04 novembre, 2005
4. Newsletter del 20 marzo 2004
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 4 – 20 marzo 2004
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
In questo numero:
SPAGNA: DUE LEADER MEDIOCRI DI FRONTE AL TERRORISMO
SONDAGGIO A SORPRESA: GERUSALEMME CAPITALE EUROPEA
CRIMINALI FRANCESI, VENITE IN ITALIA: SARETE LIBERI
AMINA INTERRATA FINO AL COLLO E LAPIDATA
CAPEZZONE A COLLOQUIO CON I LIBERALI USA "NEO-CONS"
HITLER TERRORISTA E LA RISCOSSA DEL LIBERALISMO
SILVIO TOGLIE GLI UCCELLI DALLE MANI DI ALEMANNO
PORTATECI UN ISLAMICO MODERATO (CHE RESPIRI, PERO’)
UNIFICAZIONE LIBERALE. LA PROSSIMA RIUNIONE A MILANO
ISPEZIONI SEVERE IN AEROPORTO, MA NON ALLA PARMALAT
UNA LESBICA LIBERALE: "SBAGLIATO L’ARTICOLO SUI GAY"
INGLESE PER I MERCANTI, FRANCESE PER GLI IGNORANTI
PER LA SERIE "QUELLI CHE SE LA BEVONO". L’ACQUA CHIC
BOTTEGA MIA QUANTO MI COSTI. MEGLIO IL DISCOUNT
LONDRA. ANCHE LEZIONI DI ATEISMO NELL’ORA DI RELIGIONE
"BIOLOGICO". LA SCIENZA SMENTISCE IL CIBO ANTICAPITALISTA
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ERRORI E MANCANZA DI TEMPISMO DEI LEADER SPAGNOLI
Due mediocri José dai destini incrociati
José-Maria Aznar, leader dei cattolici moderati che ha governato la Spagna per otto anni, portando il suo paese ad un livello di modernizzazione e di benessere economico mai raggiunto in precedenza, ha perso in un giorno solo la credibilità conquistata in anni di politica fortunata, dimostrando così "in tempo reale" di non avere psicologia e di non essere un genio. L’errore fatale che ha commesso ricorda quello di alcuni celebri condottieri dell’antichità, che persero tutto per la decisione sbagliata o l’indecisione d’un momento. Ma nessun commentatore ha rilevato che il suo errore vero non è stato quello di perdersi nelle possibili interpretazioni degli autori della strage, ma di non aver saputo padroneggiare il fattore tempo. Non ha avuto, cioè, la prontezza, subito dopo l’attentato terroristico, di rimandare a data da destinarsi elezioni che erano state visibilmente colpite da un elemento estraneo proprio per condizionarle. Un’inspiegabile passività di fronte al tempo che lo ha perduto, favorendo insieme l’opposizione di Zapatero e gli stessi terroristi di Al Qaeda.
Incapace di decisioni rapide, timido e irresoluto, forse timoroso delle critiche politiche a un decreto eccezionale, insolito in democrazia ma plausibile in un’emergenza, Aznar si è dimostrato psicologicamente un uomo qualunque, inadatto al compito, ben otto anni dopo la sua ascesa al potere. Segno che la politica non rivela in tempo né i pregi né i difetti dei suoi esponenti, nascosti come sono dalla piccola folla di omologhi stranieri, burocrati, portaborse e addetti ai lavori che li isola dal mondo.
Da parte sua, José-Luis Rodriguez Zapatero, il leader socialista che ha vinto le elezioni più drammatiche della storia della Spagna, anch’egli, appena un’ora dopo la vittoria si è giocato tutto con una dichiarazione sbagliata e rivelatrice, con cui ha perso il favore della storia e si è coperto di vergogna. Come un dilettante, ha detto quello che mai avrebbe dovuto dire, che cioè avrebbe ritirato le truppe spagnole dall’Iraq. Eppure sapeva bene (e se non lo sapeva è ancora peggio) che i terroristi di Al Qaeda, mesi prima, proprio questo avevano previsto some conseguenza del loro attacco terroristico in Spagna, considerata l’anello più debole della catena dell’alleanza internazionale che ha cacciato il dittatore Saddam Hussein. Per scarso tempismo e scarsa intelligenza psicologica, perciò, Zapatero appare ora come "il primo capo di governo d’Occidente scelto da Al Qaeda". A conferma, pochi giorni dopo è arrivata una "proposta" di Al Qaeda vi risparmieremo, a patto che…Non male come viatico per un "homo novus" che pareva destinato al successo.
Morale della favola: ecco come un evento improvviso, meglio di lunghi anni di vita parlamentare, mette in parallelo nel carattere e nella personalità due uomini politici avversari. (Pedro De Las Ruas, venditore di semi di zucca a Madrid)
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QUELLE BELLE ESECUZIONI D’UNA VOLTA CHE PIACCIONO AGLI ISLAMICI
Amina sarà interrata fino al collo e lapidata. Ma…
C’è chi ama il formaggio con i vermi, retaggio d’una remota età di pastori nomadi, privi di grotte per conservare il cibo, e chi le care e ipocrite "letterine di Natale". Le tradizioni sono tradizioni, non si discutono, né si modificano. O si prendono così o niente. La pena della lapidazione dopo interramento, ancora in vigore presso popoli che ordiscono trame e attentati via telefoni satellitari e internet, sembra umanissima e clemente là dove l’esercizio fisico e la buona mira sono scarsi. Basterebbe infatti – a tal punto arriva la furberia levantina di Maometto – circondare la vittima interrata fino al collo di giovani paraplegici, pensionati miopi e vecchie donne obese e impedite dal burqa, per salvare il condannato. I lanci di pietre sarebbero infatti corti, deboli e imprecisi, e il condannato (non "a morte", ma all’alea della morte) sarebbe salvo e con l’onore restituito. Follie cavillose da "Mille e una notte".
Gli islamici, sia estremisti che moderati, vorrebbero dare ad intendere che quella dell’Islam sarebbe una civiltà come un’altra, magari un po’ arretrata, ma certo una cultura di dignità almeno pari a quella occidentale. E trovano sempre qualche occidentale masochista e con inconfessabili complessi di colpa che ci crede. Ma è falso. La realtà è ben diversa: l’ignoranza, la disuguaglianza, l’oppressione della donna, la violenza, la pigrizia della loro società, ripugnano alla nostra sensibilità come poche cose al mondo.
Un segno orribile, tra mille, degli usi barbarici degli islamici è l’interramento del condannato fino al collo e la lapidazione della testa da parte della folla. E’ un sadismo ulteriore, quasi a voler contaminare e coinvolgere nel delitto i passanti. Una dimostrazione, vista la mancanza di proteste, che la ferocia dei costumi e la violenza sono nei paesi islamici una specie di tabe genetica, un antichissimo vizio di popolo. E che mai in passato quella "civiltà" ha avuto giorni migliori.
