10 novembre, 2005

 

10. Newsletter del 12 luglio 2004

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Salon Voltaire
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 10 - 12 luglio 2004
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo numero contiene:
OPPIO DEI POPOLI O PIO DEI MILIARDI?
CHE BEI TEMPI, PENSATE, SENZA IL TAR
META’ DEPUTATI E META’ STIPENDIO
FRANCIA ANTISEMITA. CACCIA ALL’EBREO
CONTRO LE SENTENZE MI DIFENDO SPARLANDO
CORTI SUPREME. ISRAELE BATTE L’AJA 1-0
CLIENTELE DEL SUD E POTERI FORTI ALL’ATTACCO
SOCIALISTI E LA RINASCITA DEL PATTO LIB-LAB
DESTRA MALDESTRA E FACCE DA PRETE
TROPPI QUATTRO AGHI DELLA BILANCIA
NO AI GHETTI ISLAMICI, CULLE ANTI-OCCIDENTE
BASTA CON LA BUFALA DELLA PRIVACY
IL CAVOUR CHE AMAVA LA MARINA
PECORE DA METANO: ENERGIA O INQUINAMENTO?
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IL PAESE DEGLI IGNORANTI.
Oppio dei popoli o Pio dei miliardi?
Poi dice che uno fa l’anti-italiano. Magari ti prendono pure per snob o per leghista. Ma noi vorremmo solo essere dei comuni borghesi, perfino dei borghesucci. Insomma gente europea qualunque. Macché, in Italia è impossibile. Vai alla posta, in treno, in metro, nei bar, nei teatri, negli stadi, perfino in ospedale, in chiesa e nei camposanti, e scopri che non c’è scelta: o plebaglia o finti aristocratici. Ovunque ignoranza, superstizioni, paure irrazionali, antipatie, credenze popolari, "voci", pettegolezzi, "sentito dire", miracoli, diffidenza per la scienza, leggende di città e di campagna. Qui le Madonne piangono, ma i cittadini non ridono. E pure i laureati. Laureati, insinuerete voi, con un prosciutto al bidello e un assegno al professore? Ma no. Accadeva, forse, un tempo in certi "atenei" del sud. Oggi non c’è più bisogno, a tal punto si è abbassato il livello di licei e università. E altro che sud, ormai: tutta l’Italia è una grande zona depressa: telefonini, fuoristrada, vestiti firmati, due docce al giorno. Ma idee da Medioevo.
La sottocultura "umanistica", in cui una tesi vale l’altra, ha fatto danni irreparabili. Gli studenti di lettere non sanno che cos’è una prova scientifica. Già leggevamo pochi libri, e per lo più romanzetti. Il computer ha dato il colpo di grazia: ora molti possono dire di non leggere perché sono passati ad internet. Clienti con laurea si bevono la panzana della commessa che spiega che quel tale unguento "nutre" il capello. Maestre e professoresse, plagiate dai rosso-verdi, vanno dicendo agli alunni che gli alimenti "Ogm" sono come fragole con le zampine di coleottero, e perciò provocano il cancro. Fortuna che quelli "bio" fanno diventare belli, intelligenti, multiculturali e politicamente corretti. Perché sono "senza la chimica". Vorrei che prendessero una volta l’ascensore, ma "senza la fisica". Sono gli stessi che sono contro l’energia elettrica nucleare. Ma con ipocrisia. Se la importiamo dalla Francia è ottima, come lo champagne. Se la produciamo in Italia, invece, fa nascere bambini deformi. Come ai tempi di Fra’ Diavolo, i genitori rifiutano di far vaccinare i figli, specie con la trivalente contro morbillo, rosolia e parotite (indagine Icona, dell’Istituto superiore di sanità, su un campione di 4.602 famiglie). Però si lamentano se alla posta non trovano l’aria condizionata.
Ora ci si mette anche il revival del santino. Mi dispiace per i tanti amici ebrei, ma il loro compaesano che ha avuto più successo nel mondo, Jehoshua di Nazareth, oggi in Italia ha perso qualche posizione in classifica, soppiantato nella diffusione iconografica da Padre Pio da Pietralcina. Sarà un santo populista, che promette mari e monti, e pur d’ingraziarsi il popolino dei cristiani all’italiana che vanno in chiesa per "guadagnarci qualcosa", una grazia sia pure per vie traverse e non sempre legalmente comme il faut, ve la rimedia sempre, come certi uscieri di ministeri. Fatto sta che la "devozione", diciamo così, per PPP si espande a macchia d’olio. Ha già colonizzato i parabrezza delle auto e ora, a grande richiesta, non solo i giardini delle parrocchie (l’ultima l’ho vista in S.Maria delle Grazie al Trionfale, Roma) ma perfino i cortili dei condomini, vietati anche alle Rolls-Royce. Da un'indagine effettuata dall’encomiabile lobby "No God" nel cimitero romano di Prima Porta è stato rilevato che a partire dal 1999, anno della sua beatificazione, le immagini del santo di Pietralcina su loculi e tombe sono superiori a quelle della Madonna (rapporto 2 a 1), ma la performance aumenta a partire dal 2002, anno della santificazione. Il fenomeno è senza precedenti, infatti nessun altro santo, nemmeno i popolarissimi San Francesco che è patrono d’Italia e Sant'Antonio, godono di tanti fans nei cimiteri. Non male per un frate di cui Pio XII diffidava e che la Chiesa mise sotto inchiesta.
