboccamenti tra le parti. E per la decisione di aver garantito al Papa, reo di aver tradito le sue aperture quasi liberali e di aveva fatto uccidere i patrioti italiani insorti, la sicurezza personale, un appannaggio e la sovranità sulla Città Leonina (più piccola del Vaticano di oggi).
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IL PAPA? NOI L'AVREMMO ARRESTATO (SOLO PER UN PO')
Noi che avremmo fatto, allora? Be’, confesso, io che non sono un liberale di sinistra ma di centro, che avrei fatto arrestare il papa confinandolo per un po’ in dignitosi arresti domiciliari al Quirinale. Certo, non gli avrei lasciato né l’appannaggio né la Città Leonina. Quello fu un grave errore, causa di tanti problemi futuri. Del resto, si era esposto come un politico qualunque, aveva voluto fare il Capo di Stato anziché il Capo della Chiesa? Bene, e allora doveva assumersene tutti i rischi, ed essere trattato come un qualsiasi dittatore sconfitto.
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E BIXIO VOLEVA BOMBARDARE SAN PIETRO...
E infatti il garibaldino gen.Bixio, "testa calda liberale" a cui Cadorna aveva affidato Porta S.Pancrazio, scalpitava e accusava Cadorna di debolezza, di eccesso diplomatico e moderatismo (ma Cadorna era stato scelto apposta per questo dal Governo). E fino al 19 settembre fu tenuto a freno, perché dal Gianicolo voleva, nientemeno, bombardare il Vaticano... E secondo alcuni cronisti romani del tempo, sembra che qualche palla di cannone bixiana fosse caduta, a scopo intimidatorio, mi pare su Trastevere…
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UN CAPOLAVORO STORICO, MA INCONPIUTO
Insomma, il nostro Risorgimento fu davvero un capolavoro fortunato, poco o nulla violento rispetto alla Rivoluzione Francese. Il suo difetto, semmai, fu che le élites illuminate precedettero troppo il popolo, visto che ancor oggi (2008) "bisogna fare gli Italiani". Anche nella psicologia sociale, Bixio aveva già capito tutto.
Fu dunque un "work in progress" subito interrotto, una rivoluzione incompiuta (Gobetti), opera di una élite colta, illuminata ed europea, borghese o aristocratica, mentre le masse del Centro e del Veneto erano totalmente contadine, a differenza della Francia dove la borghesia aveva già ruolo e potere. Ecco la differenza.
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TORNA IL CAMPANILE (E LO SCEMO DEL VILLAGGIO)
Del resto, la Storia non fa salti. Dopo secoli di servitù, privi della guida di una borghesia diffusa, gli Italiani erano ignoranti e ottusamente campanilisti, cinici e impotenti come i poveri ("O Franza o Spagna, purché se magna"), incapaci di vedere al di là del proprio naso, fuori del proprio Municipio. Finito il comunismo un altro "comunismo", ben più meschino s'avanza, quello che ha al centro ognuno degli 8000 comuni italiani, 8000 monadi l'una contro l'altra armate. A quando uno stipendio e un ruolo municipale allo "scemo del villaggio"? Tanto, non si noterebbe alcuna differenza con certi sindaci o col "secessionista" medio, del Nord o del Sud. La solita furba stupidità regna sovrana nell'Italietta di provincia.
Meraviglia solo che oggi l'ottusità municipale sia più avanzata di ieri (cosiddetta I Repubblica), quando ancora funzionava la mediazione dell’ultima classe politica ideologica che ancora si ricordava il Risorgimento, da De Gasperi a La Malfa, allo stesso Togliatti. Oggi, invece, una classe politica deideologizzata e soltanto populista (il Potere per il Potere) mostra grande disprezzo per le idee, a Destra come a Sinistra. Tanto che non si capisce perché continuino a chiamarsi, ingannando studenti, massaie e pensionati (tre categorie che non acquistano i giornali ma vedono la tv), Destra e Sinistra.
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L'ANARCHIA DEI BARONI ALL'ORIGINE DELLA MAFIA
Punti oscuri, errori gravi, repressioni? Il Risorgimento italiano fu perfino più felice di quello di molte altre Nazioni. Per niente sanguinoso, molto razionale, molto intelligente. La presa di Roma ci costò solo 49 morti. Certo, finito il Risorgimento lo Stato unitario, inesperto di inganni, doppiezze e mafie meridionali, si trovò per la prima volta di fronte interi villaggi del Sud che coprivano con l’omertà briganti e terroristi legati ai baroni borbonici. In quei casi la mano dell’esercito fu pesante, anche perché il Governo aveva capito che dietro quella guerriglia diffusa si celava la longa manus della Chiesa e degli ultimi borbonici. Insomma, la guerra continuò. Il Sud abituato all’anarchia mafiosa dei baroni non sopportava un vero Stato. Ecco perché aveva tollerato Franceschiello, il re macchietta.
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OTTUSITA' DI PROVINCIA: PARLAR MALE DI GARIBALDI