La nigeriana Amina Lawal, vittima della legge islamica, si è vista rifiutare l’assoluzione dal Tribunale Supremo della Nigeria che ha ratificato la sentenza capitale già emessa a suo tempo. Per Safya, altra donna nigeriana condannata a morte per aver avuto un figlio illegittimo, la mobilitazione mondiale ha funzionato (in Nigeria arrivarono appelli con migliaia di firme) e la sentenza è stata commutata. Ma per Amina sembra che le lettere siano state poche. Così il Tribunale ha deciso di ritardare l’esecuzione di due mesi, ma solo perché Amina possa separarsi dal suo bambino (La governante di Afef)
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FRANCIA IRRAZIONALE E "RIVOLUZIONARIA" CHIC
"Criminali di Francia, venite in Italia: sarete liberi"
Non si smentisce la "gauche au caviar", la sinistra francese intellò che vorrebbe essere elegante e snob e pende dagli articoli del noioso Le Monde, quotidiano che esce di pomeriggio - quando tutti sanno già tutto - e che ha sempre venduto poco, con i suoi illegibili articoli-saggio e le lunghe corrispondenze da Senegal, Guinea o Benin. E che non ha mai capito nulla della politica italiana. Ora eccola di nuovo, la gauche un po’ rivoluzionaria e un po’ snob, reazionaria in patria e anarchica in casa d’altri (che, conoscendo certi anarchici, non è una contraddizione), che con tipica arroganza francese insegna "che cos’è la libertà e la democrazia" al mondo intero, ma specialmente ai cugini di campagna, che puzzano tanto di aglio e di focolare: gli italiani.
E’ uno schiaffo all’intelligenza liberale. In Francia è stata varata una legge dura contro i terroristi, o presunti tali. Ma i terroristi veri, che hanno ucciso, sia perché italiani, sia perché ricercati dalla polizia fascista di Berlusconi, devono essere accolti con l’asilo politico e la comprensione generale. Come se da noi ci fosse un "regime" e non invece il solito governicchio clericale, incerto su tutto, timido e goffo, "liberale e liberista" a parole, statalista non nei fatti.
Certo, il caso di quel tale che purtroppo ha lo stesso nome dell’eroe irredentista Cesare Battisti è davvero scandaloso e copre di vergogna l’intera società francese, dominata ormai da miti, ideologie e irrazionalità, peggio dell’ultimo paesino africano. E visto che gli accordi sono impossibili con questa classe politica francese, se noi fossimo al governo ci comporteremmo così. Convocheremmo i giornalisti stranieri e faremmo una dichiarazione pubblica e impegnativa di questo tenore:
" Il Governo Italiano rivolge un appello a tutti coloro che sono ricercati per crimini in Francia. Venite in Italia, rifugiatevi nel Bel Paese. Nessuno vi torcerà un capello. Anzi, già abbiamo preso accordi con Rai, Coop, Legambiente, Caritas, giornali ed editori, per trovarvi laute collaborazioni, e col Comune di Roma per consulenze ben pagate. Qui c’è un clima ottimo, niente di paragonabile a quello umidiccio e freddo della Francia. Non parliamo poi della natura e delle opere d’arte. Tranne quelle che la Francia ci ha rubato con Napoleone, abbiamo di tutto e di più. E abbiamo ben 460 formaggi, quindi molti di più della Francia ingrata che vi perseguita. Vi garantiamo tutte le famose facilities italiane: raccomandazioni riconosciute in ogni professione e grado, possibilità di sopraelevare ad libitum, parcheggio auto libero in seconda e terza fila, licenza di rumore ad ogni ora della notte, e trasporto senza biglietto su autobus e treni. Insomma, troverete un bengodi. Accorrete tutti, o criminali francesi, e sarete i nostri eroi" (Spartacus)
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SORPRESA DA UN SONDAGGIO DEMOSCOPICO IN ISRAELE
Gerusalemme, una capitale d’Europa
Marco Pannella aveva già rinunciato al viaggio con la delegazione del Parlamento europeo in Israele: troppi impegni "transnazionali" e "transeuropei", diceva con leggera auto-ironia agli amici e simpatizzanti radicali. Senonché, fulmine a ciel sereno, ecco una bomba mediatica davvero inaspettata che gli fa subito cambiare idea. Internet annuncia che in un sondaggio condotto in Israele addirittura l’85 per cento dei cittadini israeliani si è dichiarato per la piena e immediata domanda di adesione del loro governo all’Unione Europea.
Poiché questa è l’ultima geniale intuizione di Pannella, ripetuta di continuo ("gutta cavat lapidem", dài e ridai, la goccia buca la pietra), si può immaginare l’entusiasmo del carismatico leader radicale. Che però sa bene, da vecchio lupo della politica, che le idee per tradursi in realtà nelle istituzioni, specialmente in Europa, abbisognano di anni e anni. Ma almeno, o tanto più per questo, in previsione di tempi "biblici", è il caso di dirlo, Israele la domanda alla UE la presenti subito.
Per di più dal sondaggio risulta che la maggioranza degli israeliani esprime in modo perfetto – commenta Pannella - la posizione politica dei Radicali italiani anche nelle sfumature. Per esempio, disistima non solo per la concreta politica dell'Unione Europea, ma anche per quella di Israele. In più la convinzione che la amicizia con gli Stati Uniti sia oggi il loro primo sostegno vitale, il più adeguato e positivo per Israele. E siamo sempre a livelli del 90 per cento circa dei consensi (Oliver Kahn)
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DA UNA DESTRA OTTUSA A UNA SINISTRA IMBROGLIONA
"Pace" slogan commerciale, a un anno dalla guerra
Ad un anno dalla guarra in Iraq, conclusa con la sconfitta rovinosa dell’esercito di Saddam Hussein, puttaneschi slogan pubblicitari come "Pace" e "No alla guerra" sono ancora scanditi durante i comizi, e sono addirittura motivo per nuove manifestazioni della Sinistra unita dalla Retorica e dalla Mistificazione. E si direbbe che solo questi slogan falsissimi, strumentali, che vogliono dire solo "No all’America" e "No a Bush" (nella catena c’è anche una lobby Usa anti-repubblicana), tengano unita in Italia una sinistra che non ha quasi nulla in comune, da Agnoletto a Debenedetti, da Rutelli a Rizzo.
Trasformata furbescamente in uno slogan commerciale che tira, la bandiera iridata sventola fuori tempo e fuori luogo. Oggi la guerra non c’è più da un pezzo. C’è invece, in Iraq, una fragile costituzione democratica, che prevede il voto alle donne e quote femminili del 25 per cento (roba che neanche in Europa del Nord…), e soprattutto una polizia internazionale formata dagli Stati Uniti e dai loro alleati che a prezzo di numerosi morti ogni settimana cerca di tenere separate le contrapposte etnie, fazioni e sette religione dell’Iraq barbarico, che altrimenti si scannerebbero.