Come liberali, deprechiamo soprattutto la mancanza di concorrenza. Fortuna che gli amici del sito "Atei per la laicità degli Stati" (www.nogod.it), facendo i salti mortali, l’hanno trovata: è quella delle bandiere delle squadre di calcio Roma e Lazio che in un rapporto pressoché identico (2 a 1) colorano il desolato panorama cimiteriale in ricordo dei tifosi deceduti, non si sa se "in servizio" in curva o no. Speriamo che lo stesso non accada tra i più civili defunti del Nord Italia, di solito gente meno volgare. Ma l'irresistibile ascesa di PPP nell'olimpo cristiano si arricchisce di ulteriori attribuzioni miracolose che lo pongono in pole position per la futura nomina di santo protettore degli ostaggi ("San Rambo"), visto che qualche fedele gli ha attribuito anche il merito della liberazione degli italiani in Irak. E per arricchire con il dovuto sfarzo tanta apoteosi, gli industriali di Prato hanno donato oltre un chilometro di tessuti preziosi per realizzare i paramenti sacri di 10 cardinali, 120 vescovi e 500 sacerdoti partecipanti all'inaugurazione della nuova chiesa dell’architetto alla moda Renzo Piano, disegnata come se fosse una stazione ferroviaria. A proposito, tutto il business di S.Giovanni Rotondo, visto che giravano miliardi e i frati (con la scusa delle stimmate) avevano le mani bucate, è ormai - diciamo così - in amministrazione controllata ecclesiastica. In pratica il Vaticano, pur credendo poco nei miracoli, ha avocato a sé la miracolosa fonte di denaro. Chissà quanta ricerca medica si sarebbe potuto finanziare con i molti milioni di euro che ci sono voluti per una nuova e così brutta chiesa, e chiediamo piuttosto agli scafatissimi cardinali-ministri della Curia romana: che ne pensate di tanto fanatismo e tanta superstizione? (Peppino De Condorcet)
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L’ITALIA DEI CAVILLI E DEGLI AZZECCAGARBUGLI
Che bei tempi, pensate, senza il Tar
Quando si dice il progresso giurisdizionale. Siete proprio sicuri che, non dico i nostri nonni, ma i nostri genitori, fossero meno felici perché vivevano senza i Tribunali amministrativi regionali? Noi crediamo di no, viste le centinaia di imprevedibili sentente dei Tar riporatate dalla stampa. Creiamo, si disse negli anni Sessanta, tribunali regionali in cui il cittadino possa sentirsi più da vicino tutelato nei confronti dell’arcigna e autoritaria pubblica amministrazione. Il Consiglio di Stato è troppo lontano, oberato e lento, e poi, perdinci, ci vogliono due gradi di processo a garanzia del cittadino. Così, nel 1971 furono istituiti questi tribunali locali di prima istanza riservati al diritto amministrativo. Chiunque ritenga di essere colpito, per esempio, da un provvedimento del sindaco non conforme alla legge e lesivo di un interesse legittimo (che è un interesse privato coincidente con um interesse pubblico generale) può impugnarlo presso il Tar.
Detta così sembrava un progresso. E figuriamoci se noi liberali che fondiamo le libertà stesse sul diritto possiamo non essere d’accordo. Specialmente nei confronti dello Stato o delle amministrazioni locali, che per ignoranza ne fanno di cotte e di crude ai danni dei cittadini. Però, è successo che qualche Tar si sia messo a sindacare qualunque decisione degli amministratori, anche la più piccola, sostituendosi ad essi e annullando quel decisionismo che si voleva importare in Italia sul modello anglosassone. Così, altro che sindaci interventisti alla Rudy Giuliani. Bisognerebbe importare insieme anche i giudici americani. Sentite l’ultima, la più banale, accaduta l’altro ieri, e ditemi se non è proprio questa cavillosità alessandrina priva di buonsenso e di senso del ridicolo il primo male dell’Italia del diritto.
