30 settembre, 2006

 

Esperti del commercio mondiale (Wto) contro l'Europa sugli Ogm

Non solo l'Europa ha decretato una moratoria sull'introduzione degli alimenti provenienti da piante modificate geneticamente (Ogm), ma per conto loro vari Stati europei hanno posto il veto all'ingresso nel loro territorio di questi alimenti, quasi sempre dall'America (Nord e Sud). Hanno opposto, sulla spinta di un'opinione pubblica timorosa e poco informata sulle cose scientifiche, un generico "principio di precauzione" che in altri casi è doveroso. In questo caso, infatti, non si tratta di sperimentare nuove molecole chimiche come farmaci, additivi o insetticidi, ma di continuare ad usare alimenti ben noti, a cui sono state modificate in minima parte alcune informazioni geniche.
E, anche a voler essere diffidenti, bisogna tener conto che l'ormai decennale sperimentazione "in vivo" sui consumatori americani di alimenti Ogm non ha fatto registrare apprezzabili conseguenze negative sulla salute.
In Brasile e negli Stati Uniti non sembra che la gente abbia più tumori, infarti, allergie o raffreddori per gli Ogm. Quel che è certo, è che avrà alimenti con minori residui di pesticidi, visto che soprattutto a questo serve la manipoliazione dei geni. Anche se, poi - consentitemi una parentesi - i pesticidi moderni non sono quelli di vent'anni fa: oggi non ci sono più in commercio le molecole di antiparassitari della categoria AA ("sicuramente cancerogeni per l'uomo"). E oggi sappiamo, per di più, che la Natura mette pesticidi propri, naturali, alcuni potentissimi, praticamente in ogni alimento vegetale. Non tutti dannosi o cancerogeni, anzi, parecchi sono addirittura utili a prevenire le malattie grazie al loro potere antiossidante. Questi pesticidi naturali, comunque, sia dannnosi sia utili, non si possono vietare per legge come quelli artificiali prodotti dall'uomo. Possono soltanto essere modulati, cioè ridotti o eliminati, modificando - appunto - le informazioni geniche.
Ma torniamo al commercio mondiale.
Ora gli esperti dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contestano l'Unione europea sugli organismi geneticamente modificati. Lo stop deciso dall'Ue fra il 1998 ed il 2003, e i provvedimenti presi per alcuni prodotti specifici, violano le norme della Wto, sostiene il gruppo di tre esperti presieduto dallo svizzero Christian Häberli.
Nel loro rapporto di oltre mille pagine, gli esperti fanno notare in particolare che le misure di salvaguardia prese da alcuni Stati dell'Ue, come Austria, Francia, Germania, Grecia e Lussemburgo, sono contrarie a diverse disposizioni della Wto.
Gli Stati Uniti, l'Argentina e il Canada, avevano denunciato tre anni fa la moratoria decisa dall'Unione europea.
Tra le prime reazioni, quella dell'associazione ecologista Greenpeace, che lamenta che la Wto non ha preso in considerazione i criteri di prudenza e di precauzione. La posizione della Wto - dice in sostanza Greepeace -dimostra che l'organizzazione antepone gli interessi commerciali ad ogni altra preoccupazione, e non è neppure in grado di trattare questioni scientifiche ed ambientali di una certa complessità.
A noi sembra che la sbrigatività e l'unidirezionalità della pronuncia degli esperti del Wto siano il pendant del timore eccessivo e un po' reazionario degli Europei, percorsi - nonostante la conclamata razionalità - da diffidenza e oscuri timori di stampo medievale. Non dimentichiamo che a suo tempo gli Europei vietarono o rifiutarono l'uso alimentare di pomodori, patate e melanzane, con la motivazione scientifica che le foglie delle rispettive piante, appartenenti alle Solanacee, sono velenose. Non dimentichiamo che siamo stati i primi a proibire il Ddt solo perché è persistente nell'ambiente e nella catena alimentare. Ora l'Oms ha scoperto che non è tossico per l'uomo, e che è insostituibile contro la malaria. La sua messa al bando ha fatto morire centinaia di migliaia di uomini in Asia e Africa.
Così, oggi, non si capisce perché scienziati e governanti europei debbano restare in surplace, in balia degli umori d'una opinione pubblica disinformata, senza fare nulla di forte e decisivo per informarla. Si faccia una sperimentazione seria, o si utilizzi quella raccolta dalla Usda negli Stati Uniti. Se, come sembra, i cibi Ogm non procurano nessun tipo di danno, neanche lieve, neanche nel medio periodo, se ne permetta subito il commercio. Con o senza la menzione sull'etichetta.

26 settembre, 2006

 

Della Ragione: "La Chiesa è sicura sulla vita e la morte, ma la scienza no"

LA FISSAZIONE DELLA CHIESA SUL SESSO - I sacerdoti cattolici, che in teoria non dovrebbero praticare il sesso (etero, omo, o onanistico che sia), ne sono diventati - a sentir loro - i più grandi esperti al Mondo. Là dove gli scienziati antichi avevano un certo ritegno, la Chiesa parlava già secoli fa senza pudore col suo latinorum che svela e nasconde di possesso sessuale more pecudum (all'uso delle pecore), di fellatio in ore (eiaculazione in bocca), e di manus stupratio (stupro manuale o masturbazione). I preti e la Chiesa sono sempre stati aggiornati in questo genere di cose, e sempre molto interessati a quello che c'è tra le cosce di uomini e donne. Una religione di maniaci sessuali, potrebbe pensare un ingenuo marziano.
Figuratevi che meraviglia possiamo avere per il morboso interesse che la Chiesa mostra oggi per la fecondazione. E' una balla la storia della "vita": se le interessa tanto - credetemi - è perché la cosa avviene per atto sessuale. Comprendiamo certi loro gravi problemi psicopatologici, però a tutto c'è un limite. La mia vicina di tavolo all'Università Cattolica di Roma, quando scrivevo il Manuale di Terapie con gli Alimenti, era una suora polacca, studentessa in medicina, che aveva sempre il libro di anatomia aperto sulla pagina dell'organo sessuale maschile. La cosa durò una decina di giorni.
Ora che si parla di testamento biologico e di eutanasia, senza essere medici i preti si dicono certissimi, sulla base delle Antiche Scritture e del parere dei Santi, anche dell'inizio della "vita" e della "morte", elementi sui quali fior di scienziati sono incerti. Per forza, tutto è facile per chi parte da una scelta teologica, cioè filosofica.
Ma nella realtà? Il confine tra vita e morte è molto più sfumato, specialmente in un organismo complesso come l'uomo, che non è un'ameba unicellulare. E non solo per uno studente di biologia del primo anno, ma anche per un professore universitario o un ricercatore medico. Una risposta solo biologica, quindi, appare difficile. Forse è per questo che per stabilire il mimento della morte di solito ci si affida alle convenzioni, cioè al diritto. Ecco sull'argomento l'interessante testimonianza del medico napoletano Achille Della Ragione (Nico Valerio).