Triste scelta per noi liberali, tra un’ottusa destra clericale e una caotica sinistra imbrogliona. (Jean Stuart Moulin)
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IL BRAVO SEGRETARIO E’ MOLTO APPREZZATO NEGLI USA
Capezzone a colloquio con i liberali "neo-cons"
Il Segretario dei Radicali italiani Daniele Capezzone, insieme a Matteo Mecacci (membro della Giunta del Partito Radicale Transnazionale e della Direzione di Radicali italiani), è stato a Washington per una conferenza e una serie di incontri. La conferenza all’American Enterprise Institute martedì 9 ha visto la partecipazione, insieme con Capezzone, di Michael Ledeen e Radek Sikorski, già sottosegretario agli esteri e alla difesa in Polonia, e oggi responsabile della Transatlantic Initiative dell’AEI. Gli altri incontri sono stati col commentatore Tony Blankley, responsabile della pagina degli editoriali del Washington Times, David Frum, editorialista di National Review; Moises Naìm, direttore di Foreign Policy, Gary Schmitt, executive director del Project for the New American Century. Gli esponenti radicali hanno partecipato, l’11 marzo, alla conferenza, organizzata da Freedom House, "The worst of the worst", dedicata ai peggiori regimi del mondo, e hanno incontrato al Dipartimento di Stato Nicole Bibbins, assistente speciale sul tema della Community of democracies della sottosegretaria Paula Dobriansky. C’è stato anche un incontro con il Direttore dell’Istituto italiano di cultura di Washington, Martin Stiglio. (L’orbo terracqueo)
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SE LA DOMANDA DEI CONSUMATORI E’ UN TEST PSICOLOGICO
Quelli che se la bevono, davvero
A proposito di consumatori stupidi o disattenti che di fatto condizionano il mercato, determinando il prezzo sbagliato delle merci. Negli Stati Uniti, in Francia e su internet circola negli ultimi tempi questa battuta fulminante, riservata ai francofoni. "Ti chiedi perché l’acqua minerale Evian costa ben 2 dollari per mezzo litro? Prova a leggere l’etichetta al contrario…" [Per gli anglofoni esclusivi, che magari conoscono per cultura generale il significato di "naif" (ingenuo, semplicione, scemo), ricordiamo che "naïve" è il suo femminile] (Hylarion Trismeghistos)
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RIUNIFICAZIONE. PROSEGUE IL CAMMINO
Liberali uniti. La prossima riunione a Milano
Il solito leghista infiltrato ha insinuato che a fare la differenza è stata la paura d’essere derubati delle borse scendendo dal treno a Napoli Centrale. Fatto sta che i club di tutt’Italia che stanno dando luogo ad un primo nucleo di riunificazione liberale hanno deciso di incontrarsi a Milano in aprile, e non a Napoli come avevano annunciato in precedenza. Il che, secondo noi, si addice di più al liberalismo dei tempi moderni, attivistico ed economico, più che filosofico e speculativo.
Potenza evocatrice dei nomi di città. Napoli ci ricorda il grande Croce e il suo magistero intellettuale, troppo disancorato però dalle vicende terrene. Milano ci riporta all’attivismo d’un Cattaneo, la cui ipotesi federalista oggi potrebbe essere attuale, e per i più barricadieri alla rivolta risorgimentale delle Cinque Giornate. Ora, però, di giornate ne basteranno una o due, sabato 17 e domenica 18 aprile prossimi. Maggiori dettagli nel prossimo numero (Un Fratello Bandiera)
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UN PREMIO A CHI CI PORTA UN "ISLAMICO MODERATO"
Mohammad d’Italia, e fatelo ‘sto corteo!
All’indomani della strage di Madrid, dopo che decine e decine di atti di terrorismo sempre più sanguinosi, compiuti in nome dell’Islam o da credenti islamici, hanno gettato lutto e dolore in America, Africa, Asia ed Europa, le comunità arabe e islamiche europee hanno deciso, come negli Stati Uniti dopo l’11 settembre - di organizzare una grande manifestazione pubblica per condannare duramente il terrorismo e segnare un varco incolmabile tra gli islamici fanatici che uccidono e gli islamici sensati e democratici che lavorano. Grandi cortei di massa dovrebbero tenersi di qui a poco in ogni capitale europea, con striscioni e slogan realizzati dagli stessi lavoratori immigrati, a significare che il popolo silenzioso e responsabile che in Europa ha scelto di vivere e lavorare vuole smentire il deprecabile luogo comune che vorrebbe gli islamici tutti estremisti e inadatti ad una normale vita civile e democratica. In questo modo gli islamici immigrati porrebbero le premesse per un loro futuro inserimento nella società europea: stessi doveri, sì, ma anche stessi diritti.
Vi piacerebbe, eh? Tutto inventato. Una provocazione bell’e buona. Non ci sarà nessun corteo islamico di protesta contro il terrorismo. Figuriamoci. Forse - ma vorremmo essere smentiti - non ci sono neanche veri arabi e islamici moderati. Almeno da noi. Chiederemo ad Emma Bonino se per caso ne esistono al Cairo, visto che lei ormai vive là. Quindi niente gesto di alto valore simbolico per noi europei. Ed anzi temiamo che delle preoccupazioni di noi europei gli islamici immigrati non si preoccupino affatto. D’accordo, non sono abituati ai cortei e alle manifestazioni Sarà, però la tv araba Al Jazira ce ne trasmette una al giorno. E vabbè, sono intimiditi o anche inebetiti dai lavori faticosi a cui sono costretti. Altro che politica: devono innanzitutto mangiare e dormire. Tutto questo lo sappiamo. Però… però… Esisteranno pure degli islamici immigrati meno diseredati e più consapevoli di altri. Perché non si dissociano?
Ma soprattutto, che pensare dell’assordante silenzio degli Stati arabi? Non uno che si sia levato a condannare ufficialmente le stragi del terrorismo islamico. Tanto più che Arabia Saudita & C. sono l’obiettivo immediato, "politico", di Bin Laden e soci. E’ in atto una grande sceneggiata musulmana, con una precisa suddivisione di ruoli. E gli scemi pensano che sia vincente. Ma non basta pagare i diseredati perché si mettano su barchette in balia delle onde verso l’Europa, approfittando del pietismo cristiano, a fare da quinte colonne per imporre un domani una sottocultura fascista. In realtà, tutti, attori e registi, prima o poi se la dovranno vedere con noi. Per noi liberali, sia chiaro, sono tutti complici. Si ricordino che cosa abbiamo fatto al nazismo, che era un po’ come l’islamismo, ma molto, molto più organizzato (Il ragazzo del bar all’angolo)
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PICCOLI NEGOZI: IN ITALIA SONO TROPPI E FUORI MERCATO
Bottega mia, quanto mi costi. Il boom dei "discount"
Viste dal satellite le città d’Italia devono apparire come una successione quasi ininterrotta di bar, ristoranti e chiese. Distribuiti spesso in modo assurdo. Ridondanza barocca, diciamo noi buttandola sullo pseudo-culturale. Sprechi atavici d’un popolo irrazionale, direbbero gli inglesi, la nostra coscienza critica, perché come noi individualisti, ma a differenza di noi logici o almeno pratici ed economi. A Roma i turisti stranieri restano interdetti di fronte ai bar appaiati, e nel centro storico alle due o tre chiese entro 100 metri. Magari chiuse. Ecco, non vorremmo che anche i piccoli esercizi commerciali italiani, in gran parte fuori mercato, facessero la stessa fine.
Le chiese, certo, ormai ce le teniamo: in certi casi sono ottimi musei. Ma le salumerie, i caffè, le trattorie in eccesso? "Paese di bottegai", sapevamo di esserlo. Ma di bottegai falliti o incapaci, no. Eppure questo è il dato inquietante che emerge da tutte le indagini recenti. Le chiusure e i fallimenti nel piccolo commercio non si contano. Italia la concorrenza nella distribuzione e nel commercio al dettaglio non funziona per tanti motivi, di cui uno macroscopico e sotto gli occhi di tutti: siamo il paese che ha più botteghe in assoluto e per numero di abitanti dell’intera Europa.