L’assessore al commercio del Comune di Roma, visti i ricorrenti incidenti, le risse e i ferimenti per mezzo di bottiglie e bicchieri tra le centinaia di giovani bevitori che affollano ogni notte Campo de’ Fiori, su suggerimento di Polizia e abitanti (svegliati all’alba dalla rumorosissima raccolta delle bottiglie), aveva vietato in quella zona la mescita notturna di bevande in bottiglie e bicchieri di vetro. Chi voleva bere poteva farlo con i bicchieri di plastica. I ragazzi hanno accolto di buon grado. Fine dei ferimenti e dei rumori molesti. Ma non dei cavilli all’italiana. L’Assovetro, associazione dei produttori di vetro, ha fatto ricorso al Tar. E il Tribunale, anziché rispondere "E voi che c’entrate, quale titolo avete?", come avrebbe fatto qualunque giudice anglosassone, ha accolto per ora il ricorso e concesso la sospensione dell’atto amministrativo, in attesa della decisione, ad agosto. Così sono tornati i pericoli, i ferimenti, i rumori.
Non solo, ma i giudici, pur richiedendo nuova documentazione all’assessore, sono già entrati nel merito e si sono messi a disquisire sottilmente sulle motivazioni dell’ordinanza del Comune. Secondo le prime indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera, "il Tar avrebbe infatti ritenuto che se lo scopo dell’ordinanza riguardava la pulizia della piazza, o meglio delle strade e piazze del centro storico, si doveva pensare ad un maggior intervento dell’Ama [la società della nettezza urbana, NdR]; se era una questione di ordine pubblico, si sarebbe dovuto pensare ad una maggiore presenza delle forze dell’ordine". Insomma, il giudice vuole sostituirsi all’amministratore, facendo le scelte al posto suo? E la sua discrezionalità? Pur rispettosi dei giudici, da liberali, e super-amanti del vetro da ecologisti (però il vetro, come un giudice protagonista, ferisce, eccome, e non c’è "interesse legittimo" di produttore che possa negarlo), siamo meravigliati e scandalizzati di come in Italia la giustizia possa perdersi in simili quisquilie. Qui da noi neanche il sindaco Giuliani avrebbe potuto fare e dire "a". Amici magistrati, come vedete, le colpe in Italia non sono solo della classe politica.
Nel frattempo, c’è voluto il buonsenso del prefetto Achille Serra, che ha rinnovato il divieto, evitando di tornare ai ferimenti con bottiglie rotte e ai duelli rusticani tra ubriachi. Grazie, signor Prefetto, perfino da parte dei liberali, che come saprà non amano molto l’istituto prefettizio giudicandolo un retaggio statalista e autoritario. Ma a conti fatti, molto meglio lei di certa magistratura, più vicina alle pandette giustinianee che ai tempi di oggi. Che vogliono, amici magistrati, velocità e rispetto delle competenze. (Jure imperitus)
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CASSAZIONE: GIUSTO CONTRAPPESO ALL’AUTONOMIA
Criticare i giudici? Un diritto, non un reato
Certo che noi lo sapevamo già. Ma "loro" non lo sapevano, o almeno non lo scrivevano chiaramente nelle sentenze. Anzi… Va bene che la Cassazione, viste certe sue decisioni passate, potrebbe domani rimangiarsi tutto in casi analoghi, ma una sua sentenza fresca fresca tonifica chi ritiene la critica un elemento ineliminabile in uno stato liberale.
Insomma criticare i giudici e il loro comportamento non è reato. Anzi, è un diritto di tutti - avvocati, imputati, cittadini - che serve a bilanciare l’autonomia e l’indipendenza di cui gode la magistratura, riporta Giovanni Bianconi sul Corriere. Per via di quei princìpi i provvedimenti giudiziari "non sono perseguibili né penalmente né disciplinarmente", e le toghe sono al riparo anche dalla responsabilità civile "a meno che le loro decisioni non siano frutto di palese negligenza o dolo". Ma il "contrappeso" a queste garanzie "non può che essere rinvenuto in un’ampia possibilità di critica dei provvedimenti", che dev’essere riconosciuta non solo agli "addetti ai lavori". La sentenza 29232 della Corte di Cassazione che ha fissato questo principio nei rapporti tra giudici e opinione pubblica ha assolto un avvocato accusato di ingiuria nei confronti di un pubblico ministero del tribunale marchigiano di Fermo.