E ancora oggi in Sicilia c’è chi sparla di Garibaldi e dei piemontesi… Certo, il loro senso del risparmio della cosa pubblica dava fastidio nell’isola. Oggi, infatti, la regione SSS a Statuto Speciale Sicilia (quand’è che viene smantellata? ormai è una priorità) assume migliaia di impiegati inutili a stipendi d’oro, e gode addirittura di sue proprie accise sulla benzina…. Intanto i consiglieri regionali siciliani si stipendiano più dei parlamentari nazionali. E Bossi, anche lui (sarà perché ha la moglie siciliana?) sistema i parenti nella Comunità Europea. L’abbiamo sempre pensato che Bossi è il classico meridionale.
Certo, sentendo beceri leghisti e meridionali che ancora sparlano di Garibaldi, dei Piemontesi o dei Savoia, quelli di allora – e mi riferisco non ai politici ma alla "gente" qualunque – viene fatto di pensare al Risorgimento italiano come ad un movimento poco italiano e molto anglosassone.
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ITALIANI, CONTADINI ARRICCHITI
Ma gli Italiani d'allora erano rozzi, ignoranti e contadini: non avremmo potuto aspettarci nulla da loro senza la guida e l’esempio di minoranze colte e liberali, capaci di galvanizzarli e guidarli. E rozzi post-contadini sono rimasti (ultimi in lettura libri tra i Paesi occidentali) con tutti i difetti degli ex-contadini arricchiti: poche idee, ignoranza abissale, ottusità campanilistica, consumismo inutile ed esibizionismo (dai Suv alle Maldive, agli gnomi in giardino nelle orribili e stupide case kitsch). Mentre in casa non c'è un libro. Entrate, entrate, nella case dei meridionali o dei veneti arricchiti che votano o non votano Lega, e ne vedrete delle belle.
Il Risorgimento, almeno, ha provato a "fare l’Italia". Questi ex-contadini arricchiti con raccomandazioni, finte pensioni e mafie, invece "si vergognano di essere Italiani". Proprio loro: senti chi parla… Siamo noi che ci vergognamo di loro.
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L'UNICO MOMENTO ALTO DI STORIA PATRIA
Tra tanto squallore, sia prima che dopo l’800 (dominazioni straniere, Fascismo, clericalismo DC e post-DC, leghismo e municipalismo, separatismo siciliano o altoatesino, corruzione, Mafia ecc), il Risorgimento fu una stupenda eccezione. Un momento alto di Storia patria. In cui stranamente le élites fecero il loro dovere, e gli Italiani dettero l’unica buona prova di sé dei tempi moderni. Un miracolo che non si più verificato. Perché la Resistenza non fu così nazionale e fu macchiata da orrendi delitti,
Un’epopea ancor oggi incredibile, irripetibile. Fu la rinascita dell'Italia dopo tante vergogne dei secoli passati, quando gli Italiani erano l'uno contro l'altro (come oggi), senza dignità (come oggi) e servi degli stranieri (come oggi).
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QUELLI CHE..."MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO"
E ancor oggi, come allora, l’Italia pullula di squallidi individui che in bus, in metro, in aereo, in treno dicono "mi vergogno di essere italiano". Certo, guardandosi allo specchio sanno bene con chi hanno a che fare, e se ne vergognano. Diceva quel detto popolare: chi sente per primo la puzza…
E se non avessimo avuto il Fascismo, a causa della debolezza d’un sovrano ottuso e incapace e di tanti molli conservatori infiltrati nella classe politica sotto il finto nome di "liberali" (proprio come accade oggi), la libertà e il progresso delle idee, condizioni prima anche della ricchezza di un popolo, sarebbero garantiti anche oggi e farebbero da meravigliosi propulsori dell’Italia.
Ma gli ottusi reazionari, conservatori e clericali non lo capiscono. Ignorano che dove non c'è libertà vera, in tutti i campi, non c'è neanche ricchezza. Loro stessi, con la loro stessa presenza, con le loro stesse parole, con la loro mancanza di veri ideali, con la loro ottusità municipale (e le corruzioni e dilapidazioni di denaro pubblico che hanno il nome delle "autonomie" locali) sono la dimostrazione che il vero Risorgimento è ancora da concludere.
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CONTINUARE IL RISORGIMENTO: LOTTA ALLA FURBIZIA
Che fare? Tante piccole e grandi cose. Oggi bisogna continuare il Risorgimento dove si era fermato, cominciando ad abolire immediatamente tutte le Regioni a Statuto Speciale, ridurre drasticamente i poteri delle Regioni ordinarie (specie sulla Sanità, comparto su cui si ruba di più), eliminare le Province, mettere un limite – basso – al numero e agli stipendi di consiglieri regionali, sindaci e parlamentari.
Perché la professione politica non deve essere più appetibile come impiego dei soliti furbi mediocri arruffoni buoni a nulla, gli stessi che sull’anti-italianità addirittura guadagnano, al Sud, come al Nord.