Ed è proprio dalle piccole botteghe, che i tradizionalisti preferiscono per quel tanto (o poco, ormai, viste certe commesse…) di rapporto umano che si instaura tra venditore e compratore, che è partita la valanga dell’inflazione dei prezzi. Un "rapporto umano" fasullo, che ci è costato miliardi di euro dal giorno dell’abbandono della lira. Perché è proprio nei piccoli esercizi che si è consumato, su scala nazionale, quel piccolo grande imbroglio che, approfittando della confusione del cambio, ha danneggiato i compratori distratti e casuali, frettolosi, timidi, le casalinghe sprovvedute, gli studenti, i pensionati. Lì per lì la domanda, timida e immatura, si è adeguata ai nuovi prezzi gonfiati dal commercio al dettaglio. Poi, fatti i conti a fine mese o trimestre, ha scoperto l’inganno e ha deciso da allora in poi di comprare di meno, in modo indiscriminato. Contribuendo così al rallentamento di tutto il mercato.
Ora i commercianti al dettaglio si lamentano, perché è arrivata anche a loro l’ondata di ritorno della crisi di domanda. E cominciano a ristrutturarsi, a licenziare commessi, ad abbassare qualche prezzo. E scrivono accorate lettere ai giornali: "Ma perché i media parlano sempre e tanto dei problemi che affliggono i lavoratori dipendenti e non parlano mai dei tanti piccoli negozianti che hanno chiuso grazie all'invasione della grande distribuzione?" (Giovanni Sicuro, sul Corriere). Ma è sicuro, sig.Giovanni, di essere tagliato per fare il commerciante? Non si è accorto che ormai gli italiani, che nella loro concezione infantile del mercato si sentono "traditi" e "truffati" dai piccoli negozianti, hanno scoperto i supermercati di marca e, meglio ancora, i supermercati "discount" che vendono ottimi prodotti senza marchi famosi e senza pubblicità, al 20, al 30, al 50 per cento e oltre in meno? Caro sig. Sicuro, ormai quelli sono tutti clienti persi per le botteghe, se ne vuole rendere conto?
E tra i commercianti al minuto, "chi è causa del suo mal…" se la prenda con se stesso o con i colleghi. La modernizzazione del commercio in Italia passa anche per la riduzione drastica dei punti di vendita e la creazione di migliaia di nuovi supermercati discount, dove i cittadini consumatori non pagano inutili spese di pubblicità in tv, sui cartelloni stradali o sui giornali. E a questi "discount" di quartiere, spesso dall’aspetto dimesso, con personale un po’ trasandato e prodotti accatastati in modo disordinato, deve andare tutta la gratitudine degli italiani. Sono loro, solo loro, che dal passaggio lira-euro ad oggi hanno garantito eroicamente più o meno gli stessi prezzi in tre anni, come abbiamo controllato di persona.
Questi supermercati, "no logo" ma in modo liberale, sono noti alle casalinghe attente alle etichette perché un’ottima crema di cioccolato e nocciole si chiama solo "Crema di cioccolato e nocciole" (e costa la metà), un detersivo uguale agli altri famosi ha la scritta "Sapone per il bucato a mano" (e costa la metà), il panettone riporta sulla confezione "Panettone tradizionale" (e costa la metà), e così via di articolo in articolo. Questi "discount" sono stati finora la sponda del Piave della economia domestica italiana. E nessuno glielo riconosce. Altro che negozietti dove tutto è costoso, vecchio, forse anti-igienico, e magari ti fregano anche sul conto. I supermercati e soprattutto i discount meriterebbero una medaglia d’oro dal ministro dell’Economia. Non ci ha pensato Tremonti? In fondo il Tesoro se la caverebbe con poco: i grandi distributori e i discount non sono più di una ventina (Eliana di Porta Ticinese)
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UNA LESBICA LIBERALE DI PAVIA PROTESTA
Gay: "Anche le virtù piccolo-borghesi sono un diritto…"
Non mi è piaciuto il vostro articolo sui gay (Salon Voltaire n.3) in cui con la scusa dell’humour su tutto e tutti si faceva dell’ironia sui gay di oggi, che sarebbero imborghesiti a tal punto da cercare la coppia fissa riconosciuta, e perfino il matrimonio rituale, con annessi e connessi burocratico-assistenziali che hanno mandato in bestia l’articolista. Ormai non restano che i gay – diceva, con una battuta da bar – a volere il matrimonio. Dov’è l’antico spirito eroico e anticonformista degli anni Settanta? sembrava chiedersi il sessantottino in ritardo. Ora, io non so se definirlo reazionario (con la scusa dello spirito, getta di nuovo fango sui gay) o alternativo-snob. Eh sì, perché è insopportabile chiunque oggi ci venga a dire che cosa dovremmo chiedere, chi ci vuole suggerire i "grandi temi di libertà", piuttosto che le piccole cose concrete della vita di ogni giorno. Un paternalismo tanto più odioso quanto più si ammanta di liberalismo radical-chic. Un tempo queste cose ce le dicevano i comunisti: ora me le devo sentire dire da un "liberale"?
Come lesbica liberale, che abita in una piccola cittadina in provincia di Pavia e sa bene che cosa vuole dire il controllo sociale e il conformismo di massa in un piccolo centro, tengo eccome alle mie piccole conquiste d’ogni giorno, ebbene sì, alla normalità borghese. La vogliamo chiamare "rispettabilità"? E chiamiamola così. Be’ è proprio quello che noi vogliamo. Che dovrei fare per piacere al signorino liberal-snob che ha scritto con leggerezza il pezzo con compiciuto divertimento: fare la rivoluzionaria, denudarmi sul sagrato della chiesa del paese, scopare in pubblico con la mia compagna, esporre cartelli contro il matrimonio nel bel mezzo della Sala Comunale? Così sarei credibile ai suoi occhi, solo perché il signorino si sente così terribilmente "contestativo"? Peccato, perché il resto del Salon Voltaire mi piaceva molto. Davvero una caduta di stile (L’architetta dell’ultimo piano)
Cara amica, abbiamo imparato dalla gente di spettacolo a vedere il bicchiere "mezzo pieno", e perciò la ringraziamo per la mezza riga di lode e la signorilità di non aver chiesto l’unsubscribe. Ma davvero siamo rimasti a bocca aperta nel leggere la email (che, ci scuserà, abbiamo riscritto e sintetizzato, togliendo la firma: cosa che facciamo con tutti i testi per scelta redazionale). Lei ci risponde troppo seriosamente, mia cara. Come se volesse sottoporsi eroicamente ad un peso troppo gravoso: portare sulle spalle tutti i gay del mondo. Guardi che molti di loro hanno anche senso dell’humour e insofferenza per la politica del loro movimento. Tanto è vero che da uno di loro, un giovane di Roma, ci è venuto lo spunto per sostenere che ormai spirito individualista e libertarismo sono lontani dal movimento gay, sempre più trasformato in una specie di sindacato conformista e politico-burocratico di sinistra. E in quanto alle virtù piccolo-borghesi, la assicuriamo che una parte della nostra personalità (non più della metà, però) ne è saggiamente intrisa. Poi, però, esiste anche l’altra metà. Ammettiamo che la brevità possa aver reso schematico e rude il nostro ragionamento. Ma provi a rileggere le poche righe incriminate: possibile che non vi legga l’insofferenza per il conformismo del "pensiero corretto" e l’aspetto paradossale dell’intera faccenda? Guardi che la satira, come l’humour, non è né di sinistra né di destra. Ma sta al di sopra. (Il vinattiere astemio)
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I RETROSCENA DEL RITIRO DEL DECRETO SULLA CACCIA
Berlusconi toglie gli uccelli dalle mani di Alemanno
Un retroscena sfuggito ai giornalisti si è svolto tra il 4 e il 5 marzo scorso in un incontro tenuto a Roma in via del Plebiscito, studio e abitazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. L’incontro, che deve avere avuto momenti - diciamo così - concitati, è stato riferito da M. Cristina Caretta, segretaria dell’on.Berlato, Presidente della Confavi (la federazione dei cacciatori), ed è stato riportato dalla Lac-Newsletter 864.