E’ vero che i provvedimenti giudiziari considerati errati "possono essere modificati soltanto con il rimedio delle impugnazioni, ma è anche vero che essi possono essere ampiamente e anche aspramente criticati". Ma c’è di più. La "legittima critica dei cittadini non deve limitarsi soltanto alle sentenze e alle loro motivazioni, ma può investire anche i comportamenti assunti dai giudici nell’esercizio delle loro funzioni". "Alcuni comportamenti arroganti assunti nei confronti di avvocati, imputati e parti processuali appaiono addirittura meno tollerabili di motivate decisioni contrarie agli interessi di una parte", ed è lecito censurarli poiché "in un Paese democratico chi esercita la delicata funzione giudiziaria che produce effetti rilevanti sulla vita dei consociati deve astenersi dall’assumere atteggiamenti che possano essere interpretati come improntati a pregiudizio".
A scrivere le motivazioni della sentenza è stato proprio un ex-componente del Csm, Gennaro Marasca, oggi consigliere della sezione penale della Cassazione e in passato rappresentante nell’organo di autogoverno della corrente più a sinistra delle toghe, Magistratura democratica. Il quale spiega: "Non è vero che le sentenze e gli altri provvedimenti dei magistrati non si discutono. Naturalmente si possono impugnare, e comunque si ha il dovere di rispettarle ed eseguirle, ma a fronte di ciò tutti hanno il diritto di criticarle. E’ per questo che in una società democratica possono essere accettate l’autonomia e l’indipendenza dei giudici, che altrimenti sarebbero privilegi eccessivi". (Cicero pro domo sua)
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POLITICI ANTI-ISRAELE, POPOLAZIONE ANTISEMITA
Caccia all’ebreo in Francia
Voltaire si rivolta nella tomba e muore una seconda volta dalla vergogna. La Francia, è il paese più intollerante d’Europa. Ed è inutile che Chirac ipocritamente si stracci le vesti. Vi è vietata per legge la manifestazione di alcune idee, ritenute "scorrette" (v. Salon Voltaire n.9 sul caso Bardot), e una minoranza religiosa - quella ebraica - è perseguitata e vive in costante pericolo di morte. E sia la sinistra, che ha aizzato per anni all’odio per Israele e gli ebrei, sia il centro-destra e il governo attuale, imbelli e ambigui per non mettersi contro la numerosa e arrogante comunità islamica, sono colpevoli della situazione attuale. Gli atti di delinquenza anti-semita, per lo più ad opera di nord-africani e islamici in genere, non fanno più notizia in Francia. La stampa e i politici francesi stanno condannando in queste ore un'aggressione mossa da anti-semitismo avvenuta in Francia. Una 23enne di Parigi e' stata assalita da un gruppo di nordafricani che le hanno tagliato i capelli, strappato i vestiti e dipinto delle svastiche sul corpo perche' ritenuta ebrea. E' avvenuto su un treno nella zona a nord di Parigi davanti ad altri viaggiatori che non hanno fatto nulla per impedire le violenze. Con la donna anche il figlio di un anno fatto cadere dai delinquenti dopo il che hanno rovesciato la carrozzina. (Agr)
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FIGURACCIA DELLA "GIUSTIZIA" INTERNAZIONALE
Corti Supreme: Israele batte l’Aja 1-0
Alle volte capiamo la diffidenza degli Stati Uniti per i tribunali internazionali. Per difetti di documentazione o di conduzione del procedimento un imputato di gravi crimini contro l’umanità (p. es. Milosevic) può avere un podio per farsi propaganda e può mettere in difficoltà l’accusa. Ma il più delle volte la giustizia internazionale è la continuazione della politica con altri mezzi. Vedi quello che è accaduto all’Aja per il processo a Israele. Il parere della Corte, in questo caso per fortuna giuridicamente non vincolante, anche se di indubbio valore politico, è che il muro difensivo eretto in Israele contro le infiltrazioni terroristiche è assolutamente "illegale" e lede i diritti dei palestinesi. Non una parola i giudici dell’Aja hanno speso per difendere i diritti dei cittadini israeliani a vivere senza violenza e attentati terroristici. Dopo la costruzione del muro, va ricordato, gli attentati sono drasticamente diminuiti. Ma si vede che nella speciale bilancia dell’Onu le vite dei cittadini del Medio Oriente si pesano in modo diverso a seconda delle simpatie politiche dei giudici. Molto meglio, allora, ha fatto la Corte suprema israeliana che, in precedenza, aveva stabilito - accogliendo i ricorsi dei palestinesi danneggiati – che il muro non deve più penetrare in profondità nel territorio palestinese e che in quei punti il tracciato del muro va ricostruito. Così ha anche dato una bella lezione di liberalismo giuridico a tutto il mondo arabo. (Sara Veroli, commessa in via Ottaviano)
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NEO-CORPORATIVISMO. NO ALLA RIDUZIONE DELLE TASSE