RITORNA L'ANTICA IGNORANZA DELLE PLEBI MERIDIONALI: REVISIONISMO E NEO-BORBONISMO.
Furono proprio le elites illuminate del Sud, in particolar modo della Sicilia, a richiedere l’intervento del Piemonte e di Garibaldi. La gloriosa città di Messina si rivoltò contro i Borboni e contro Napoli, e precorse così il Risorgimento come attesta una bella targa messinese.
Lo storico meridionale e liberale Giuseppe Galasso ha giustamente stroncato come sottoculturale quel confuso ma diffuso “movimento” nostalgico e reazionario che si può chiamare anche neo-borbonismo, con tutta la sua retorica del “Sud tradito” dall’Italia e dal Piemonte. I meridionali, che odiavano i Borboni forse più dei settentrionali (basta leggere il libro autobiografico dell’aristocratico siciliano Miccicché, di Sellerio), hanno fatto parte da subito della nuova classe dirigente della nuova Italia e si sono particolarmente affezionati – più ancora dei Piemontesi, addirittura – alla casa Savoia e al Re tanto da votare in massa per la monarchia al referendume del 1946 e conservare grosse minoranze monarchiche fino agli anni Sessanta inoltrati, se la prendano piuttosto con se stessi, con l’insipienza e la corruzione della propria borghesia e intellighentzia. Che fossero state intelligenti e all’altezza dei loro compiti non avrebbero permesso per molti secoli il degrado irreversibile del Sud.