Che è successo di tanto strano? La nuova legge "permissiva" sulla caccia proposta dal ministro Alemanno (AN), accusata di essere stata scritta sotto dettatura dai cacciatori e di sterminare la fauna, è stata bloccata da Berlusconi in persona, che - particolare curioso - vi ha dedicato parecchio tempo. Del resto lo conoscevamo già come cantante-allenatore-artdirector-programmista e imprenditore "faso tuto mi". E non era lui, dopotutto, che a fine giornata spegneva le luci a Mediaset?
Ad ogni modo, attingiamo per sommi capi dalla relazione, prima della riunione, il sottosegretario Scarpa ha anticipato che Forza Italia era contraria ad approvare il disegno di legge in Consiglio dei Ministri, anche per non esporre il Presidente agli attacchi del mondo ambientalista, con ripercussioni negative sui mezzi di informazione.
Arriva Berlusconi e dopo aver chiesto ai promotori della legge di esporre le loro ragioni premette che comunque la decisione sua e di Forza Italia è di non votare il disegno di legge sulla caccia in Consiglio dei Ministri. I sondaggi - rivela - dicono che in Forza Italia il 97 per cento è contrario, che la maggioranza degli italiani è contro la caccia, che l'iniziativa del ministro Alemanno è osteggiata dall'opinione pubblica, non solo ambientalista, e perfino da una parte del mondo venatorio. Per questo ritiene inopportuno politicamente un disegno di legge del Governo. Nessuna obiezione, invece, a un progetto di iniziativa parlamentare di AN, se ci tiene tanto ai cacciatori.
Il ministro Alemanno ha replicato sostenendo che, anche se gli italiani fossero contrari, è dovere del Governo dare una risposta ad una categoria che dell'attività venatoria fa una ragione di vita e che merita una normativa equiparabile alle altre già in vigore in Europa. L'on. Berlato, poi, ha voluto sfatare il "luogo comune" degli italiani contrari alla caccia: come mai allora nei ben 19 referendum (17 regionali e 2 nazionali) tenuti in Italia negli ultimi venti anni non hanno mai prevalso le tesi anticaccia? [Perché - ci permettiamo di rispondere – ora la Cassazione, ora la Corte Costituzionale, ora la stanchezza verso l’abusato strumento referendario, hanno impedito di fatto una vera consultazione, NdR].
Berlusconi, però, dopo aver tolto di mano i poveri uccelli dalle mani del bellicoso Alemanno, confermando in seguito il suo no deciso in pieno Consiglio dei Ministri, si è in ultima analisi lavato le mani della sorte dell’avifauna e delle specie cacciabili in generale, perché ha assicurato a Berlato e al ministro dell’Agricoltura che FI non si sarebbe opposta ad un disegno di legge dello stesso tenore presentato in Parlamento da AN. Anche a costo – avrebbe detto Berlusconi – di provocare uno spostamento dei voti dei cacciatori da FI ad AN.
Stavamo per plaudire, finalmente, ad un intervento del Presidente del consiglio, ma questa doppiezza tra "essere" e "apparire", questo non avere mai idee proprie, ma basarsi sempre e solo sui sondaggi, questo salvare gli animali in Consiglio dei Ministri, per condannarli poi in Parlamento, ci hanno gelato. Non che siano tipici di Berlusconi e di questo governo, diciamolo per onestà: sono tipici della politica in genere e di quella italiana in particolare. Però, ammettiamolo, vista l’eroica premessa del no in faccia al rocciatore Alemanno, con un passato da duro della politica extraparlamentare, ci aveva fatto sperare. (Siora Clotilde alle Fondamenta Nuove)
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NUOVE LOBBIES: IL FUAN ("FUMATORI ANARCHICI")
"Siete per l’igiene? E io disdico il Salon Voltaire"
Le tecniche del comico sono ben note. Fa ridere, per esempio, un omaccione grande e grosso come Oliver Hardy, che mostri atteggiamento e comportamento da bambino. Perché infrange la "norma", disattende l’aspettativa. Ma se quell’uomo adulto facesse parte della classe dirigente o fosse un uomo "di cultura", altro che ridere, ti metteresti le mani nei capelli. Perché uno si aspetta che un uomo di cultura o di responsabilità abbia maggiori strumenti intellettuali (personalità) per attutire le punte del carattere. E invece che accade? Che al dunque, anche molti uomini della classe dirigente ("digerente" scrisse per refùso un tipografo, e non volendo fece satira…), più che personalità mostrano carattere.
Un articolo di Salon Voltaire sul divieto di fumo sui treni, scritto con una certa partcipazione, ha sollevato le ire di due fumatori liberali. Non dirò i nomi delle persone neanche sotto tortura, per rispetto della riservatezza e perché non è liberale mettere la gente alla gogna. Ognuno ha diritto ai suoi errori, ci mancherebbe altro. Uno ha mandato solo l’unsubscribe, la convenzionale disdetta. L’altro, però, non bastandogli un semplice no per un così grave "torto", ha aggiunto due righe di motivazione che ci hanno lasciati di sasso: "Non desidero più ricevere questa newsletter, nè alcun documento in cui si neghi il mio diritto di fumare in una carrozza riservata ai fumatori. L'intolleranza rivestita di proclami "liberali" è il peggior nemico della libertà".