Clientele del sud e poteri forti all’attacco
Una volta tanto che il Presidente del consiglio voleva fare una "cosa liberale"… "Ridurre le tasse vorrebbe dire, per Berlusconi, vincere probabilmente le elezioni nel 2006", ha scritto Piero Ostellino. "Ma, per gli assetti del Paese, la riduzione della tasse vorrebbe anche dire: la messa in discussione di interessi consolidati, di concezioni dirigiste, stataliste e protezioniste di politica economica, di rendite politiche e sociali. Così, contro la riduzione delle tasse si è saldata l'alleanza fra chi vuole cacciare Berlusconi e chi non vuole un mutamento degli assetti tradizionali del Paese. Sono contrari alla riduzione delle tasse: l'opposizione, per evitare che Berlusconi ne tragga vantaggio; Alleanza nazionale, nel timore che, con la riduzione della spesa pubblica, ci rimetta il proprio elettorato (clientele al Sud, pubblico impiego); l'Udc, un partito nato dalla fusione di partiti che avevano sottoscritto il programma elettorale del centrodestra, ma che, ora, lo vuole riscrivere e insegue il progetto di un "grande centro" neo-democristiano (Margherita, Udc, Udeur e parte di Forza Italia) che di Berlusconi erediti la rappresentanza politica; la Confindustria, che paventa una riduzione degli aiuti pubblici alle imprese. Sullo sfondo, rimane il cittadino-contribuente, cui un po' di soldi in più farebbero comodo, ma al quale nessuno sembra pensare".
"Se l'Italia fosse un Paese normale, la sua classe politica, invece di aggrapparsi ai riti della Prima Repubblica, seguirebbe il proverbio inglese: per sapere com'è il budino, bisogna mangiarlo. Si chiederebbe, dopo averne valutato gli ingredienti (costi e ricavi) e ipotizzato la realizzazione, se il budino della riduzione delle tasse sia digeribile per il Paese. Per spiegare, poi, al cittadino-contribuente perché non sia possibile; ovvero, per non fargli pagare più tasse di quante si potrebbe fargliene pagare. Ma la riduzione delle tasse è un falso scopo e l'Italia non è un Paese normale. E' un Paese il cui establishment culturale, politico, sociale, economico è arroccato su posizioni conservatrici e corporative. Un Paese che la sua classe dirigente - che si rinnova per cooptazione del peggiore - sta portando al declino e che, alle elezioni, non a caso, dà il due per cento al solo partito di cultura e di riformismo liberali (i radicali). Berlusconi si merita di perdere per gli errori di direzione politica che ha accumulato; perché non è stato all'altezza degli stessi obiettivi che si era dato; per i conflitti di interesse che ne hanno caratterizzato l'azione di governo. Ma il suo fallimento, dopo quello di Craxi, è anche la prova che, nel nostro Paese, chiunque - riformista di destra o di sinistra - tiri fuori la testa dallo stagno è destinato a farsela tagliare"
La "rinascita" - così continuava Ostellino sul Corriere del 10 luglio - che la stampa progressista già saluta tripudiante - consisterebbe nel compromesso, neo-corporativo, dirigista e statalista, fra un "grande centro" post-democristiano, che dovrebbe nascere sulle rovine della Casa delle Libertà, e la "piccola sinistra" post-comunista dei Ds a esso subalterna. Una sorta di riedizione aggiornata (fortunatamente) al vincolo europeo del compromesso storico e della Prima Repubblica. Quella che ha accumulato un colossale debito pubblico con la concertazione governo (che ne paga le spese), sindacati, imprenditori; che ha rubato ai nostri figli il loro futuro con l'assistenzialismo, invece di creare un efficiente, e meno costoso, Stato sociale; che ha a tal punto assecondato il rifiuto del mercato e la domanda di protezionismo del Capitale da soffocarne lo sviluppo; che ha creato Parmalat, Cirio, Alitalia con il credito "politico". Allegria". (Mus hebdomadarius)
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SI TORNA AI VECCHI AMORI DELLA I REPUBBLICA, MA…
Lib-lab? Prima fare i Lib, prego
Ho chiesto alla barista Giusy, un bel tipo di brunetta, che penserebbe di un’allenza tra liberali e socialisti. Lavorando in un caffè italiano, sapete com’è, lei mastica qualcosa di tutto, dai doppi carburatori della Mini-Cooper allo sputo di Totti, alle scadenze Iva, ai film di Sky. Dei socialisti ha identificato solo "quell’uomo orrendo con gli occhiali che sta sempre in tv, e non ride mai", e ho dovuto faticare per farle capire che si tratta in realtà di un ex-professore universitario di chimica, persona coltissima, intelligentissima, raffinata e amante dell’humour come pochi. Ma la cosa che ancor più mi ha ferito è che Giusy non ha saputo dire nulla dei liberali ("Sì, forse li vedeva mio padre a "Tribuna politica" quando ero piccolina…"). La cosa mi ha molto offeso, e infatti ho protestato per la pessima spremuta d’arancia.