AGGIORNATO IL 17 LUGLIO 2015

20 settembre, 2008

 

Un generale molto particolare. I veri eroi di Porta Pia? Secondo lui erano... le guardie pontificie.

Il povero generale Cadorna si rivolta nella tomba. Incredibile ma vero, un generale incaricato dal Sindaco di Roma, tale gen.Torre, Antonino Torre, in piena commemorazione del XX Settembre e dell’Unità d’Italia con la ritrovata Roma capitale, se è vero quello che riferisce un comunicato stampa, stamattina avrebbe pensato bene di "passare al nemico" ricordando non i valorosi bersaglieri e artiglieri caduti, ma i caduti tra le guardie svizzere e capitoline, elencandone puire i nomi, compresi i tanti mercenari di professione, tra cui i francesi. Poco o nulla sulle idealità che spingevano i "nostri", sul Risorgimento, sulla libertà.
D’ora in poi lo chiameremo "Torré", alla francese, e gli daremo una copia della medaglia della Legion d’honneur per aver difeso i valori e gli interessi della Francia d’allora, che riguardo alla vicenda di Porta Pia contraddicendo i princìpi dell’89 ebbe un ruolo reazionario e anti-liberale.
L’increscioso incidente lo abbiamo appreso con sgomento da un comunicato delle associazioni laiche che Rosalba Sgroia ha riportato sul suo blog.
E’ una vergogna che va lavata al più presto. Oggi stesso i laici, gli anticlericali e i liberali di Roma si ritrovano davanti a Porta Pia, a pochi metri dalla "breccia" aperta dai cannoni di Cadorna, oggi chiusa da un monumento commemorativo che a differenza dell’immemore gen.Torre ricorda i caduti italiani.
D’altra parte, diceva quello, se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare. E allo stesso modo se uno non ha idealità patriottiche e magari è nell’intimo contro il Risorgimento non può fingere, e le sue parole lo tradiranno. Solo ci chiediamo come possa un generale italiano avere idee così anti-patriottiche. Noi siamo liberali doc e difensori fino all’estremo della libertà di pensiero e parola, eppure un tale contrasto tra il discorso di Torre e gli interessi dello Stato italiano o, se l’espressione non piace, la Memoria sacra della Nazione, avrebbe suscitato in tempi liberali e non clericali come quelli odierni un grave scandalo che avrebbe valso al generale le dimissioni istantanee. Ma lui ormai è un politico, un amministratore, e la divisa da generale l’avrà riposta nell’armadio. Solo, lasciatemelo dire, di quale Memoria si occupa? L’ex-generale e ora consigliere comunale mi sembra proprio uno smemorato…
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"Incredibile esternazione del generale Torre, delegato del Sindaco Alemanno alla memoria", si legge nel comunicato dell’Uaar, l'associazione che unisce i razionalisti, gli agnostici e gli atei. "In occasione della celebrazione ufficiale alla Breccia di Porta Pia del XX Settembre, 138° anniversario del ricongiungimento di Roma all' Italia, ostacolato per secoli dal potere temporale dei papi, il delegato del Sindaco, invece di ricordare uno per uno i soldati italiani e i bersaglieri morti per completare l'Unità del nostro Paese, ha preferito ricordare i mercenari del Papa-Re Pio IX, assassino di italiani. Si è chiuso così il cerchio e Roma torna ufficialmente sotto il governo del Papa-Re".
Che dite, si offenderanno gli amici dell'Uaar se dico che le loro sono "parole sante"?
E così prosegue il Comunicato congiunto dei rappresentanti delle Associazioni laiche presenti alla cerimonia, a cui oltretutto, vergognosamente, è stato impedito di parlare:
"Vive proteste da parte di tutte le associazioni laiche e risorgimentali in occasione della commemorazione della Breccia di Porta Pia. Presenti le rappresentanze del Comune, della Provincia e della Regione, il consigliere comunale gen.Torre (delegato del Sindaco alla Memoria) ha dedicato tutto il proprio intervento al ricordo con lettura nominale dei soldati pontifici (alcuni dei quali veri e propri mercenari) caduti in difesa del potere temporale papale.
Si prosegue così dopo l'8 settembre, l'opera di revisionismo in senso antidemocratico ed anti-liberale. Inoltre per la prima volta si è impedito a tutte le associazioni laiche e risorgimentali di esprimere il proprio pensiero, contravvenendo ad una tradizione centenaria".
Così il comunicato, firmato da Democrazia Laica, Circolo Giustizia e Libertà, Circolo Uaar di Roma, Associazione Mazziniana, Endas, Diritti in movimento, NoGod.
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Intanto, il penultimo Papa-Re, Pio IX, ringrazia (l'ultimo, che vorrebbe imitarlo in tutto e per tutto, Benedetto XVI, addirittura gongola). E lo sprovveduto, o troppo provveduto, mandante del gen.Torre, il neo-sindaco di Roma, Alemanno, che nel 1870 sarebbe stato sicuramente con i reazionari della Santa Fe’ contro la libertà, sua e degli altri, tutto preso dalla battaglia contro le "lucciole" (prostitute), le scambia con una ben più nobile e giustificata battaglia, anteponendole alle gloriose lanterne che fregiavano il berretto dei soldati italiani. Dopo la felice mossa sul parcheggio del Pincio, non ne ha più indovinata una. Ora prende, appunto, "lucciole per lanterne".

