29 febbraio, 2008

 

Gonzi, attenzione: ecco la "libertà" della scienza secondo il Centro-destra

Vi ricordate gli "utili idioti"? Un tempo stavano a Sinistra, oggi sono quasi tutti a Destra. Eh, sono cambiati i tempi, signora mia. Sono quei "moderati" liberali (e qui, davvero, non si sa dove mettere le virgolette) che fanno finta di essere costretti pro bono pacis e turandosi il naso a votare Centro-destra come se paventassero chissà quali rivoluzioni marxistiche della Sinistra. "Moderati" di che, visto che non esistono in Italia - e neanche i Radicali lo sono -.degli estremisti del liberalismo? Sono moderati dell'intelligenza e del coraggio, due virtù che vanno spesso insieme: insieme stanno e insieme difettano.
L'opinione pubblica "moderata" che dovesse votare per questa gente, dopo quanto è accaduto contro il presidente del CNR, altro che "moderata", sarà considerata piuttosto estremista. Diciamo, del più classico clerico-fascismo.
E’ accaduto che quella profonda pensatrice e fine diplomatica della Carlucci abbia attaccato volgarmente un grande scienziato che ha onorato l’Italia anche all’estero, coinvolgendo anche fior di scienziati stranieri e facendo fare all’Italia una figuraccia. Senza pudore. Senza nessun amore non dirò della libertà e della scienza, ma della stessa Italia.
Davvero, scusate, è troppo per un liberale. Basterebbe questo episodio marginale per radiare per sempre dal consesso civile certi politicanti. E per non votarli mai più. Gonzi e creduloni di Destra, siete avvertiti: non potete continuare a "sbagliare", a illudervi. D’ora in poi sarete complici di un vero e proprio atteggiamento reazionario e clerico-fascista. Che detto da liberali cavourriani, dovrebbe mettere in allarme tutte le persone per bene.
La Carlucci, e soprattutto chi le sta dietro, fanno rimpiangere a chiunque sia davvero liberale il ministro Scelba, quello che manifestava disprezzo per il "culturame". Anche perché, ammettiamolo, quel gatto sarà stato pure selvatico, sottoculturale e di provincia, ma almeno i topi li prendeva. Cioè, la criminalità sapeva combatterla. Invece, questi gatti reazionari di finta-Destra, infiltrati anti-liberali con la divisa liberale (ormai è chiarissima la loro tattica), non solo non prendono i topi, ma umiliano la libertà come mai era accaduto dai tempi del Fascismo. Senza alcuna esagerazione.
Leggete l’inquietante vicenda e poi ditemi se ho calcato la mano. Anzi, sono stato troppo leggero. Leggete qua, e poi andate a ritroso ai passaggi dell'obbrobriosa polemica, a quanto riporta un blog che cita le lettere intercorse tra Italia e Regno Unito. E se anche un terzo delle cose scritte dovesse essere vero, che vergogna per l'Italia, per noi liberali, per la cosiddetta "opinione pubblica" non si sa se moderata o estremista che si appresta a votare certa gente.

11 febbraio, 2008

 