Si capisce che De Michelis, dopo il successo alle europee e il fallimento della cura dimagrante si è convinto di essere ridiventato grasso e grosso come ai bei tempi di Craxi.. A Strasburgo, lui che in Italia ha scelto la sinistra del centro-destra, ha aderito alla destra della sinistra-centro (aiuto, ho le vertigini), rientrando com’è giusto nella casa madre, il Partito socialista europeo, con Boselli, Intini e D’Alema. Solo che, elettrizzato come uno scolaretto promosso dopo aver ripetuto l’anno ed essere stato rimandato a settembre, si è rimesso a bere e a mangiare pesante, e ora soffre di incubi notturni. Straparla. Ora auspica nientemeno un "rassemblement" dell’area laico-riformista, "che operi in modo coordinato". Con chi ce l’ha? Sentite e capirete che gli si è fermato l’orologio. L’appello è indirizzato "agli amici del Pri, del Pli, dei Radicali, del Psdi, di Rinascita Socialista, ma anche ai compagni dello Sdi". Ma la metà buona di queste sigle non esiste più da anni, caro De Michelis. Non è che per sbaglio, la filippina che le riordina lo studio ha lasciato sulla scrivania un quotidiano degli anni Ottanta?
E se si sente così attivo, perché non si dedica a riunificare la vasta e sparsa area socialista? Mi creda, caro De Michelis, il lib-lab è una cosa perdente, vecchia quanto il cucco, che non ha mai funzionato. Chieda a Sterpa, che ne era un fissato. E poi noi liberali abbiamo buona memoria. Ricordiamo benissimo i tempi di Craxi, quando i poveri e sparuti "lib" erano gli schiavetti dei tanti e arroganti "lab". In cambio di questa loro marginalità e sottomissione, ai liberali gli "amici" socialisti consentivano di sopravvivere. Punto e basta. Ma la storia, per fortuna, è andata avanti. E i socialisti in Italia e nel Mondo hanno perso e straperso, mentre i liberali hanno vinto e stravinto (nel Mondo e anche un po’ in Italia): sarebbe una sciocchezza metterli insieme. E anche una stupidaggine comunicativa: già gli italiani non sanno bene che voglia dire "socialista" e "liberale", figuriamoci il povero mostricciattolo che avrebbe un po’ dell’uno e un po’ dell’altro.
Non è vero che "il bipolarismo in Italia abbia ormai fatto il suo tempo", caro De Michelis. Invenzione liberale ed europea, come ha spiegato Paolo Mieli è ormai entrato nella mentalità del Paese: si tratta, semmai, di realizzarlo con altri soggetti. E poi, un’alleanza riformatrice e liberale non può caratterizzarsi per nostalgia della prima repubblica. Proprio di quegli anni famigerati in cui veniva distrutto il bilancio dello Stato con i deficit socialisti, l’inflazione, le pensioni a tutti e le spese folli. Tutti errori economici di cui, appunto, stiamo ancora pagando il prezzo. E se invece i socialisti sono "cambiati", non sono più scialacquatori e clientelari, insomma sono diventati "liberali", allora a che serve fare un’alleanza con loro? E in ultimo, di gruppi socialisti d’ogni colore ce ne sono fin troppi in Italia. E’ il gruppo dei "Liberali italiani" che manca. (Camillo Benso di Latour)
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LA MANCANZA DI UOMINI E IDEE LIBERALI HA PERSO QUESTO GOVERNO
Destra maldestra e facce da prete
Ma la Giusy ha detto un’altra battuta illuminante, stavolta su Berlusconi. Lei crede che le facce parlino. Sostiene che la causa della crisi dell’attuale governo sarebbero le "troppe facce da prete" che stanno attorno al Presidente (ha detto "Silvio", perciò sospetto che abbia votato Forza Italia anche stavolta). A chi si riferisce? Certo non al luciferino La Russa. Vediamo un po’. Letta non ha la faccia da prete, semmai da astuto segretario di Corte, tipo cardinal Mazzarino. Sempre gerarchia ecclesiastica è. Però Bondi e Bonaiuti sono due preti dipinti. E anche Follini. Anche se lo vedrei piuttosto come capo-chierichetto, uno di quei patetici pelandroni in pantaloni corti a trentacinque anni che un tempo si vedevano solo in parrocchia e oggi tra i boy-scout cattolici. Beppe Pisanu potrebbe essere un prete figlio d’un pastore sardo della Barbagia, nutrito a porceddu e pane carasau. Certo il suo consiglio ("Silvio, o cacci Giulio o loro cacciano te") è di squisito sapore gesuitico-andreottiano-barbaricino. Però è vero, diavolo d’una barista, basterebbe far piazza pulita delle facce da prete, per avere una politica un po’ più liberale. Chissà.