 

Il Pepe della Libertà. Il 20 Settembre deve essere una festa laica per tutti, anche per la Chiesa.

Una sorpresa ci è venuta dalla Camera, l'altro ieri "desolatamente vuota", come ha detto l’oratore, il deputato Mario Pepe, rara eccezione nel grigiore dei parlamentari del cosiddetto Partito della Libertà. Ma ascoltiamo il suo breve intervento:
"Signor Presidente, intervengo in quest'Aula, desolatamente vuota, perché resti agli atti un invito, un appello che intendo rivolgerle. Fra due giorni ricorre l'anniversario della battaglia di Porta Pia, una data troppo spesso dimenticata, eppure una data importante, non soltanto per lo Stato italiano, ma soprattutto per la Chiesa cattolica. Dalla perdita del potere temporale la Chiesa cattolica trasse uno slancio verso una spiritualità più alta. Il 20 settembre per noi è soprattutto l'affermazione di un principio: la Chiesa può essere libera solo se lo Stato è libero, e lo Stato è libero quando non ha bisogno di utilizzare la forza per imporre una dottrina, lo Stato è libero quando usa la forza solo per difendere la libertà dei cittadini.
"Signor Presidente, io e alcuni deputati il 20 settembre andremo a Porta Pia: andremo a Porta Pia per difendere la libertà della Chiesa, perché la Chiesa si batte per i suoi principi, ma lo faccia con le armi spirituali e morali. Andremo a Porta Pia per difendere la libertà dei sacerdoti, purché questi siano ministri di Dio e non amici del potere. Andremo a Porta Pia perché la Chiesa possa difendere la vita, ma non possiamo non dire che ci sono delle situazioni che offendono la vita: signor Presidente, ci sono 3.000 malati in coma vegetativo che subiscono la vita! Ci sono delle situazioni gravissime! Ci sono delle situazioni disperate, che aspettano da questo Parlamento neoguelfo una legge sul testamento di vita.
"Signor Presidente, il 20 settembre va al di là dei confini nazionali: oggi nel mondo stanno risorgendo Stati neodottrinali, e il Presidente Berlusconi a Parigi ha messo in allarme, perché questi Stati stanno minacciando la pace e la sicurezza; e contro il risorgere di tali Stati neodottrinali il 20 settembre recupera tutta la sua pregnante rilevanza.
"Signor Presidente, le chiedo che la Camera dei deputati il 20 settembre possa essere presente con una delegazione ufficiale e porre una corona davanti alla breccia, perché attraverso quella breccia non passò solo lo Stato italiano e non passarono solo le bandiere, ma passarono le bandiere della civiltà e del progresso e quelle della fede nella scienza, una fede che è sopita e deve essere quindi risvegliata, soprattutto nei giovani di questa difficile e tormentata generazione".
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Be’, che dire? Ora che sono stato scoperto, ve lo posso confessare: il sedicente Mario Pepe ero io. Mille euro mi è costato il tesserino falso da deputato, altre 500 il distintivo, ma mi sono tolto la soddisfazione di parlare, sia pure ad aula vuota (sempre così, anche quando intervenivo ai Congressi radicali: mi facevano parlare, chissà perché, solo a notte fonda…), per il XX Settembre alla Camera.
Così resterà un’esperienza indimenticabile per tutti, questo strano, mai sentito prima, PdL (Pepe della Libertà). E i cronisti parlamentari, tutti a sfogliare febbrilmente l'annuario per sapere chi è il misterioso deputato laicista della Destra, addirittura iscritto a tutti i soggetti radicali. Ma il mio momento di gloria è durato poco: Marco Pannella annunciando la lodevole celebrazione del XX Settembre a Londra come data di liberazione di valore europeo (tra gli altri il bravo Graham Watson ha avuto parole felicissime), ha rivelato a Radio Radicale che il misterioso Mario Pepe è il nipote del grande liberale Salvatore Valitutti. Ah, ecco, volevamo ben dire.
Ma vista la colpevole passività della classe politica italiana di fronte agli integralisti religiosi, in particolare oggi nel Centro-Destra, basterà un granello del miglior pepe a migliorare una pietanza insapore e malcotta come certe viscide minestrine dell’asilo delle suore, dal caratteristico tanfo di rancido?