"La delicata tematica dell’eutanasia da giorni riempe le prime pagine dei giornali e fa tornare attuale l’arduo quesito sull’inizio della vita. Ma quanti si interrogano su quando la vita finisca?
Fortunatamente, della problematica la Chiesa non si è mai interessata, e questo disinteresse ha favorito il progresso della scienza dei trapianti, a differenza delle tecniche di fecondazione assistita o dell’aborto, che cozzano contro il dogma della "animazione coincidente con la fecondazione", sancito nel 1869 da Pio IX nella "Apostolicae sedis". A questa conclusione si è giunti dopo che sulla spinosa questione si erano espressi tutti i maggiori studiosi cristiani, da Tertulliano a S. Agostino, fino a giungere a S. Alberto Magno, che candidamente asseriva che il maschio possedeva un’anima dopo 40 giorni dal concepimento, mentre la donna dopo 90, e S. Tommaso d’Aquino, sul cui pensiero si fonda la teologia e l’etica cristiana, che sosteneva la tesi della "animazione ritardata", prima della nascita, ma molto tempo dopo la fecondazione.
Non mi dilungo perchè vorrei invitare a meditare sul preciso momento della morte. Pochi sanno che il cuore adoperato per un trapianto è perfettamente pulsante, anche se il vecchio proprietario ha il cervello che non funziona più (elettroencefalogramma piatto). Una situazione identica a tanti ricoverati da anni, senza speranza, nei nostri centri di rianimazione, anche loro con il cervello distrutto, ma con un cuore o i polmoni malandati che non interessano per un trapianto.
Se a questi soggetti asportassimo il cuore senza utilizzarlo sarebbe eutanasia? E come mai non lo è se l’organo serve per un trapianto?
Alcune cellule resistono alla mancanza di ossigeno più delle altre. Ad esempio le cellule pilifere vivono fino a 6 giorni dopo la morte ufficiale, anche dopo il seppellimento del corpo. In caso di morte traumatica in un giovane, è impressionante, vegliando il cadavere, scoprire che al mattino ci vorrebbe il barbiere.
La delicata linea di confine tra l’inizio e la fine della vita mal si presta ad essere delineata con precisione, se si vuole trovare una risposta unicamente biologica, che non può soddisfare pienamente.
Una verità difficile da accettare per il laico, che non voglia travalicare nella scienza come dogma. Un argomento che diverrà sempre più scottante, che ha costituito per oltre trent’anni per il sottoscritto, come medico e come libero pensatore, oggetto di studio e riflessione, senza speranza oramai di una risposta soddisfacente e definitiva".
Achille della Ragione

 

Della Vedova sull'eutanasia: "Centro-destra sbaglia, questo è Stato etico"

Il prof. Umberto Veronesi, in un'intervista che fece scalpore, aveva ammesso che l'eutanasia, pur negata a parole e vietata dalla legge, viene di fatto praticata dai medici negli ospedali italiani. Ora la drammatica vicenda di Piero Welby, che ha indirizzato al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, un lucido e toccante appello, ha risollevato sia il tema del testamento biologico, sia quello dell'eutanasia.
Ma mentre qualche voce di buonsenso e di plauso per la risposta del Presiudente si è levata da Sinistra, la Destra rischia di identificarsi e annullarsi, perinde ac cadaver (insomma, a corpo morto) sulle posizioni ultraconservatrici della Chiesa.
Una tattica ottusa, perché la Chiesa, che deve mostrarsi ecumenica e doverosamente non partitica - si è visto in passato - non sarà neanche grata di questa imbarazzante fedeltà interessata d'una sola parte politica. E che sia una tattica lo dimostrano le tante idee diverse che circolano al riguardo nella base di Centro-destra - elettori ed eletti - dove i liberali hanno in privato posizioni analoghe a quelle dei Radicali.
Intervistato da Radio Radicale, il deputato riformatore di Forza Italia, Benedetto Della Vedova si è detto convinto del pericolo dell'unanimismo forzato nel Centro-destra. "Sul tema dell'eutanasia la Cdl rischia di assumere una posizione da statalismo etico", ha detto.
E' necessario perciò che Forza Italia organizzi un confronto sul tema dando almeno "pari dignità" a tutte le posizioni in campo. "È ora che in Italia si affronti una discussione sull'eutanasia che abbia uno sbocco legislativo - ha detto Della Vedova - innanzitutto per togliere l'eutanasia dalla condizione di pratica clandestina e illegale come denunciato di recente dal professor Umberto Veronesi. Ritengo che la risposta data dalla Cdl sia un errore politico ed elettorale, sono certo che molti degli elettori del centro destra e in particolare di Forza Italia hanno una sensibilita' su questi temi come quella che ho io, cioe' di prudente e ragionevole apertura anche dal punto di vista legislativo alla eutanasia".