Ma noi osservatori razionali avevano avuto qualche avvisaglia già nel 1994. A Roma ci fu un lungo corteo e poi un grande comizio del Polo a piazza San Giovanni. Una folla enorme, proveniente da tutt’Italia. Sul palco Berlusconi, Fini, Casini, Biondi e tanti altri. Un tripudio. Applausi. Ragazzi entusiasti, coppie che cantavano avvolte nella bandiera azzurra, pensionati alticci con lacrima, mamme urlanti e rosse in viso, lavoratori con fazzoletto azzurro, donne, tante donne, e perfino molti venditori africani che offrivano bandierine di Forza Italia (di An no, giustamente). E un giovane intellettualino in cravatta e distintivo di FI alla giacca che li seguiva apprensivo con lo sguardo: "Guai a chi li tocca: sono anche loro degli imprenditori".Roba da commuovere pure Sgarbi e Ferrara. Parlò Casini, ma vidi che sventolavano poche bandiere Ccd-Cdu. E applausi poco convinti. I post-democristiani erano pochi in piazza. Ma capii ancor di più alla fine del comizio. Quando Fini terminò il discorso - come sempre vuoto, retorico e generico - e la parola stava per passare a Berlusconi per il discorso conclusivo, che cosa non videro i miei occhi? Un terzo e più della piazza cominciò ad andar via, a sciamare in modo deciso e veloce, si sarebbe detto preordinato, verso metropolitana, bus e auto. Era il "popolo di An". Allora capii tutto.
Per noi, perciò, non è successo niente. Niente di veramente nuovo. La rivolta dei finti alleati interni della Casa delle Libertà, è l’ultimo atto di una tendenza naturale che era presente in nuce fino dal lontano 1994. Era evidente a tutti gli osservatori liberali, sia dentro che fuori la coalizione di centro-destra, che le belle parole di Berlusconi, i programmi liberalizzatori e modernizzatori, anche tolta la normale tara delle promesse elettorali, si sarebbero infranti contro pluridecennali tradizioni contrarie dei furbi maneggioni democristiani interni ed esterni a Forza Italia, e degli opportunisti e insinceri post-missini di An. Nessuna delle due formazioni improvvisate, la post democristiana e la post-missina, erano davvero convinte della svolta liberale e soprattutto liberista, e avevano aderito all’unione con la tipica doppiezza e le riserve mentali della Prima Repubblica. E, infatti, il "clima di irresponsabilità nazionale" in cui è maturata la cacciata dal Gran Consiglio di Tremonti da parte di una destra maldestra e asociale, alla vigilia della riunione dell’Ecofin, "lascia perplessi e inquieti", ha commentato un osservatore neutrale come Massimo Franco sul Corriere. E solo ora la maggioranza scopre che gli unici veri alleati erano, ahinoi, i naifs e bistrattati uomini della Lega Nord. (Giolitti, il gelataio di via Campo Marzio)
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CRISI DEL BIPOLARISMO. I PARTITI TENTANO DI RIPOSIZIONARSI
Terzo polo: troppi quattro aghi della bilancia
Ringalluzzito l’uno, bastonato l’altro. Il primo, timido e derelitto, l’ultimo dei frati minori della congrega di centro-destra, si è gonfiato come un pallone per qualche voto in più alle elezioni europee e ora, come la rana della favola, gliele sta dicendo di tutti i colori al grosso bue prepotente. Il secondo, invece, già montato e pieno di sé, credeva d’essere l’Abate o il Padre Guardiano del convento di centro-sinistra, ma poi nel corso degli anni aveva dovuto abbassare sempre più la cresta, finché, crollato alle europee, ha capito che era stato messo nel sacco.
Follini e Rutelli, due tipi così diversi, insomma, sono destinati a mettersi insieme per sovvertire l’odiato bipolarismo, che in Italia, a differenza dei paesi liberali in cui è nato, privilegia le ali estreme - specialmente a sinistra - impedendo una vera politica riformatrice. Ma è inutile che il furbo Rutelli faccia intendere, ostentando il suo passato, di immettere germi liberali nel nuovo soggetto politico trasversale. Dalla sua Margherita non possono che partire impulsi vetero-democristiani, e della peggiore Dc, quella di sinistra. Fatto sta che le prove di trasversalismo degli ultimi giorni preludono chiaramente ad un riposizionamento di tutti i partiti di "centro", finora nascosti con varie riserve mentali nei due schieramenti.