"Intolleranza"? Ma, caro amico, davvero il mondo è vario. Noi come tutti i liberali siamo per la libertà totale dell’errore e dell’errante. Anche la sottospecie dell’igienista liberale, non vuole né deve imporre nulla a nessuno, tantomeno "per il suo bene". Lei vuole suicidarsi? Senza ironia, difenderemo fino all’ultimo questa sua volontà, così diversa dalla nostra. Ma qui il problema è un altro. Il provvedimento Sirchia vuole proprio prevenire la intolleranza di certi fumatori che impongono il loro fumo anche agli altri che non vogliono. Mai sentito parlare di "fumo passivo"? Chi è che fa violenza ed è illiberale? Il problema, caro amico, è solo suo. Quando lei fumava in una carrozza "riservata ai fumatori" sottoponeva a trattamento tossico violento - cioè non voluto - non solo gli altri fumatori, ma anche controllori, capotreno, venditori di bibite, passeggeri non fumatori saliti all’ultimo momento sul treno in partenza o alla ricerca d’una toilette libera. Possibile che non se ne renda conto? Siamo imbarazzati, anche se psicologicamente comprensivi, ogni volta che in una persona di cultura l’emotività infantile prevale sulla sua intelligenza. Ma se per lei, la "libertà" è un mozzicone di sigaretta, mi scusi, non ha capito nulla della libertà (La donna delle pulizie)
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STEREOTIPI PROVINCIALI DELLA SOTTO-ITALIA DEL TEMPO CHE FU
Inglese per i mercanti, francese per gli ignoranti
Come il veneziano, lo stesso italiano, il latino, il fenicio e il greco nell’antichità, le lingue hanno viaggiato e si sono espanse soprattutto attraverso i commerci. Può non piacere a qualche esteta snob nutrito a pane e poesia crepuscolare, insalata e filosofia presocratica, convinto che le lingue siano create da poeti pallidi e smunti, se non dagli stessi Dei (tanto c’è sempre qualcun altro più volgare che produce i beni materiali indispensabili…). Ma è così. E qualche volta, addirittura, una lingua avanza insieme con gli eserciti: le quadrate legioni di Cesare o le armate di Churchill e Eisenhower. E con ciò?
Macché, sembra che questo non piaccia al fine esegeta a tutto campo Mauro Della Porta Raffo, così bravo a trovare il pelo nell’uovo e a contestare tutti gli errori del Creato, tranne i propri. Non nascondiamo che in passato alcune sue correzioni con matita blu degli articoli dei giornali più diffusi, ci hanno procurato istanti di piccolo godimento sadistico. Ma ora l’acredine di MDPR si rivolge contro un obiettivo sbagliato: la lingua inglese. Criticando la scelta rivoluzionaria di far studiare l’inglese già alle elementari, come vuole la riforma della scuola del ministro Moratti, una delle poche cose discrete realizzate dal governo Berlusconi, il nostro storce snobisticamente il naso mostrando di preferire in sostanza - come un tempo le anziane insegnanti del Sud - il francese dal dolce suono all’inglese, pratica e aspra lingua di mercanti.
E la dura Nèmesi, dea del contrappasso, ha voluto che un lettore del Corriere, Luciano Scavizzi, finalmente, bacchettasse questo luogo comune dell’Italietta di provincia - ma di provincia depressa - fatto proprio dal MDPR, la cui lettera è emblematica - scrive - di quella puzzetta sotto al naso verso la cultura tecnico-scientifica, grazie alla quale oggi in Italia una vera formazione scientifica non riesce ad aversi prima dell’università (mentre in compenso abbondiamo di analfabeti di ritorno del greco e del latino. Suggerisco al Della Porta Raffo di leggere un’antologia di autori inglesi e americani. Chissà che con un po' di buona volontà non possa tra qualche anno arrivare a leggere anche Adam Smith, guadagnando così materiale a sostegno della sua visione dell'inglese lingua "serva dei mercanti. E la lettrice Janet Butler: ma ha mai letto in lingua originale le tante squisite poesie inglesi e le prose di Hawthorne, James, Austin? Si direbbe di no. Ma forse MDPR semplicemente non sa l’inglese. Ben dito, xe dise a Venezia. Il che vale al nostro Luciano e alla nostra Janet un abbonamento al "Salon Voltaire" (Gaspara Press)
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FANATISMO ARABO COME UN NUOVO NAZISMO
Hitler terrorista e la riscossa del liberalismo
Novecento "secolo buio" di Stalin e Hitler, Mussolini e Ceausescu, Franco e Hoxa, Tito e Castro. Una vulgata molto diffusa vorrebbe, però, che dopo il secolo XX caratterizzato dai totalitarismi di destra e sinistra (fateci caso: sempre con il "socialismo" dentro, però), il secolo XXI sia destinato ad essere un secolo "liberale". Macché, tutte convenzionali sciocchezze, sostiene Paul Berman, un intellettuale di sinistra contrario a Bush che in Europa sarebbe considerato un "liberale di sinistra". L’era dei totalitarismi non è affatto terminata, dice nel suo libro Terrore e liberalismo (pp. 255, 13,50),. Anzi, oggi, si sta imponendo un nazismo ancora più pervasivo e fanatico, il fondamentalismo islamico. Che del resto ha in comune col nazismo almeno due elementi: il nazional-socialismo (con conseguente anticapitalismo e anti-liberalismo) e l’antisemitismo. Per battere il neo-nazismo islamico il liberalismo deve ricorrere a tutte le proprie risorse. Non bastano i mezzi militari e lo spionaggio. Ci vuole un’offensiva culturale, una grande appassionata mobilitazione delle intelligenze in nome della libertà. Berman non ama Bush e critica molte sue scelte, ma condivide il disegno dalla Casa Bianca di estirpare le radici del fanatismo in Oriente. Quindi - riferisce Antonio Carioti sul Corriere - prende a metaforici ceffoni tutta l’intellighenzia progressista, da José Saramago a Noam Chomsky, che ha fiato solo per condannare l’imperialismo americano, senza capire che lo scontro in atto è la prosecuzione della lotta contro Hitler e Stalin. (Nino Bisio)
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SCUOLE INGLESI CON "PAR CONDICIO"
"Anche lezioni d’ateismo nell’ora di religione"
In una società in cui sempre più persone si professano atee o agnostiche, i bambini dovrebbero imparare (coi fondamenti delle fedi tradizionali) i principi dei credi non religiosi. Lo ha proposto l'autorità che in Gran Bretagna regola i piani di studio delle scuole (la Qualification and Curriculum Authority). Ha spiegato un portavoce: "Ci sono molti bimbi e ragazzi che non sono affiliati ad alcuna fede e le loro credenze ... devono essere prese seriamente". Per il domenicale The Observer , la proposta darà vita a un duro dibattito. (La badante di Bertrand Russell)
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DAL BAGAGLIO IN AEROPORTO ALLA PARMALAT: 100 PESI E 100 MISURE
Fisco: debole con i forti, forte con i deboli
Vi ricordate la multe salatissima comminata a un ragazzo uscito dal bar di paese con in mano un gelato offertogli dallo zio barista, ma senza scontrino fiscale? E delle venti pagine fitte di "imputazioni" con 15 euro di multa per non aver esibito lo scontrino d’una lavanderia (20 euro per stiratura di camicie e pantaloni)? Altri tempi. Ora si prevede di eliminare addirittura questo biglietto magico che aveva costretto più d’un commerciante ad una condotta quasi virtuosa e rispettosa delle dure leggi della concorrenza. Le quali dicono che un commerciante che non paga le tasse si avvantaggia ingiustamente sui propri concorrenti che invece le pagano, sottraendogli acquirenti con prezzi più bassi, ma anche sui consumatori stessi perché può risistere più di loro in caso di un "braccio di ferro", per esempio uno scioperso della spesa della massaie, come quelli fatti negli Stati Uniti per boicottare la carne o un commerciante esoso.