23 settembre, 2006

 

In ginocchio davanti a Islam e Ucoii. E chi ci va di mezzo sono i laici

E' la Curia che lo ha preteso, sconfessando il Papa? E meno male che Benedetto XVI doveva essere un pontefice severo, sì, ma almeno deciso e risoluto. Ora sembra un sovrano incapace messo sotto tutela. Direte: ma a noi laici che ci interessa? E no, siamo proprio noi ad assere paradossalmente colpiti dai giri di valzer e dalle debolezze della Chiesa di Roma, che abusivamente interpreta il ruolo di interprete dell'Occidente e si atteggia con molta faccia tosta a "defensor libertatis".
"Ratzinger in ginocchio", sintetizza l'amico Vallocchia oggi. E così prosegue: "Non contento di aver dimostrato al mondo intero non solo che non è infallibile, ma anche i suoi limiti di teologo, di politico e di diplomatico adesso il papa accelera la corsa alla proskìnesis. L'atto di dolore e di scuse con gli ambasciatori dei paesi islamici è previsto per lunedì prossimo a Castelgandolfo, e magari per rendere più evidente la contrizione potrebbe essere collocato sul pavimento ad usum pontificis anche un apposito tappetino.
Si aggiungeranno ai diplomatici anche i rappresentanti dei musulmani in Italia. Mallevadrice dell'incontro con questi ultimi sarà l' Ucoii, quella particolare associazione che, dopo l'autogol del messaggio antiebraico, rischiava di essere estromessa dalla Consulta Islamica e che ora viene rivalutata dal papa ed elevata al rango di massima espressione delle comunità italiane.
Povero ministro Amato, che rospo dovrà ingoiare con questa promozione dell' Ucoii, proprio adesso che stava per dar loro una ridimensionata! E chissà come saranno contente le altre associazioni moderate, che da quella avevano preso le distanze!
Ma il guaio peggiore lo passeremo noi atei, laici e liberi pensatori perché la sottomissione annunciata comporterà un'accelerazione dei due sistemi religiosi più totalitari del pianeta, per la Santa Alleanza contro di noi, che siamo i loro unici veri avversari.
Ricordiamoci che per chi nega l'esistenza della loro immaginaria divinità nei paesi dove vige la legge coranica è prevista la pena di morte, come fino a pochi secoli fa, nei paesi dove vigevano - e dove vogliono nuovamente imporre - le "radici cristiane", per gli eretici era previsto il rogo".
Se non ti offendi, caro Vallocchia, direi che le tue sono "parole sante"...

21 settembre, 2006

 

Presidente, con chi sarebbe stato il 20 settembre, col Papa-Re, con l'Italia o i Borboni?

Buon sangue non mente. Il presidente Napolitano appartiene alla vecchia scuola del Pci, quella di Togliatti, e della laicità dello Stato si interessa poco. A differenza del pur moderato Ciampi, non ha detto una parola per il 20 settembre.
      Brutto segno, nota il bravo Vallocchia. Che così prosegue: "Abbiamo atteso invano fino alla mezzanotte di ieri che qualche organo di stampa ci desse notizia di un comunicato, una noticina, un sospiro del Presidente Napolitano sulla ricorrenza del XX Settembre 136 anni dopo che, liberata Roma dalla teocrazia papalina, sembrava che si potesse costruire uno stato laico. Silenzio, a parte l'invio di una corona alla Breccia di Porta Pia, omaggio visto solo dal centinaio di persone colà convenute senza nemmeno la presenza di una TV.
      In compenso abbiamo letto di un fondamentale discorso sui rapporti fra teatro e televisione.
Sempre ieri avevamo espresso inutilmente la speranza che il Presidente Napolitano desse un segnale di attenzione alla laicità, come aveva fatto Ciampi l'anno scorso inserendo un richiamo esplicito al XX Settembre nel messaggio agli studenti per l'apertura dell'anno scolastico. Niente, solo un fervorino.
Ricordiamo poi l'ossequio con cui Napolitano salutò il papa al momento del viaggio a Siviglia, esprimendogli un caloroso anche se generico comune sentire poco dopo che Ratzinger aveva reiterato l'anatema contro la parità di diritti per le coppie omosessuali. Certo, non era in alcun modo un' adesione a quella discriminazione, ma una presa di distanza da quel tentativo di sovrapposizione della chiesa alle scelte politiche degli Stati non ci sarebbe dispiaciuta.
      Ricordiamo perciò con particolare affetto l'orgogliosa dichiarazione di laicità espressa dal cattolico ma sinceramente laico Presidente Ciampi quando il Papa, recandosi in visita al Quirinale, non si peritò di dettargli pubblicamente i limiti e i paletti di una "sana" laicità.
      Grazie di tutto Presidente Ciampi, pur con tutta la tua estrema, eccessiva moderazione, e qualche erroruccio di politica monetaria a livello europeo, visti quelli che sono venuti dopo un poco ci manchi!
      A Giulio Cesare Vallocchia e agli amici di NoGod va la nostra solidarietà e condivisione totale.
      Per fortuna il presidente Giorgio Napolitano ha avuto modo in seguito di riabilitare il proprio laicismo, così che non è certo stato questo il difetto principale della sua Presidenza, come appare chiaro dal nostro ritratto alla fine del suo mandato.

AGGIORNATO IL 26 NOVEMBRE 2016

20 settembre, 2006

 

Porta Pia, 20 settembre. Il cap. Segre, valoroso e schivo, fu l’ebreo che salvò il cattolico Cadorna.

