13 marzo, 2007

 

Liberali dell'anno. “Liberate Daniele” e i volonterosi, da radicali e Radicali

I "volenterosi" e il loro ispiratore e leader Daniele Capezzone, vincono per il 2007 il premio "Liberale dell'anno" istituito da "Liberal Café". Per aver dimostrato agli Italiani che è possibile, qualunque sia il partito, e perfino lo schieramento di appartenenza, tirarsi sù le maniche e proporre riforme liberali e semplificatrici nell'economia e nella società. Perché i princìpi "liberali" valgono zero se poi il cittadino, che è il vero dominus della politica, non ha le possibilità concrete di far valere i propri diritti, iniziare e gestire le proprie attività. Un grande aiuto alla concretezza liberale, in tempi in cui tutti parlano di grandi princìpi liberali, ma nessuno fa nulla per realizzarli.
Così, politici di diverse origini, una volta tanto, si sono trovati uniti nel buonsenso, buonsenso che la politica come professione in Italia ha smarrito da tempo, chiusa com'è alla vita d'ogni giorno, alla gente normale.
E Daniele Capezzone, a differenza di quasi tutti i politici di lungo corso, compresi molti compagni radicali, ha capito che non servono per dare al sistema politico una sterzata liberale l'eccesso di furbizia politica, la strumentalizzazione, l'attendismo per secondi fini, i machiavellismi da buvette di Montecitorio. E che la provocatoria difesa ad oltranza vantata dagli "amici" Radicali improvvisamente governativi ("gli ultimi giapponesi di Prodi") non può arrivare al punto da passar sopra alle insufficienze gravi di questo Governo, come sembra fare talvolta anche la Bonino.
E se è stato grave il defenestramento di Capezzone da segretario con la risibile scusa delle poche iscrizioni raccolte (e la buona Bernardini sta facendo peggio), è stata ancora più grave la motivazione politica sottostante che coinvolge tutta la dirigenza radicale, non solo Pannella: troppe critiche a Prodi, troppo liberismo, troppa politica di destra. Sarebbero stati questi i peccati di Daniele secondo l'accusa.
Pannella divora come Kronos i suoi figli, è vero, ma non credevamo che fosse più geloso e invidioso di Kronos. Del resto, a quei tempi non c'erano giornali e Tv, nei quali il geniale Capezzone giganteggia, facendosi capire molto più di Marco.
Quel vulnus, quella ferita, quell'episodio para-stalinista in diretta audio-video, come ottusamente vanta la dirigenza radicale, ha fatto perdere ai Radicali alcune centinaia di migliaia di voti potenziali. Che raccontare ora alla base radicale? Come spiegare al popolo dei tavolini e dei megafoni la svolta autoritaria, perfino la sordina all'attivismo di Capezzone? Per esempio, è dovuta al suo digiuno o è voluta dall'alto la rarefazione del nome di Daniele tra gli "appuntamenti" riportati ogni giorno da Notizie Radicali?
Del resto, non è colpa della Bernardini il fallimento disastroso della campagna di iscrizioni: che potrebbe raccontare la buona Rita di programmaticamente eccitante, dopo l'estromissione di Capezzone? Era lui che ne inventava una al giorno e stava sempre sui giornali: segandolo i Radicali si sono segati le gambe da soli.
Capezzone creando il gruppo bipartisan dei "volenterosi" ha mostrato di poter essere al momento opportuno il galvanizzatore, il motore del "cavallo di Troia" liberale introdotto dentro le mura di Ilio. Perfino l'interfaccia con l'esterno, visto che come solo le persone davvero intelligenti sanno fare, è un perfetto divulgatore, cioè rende facili e comprensibili le cose più astruse.
Questo meritatissimo premio di "Liberale dell'anno" che gli amici di Liberal Café gli attribuiscono oggi, è un po' anche la nostra festa. Perché il bravo ex segretario dei Radicali Italiani, troppo creativo, troppo liberale, troppo indipendente per piacere a Pannella e alla dirigenza radicale, è sempre stato il beniamino del Salon Voltaire, fin da quando non si trattava d'un sito-blog ma era una piccante newsletter quindicinale (per due anni, 2004 e 2005) inviata a 2500 intellettuali e sostenitori liberali. Un'agenzia di commenti politici, insomma, di lotta e di satira liberale, che abbiamo dovuto interrompere solo perché assorbiva troppo tempo e denaro, senza contributi di nessuno.
"Liberate Daniele". Sì, ma non solo il giornalista Daniele Mastrogiacomo, di Repubblica, rapito dai Talebani in Afghanistan, come si legge in alcuni striscioni in questi giorni. Liberate Daniele Capezzone, piuttosto. E da chi?
1. Dai conservatori dell'estrema Sinistra, abusivamente definita "radicale" che lo vedono come fumo negli occhi.
2. Dai conservatori della Sinistra soft, né carne né pesce, quella che propone il nuovo Partito Democratico in stile "nuova DC", e intanto boicotta e rimanda le grandi riforme, lasciando Capezzone con le mani legate.
3. Dai conservatori della Destra ottusa, che esegue passivamente, perinde ac cadaver, le direttive d'Oltre-tevere, e fa da ufficio-stampa ogni giorno alle alte gerarchie non del "Vaticano" (come ripetono in via di Torre Argentina auto-censurandosi) ma della Chiesa cattolica.
4. Infine, dagli stessi compagni Radicali, non esclusi alcuni deputati, che tanto per essere nella tradizione radicale hanno antipatia per chiunque ragioni con la propria testa (il che significa innanzitutto averla), e che stanno rendendo difficile la vita politica di Daniele.
Contro tutti questi conservatori - a diverso titolo, sia chiaro - vogliamo che Daniele Capezzone e i suoi volonterosi non abbiano più le mani legate.
"Liberate Daniele". Dai "radicali" e dai Radicali.