18 settembre, 2008

 

Chiesa avida e simoniaca. Non si pente, ma rivuole tutti i 35 milioni persi di 8 per mille

E meno male che doveva occuparsi delle anime. La cosa fu subito smentita quando ci si accorse del suo morboso interessamento ai corpi, altro che alle anime, specialmente al di sotto dell’ombelico e tra le gambe. Ma ora non si vergogna di esagerare. Tanto, ormai, così pochi cattolici vanno in chiesa che la Chiesa non ha nulla da perdere. La faccia? Ma quella l’ha persa già 2000 anni fa, quando si inventò a tavolino una vicenda romanzesca che nessuno dei tanti storici dell’epoca, stranamente, ha registrato.
Ma torniamo all’oggi. Il problema morale è: l’avidità è una virtù cristiana o un vizio?
La "verità", vista dal soglio pontificio, conoscendo le sottigliezze causidiche ecclesiastiche, dovrebbe stare nel mezzo. Probabilmente è una "virtù" quando ha come soggetto la Chiesa, un vizio quando riguarda gli altri.
Che è successo? E’ di oggi la notizia che la Chiesa cattolica romana (il "Vaticano" non c’entra, amici Radicali ormai troppo diplomatici e politicamente corretti), abituata alle "donazioni" e alle ricchezze materiali da una antichissima tradizione che risale addirittura a Costantino, sempre nostalgica del potere temporale, avvantaggiata ingiustamente, contro l’abc di uno Stato laico liberale, dallo scandaloso meccanismo dall’8 per mille, unico al mondo, lamenta di aver incassato nell’ultimo anno 35 milioni di euro di meno rispetto al penultimo.
Una tragedia? No, una dolorosa farsa. Condita di jattanza e arroganza. Insomma, non c'è alcun "mea culpa".
La Chiesa non deve avere un "fatturato" come la Fiat. A meno che non venda indulgenze o potere, o compri adesioni di politici, amministratori o giornalisti atei devoti, cosa impossibile sapendo quanto è avara.
E lo scandalo è che non "si pente" (per usare il suo linguaggio farisaico, che non è il nostro) di questa tendenza simoniaca a scambiare il carisma col potere, e il potere con la ricchezza in denaro. Un’avidità crescente che se noi fossimo cattolici, e cattolici severi, alla Capitini, ma perfino alla Jemolo, grande cattolico liberale, bolleremmo come scandalosa, demoniaca (sempre per usare categorie linguistiche chiesastiche).
Davvero, non si può dare torto a Pannella quando critica la Chiesa da capitiniano offeso, non da anticattolico. Pochi ricordano che Marco è stato un allievo fedele del teologo umbro, grande moralista cattolico, teorico della non-violenza e vegetariano.
Ma la Chiesa, sempre intendendo le sue alte sfere, non è neanche sfiorata da alcun dubbio, se diminuiscono le entrate, oltretutto abusive. Non salta neanche in mente alle furbissime gerarchie della Chiesa romana di ridurre le uscite, no. Come corrotti politici qualunque, su quelle somme ormai ci hanno fatto l’abitudine, si sono impegnati, quelle somme già se le sono giocate, le hanno "scontate", su quelle cifre hanno scritto i bilanci ordinari e le previsioni di bilancio per gli anni avvenire.
La soluzione delle ineffabili gerarchie alla "crisi" momentanea? Semplice: convincere sempre più persone a tornare a fare le laute elargizioni del passato.
Ma la Chiesa non cambia, no. Tira dritto. La Chiesa non interpreta questo calo come una critica, come caduta verticale della propria immagine pubblica, magari a causa dei funerali negati al buon cattolico Welby o della crudeltà mostrata verso le coppie costrette alla fecondazione medica o verso i malati terminali e senza speranza tenuti in vita artificialmente. Non lo vede, come invece dovrebbe, come il segno allarmante della crescente sfiducia dei cittadini cattolici verso Papa, cardinali e vescovi, sempre più integralisti simil-islamici, che mettono bocca su tutto e su tutti senza avere nessuna speciale autorità morale (basta pensare alle migliaia di casi di pedofilia criminale), ma non sui propri privilegi. Neanche gli viene in mente che si sono esposti un po' troppo in politica, facendo addirittura rimpiangere i tempi del "clericalismo moderato" della Democrazia Cristiana.
Macché, pensano che basti una nuova e più efficace campagna pubblicitaria. Come se fosse la "Nutella". Se il prodotto Chiesa "va meno" nel 2008, basta cambiare art director e copy writer. Gli slogan degli appelli sui giornali vanno un attimino rivisti e migliorati. Serviranno più abili persuasori occulti per convincere sempre più gente, disattenta, anziana, disinformata, ad abboccare all’amo.
Ma a che cosa gli serviranno poi tutti quei milioni di euro in più? I malevoli sospetteranno che saranno utilizzati per rifondere le diocesi delle centinaia di risarcimenti milionari a cui sono state condannate (violenza carnale o circonvenzione di incapace) per il comportamento dei preti pedofili in America, in Asia, in Africa, in Europa, nel Mondo tutto. Non si chiama, dopotutto, Chiesa "Cattolica", cioè universale? Elementare, Watson.