Carica bersaglieri a Porta Pia (Michele Cammarano 1871 part)
Con la sconfitta da parte degli Austro-germanici a Sedan di Napoleone III, che si atteggiava a difensore del Papa e impediva l’annessione di Roma al Regno d’Italia, cadeva il 4 settembre 1870 l’Impero di Francia. Le truppe francesi a difesa di Roma furono ritirate. Il giorno dopo, 5 settembre 1870, con geniale prontezza il ministro delle Finanze, Quintino Sella, convince l’intero governo Lanza che è il momento di entrare nello Stato Pontificio e conquistare Roma, come auspicato da Cavour e da tutti i Liberali italiani, compresi quelli cattolici. Insomma, il vero "autore" politico della Breccia di Porta Pia fu Quintino Sella.
      La presa di Roma, destinata in tre appassionati discorsi di Cavour alla Camera (il primo nella seduta del 25 marzo 1861) a diventare la capitale, la sola possibile, di un’Italia finalmente unita e libera, nonostante il grande spiegamento delle truppe italiane attorno all'intera cerchia delle mura, si risolse alla fine in un combattimento breve e circoscritto, quasi simbolico, quello davanti alla michelangiolesca Porta Pia, al mattino del 20 settembre 1870. Ma l'evento, per quanto militarmente banale, fu non solo fondativo per lo Stato italiano, anzi la vera data da celebrare per uno Stato finalmente divenuto compiutamente unito e laico; ma fu anche carico di diversi significati e perfino di circostanze e protagonisti sconosciuti e curiosi.
      Il varco, la breccia aperta dalle cannonate degli artiglieri dell'esercito comandato dal generale Raffaele Cadorna (1815-1897) nelle mura Aureliane, vicino alla Porta, ha rappresentato per i liberali italiani insieme la fine del Risorgimento, il completamento dell’unità nazionale e la conquista della capitale storica come aveva voluto Cavour. Per i cattolici papisti voleva dire, però, l’introduzione forzosa dei principi del Liberalismo e la fine del potere temporale del Papato, cioè dell’abnorme figura del "Papa Re".
      Ma, visto oggi col senno di poi, per tutti i cattolici, sia i cattolici liberali, sia i papisti reazionari, il 20 settembre era ed è in realtà il giorno della rinascita, l'inizio della riscoperta della sfera puramente spirituale e religiosa del cattolicesimo, come era già avvenuto nell'Europa del nord protestante. A Roma e nel Centro Italia (Stato della Chiesa) le incrostazioni da eliminare erano tante, anche rispetto ad altri Paesi cattolici, e proprio per i guasti e la corruzione che il potere temporale aveva generato sul territorio e tra le coscienze. Da allora, insomma, anche i cristiani italiani come i cristiani francesi, tedeschi, spagnoli o americani, smisero di adorare un parroco, un monsignore, un Prefetto della Fede, un Cardinale, un Nunzio, un Ministro, un Delegato di Sua Santità. E riscoprirono, se non Dio, almeno la propria coscienza di Dio.
breccia_porta_pia foto ravvicinata 1870Tutto merito d’un ebreo. Ma sì, il patriota e valoroso ufficiale israelita piemontese a cui il cattolicissimo Cadorna affidò, guarda caso, il compito del primo bombardamento delle mura, per evitare – oh, delicatezza (anzi, viltade) de "li cavalieri antiqui" – che la scomunica decretata dal Papa a chi per primo avesse comandato di sparare toccasse proprio a lui o a un capitano d'artiglieria cattolico. Squisitezze di coscienza d'epoca, machiavellismi morali del buon tempo antico che oggi fanno sorridere, ma che dimostrano che non furono i perfidi atei, i mangiapreti, i radicali, i rivoluzionari – che erano una minoranza – a combattere contro il Papa-Re per l’unità d’Italia e i principi liberali, ma i tantissimi liberali cattolici. Che, non erano neanche tutti moderati, anzi.
      Prima che apparisse questo articolo, i rarissimi testi che accennavano alla faccenda dicevano che questo ufficiale ebreo era "un tenente che sparò le prime cannonate". Doppio errore. Un ufficiale non può essere addetto a un cannone. Un "tenente" al massimo avrà ordinato di sparare. Ma il “tenente” era in realtà un capitano comandante, che ordinò il primo fatidico colpo di cannone. Del resto, non era credibile che fosse affidato a un tenente, un ufficiale inferiore, un compito così importante destinato a cambiare la storia d’Italia, dal generale Cadorna che doveva aver programmato bene l’azione, anche per scaricarsi la coscienza – lui fervente cattolico, e scelto proprio per questo dal Governo “per garantire la persona del Pontefice” – perché sapeva che su “chi avesse dato l’ordine di sparare” pendeva la scomunica del Papa. No, lì ci voleva almeno un capitano. E non certo un ufficiale cattolico.
porta_pia e Breccia viste da villa PatriziCosì, a iniziare l'attacco decisivo ordinando il fuoco ai cannoni fu il giovane capitano di artiglieria Giacomo Segre, ebreo piemontese di 31 anni (era nato nel 1839, quando a Chieri c’era ancora il Ghetto, chiuso poi nel 1848). Era presente alla mitica battaglia insieme ad altri ebrei piemontesi, che erano per lo più Bersaglieri (i patrioti ebrei, tra i più coraggiosi del Risorgimento, amavano il corpo dei Bersaglieri, e del resto ai “Bersaglieri ebrei” estende la commemorazione la lapide apposta dal Comune di Chieri in onore di Segre, v. in basso). Sotto le mura di Porta Pia morì anche il comandante d'un battaglione di bersaglieri, il magg.Giacomo Paglieri, il più alto in grado dei caduti e primo della lista incisa nel marmo. Ma torniamo a Segre.
      Il giovane capitano è al comando della 5.a batteria del IX reggimento di artiglieria. Alle 5.20 del 20 settembre 1870, come da ordine ricevuto, ordina d’aprire il fuoco contro non certo la Porta Pia, opera monumentale del Michelangelo, ma le basse mura a destra della Porta, ritenute - a torto - molto deboli. Subito dopo sparano anche la 2.a e l’8.a batteria del VII reggimento, comandate dai capitani Buttafuochi e Malpassuti. Ma le mura Aureliane erano molto ben costruite, e oltretutto i soldati mercenari pontifici non solo non si arrendevano ma reagivano, contravvenendo a un ordine del Papa. Infatti i pontifici fecero più morti degli italiani. Così, contò qualcuno, ci vollero ben 888 colpi per avere la meglio sulle difese e aprire una grossa breccia da cui i bersaglieri poterono passare.
Tomba del capitano (colonnello Giacomo Segre), Cimitero di ChieriMa da dove sparavano i cannoni di Segre e degli altri comandanti di artiglieria? Da lontano, troppo lontano, secondo noi moderni:: da una piccola altura posta a ben 500 m dalle mura, allora nota come "il Pincetto” della vigna Capizucchi, tra Porta Pia e Porta Salaria, luogo che a tutt’oggi, ovviamente spianato, si è conservato intatto, cioè non costruito - per evidente rispetto della memoria - anche se nessun romano e tantomeno turista lo sa. E’ oggi un piccolo boschetto secolare racchiuso nell’ampio cortile tra i palazzi del quadrilatero che ha per lati via Nomentana, via Cagliari, via Alessandria e via Reggio Emilia (*).  Quando nel 1926 fu costruito il palazzo, il luogo fu salvato e rispettato dalle ruspe, perché testimone di una memoria storica ancora viva tra i romani d’allora. Una ricostruzione cartografica effettuata da ricercatori ha dato risultati perfettamente coerenti con documenti e cronache dell’epoca – come ha confermato Lorenzo Grassi – compresa la traiettoria della fucileria pontificia.