10 marzo, 2007

 

Maravigna: “Lascio RL: troppo immobili, isolazionisti, egocentrici"

Avevamo salutato con gioia il tentativo di Della Vedova e Taradash di creare nel Centro-destra un gruppo liberale e laico, contrastando il prepotere clericale e conservatore che ormai regna incontrastato in Forza Italia, molto più che nella vecchia DC. Avevamo addirittura un pregiudizio favorevole, una motivazione psicologica in più, avendo Della Vedova, con Capezzone, impersonato la novità liberale che dieci anni fa rivoluzionò i Radicali attenuandone le psicopatologie, e ci convinse che era giunto il momento di riavvicinarsi all'area di via Torre Argentina che ci aveva dato anni prima tante illusioni e tante delusioni.
Ma si vide subito che i Riformatori partivano male. Senza un leader con capacità psicologiche, comunicative e politiche (Della Vedova non è tipo da galvanizzare, tutt'al più appare uno scialbo docente universitario), con un programma vaghissimo e moderato-conservatore ("America, mercato, individuo" avrebbe potuto essere anche lo slogan di Goldwater), il gruppo nelle manifestazioni pubbliche è sempre sembrato essere reticente in qualcosa, come se non potesse dirla tutta: guardate che siamo qui per finta, come facciata; in realtà i patti con Berlusconi sono di non rompere le scatole, di non fare quasi nulla. In cambio forse uno di noi verrà eletto deputato. Così, altro che ex-radicali, nessun intervento davvero forte sull'attualità, nessuna denuncia, nessun appello, nessun discorso entusiasmante capace di rivolgersi a tutti i liberali italiani, nessun approfondimento teorico e ideologico, nessun tentativo di collegarsi alle altre formazioni liberali.
E quest'ultimo limite è sembrato grave specialmente a noi che faticosamente stiamo mettendo insieme i club liberali nel coordinamento dei Liberali Italiani (e siamo arrivati ad una decina di gruppi). E sarebbe bastato che sigle prestigiose come il PLI, il PRI e appunto RL, scendendo dal loro piedistallo fatto di cartone, aderissero al bel Manifesto per cominciare ad avere tutti insieme una forza d'urto bipartisan notevole, visto che dai sondaggi i liberali italiani non sono meno del 30 per cento. Macché, nulla di nulla.
Finché, nella mutata atmosfera politica di questa legislatura, con la crisi incombente del Governo Prodi e in prospettiva anche dell'intero bipolarismo all'italiana, che a questo punto è il vero avversario da vincere per noi liberali, le tensioni presenti in RL sono esplose. Nei giorni scorsi c'è stata maretta nelle riunioni, accuse a Della Vedova e al gruppo dirigente di immobilismo, autoreferenzialità, egocentrismo, lontananza dalla gente, inesistente base di consensi, mancanza di senso politico.
Ora se ne va, e con polemiche, quello che è stato l'organizzatore numero uno di RL durante la fondazione. Una defezione che pesa, perché Maravigna tra tante persone di RL con la testa in aria e i piedi sull'ovatta, era quasi il solo con la testa sulle spalle e i piedi per terra.
Noi siamo imbarazzati, e non vogliamo entrare in polemiche interne a gruppi amici. Se però sembriano voler ficcare il naso è per amicizia, perché quest'area, quella liberale, ci è cara e la sentiamo nostra. A noi non piace che dei liberali ancora una volta diano cattiva prova politica (e veri liberali, nonostante che abbiano puntato su una piattaforma troppo conservatrice, dimenticando che il Liberalismo non è mai stato né di Destra, né di Sinistra, tanto che perfino Malagodi si rifiutò di fare l'alleanza della Grande Destra).
Come sempre, noi liberali mostriamo di non saper fare politica, di non volerci aggregare agli altri liberali, di voler far da soli. Dopo tanti tentativi dovremmo averlo capito che è un grosso errore. Eppure c'è ancora chi vi cade dentro a piedi uniti. A voler sembrare troppo furbi, ci si rivela ingenui.
Quando la capiranno Della Vedova, Taradash e C. che è ora di finirla con i programmini furbetti a brevissima scadenza elettorale, con le sigle improvvisate e pronte da consumare nel fast food della politica all'italiana, insomma la politicuzza della convenienza personale immediata, e che occorre tornare alle idee, alle Grandi Idee, ai grandi programmi (che, gira e rigira, sono solo tre: conservatori, socialisti, liberali), e finalmente por mano alla grande coalizione di tutti liberali? Questa sì, sarebbe la vera furbizia. (Nico Valerio)
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PERCHE’ LASCIO I RIFORMATORI LIBERALI
Ivan Maravigna*
Nell’ultima riunione del "direttivo allargato" di RL (ma statutariamente, che "roba" è il direttivo allargato?) ho preannunciato la mia volontà di considerare conclusa la mia esperienza politica all’interno di tale "formazione". Ritengo doveroso spiegarne le ragioni ai molti amici che in precedenza ho, invece, convinto ad aderire ed ad impegnarsi nella costituzione di club sul tutto il territorio nazionale.
La mia critica nei confronti della leadership di Riformatori Liberali investe proprio i piloni sul quale è stato fondato (e sviluppato?) questo "soggetto politico".