Per le casalinghe più maliziose che spettegolano davanti al supermercato "discount" di quartiere, questo improvviso annuncio della fine dello scontrino sarebbe un regalo politico ad una categoria – quella dei commercianti - messa sotto accusa dopo le speculazioni sul cambio lira-euro. Sospetto che giriamo ai tanti "liberali" d’accatto italiani, convinti di ripercorrere le orme di Adam Smith difendendo sempre e comunque i produttori (ma produttori di che, nel caso del commercio?), anziché i consumatori che del commercio libero sono addirittura i "regolatori" e attori unici.
E già, gli acquirenti italiani non hanno l’aria di saperlo, ma la loro scelta sovrana tra marchi e prodotti simili, è equiparata da Schumpeter ad una vera e propria votazione tra liste politiche. Insomma, chi entra nel supermercato per acquistare ha la medesima funzione sociale di chi entra nel seggio elettorale per votare. Perciò lo scarso riconoscimento del valore liberale dell’acquisto sia dal governo di centro-destra che dall’opposizione di centro sinistra è un errore economico e un errore politico. Il liberalismo, infatti, non è un banale regolamento che riguarda solo banche e industrie, come alcuni politici provinciali mostrano di ritenere, ma una teoria o ideologia dell’individuo e della società. E si applica a tutto.
Resta il fatto che i controllori fiscali si intestardiscono a volta su inezie o contro soggetti marginali, lasciandosi scappare sotto gli occhi avventurieri di grosso calibro. Di recente un professore universitario della Sapienza (Roma), di ritorno come turista dalle sue consuete vacanze nei mari del sud si è visto perquisire borse e valigie alla ricerca di "pezzi" vietati, i soliti ricordi per turisti e gli oggetti elettronici ormai in vendita a prezzi stracciati ovunque. Mentre banche e aziende esportano miliardi di euro all’estero, senza che nessuno intervenga, il turista è multato con migliaia di euro se alla dogana supera la franchigia di 175 euro. "Abbiamo applicato leggi e regolamenti" dicono giustamente i tutori dell’ordine fiscale. Certo, le tante "grida spagnole" di cui parla Manzoni. Ma pensate se un "rigore" simile fosse stato applicato dai solerti finanzieri alla Parmalat o alla Cirio, o alle squadre di calcio che illudono le folle e falsano il campionato grazie a calciatori strapagati che – se il mercato non fosse protetto e fosse praticata la vera concorrenza - non potrebbero permettersi, visti i loro bilanci fallimentari. Insomma, decidiamoci: o andiamo verso la libera circolazione di beni e persone, o indietreggiamo verso una chiuso protezionismo socialista (La cassiera Giovanna)
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LA SCIENZA DISTRUGGE UN MITO: IL CIBO ANTICAPITALISTA
Ma "bio" è logico? Se è vegetale, no
"Non solo Dio non esiste - direbbe Woody Allen - ma anche il cibo biologico è un bluff". La censura pubblicitaria e l’ignoranza dei giornalisti italiani, che spesso trattano le notizie scientifiche senza conoscere l’abc della biologia, impediscono di gridarlo in tv e sulla stampa (però siamo riusciti a farlo uscire su "Panorama" e "La Macchina del Tempo", sia pure litigando con le redazione e senza essere pagati…cose che accadono solo in Italia). Perché oggi il "biologico" è un grande affare, e per di più un affare "di sinistra", quindi "politicamente corretto". Un articolo del genere, per esempio, sarebbe impossibile farlo uscire sulla Repubblica, e perfino sul Corriere della Sera. Il che la dice lunga su come le notizie scientifiche siano trattate dai giornali italiani.
Secondo varie ricerche, in Italia e negli Stati Uniti, è provato che i vegetali "biologici" venduti a caro prezzo (anche il 300 per cento in più) nei negozi specializzati non hanno "più vitamine", non sono "più nutrienti", né "più sani", né "più curativi" di quelli normali del supermercato. Anzi, oggi, paradossalmente, è quasi il contrario. Perché hanno insetticidi naturali più abbondanti, persistenti e talvolta più cancerogeni di quelli irrorati dall’uomo. La solita truffa? No, è madre natura, troppo spesso ignorata da coloro che la strumentalizzano a fini politici (Verdi) o economici. Ed è noto che la sinistra, che ha un passato povero, quando si dà agli affari è peggio di Attila. Secondo altri studi, anche la presunta superiorità protettiva e tossicologica di frutta, verdura, legumi e cereali "bio" sarebbe solo una diffusa leggenda.
Il primo rapporto del Progetto finalizzato "Determinanti di qualità dei prodotti dell’agricoltura biologica" coordinato dall’Istituto di ricerca sugli alimenti, prova che il contenuto di frutta (pesche, pere, susine, mele) e cereali (frumento duro e tenero) coltivati senza antiparassitari e con le più progredite tecniche biologiche, è del tutto simile a quello degli alimenti convenzionali. A conclusioni analoghe è giunto il Department of Crop and Soil Sciences della Washington State University in uno studio - pubblicato da "Nature" - sulle mele biologiche, a cura di John P. Reganold.
Le pesche bio hanno mostrato, è vero, più beta-carotene di quelle comuni (93 contro 49 microgrammi), ma le susine bio ne hanno di meno, solo 68 anziché 107. La vitamina C era quasi pari nei due tipi di pesche, più alta nelle pere bio, ma più bassa nelle susine bio. "Dati contrastanti o non significativi", è stato in sintesi il commento di Emilia Carnovale, responsabile del sotto-progetto nutrizionale. Le colture erano state curate dall’Istituto sperimentale di frutticoltura (Roma), dal Centro per l’incremento agricolo della Lombardia (Pavia), e dall’Università della Tuscia (Viterbo).
Talvolta nei frutti bio c’è qualche traccia in più di zucchero (fruttosio e sorbitolo). Nelle pesche italiane 5,9 invece di 5,2 grammi. Secondo la Carnovale, ciò è dovuto in realtà "al tipo di fertilizzazione del terreno e al grado di maturazione". Sono state trovate anche meno fibre. I chicchi di cereali erano più piccoli ("cariossidi striminzite") e con meno amido, il che ha falsato i dati delle proteine e dei sali (Rita Acquistucci e Marina Carcea). Per il resto, i vegetali biologici sono nutrienti e gustosi come gli altri. Però più piccoli e con qualche traccia in più di sali.
E sono davvero "privi di pesticidi"? Certo, mancano dieldrin, parathion e altri famigerati insetticidi "pesanti" del passato, molti dei quali cancerogeni. Ma questi mancano, da anni, anche nei cibi convenzionali ed economici dei supermercati. Anzi – ecco la "novità" davvero inquietante per il pubblico profano - in assenza della chimica dell’uomo, le piante sintetizzano per compensazione più pesticidi naturali propri, alcuni dei quali più persistenti, antinutritivi o cancerogeni di quelli artificiali. Una spia è l’aumento dei fenoli, come acido caffeico, clorogenico e catechine, che di per sé sono antiossidanti (quindi protettivi). Le susine bio ne avevano 70 anziché 42 milligrammi. Nel "biologico", quindi, anziché diminuire, aumentano i composti antinutritivi o tossici, insieme a quelli antiossidanti.