      E altro che in "difesa": i papalini erano all'attacco. Furono, infatti, i mercenari del Vaticano, asserragliati a sorpresa in un avamposto fuori le mura Aureliane (villa Patrizi, oggi non più esistente; quasi al suo posto ora c'è il Ministero del Lavori Pubblici), a iniziare le ostilità contro gli italiani prevenendo il loro bombardamento. Un particolare che pochi conoscono e non viene mai ricordato. Infatti, alle ore 5,10 del 20 settembre i papalini colpirono a morte un artigliere di Segre, il caporale Michele Piazzoli, che dalla collina stava ancora aggiustando il cannone assegnatogli verso le mura. Ne parla lo stesso capitano nella lettera alla fidanzata (v. oltre). E fu la prima vittima della giornata, un italiano. Strano comportamento quello delle truppe mercenarie papaline. Il Papa in persona, infatti, aveva ordinato al Segretario di Stato cardinale Antonelli (e questi doveva aver dato disposizioni al proprio comandante in capo gen. Kanzler), di ritirare le truppe entro le mura e di limitarsi a un puro atto di resistenza formale. E invece no, i mercenari fecero resistenza e causarono diversi morti e feriti tra gli italiani, come testimoniala lapide apposta sulla sinistra del Monumento della Breccia (v. foto in basso).
Targa Giacomo Segre capitano ebreo di Porta Pia      Gli artiglieri dei capitani Segre, Buttafuochi e Malpassuti, volendo salvare la bella Porta Pia erano alla ricerca dei punti deboli delle Mura e colpirono con molti colpi di assaggio anche in altri punti lontani molte centinaia di metri dalla Porta. Davanti a via Po e a via S.Teresa è rimasta incastonata nel torrione che sovrasta le mura una palla di cannone degli italiani, perfettamente visibile (v. immagine 2 e articolo di L. Larcan, Porta Pia, scoperta la collina da dove partì il "fuoco" che aprì la breccia, Il Messaggero, 20 aprile 2014).
GiacomoSegreFu il capitano Giacomo Segre, insomma, il vero piccolo eroe dimenticato di Porta Pia. Ecco quello che egli stesso scrisse il giorno dopo, 21 settembre 1870, alla fidanzata Anna, che l’anno dopo sarebbe diventata sua moglie: “Mia amatissima Annetta, ieri fu giornata abbastanza calda. Contro la mia aspettazione, le truppe pontificie fecero resistenza e si dovette coi cannoni aprire la breccia che poi fu presa d' assalto dalla fanteria e bersaglieri. La mia batteria prese parte all' azione e se ne levò con onore. Rimase morto un caporale, ferito gravemente il mio tenente che morì stamane. Povero bel giovinottino di ventiquattro anni! Feriti ugualmente altro caporale che forse non camperà fino a stasera, e più leggermente altri quattro cannonieri. Basta, Roma è nostra e domani andrò a visitarla. Io continuo a star bene e non ti so dire con quanta soddisfazione abbia ricevuto la tua ultima lettera. Dopo tanto tempo! L' ho letta e riletta, e la portavo addosso quando andai al combattimento, a cui si marcia allegramente ma colla recondita apprensione che si sa che vi si va, ma non si sa se si avrà la fortuna di ritornarne. Fu un talismano che mi preguardò da quel nuvolo di palle che mi fischiavano d' attorno”.
      Sulla medesima memorabile battaglia un’altra testimonianza, nella lettera al padre del sottotenente dei Bersaglieri Alberto Crispo Cappai, che poi diventerà generale.
Ambulanza esercito italiano a Villa Torlonia il 20 settembre 1870      E il Cadorna? Come giudicare la sua trovata? Una furbizia levantina da parte del cattolicissimo e forse un po’ superstizioso Cadorna (sapete come sono certi cattolici: “alle scomuniche non ci credo, ma è meglio evitarle, magari portano male”)? Fatto sta che sapendo benissimo che Dio sarebbe stato dalla parte del papa, l'andreottiano ante litteram Cadorna si era “premunito” prima dell’attacco raccomandandosi l’anima a quelle che per lui, cattolico sì, ma liberale, erano pur sempre le Superne Autorità, sì, ma “in seconda” (perché perfino prima di Dio venivano lo Stato, il Dovere, il Risorgimento e l’anelito alla Libertà), con un’opportuna messa al campo sul far dell’alba, grazie al suo cappellano. Ma la definiremmo piuttosto una mossa di sottile “diplomazia dell’anima”, in cui il bravo generale, a cui va la gratitudine di tutti noi liberali, cattolici compresi (quelli intelligenti), deve essersi consultato in pochi secondi con le ombre di Guicciardini, Machiavelli e Ignazio di Loyola, il fondatore della compagnia dei Gesuiti. Insomma, quante piccole furbizie - da una parte e dall'altra - per un così piccolo combattimento!
Ufficiale bersaglieri 1866 (modellino U.Giberti)Ma di Cadorna si è parlato e straparlato, mentre di Segre nessuno sapeva nulla fino al 2006. Ne avevano accennato solo due storici ebrei, Fubini e Alatri.. "C’è una tomba nel cimitero ebraico di Chieri sulla quale è scolpito un simbolo: due cannoni incrociati. È la tomba di un ufficiale di artiglieria, l’allora capitano Giacomo Segre (poi morto colonnello e ancor giovane), che quella fatidica mattina del 20 settembre 1870 diede l’ordine di "Fuoco!" che aprì la breccia di Porta Pia", ricorda Guido Fubini in una pagina dell’Unione delle Comunità ebraiche. Ma prima di lui lo aveva ricordato lo storico ebreo Paolo Alatri, che per parte di madre era nipote dell’eroe Segre. Leggiamo nelle sue memorie: "Il mio nonno materno, Giacomo Segre, militare di carriera, era capitano d'artiglieria quando il 20 settembre 1870 comandava la batteria che aprì la breccia di Porta Pia... Poi Giacomo Segre raggiunse alti gradi nella carriera militare, fino a quello di colonnello; ma non oltre, perché morì giovane..."
Artiglieria piemontese assedio Gaeta (stampa francese, part)      E che ne fu del capitano ebreo Giacomo Segre, costretto a dare l’ordine di cannoneggiare le mura del Papa, perché i capi militari cattolici se la facevano sotto? Ebbe una vita dignitosa e schiva, e restò un protagonista ingiustamente sconosciuto, “modesto e integerrimo” dice giustamente la lapide nel cimitero di Chieri (settore ebraico), come si vede qui in alto. A differenza di tanti suoi colleghi militari, non brigò per ottenere onori e prebende, e restò uno dei tanti eroi minori del Risorgimento liberale, a cui purtroppo non è dedicata nessuna strada o piazza d’Italia (vogliamo provvedere, signori Sindaci?). Nel 1871 il capitano sposò la fidanzata Annetta, quella della lettera da Porta Pia (anche lei una Segre), da cui ebbe nove figli. Uno dei quali, Ippolito, morì sul Carso durante la Prima Guerra Mondiale. E per un curioso contrappasso della Storia, i figli dei due protagonisti di Porta Pia si ritrovano entrambi, sia pure con un grado diverso, nella Grande Guerra. Infatti, anche il figlio del generale Raffaele Cadorna, il generale Luigi, che come giovane tenente aveva partecipato alla battaglia della Breccia insieme col Segre, partecipò, eccome, alla I Guerra Mondiale, anzi, era addirittura il capo di Stato Maggiore, cioè il capo supremo. Ma non vi si coprì affatto d’onore, al contrario per le sue decisioni sbagliate è ritenuto dagli storici il maggior responsabile della disfatta di Caporetto, che portò alla sua sostituzione con Armando Diaz, il generale della vittoria.