Sin dal primo momento chi ha assunto la direzione (insomma…alla fin fine, chi è andato dal notaio...) ha scartato l’ipotesi di lavorare nella prospettiva di costruire qualcosa insieme alle altre "forze" ed espressioni del movimento liberale, laico e riformatore.
Le ragioni tattiche di tale scelta potevano apparire comprensibili ed in parte condivisibili sino alla data dell’11 Aprile 2006. Vi era il timore che eventuali "apparentamenti" (timore che ci ha così precluso la possibilità di costituire cartelli elettorali competitivi per l’ultimo resto utile per entrare in Parlamento con le nostre gambe) avrebbero annacquato la valenza politica della "scissione" radicale operata da Benedetto. Non sappiamo quanto le indicazioni del nostro "sponsor" sia stata determinante per tale scelta. Berlusconi lo si è incontrato raramente e , probabilmente, Vizzini ha riferito solo suoi personali "desiderata" attribuendoli al Cavaliere. Vi era soprattutto il timore di doversi spartire i seggi della "pattuglia" con altri sgraditi commensali. E questo per ragioni personali piuttosto che politiche è stato evitato. Alla luce dei miseri risultati conseguiti (un solo parlamentare eletto) appare evidente il fallimento delle scelte di cui Benedetto ma anche Marco e Peppino non hanno mai politicamente risposto. Per inciso voglio ricordare che i sondaggi, all’esordio dopo la manifestazione del 30 novembre 2005, davano a RL un positivo 0,7%, crollato poi allo 0,3 alla manifestazione di febbraio 2006 ed ad un effettivo 0,1 delle urne dopo la rinuncia a "correre" autonomamente. Anche per tali insuccessi il leader (i leaders ?) ha(nno) ritenuto di auto-assolversi e di non rispondere politicamente davanti ad amici che avevano speso la propria faccia ed il proprio nome (un nome fra tutti quello di Pietro Milio di cui è stato strumentalizzato il fatto di essere stato l’ultimo parlamentare radicale mandandolo al massacro in una campagna elettorale senza un briciolo di chanche)
Ma dopo il 12 Aprile quali ragioni hanno legittimato il nostro isolazionismo? E’ evidente (ed è stato ancora più evidente nella riunione del 3 e 4 marzo u.s.) che qualcuno soffra di complessi di superiorità. Cosa rende i Riformatori Liberali superiori o più bravi di tutti gli altri Liberali che si impegnano oggi a vario modo per la modernizzazione del paese?
Ecco la prima reale difformità di prospettiva politica : voglio appartenere ad un soggetto politico che abbia come fine primario quello di creare momenti di dialogo, di riunificazione e sintesi politica tra soggettività dell’area liberale, riformatrice e federalista.
Non mi interessa appartenere ad un soggetto che mira a rimanere isolato e non ha alcuna possibilità di incidere nella dinamica democratica del Paese.
La seconda , ed altrettanto decisiva , ragione di dissenso è data , non tanto dalla assoluta mancanza di democrazia interna e di impossibilità di verifica della leadership, quanto nella volontà pervicace di rifiutare la politica sul territorio e la disponibilità anche di solo ascoltare proposta politica che venga dal basso.
Voglio appartenere ed impegnarmi in un soggetto politico che capisca la necessità della politica sul territorio, che sia "GLocal" capace di coniugare globalizzazione e peculiarità locale, che accetti la sfida del movimentismo di sinistra sui temi della Democrazia Partecipata, che adoperi il verbo della Libertà di Prossimità,si impegni cioè in difesa delle Libertà negate nella pratica quotidiana.
La situazione dei RL è ben diversa, lontana dalla gente e lontana dalla realtà.
Sognavamo un soggetto politico che aprisse ai cittadini le finestre sulla politica….ci siamo ritrovati dinnanzi a chiavistelli chiusi a doppia mandata e la possibilità di guardare la politica solo dal buco della serratura.
Ma quello che è più grave che è mancata del tutto la c.d. "proposta politica". Da quasi due anni ci si è limitati , poco laicamente, a sgranare il rosario recitando a memoria in forma ripetitiva parole come "America", "Mercato" "Individuo", senza dare nessun contenuto propositivo a uno slogan che è rimasto tale. Quale America? Quale Mercato? Quale Individuo?
L’unico "progetto" che è stato partorito è la strampalata, e mai discussa al nostro interno, proposta di Calderisi di applicare in Italia il sistema elettorale spagnolo da noi del tutto inutile ed anzi dannoso senza una adeguata riforma costituzionale.
Insomma niente leadership, niente proposta, niente struttura, niente di niente.
In analisi matematica direi che RL è un numero complesso….esiste ma non appartiene ai numeri reali!
Nella riunione di direzione avevo proposto di seguire un percorso parallelo. Quella di consentire la crescita in forma federata di strutture territoriali che avessero possibilità di fare politica sul territorio ma che conservassero come punto di riferimento ideale l’esperienza nazionale di RL.
Questa ipotesi, al momento delle sintesi, non è stata neppure presa in considerazione.
Ce ne sono state invece proposte due "alternative" : una quella di "non esistere" (Della Vedova), l’altra quella di "non esistere facendo finta di esistere" (Taradash)
Perdonate il mio istinto di sopravvivenza. Alla prossima...a questa fermata, io scendo.
Ivan Maravigna