Certi vegetali sono naturalmente tossici. Se una ditta inventasse il basilico oggi, con le nuove leggi restrittive e i nuovi protocolli industriali, troverebbe alla porta i carabinieri del Nas, con tanto di mitra spianati. In laboratorio, infatti, un solo grammo in peso secco di basilico, sia pure "biologico", con i suoi 3,8 milligrammi di estragolo è 25 volte più cancerogeno del benzene, secondo un sensazionale studio di Ames, Magaw e Swirsky Gold su Science. Carcinogenicità elevata hanno mostrato decine di altre molecole naturali presenti in insalate, frutti, legumi, tuberi e cereali, tra cui idrossigenistina e kempferolo. Le patate semiselvatiche (oggi diremmo "biologiche") in passato avevano un alto tenore di solanina, poi ridotta dal trattamento con pesticidi "umani". Lo stesso per il pomodoro. Ancora nel primo ‘900 una va-rietà rustica di fagioli Lima o "di Spagna", ricca di acido cianidrico – un altro pesticida naturale –, provocò in Europa un’epidemia di intos-sicazioni e numerosi morti.
Altro che "cibi elettivi" della specie Uomo. "Le piante operano una selezione delle specie animali, uomo compreso", commenta il prof. Giuseppe Della Porta dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. Per il biologo Walter Mertz, già direttore dei laboratori di Nutrizione umana del Dipartimento di agricoltura degli Stati Uniti a Beltsville (Maryland), ogni vegetale considerato "cibo" dall’uomo contiene migliaia di sostanze chimiche naturali. Sono saponine, agglutinine, inibitori delle proteasi, polifenoli, fitormoni, antibiotici, fibre, fitati, amine, indoli, tiocianati, glucosidi, alcaloidi, micotossine ecc. Tutti pesticidi veri e propri, contro funghi, insetti, bruchi e roditori. Ma anche contro l’uomo. La scienza distrugge, così, il mito del Paradiso terrestre
La natura non è "buona", come credono i cattolici e i marxisti. Ogni giorno un uomo medio, e ancor più un vegetariano, assume col cibo diecimila parti di pesticidi naturali contro una sola di pesticidi artificiali, fino a un totale di 1,5 grammi. Lo ha calcolato il celebre biochimico Bruce Ames, guru della ricerca e inventore del test della salmonella per la mutagenesi. Tutte sostanze innocue, perché ormai vi siamo "abituati", come ritengono l’uomo della strada e anche qualche medico? Macché. I pesticidi biologici sono mutageni o cancerogeni nel 45 per cento dei casi. E non si degradano subito come quelli artificiali, ma sono terribilmente persistenti. Per nostra fortuna, però, nelle piante ci sono anche molti composti antiossidanti e anti-cancro, che spesso prevalgono, come nella dieta mediterranea tradizionale. Se no, il genere umano sarebbe scomparso da tempo.
Perciò la comunità scientifica è sempre stata scettica sul "biologico". Già aveva insospettito che i famosi epidemiologi Richard Doll e Robert Peto attribuissero ai cibi inquinati solo l’1-3 per cento dei tumori, e invece ben il 30-50 per cento alle diete errate. Negli Stati Uniti indizi sull’inconsistenza scientifica del "biologico" esistono fin dal 1990 (Omnis Committee). Nel 1995, dall’analisi di 3500 studi scientifici è emerso che tra le centinaia di alimenti rivelatisi preventivi o curativi in oltre 40 malattie, tumori compresi, nessuno era biologico, ma quasi tutti erano integrali, cioè consumati con la buccia (Manuale di terapie con gli alimenti, Oscar Mondadori, ed. 2000, pag.760). Anche per l’oncologo Umberto Veronesi, vegetariano, quella del "biologico" è una fisima senza fondamento, mentre porzioni abbondanti di verdure, frutta, legumi e cereali integrali costituiscono un reale prevenzione dai tumori.
E allora, se perfino "i cibi protettivi e anticancro non sono altro che i normali alimenti "inquinati" del supermercato", come ha osservato causticamente il prof. Silvio Garattini, farmacologo e direttore scientifico dell’Istituto Mario Negri di Milano, che cosa potrebbero offrire di più e di meglio i cosiddetti alimenti "biologici"? Vale la pena acquistare un vegetale a caro prezzo e talvolta non di prima qualità, con la speranza tutt’al più di un nanogrammo di pesticidi in meno su diecimila? Insomma, "bio" è logico?
Ecco perché già nel 1991 le autorità di Bruxelles nel regolamento 2092 sul commercio del cibo biologico hanno stabilito che "nell’etichettatura o nella pubblicità non possono essere contenute affermazioni che suggeriscano all’acquirente che l’indicazione di prodotto biologico costituisca una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore".
Ma come è iniziata questa rivoluzione copernicana? Da qualche anno la chimica degli antiparassitari è cambiata, grazie alle nuove legg e alla furbizia degli industriali. Al contrario di alcuni pesticidi naturali, nessuno dei nuovi composti si è rilevato in laboratorio della classe 1 o 2, cioè sicuramente cancerogeno per l’uomo. "Il loro rischio è molto limitato, perché sono più mirati ed efficaci a dosi minime. Alcuni sono stati creati copiando le molecole naturali", dice Della Porta, che è membro della Commissione di controllo della Sanità sui fitofarmaci. "Scienza e leggi hanno permesso minore tossicità, minore persistenza nel tempo, minori residui. Il rischio pesticidi oggi è inferiore su scala logaritmica, per esempio, ai rischi da sigaretta o da cattiva conservazione del cibo. Sempreché, s’intende, dosi e metodi corretti siano rispettati", conclude Della Porta. Un rischio analogo a quello dei pesticidi naturali. Talvolta inferiore. Il rotenone, pesticida naturale estratto da una radice, così come l’estratto di tabacco, usati in bioagricoltura, sono molto più tossici di certi fitofarmaci dell’ultima generazione. Eppure, grazie a un regolamento dell’allora ministro Pecoraro Scanio ("Norme di semplificazione"), oggi sono esenti da autorizzazioni.
Vantaggi? Solo per gli agricoltori. Smentito a tavola, ad eccezione di carni, uova e latticini (gli animali non sintetizzano pesticidi), spiazzato dai nuovi fitofarmaci poco tossici, il biologico si prende, però, una piccola rivincita nella pratica agricola. Riduce il rischio di overdose per gli agricoltori durante l’irrorazione. Giova anche alla salute degli animali e alla qualità del terreno, almeno per qualche settimana. Infatti, l’esperimento sulle mele biologiche dello Stato di Washington riferito da Nature ha accertato un impatto ambientale minore di 6,2 volte rispetto all’agricoltura convenzionale. E la bioagricoltura si è dimostrata un affare, in termini di reddito. Nello studio Usa, pur con raccolti inferiori, sono bastati i prezzi di mercato più alti e i costi più bassi ad assicurare agli imprenditori margini di guadagno medio più elevati. La natura smentisce, in poche parole, che il cibo possa essere "anticapitalista". E se proprio il "bio"guarisce da qualche malattia, questa è la povertà. (Sor Giovanni, il farmacista)