museo_bersaglieri_1      Al capitano Giacomo Segre, vogliamo rivolgere almeno un “grazie!” Grazie di tutto, capitano Segre, e scusi se non la chiamiamo colonnello: per noi lei resta il “capitano di artiglieria di Porta Pia”. Il suo ordine sotto le mura Aureliane, immaginiamo stentoreo e con forte accento torinese, è stato essenziale per la Libertà degli Italiani, come il ruolo dei suoi commilitoni ebrei piemontesi, sempre grati a Carlo Alberto che li aveva affrancati da secoli di schiavitù. Ma i liberali d’allora (quanto diversi da quelli di adesso!) ringraziarono lei e la sua laboriosa e pacifica Comunità ben prima di me: una sinagoga volutamente imponente e altissima (credo, la più alta al mondo), come per rivaleggiare con la cupola di S.Pietro dall’altra parte del Tevere, fu il primo grande monumento costruito dai liberali nella nuova Roma liberata dal potere del Papa. Perciò, grazie ai tanti liberali e patrioti ebrei che animarono il Risorgimento e poi nell’Italia liberale unita salirono con la loro intelligenza ai posti di prestigio in tutti i campi, dall’esercito alla scienza, dall’industria all'amministrazione, alla politica. A lei, capitano Segre, dedichiamo la più bella, la più vera delle feste nazionali, quella ricorrenza del 20 settembre che era considerata intoccabile dal nuovo Stato liberale, e che il Fascismo, cinicamente, per puro calcolo politico (Mussolini personalmente era ateo), in cambio d’un piatto di lenticchie, eliminò dopo il Concordato del 1929, festività che ora deve essere assolutamente ripristinata.
      E grazie, capitano, non solo da un liberale, ma anche da parte del generale Cadorna, a cui, lo ammetta, Lei tolse con  eleganza e senso del dovere, le castagne dal fuoco della “coscienza”. Ma anche grazie da parte e a nome della Chiesa, se un non credente si può permettere, che con la provvidenziale perdita del Potere Temporale riacquistò una direzione un poco più spirituale, come ha ammesso con parole esplicite, papa Paolo VI, Montini.
      Il XX Settembre deve essere la nostra grande Ricorrenza Nazionale, la vera festa degli Italiani. E non solo per giusto anticlericalismo, ma perché obiettivamente, dal punto di vista storico, in quanto ricorrenza del momento fondativo dello Stato Italiano, questa data è ancora più importante del 2 Giugno, Festa della Repubblica.
Ed è una vergogna che il “XX Settembre festa nazionale” non lo chiedano i politici di Destra, Centro e Sinistra uniti, come dovrebbe essere visto che è la nostra "data di fondazione", e neanche i sedicenti e parolai "liberali" super partes quando sono inseriti con grande opportunismo - ricordate? - in qualche governo di Centro-Destra che si definisce "liberale" per prendere voti, ma che i grandi e piccoli valori liberali disprezza o contraddice. Del Risorgimento, di Porta Pia, hanno perso il ricordo, anzi ne sono imbarazzati.
      Il ritorno alla festività del XX Settembre lo ha dovuto proporre, tempo fa, l’insospettabile onorevole Franco Grillini (della Sinistra democratica ed ex Arci-gay), che sempre più spesso nelle interviste a Radio Radicale si mostrava "liberale" e laicista.
      Perciò, viva il "XX Settembre", la nostra vera, unica, festa nazionale, a ricordo dell'evento finale e cruciale del Risorgimento italiano, che riunificò l'Italia portando la capitale a Roma come aveva vaticinato il grande Cavour nel famoso discorso alla Camera.
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Il testo della proposta di legge è riportato nel primo commento (vedi).