08 settembre, 2008

 

La crisi americana, il libero mercato e le poche regole. Che vanno rispettate

Il Governo degli Stati Uniti nazionalizza i due più importanti fondi di investimento legati al mercato immobiliare, Fannie Mae e Freddie Mac, e la notizia scuote i giornali occidentali. Non è il Cile di Allende o la Jugoslavia di Tito, ma il Paese tradizionalmente alfiere di tutte le libertà, prima tra tutte quella economica, dove regna il privato, non lo Stato. Le due grandi agenzie di mutui, i cui pacchetti di prestiti, spesso concessi senza troppo indagare sulla solvibilità dei debitori, venivano trasformati in titoli venduti e acquistati nelle Borse d’ogni continente, erano, fino a che non è scoppiata la crisi, ritenuti dal largo pubblico una sicura forma di risparmio o investimento.
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Un quadro che noi italiani possiamo ben capire, ma stavolta siamo negli Stati Uniti. E’ naturale che la notizia faccia scandalo e generi commenti imbarazzati (liberisti conservatori) o compiaciuti e ironici (statalisti e socialisti), se ci si ferma all’evento straordinario in sé. Si tratta d’un provvedimento d’emergenza che trova precedenti solo nel tempo di guerra, preso dal Governo Bush per evitare danni gravissimi alle borse di tutto il mondo, perfino ad alcuni Governi e gruppi economici di Russia, Cina ed altri Paesi orientali, con conseguenze disastrose sulla stessa credibilità internazionale del sistema finanziario americano. Per avere un quadro sufficientemente completo della vicenda si legga l’articolo di
Massimo Gaggi da Washington apparso sul Corriere di oggi.
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Ma noi liberali, insieme crociani ed einaudiani come tutti i veri liberali, che dobbiamo pensare? La vicenda cade a proposito, in tempi di discussi salvataggi dell’Alitalia (che però è una compagnia statale, perché la maggioranza del pacchetto delle azioni è in mano al Tesoro) e dopo contestae prese di posizione di ministri del Governo Berlusconi, per farci meditare brevemente sul rapporto tra cittadino, mercato e Stato, o meglio ancora tra libertà economica e libertà tout court.
Anche sulla vicenda americana, per la verità, grava l’ombra della proprietà pubblica. Le due agenzie erano nate statali, e poi, come quasi tutti gli enti di Stato, che o si trova il coraggio di smantellare del tutto oppure continueranno a fare debiti e danni anche sul mercato libero, era state privatizzate "all’italiana", con molta spregiudicatezza da parte dei soliti managers, che del mercato libero avevano copiato solo gli altissimi stipendi, nota Gaggi. Quindi profitti privati, ma perdite pubbliche. Un po’ come da noi.