Le ceneri di Pannunzio e una rievocazione a Pera. I "neo-con" come il Pci

Oggi all’Università di Torino il prof. Pera, già presidente del Senato, teorico del movimento neo-conservatore e "cattolicista" (la libertà e l’esistenza stessa dell’Occidente si tutelano non aumentando il tasso di liberalismo, ma imponendo le tradizioni della Chiesa), ha commemorato l’intellettuale e giornalista liberale Mario Pannunzio nel quarantennale della scomparsa. Uno scandalo.
La scelta di un oratore così lontano, addirittura in opposizione alle idee di Pannunzio, che prima su "Risorgimento Liberale" e poi sul "Mondo" fu coraggioso suscitatore di energie e coalizioni ispirate al più severo e tipico laicismo liberale, mettendo alla berlina proprio il conservatorismo e il clericalismo dei finti "liberali", è stata vista dai liberali per quello che è: una provocazione.
Non sappiamo a chi si debba una scelta tanto infelice da ritorcersi contro chi l’ha ideata come un doloroso boomerang di inadeguatezza e dilettantismo, visto che un accostamento del genere avrebbe procurato ad uno studente del primo anno di scienze politiche una solenne bocciatura. Ma certo, quello che traspare da questo ennesimo episodio di infiltrazione d’un certo demi monde di giornalisti, politici e docenti in passato mai stato liberale, semmai proveniente dal Pci, dal marxismo o da una generica Sinistra antiliberale, è evidente.
Penetrare della sguarnita cittadella liberale, ora che il Liberalismo ha vinto ed è premiato da una valenza semantica positiva, impossessarsi di nomi e simboli, spacciare l’ideologia reazionaria per "liberale moderata" dando ai liberali veri l’etichetta di radicali estremisti, spostare all’estrema Destra il Liberalismo italiano, insomma cambiarne il significato. Perfino l’invenzione di distinzioni terminologiche bocciate da qualunque vocabolario (laico-laicista, "Liberal"), lascia pensare ad una preordinata e vasta operazione di mistificazione degna del comunismo di Stalin, a cui alcuni esponenti neo-con facevano riferimento da giovani.
Tutto stanno tentando e tentano gli ex-comunisti, anche a costo del ridicolo, pur di prendere il posto onorato dei liberali. Ci provò negli anni 50 lo stesso Togliatti su "Rinascita" e "l’Unità", elogiando da una parte Gobetti e Croce, ma scagliandosi duramente contro l’intelligente Pannunzio che sul "Mondo" mostrava di aver capito tutto della tattica staliniana, tesa ad avvalorare una finta via "liberale" che avrebbe dovuto sedurre i giovani intellettuali emergenti della borghesia e portare nuova linfa al Pci. Come infatti poi avvenne. E perciò gli Alicata, gli Amendola i Napolitano furono furbamente accreditati di un certo qual "liberalismo" (miglioristi) per catturare i voti "perbene" di frange laiciste e moderate della borghesia. I comunisti erano i maestri dell’infiltrazione. Come meravigliarsi, perciò, se i loro eredi "neo-con" (fortuna che in francese vuol dire "nuovi cretini") e "cattolicisti" – guarda caso quasi tutti ex rossi e maestri di tattica – si dimostrano così sfacciati nel praticare il vecchio sistema dell’entrismo e nel truccare le carte in tavola?
Quando si sveglieranno i liberali?
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Sull'argomento, ecco l'articolo di Massimo Teodori apparso sulla Stampa dell'8 febbraio:
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Il fondatore del "Mondo" moriva 40 anni fa, ma la sua lezione non ha avuto veri eredi
PANNUNZIANI IMMAGINARI
di Massimo Teodori
E’ mancato un uomo "intransigentemente antifascista in nome dell’intelligenza, intransigentemente anticomunista in nome della libertà, intransigentemente anticlericale in nome della ragione": così scrissero La Stampa, Le Monde e The Times alla morte di Mario Pannunzio, quarant’anni fa. Si rende necessario oggi, nel momento in cui tanti giornalisti e politici vogliono accreditarsi come eredi del grande laico-liberale, richiamarne alla memoria la singolarità umana ed intellettuale che rende vane tutte le rivendicazioni di continuità con Il Mondo, di cui Pannunzio fu iniziatore, regista e leader carismatico.
Si è soliti qualificare Pannunzio grande direttore, maestro di giornalismo, raffinato uomo di cultura e continuatore dello "stile Longanesi". Attribuzioni tutte che hanno qualcosa di vero, insufficienti però a cogliere il nucleo più profondo ed autentico dell’opera sua, nitidamente iscritta nelle pagine di Risorgimento liberale (1944-47) e del Mondo (1949-66). Il direttore fu a tutto tondo un intellettuale antitotalitario che avvertì il dovere morale di farsi uomo politico per parlare alto e forte, in nome della libertà e della verità, contro gli integralismi e gli opportunismi: "L’uomo politico, se non vuole essere un puro faccendiere, è anch’esso un intellettuale, che vive pubblicamente e che fa con naturalezza la sua parte nella società".
L’energia di Pannunzio si indirizzò soprattutto a rendere possibile il "miracolo politico" di colmare il grande vuoto della Repubblica, ossia la formazione di una terza forza liberale e democratica in grado di dare risposte europee ed occidentali all’Italia in trasformazione. Tale impresa, che non riuscì né agli azionisti, né ai liberali che si attestarono sulla sponda conservatrice, né ai socialisti democratici e ai repubblicani che coltivarono gelosamente le radici storiche, finalmente trovò ne Il Mondo il suo alto laboratorio. Solo Pannunzio riuscì a mettere insieme nelle pagine della rivista una terza forza che espresse, prima con l’appoggio critico al centrismo e poi nei prodromi del centro-sinistra, una linea pragmatica liberaldemocratica e riformatrice capace di confrontarsi con i giganti democristiani e comunisti e con i nani conservatori e reazionari. Certo Pannunzio diede vita solo ad una rivista, ma attraverso di essa e con i collegati convegni a tema (1955-62), fu possibile la preparazione di una piattaforma politica concreta, niente affatto utopistica o illuministica, che si addiceva ai bisogni del tempo, anche se poi fu tradita dal centro-sinistra.
È vero, si trattò di un gruppo di pressione privo di quell’esercito partitico ed elettorale che fu sempre destinato al fallimento. Ma senza la determinazione intellettuale, la chiarezza politica e la forza carismatica di Pannunzio non sarebbe neppure esistito quell’isola liberaldemocratica in grado di mettere insieme persone di diversi orizzonti ideali - crociani e salveminiani, idealisti ed empiristi, cattolici liberali ed anticlericali volterriani.
Continuano a circolare diversi luoghi comuni sul mito di Pannunzio. Ma il suo a-fascismo degli anni Trenta non ebbe nulla a che fare con il frondismo di Longanesi che nel dopoguerra divenne l’avversario qualunquista e Borghese del Mondo. Il suo anticomunismo non fece sconti agli "utili idioti" che fiancheggiavano il Pci calpestando la libertà e l’autonomia della cultura. Ed il suo laicismo ebbe come bersaglio quei clericali che anche allora volevano indicare cosa è la "vera laicità": sicché viene oggi da sorridere quando un esponente di Forza Italia, che ha espresso il giudizio secondo cui "il laicismo è peggiore del nazismo e del comunismo", pretende di parlare sull’origine tocquevilliana del liberalismo di Pannunzio.
A quarant’anni dalla scomparsa è meglio stendere un velo su quanti si proclamano eredi, e dedicarsi piuttosto a rileggere testualmente il legato del grande antitotalitario: "Per anni abbiamo sollecitato socialisti e repubblicani, liberali autentici ed indipendenti, a costruire alleanze democratiche, fronti laici, terze forze; abbiamo denunciato l’invadenza clericale, il sottogoverno delle maggioranze, i connubi tra mondo politico e mondo economico. Abbiamo deplorato con ostinazione la chiusura irrimediabile del mondo comunista alle sollecitazioni della libertà". Era il 1966, eppure sembra quasi la parola giusta per l’oggi.

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