Dal Pincetto alla Breccia di Porta Pia (Google Map)(*) LA POSTAZIONE DEL CAPITANO SEGRE VISTA OGGI. La postazione dei cannoni degli Italiani era su una collinetta oggi sopravvissuta come “boschetto” secolare al centro di quattro grandi palazzi costruiti nel 1926 (nell’immagine Google Map è l’evidentissimo gruppo di alberi di color verde scuro in alto a destra). La Breccia la s’indovina in corrispondenza del bordo più basso e più chiaro delle Mura Aureliane (in basso a sinistra appena sopra gli alberi di un parco). La porta Pia vera e propria, per fortuna non coinvolta nei combattimenti grazie alla sensibilità degli Italiani (è un capolavoro artistico), è quel complesso architettonico simile a una cattedrale scoperchiata che è visibile in basso, poco a destra della Breccia, proprio di fronte al monumento al centro della piazza. Villa Patrizi, avamposto dei mercenari papalini che sparavano con la fucileria contro i cannonieri di Segre e pure contro gli ordini del Papa, era in basso al centro della foto, dove oggi è visibile un grande Ministero (cliccare sulla foto per ingrandirla).

IMMAGINI. 1. La carica dei Bersaglieri a Porta Pia (dipinto di M. Cammarano, 1871). 2. La palla di cannone incastomata in un torrione delle Mura Aureliane. 3. Breccia e i primi curiosi (foto). 4. Porta Pia e la Breccia visti da villa Patrizi (foto settembre 1870). 5. Tomba nel cimitero di Chieri (Torino) del colonnello Giacomo Segre. Era capitano il 20 settembre 1870 a Porta Pia, e toccò a lui per delega del generale Cadorna di ordinare il bombardamento dell’artiglieria. Nell’articolo si spiega perché.  6. Una rarissima fotografia di Giacomo Segre. 7. Lapide commemorativa apposta dal Comune di Chieri nel 2008. Chissà, forse anche con il nostro piccolo concorso: questo articolo, infatti, scritto nel 2006 e ora aggiornato con foto e particolari, era stato uno dei primi a riscoprire e divulgare la figura del capitano ebreo. 8. Ambulanza dell’esercito italiano a villa Torlonia il 20 settembre 1870. 9. Ufficiale dei bersaglieri nel 1866 (modellino di U. Giberti). 10. Non ci sono fotografie o stampe dei cannoni italiani impiegati a Porta Pia. Per averne un’idea si veda questa stampa francese dell’artiglieria piemontese con cannone al traino all’assedio di Gaeta del 1860. Come si vede, il calibro dei cannoni dell’epoca era già notevole. 11. Bersagliere (stampa del Museo di Porta Pia). 12. La targa del monumento della Breccia di Porta Pia con i nomi dei caduti italiani. 13. Nella targa al maggiore Pagliari, il caduto italiano più alto in grado, il combattimento di Porta Pia è giustamente considerato quello definitivo, capace di "atterrare una dominazione sacerdotale non voluta da Cristo, condannata dalla ragione e dalla storia". 14. La mappa dei luoghi oggi (da Google Map). 15. La "Colonna della Vittoria" eretta in memoria della Breccia nel venticinquennale (1895) era in origine molto più distanziata dalle mura. Oggi risulterebbe al centro di Corso d'Italia. Il monumento, disegnato dall'arch.Carlo Aureli, utilizza una colonna romana di granito rosa orientale, probabilmente delle Terme di Nerone, trovata nel 1875 in scavi presso il Pantheon. La Vittoria alata è opera dello scultore Giuseppe Gustalla.

AGGIORNATO IL 20 SETTEMBRE 2020

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18 settembre, 2006

 

A cena con papa Benedetto, tra Logos, atei, Islam e don Benedetto (Croce, guarda caso...)

Caro papa Ratzinger,
nella newsletter del Salon Voltaire sorpresi tutti elogiando in modo paradossale (io liberale, laicista, radicale, anticlericale, addirittura ateo) il nuovo papa definito "ultraconservatore", in realtà teologo e intellettuale, in confronto col vecchio papa, santone carismatico ma anche politico. Proprio perché intellettuale e professore - spiegavo - e perciò abituato a una certa libertà di parola e di giudizio, sfondoni compresi, sia degli studenti, sia dei colleghi studiosi, sia di noi atei, mangiapreti, o comunque liberali e radicali, anche se cattolici.

Ma soprattutto - aggiungevo - un papa di princìpi e di studi forti, che non inseguirà come l'attore Giovanni Paolo II il consenso, e non coltiverà il narcisismo mediatico, darà modo a noi laici di ritrovare davvero noi stessi, di rafforzare la nostra identità. Sia pure per contrasto.

Avevo visto giusto, caro papa Ratzinger. Anzi, c'è di più in Lei: l'ingenuità del professore, una timidezza che la rende simpatico, il poco calcolo politico, la caduta in quella che i giornalisti conformisti chiamano "la gaffe", il gusto infantile dell'erudito di sfoggiare con i colleghi gli angoli più reconditi della critica teologica.
Rigore? Chiusura? Certo, ma lo sapevamo già. Del resto le aperture di Woytila - non dica di no - erano finte, politiche: sorrisi o atteggiamenti sapientemente dolenti alla tv, ma poi a telecamere spente mano dura sui preti dissidenti, sulle donne, sugli scienziati.

Come liberale, radicale e non credente, insomma, preferisco cento volte Lei, Ratzinger: sono sicuro che non mi sentirei per niente a disagio nel farle da educato interlocutore dialettico, col sorriso sulle labbra e senza arroganza, se - poniamo il caso - Lei mi invitasse a cena in rappresentanza degli atei liberali.

Una cena in Vaticano? Non mi scandalizzerebbe. A proposito, sono vegetariano e preferisco i cereali integrali. La sera, Santità, sono così parco che mi fa contento con una semplice zuppa contadina, una frittatina alle erbe e un'insalatona mista. Non bevo, ma per brindare a Lei posso bere un bicchiere di rosso. Purché... non me lo trasformi sotto il naso in sangue di Gesù. Sa, per via del mio vegetarismo...

E che direi all'anfitrione Ratzinger? Be', intanto la prenderei alla larga. Dopo qualche cenno sul cibo, visto che Lei suona il piano mi metterei a parlare di musica, del mio amore per Bach, Vivaldi e il barocco. Al mio amatissimo jazz accennerei di sfuggita: Lei non mi sembra il tipo adatto, a differenza di Woytila.