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Se ne deduce che già da decenni queste due agenzie non rispettavano appieno le poche ma severe leggi del mercato libero, che negli Stati Uniti sono la Bibbia. E che solo grazie alle entrature politiche dei managers, all’entità stessa dell’esposizione eventuale, e alla riluttanza viscerale che – giustamente – negli Stati Uniti si ha agli interventi dello Stato in economia, erano riuscite ad arrivare impunemente al 2008.

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Che insegnamento liberale trarne? Che i diritti di libertà in capo ai cittadini sono indivisibili: non esiste una "libertà economica" separata o contrapposta alla libertà in assoluto. In questo aveva ragione Croce: la libertà è una. E tout se tient, tutto è collegato nel mondo moderno. Così, il mancato rispetto delle più minuziose e tradizionali regole del mercato e della libera concorrenza, primo tra tutti l’obbligo di far profitti e di investire al meglio come dovrebbe fare un ideale "bonus pater familias", genera nei confronti dei diritti di libertà del cittadino un’offesa, una lesione analoga a quella che potrebbe procurargli un sistema autoritario, cioè illiberale.

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Un "mercato" senza regole, affidato come nel Far West alla prepotenza di pochi ai danni dei diritti di tutti gli altri, cioè all’aggiramento delle regole di comportamento, di buona prassi economica o legali, è un topos efficace ma sbagliato dell’immaginario dei liberisti conservatori, non dei liberisti liberali. Che l’imprenditore debba fare i propri interessi, e che questi nel complesso e alla lunga corrispondano a quelli della società, è vero, verissimo. Ma nel rispetto delle regole, che è fondamentale non solo nel mercato liberale, ma nel delineare la facies del Liberalismo stesso. Che è l’unica dottrina o ideologia che funziona, proprio perché è l’unica dottrina della libertà fondata per apparente paradosso sui limiti di libertà. Cioè sulle regole, sul diritto. Limiti severi che vanno rispettati, se non vogliamo passare dalla libertà di tutti alla "libertà" cioè alla prepotenza di pochi (anarchia, fascismo, comunismo, o anche solo finanzieri criminali d'assalto). E, anzi, questo rispetto per gli altri (i limiti in capo ad ogni cittadino, perché anche tutti gli altri cittadini abbiano analoghe o complementari libertà, tendono proprio a questo fine nobile e in qualche modo "sociale") denota il Liberalismo come una grande dottrina etica, morale, di altissimo respiro. Si legga il breve brano che Benedetto Croce pubblicò sul Mondo nel 1951, purtroppo di non agevole lettura (la limpida lingua di Croce era quella d’un grande saggista, d’un esemplare scrittore d’idee, ma non viene fuori negli articoli di giornale).

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Insomma, il mercato libero liberale non ha niente a che fare con l’aggiramento delle regole, col gretto utilitarismo, col puro egoismo, o peggio con l’esibito cinismo da apparatniki dell’ex regime sovietico diventati imprenditori coi soldi di Stato rubati al popolo russo. E viene da pensare anche a certe "privatizzazioni" fasulle di Enti di Stato in Italia, che sono l’antitesi di una vera economia liberale. Eppure, questa purtroppo è stata finora una certa vulgata conservatrice del mercato libero, che ha poco a che fare col liberalismo. I nostri conservatori "liberisti", saranno pure coloriti divulgatori, ma per il gusto di andare controcorrente e scandalizzare l’uomo della strada, dimenticano di ricordare che i criminali del Far West, poi, finita la bravata, venivano impiccati dalle truppe federali all’albero più altro. Altro che "spiriti animali".

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