*già coordinatore nazionale Club Riformatori Liberali

03 marzo, 2007

 

Oddio, ora c’è un ateo un po’ strano, che in fondo crede in una religione: quella dell’antisemitismo.

Israele, unico Paese liberale e democratico di tutto il vicino e medio Oriente, sarebbe un Paese "fascista"? Prima di arrabbiarci, ci viene da ridere. Ma poi, un'ombra di tristezza cala sui nostri occhi. Che vergogna. E che brutti ricordi provoca quest'accusa cretina e illogica. Chi è che accusa Israele e l’ebraismo? Il professor Odifreddi, che è ritratto qui.

Sembra di essere ripiombati negli anni bui in cui noi liberali razionalisti o non credenti dovevamo per forza abbracciare la religione dello stalinismo, con tutti i suoi codicilli (antieuropeismo, antisemitismo ecc), se volevamo definirci agnostici o atei. Anche in Italia, dove molti politici liberali e laicisti erano atei (p.es. Malagodi, Pannunzio, La Malfa), erano per lo più i filosovietici ad occuparsi di ateismo militante. Si erano infiltrati benissimo, ma a noi che venivamo dalla Gioventù Liberale e dal Partito Radicale apparivano come dipinti di vernice fosforescente, tanto erano riconoscibili. Lo sapevamo bene che volevano fare delle "cinghie di trasmissione" per il Partito Comunista, neanche quello italiano, ma quello sovietico, di club e associazioni ateiste o del "libero pensiero", tanto libero che la Siberia era piena di "liberi pensatori... E perciò noi liberali ventenni, idealisti sì ma per niente ingenui politicamente, ci ritrovavamo a incrociare con vigile prudenza le nostre belle giovinezze con quei personaggi oscuri e ambigui, che parlavano sempre a bassa voce e in modo innaturalmente moderato e circospetto, con la perenne aria del cospiratore delle satire di Trilussa o Pascarella.
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Pensavo a quelle esperienze giovanili leggendo il commento del bravo Giulio Cesare Vallocchia, di cui come sempre condivido tutto, alle assurde dichiarazioni su Israele del matematico Piergiorgio Odifreddi, ateista militante e dirigente dell’Uaar. La gente - si sa - attribuisce ai matematici la testa in aria e nessun rapporto credibile con la realtà d’ogni giorno, specie quando i matematici si mettono a parlare di politica o di società. Leggende metropolitane? No, tutto vero, almeno nel caso di Odifreddi. Stavolta l’ha detta davvero grossa e campata in aria. Perfino il giornalista intervistatore della Stampa (figuriamoci) lo corregge. Così, non me ne voglia Odifreddi, ma per libera associazione di idee, il pensiero è riandato all’antisemitismo e antisionismo di quei vecchi ateisti vestiti di nero e che non sorridevano mai, in stile Pcus. Ma facciamo parlare Vallocchia. (Nico Valerio)
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"Noi che ripudiamo il pensiero unico imposto dalle filosofie religiose e/o politiche, totalitarie e totalizzanti (quindi quasi tutte le religioni e i nazi-fascismi neri e rossi) abbiamo il dovere di far circolare liberamente le opinioni di tutti e, in particolare, di quelli che si richiamano alla libertà di pensiero. Ma questo non ci può esimere dalla critica ai nostri compagni atei, anche se autorevoli membri del Comitato di Presidenza della nostra Associazione più rappresentativa, l' Uaar, quando