Poi, alla zuppa, direi in modo esplicito che a noi laicisti e non credenti questo papa non dispiace troppo: con Lei siamo sicuri almeno di poter dire anche la nostra. Da teologo Lei sarà abituato a tutte le obiezioni. E la religione come Logos, come Ragione, anche se sotto c'è il solito trucco linguistico di gesuiti e teologi, è un'idea per noi rassicurante. Almeno nella Chiesa di Roma, santo Iddio, si può discutere, ammetterei addentando la frittata.

Discutere? Forse oggi, solo oggi, santo Padre, e non su tutto. Per esempio, sugli embrioni no.
Ad ogni modo Lei non farebbe una piega. Anzi, col tipico sorriso ecclesiastico finto-ingenuo, mi aiuterebbe Lei stesso a completare le frasi incredule, a formulare le obiezioni e le critiche in modo più esplicito di quanto io stesso per correttezza possa fare. Per il gusto, s'intende, di poterle confutare a suo agio, come non solo i teologi ma perfino gli umili parroci sanno fare. Del resto, se non ci fossimo noi peccatori e miscredenti, voi che ci stareste a fare? Diceva mia nonna: "Siamo noi che gli diamo il pane".
Che differenza, ammettiamolo, con l'Islam!

Ma, prima di tagliare l'arancia col coltello, una cosa Le vorrei dire, papa Ratzinger. Lei, Santo Padre, dice cose sensate contro il fanatismo religioso, e giustamente riporta la sorpresa, quasi il fastidio intellettuale dell'imperatore Paleologo, già alla fine del Trecento, verso una religione come l'Islam che fin d'allora si faceva largo con la spada, quindi nel sangue della violenza, anziché col ragionamento, cioè con le armi della parola.

Ma è possibile che Lei non ricordi che anche la Chiesa di Roma, e più volte, è caduta nel medesimo errore, prima e soprattutto dopo Emanuele II il Paleologo? Quanti roghi, quante condanne a morte, quante guerre di religione, quante stragi di "eretici", quante persecuzioni di "streghe" o di "apostati", quante torture, quante condanne alla prigione, quante conversioni forzate, insomma quanta violenza è stata perpetrata dalla Chiesa per diffondere il suo credo!

Sono sicuro, papa Ratzinger, che Lei converrebbe con me, bevendo il suo unico bicchiere di Riesling, che anche la Chiesa si è macchiata di delitti contro l'umanità. E forse, complice il vino bianco del Reno, chiederebbe perdono. Ma a noi liberali il perdono, come il pentimento, non fa buona impressione. Anzi, ne diffidiamo. Nella vita facciamo di tutto per non compiere errori, ma poi, se li commettiamo, ci assumiamo tutte le nostre responsabilità. Ben sapendo - ci scusi - che nessuno potrà, pentimento o no, far sì che non siano mai avvenuti.

Piuttosto, preferirei farla riflettere, Santità, sul perché la Chiesa di oggi non si abbandona più a simili riprovevoli violenze che usava un tempo. Sua lunga maturazione? Presa di coscienza immediata ad opera dello Spirito Santo? Né l'uno, né l'altro.

Lei ricorderà, Santo Padre, che l'addolcimento della Chiesa fu l'effetto di almeno tre grandi movimenti di pensiero: prima la Riforma protestante, poi l'Illuminismo e infine il Liberalismo. E quante botte abbiamo prese noi riformatori, illuministi o liberali prima di imporre alla Chiesa di Roma con la forza della ragione e col diritto quella tolleranza, quel rispetto per un Logos dialogante e interpretativo di cui ora il cattolicesimo si vanta, in faccia all'Islam "arretrato e violento", quasi che sia diventato una "religione laica e liberale", mentre è ancora autoritario.

Quel Logos per cui - ma solo per il Logos in sé, non per la Fede - il suo quasi omonimo don Benedetto Croce (e scusi il nomen-omen) usò paradossalmente la doppia negazione del "non possiamo non dirci cristiani". Proprio perché la nostra cultura, perfino quella religiosa, deriva dalla Ragione, non da un Dio assoluto, prepotente e violento.

Però non dimentichi, Santità, che per aver tentato a mezza bocca interpretazioni diverse della "parola di Dio", vescovi, preti e uomini comuni sono stati a migliaia uccisi, imprigionati, costretti all'esilio o alla morte civile. Dalla Chiesa. Dov'era il Logos allora?

E così, prima che la cena finisca, Santità, lo vuole riconoscere o no che la Chiesa di Roma è quella che oggi è, o dovrebbe essere (ancora molta strada deve fare, pensi solo alla mancata libertà di scienza), non per suo merito ma proprio grazie a noi liberali, a noi riformatori, a noi mangiapreti, a noi preti del dissenso, a noi radicali, a noi laicisti, a noi atei? E che perciò è un controsenso logico (e infatti il Logos protesta) accusarci, proprio noi illuministi che abbiamo costretto la Chiesa di Roma ad essere superiore all'Islam, di scandalizzare i fanatici islamici con l'edonismo e la perdita del sacro dell'Occidente?

Si decida, Santo Padre: o la secolarizzazione, la perdita del sacro, è un bene che ha reso oggi la Chiesa cristiana più umana, meno invadente e non sanguinaria, grazie al Logos di cui Lei si vanta di fronte all'Islam, e in questo caso Lei deve ringraziare non solo gli antichi filosofi - troppo comodo - ma anche i moderni illuministi che alla Ragione si rifanno come strumento di libertà; oppure è un male, colpa di quei debosciati edonisti di liberali, radicali e miscredenti. Ma così Lei darebbe ragione all'Islam fanatico, alla forza bruta contro il Logos, e rafforzerebbe i fondamentalisti islamici rispetto alla Chiesa, che sul Logos ha puntato tutte le sue carte.

Risolva questa contraddizione, papa Ratzinger, e possibilmente prima del caffè.

Per il resto, grazie, la cena l'ho gradita: tornerò.
Suo
NICO VALERIO

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