non condividiamo le loro opinioni politiche. Ci riferiamo a Piergiorgio Odifreddi di cui in questo sito abbiamo presentato con molto piacere il suo ultimo libro "Perché non possiamo essere cristiani (e tanto meno cattolici) ". Intervistato da Mario Baudino per La Stampa, Odifreddi usa espressioni molto dure contro Israele, l'unico Stato del medio-oriente in cui atei e omosessuali possono vivere liberamente e alla luce del sole la loro condizione di non credenti e il loro orientamento sessuale, fondando combattive associazioni specifiche senza che nessuna istituzione civile si azzardi nemmeno lontanamente a impedire la loro libertà d'azione. In tutti i Paesi islamici di quell'area, invece, gli atei e i gay possono essere tranquillamente messi a morte in nome di Allah. Ci spiace che l'ateo Odifreddi definisca "fascista" Israele, e non dica una parola sui paesi islamici che gli atei li condannano a morte per il solo fatto di negare l'esistenza di Dio. Tiziana Ficacci ci ha offerto sul sito di No-God un condivisibile commento sull'Odifreddi-pensiero che emerge da quella intervista". (G.C.Vallocchia)
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"Israele è uno stato fascista. E’ la presuntuosa dichiarazione di Odifreddi (v. nella sezione libri del sito, scheda di "Perché non possiamo essere cristiani") intervistato da Mario Baudino per La Stampa. Il giornalista gli fa presente che il fascismo comporta il partito unico, e Odifreddi risponde, "allora è un paese di destra". Due cose: il professore dimentica che uno Stato non è di destra o sinistra, in caso lo sono i governi, e la destra non è automaticamente fascista. Inoltre, forse il matematico lo ignora, Israele non è mai stato governato da partiti di estrema destra o religiosi. Per motivare la sua partecipazione ai più banali stereotipi antiebraici, lo studioso dice ovvietà come "non sono antisemita: sono uno scienziato e perciò non credo alle razze. Ma sono antisionista". Baudino gli ricorda come Theodor Herzl, fondatore del sionismo, fosse laico, e lo scienziato risponde: "Non importa, il risultato è che oggi Israele è uno Stato fascista". Odifreddi si mostra invece molto "politicamente corretto" davanti all’Islam del quale, nel libro, non parla.
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Probabilmente questo saggio, che pure contiene analisi estremamente condivisibili sul peso della Chiesa nel nostro Paese, non gioverà alla causa di chi si batte per la laicità o chiede rispetto per l’ateismo, per la superficialità delle critiche alle scritture (antico e nuovo testamento) che andrebbero fatte con maggiore conoscenza, anche storica, delle stesse. Spiace che il razionalista Odifreddi sia così assertivo con le teorie dell’antigiudaismo così diffuse nel cattolicesimo che, condivisibilmente, critica". (Tiziana Ficacci).
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Dopo quando detto, inutile aggiungere che oltre agli amici di No-God, anche il Salon Voltaire condanna con forza l'anti-ebraismo di Odifreddi. Sarà ateo su certe cose, ma su questo tema, ahimé, il professore crede fermamente in una religione: quella dell'antisemitismo.

AGGIORNATO IL 27 DICEMBRE 2014


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