D’altra parte, è vero che il listone dell’Ulivo ha fallito. Perché - dice Rutelli - non ha attirato nessun voto del centro-destra, nonostante la crisi del berlusconismo. Proprio a causa dell’estremismo della coalizione, appiattita su Mussi, Diliberto, Pecoraro, Bertinotti, girotondi e pacifisti. Ma l’ineffabile Rutelli dimentica di aver fatto dichiarazioni simili, anche sull’Iraq, pochi giorni prima delle elezioni, per paura di perderle scavalcato a sinistra. Ma è anche vero che sul centro-destra, anche ributtando indietro An, resterebbe una grossa fetta (Forza Italia e Lega) di opinione pubblica poco propensa alla rinascita della Dc, alla concertazione corporativa, al moderatismo immobilista su tutto, al protezionismo. Va bene che i poteri forti delle banche sembrano vicini a Follini, ma gli elettori hanno ancora il ricordo dei guasti, anche economici e di politica estera, di un partito dei cattolici come centro e ago della bilancia. Si tornerebbe al 1993.
Ma questo ipotetico "Terzo Polo" non è già affollato? Tre "aghi" su una sola bilancia faranno restare immobili i due piatti. Dc, Margherita, Nuovo Psi, dunque, stanno sbagliando. E i liberali? Abbacchiati, ovunque siano, perché perfino i più timidi tentativi di immettere germi liberali nel centro-destra e nel centro-sinistra vengono repressi, ora sono di fronte ad un bivio. Anche nella migliore delle ipotesi, cioè se ad ottobre dovessero organizzarsi come formazione unitaria raccogliendo i liberali d’ogni tendenza, poniamo col nome "Liberali italiani", non arriverebbero già tardi per fare, loro sì, da unico ago della bilancia nella politica italiana? E non sarebbero, invece, costretti dai numeri e dalla inedita tripartizione ad allearsi di fatto con l’odiata neo-Dc e con i socialisti? E oltretutto per realizzare quale politica liberale? Solo un banale quadripartito da Prima Repubblica. Insomma, dalla padella alla brace. (Bottino Ricasoli in Chianti)
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COME MIGLIORARE (UN POCO) LA POLITICA IN ITALIA
Metà stipendio e metà seggi, subito
Rispondendo un po’ risentito ad una lettera sul Corriere d’un lettore chi voleva giustamente ridurre il numero dei parlamentari eletti, e i loro troppo alti stipendi, a livelli europei, Pietro Di Muccio riesce a tirar fuori solo che "l'indennità parlamentare fu una rivendicazione della sinistra e un prodotto del suffragio universale". Dunque sarebbe "impossibile e ingiusto tornare indietro, mentre si dovrebbe discutere dell'ammontare, per esempio in rapporto inverso al reddito dichiarato". Tutto qui? Non è un po’ apodittico? In nessun tribunale, passerebbe una difesa d’ufficio così trasandata.
D'accordo con lei che lo stipendio del deputato è una conquista liberal-democratica dei tempi in cui il "povero" sindacalista doveva competere in campagna elettorale col ricco proprietario terriero. Anzi, ha dimenticato di aggiungere - e questa, mi creda, è l'unica vera giustificazione, che un alto stipendio allora era visto come una garanzia per la cittadinanza che il deputato potesse resistere alle corruzioni e alle tentazioni della politica e dell’economia. Ma sia l'ammontare dello stipendio (in Italia è tra i più alti in Europa, cioè non segue il tenore di vita medio), sia il numero dei deputati, sono valori assolutamente opinabili. I deputati potrebbero benissimo essere la metà e perfino la metà della metà. E così aumenterebbe la concorrenza tra i candidati, e si alzerebbe il livello qualitativo, oggi piuttosto basso. Basta sentir argomentare certi deputati in tv, magari con tanto di caratteristico accento regionale... (il che significa, se non altro, uno scarso controllo intellettuale). Insomma, metà stipendio e metà seggi migliorerebbero di molto la politica in Italia. E gli affaristi se ne terrebbero lontani, tornando alle più redditizie professioni. (Jean-Marie Rousseau)
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1. DIGNITA’ CULTURALE, PEDAGOGIA E TERZOMONDISMO
Scuola. No ai ghetti islamici, culle anti-Occidente
La ministra Moratti, di cui continuiamo a lodare le belle gambe, è intervenuta poco o nulla sulla faccenda "multiculturalismo" a scuola. Forse per un malinteso senso di neutralità di fronte all’autonomia organizzativa degli istituti scolastici. Ma è un errore. Perché, per quanto ottusi insegnanti credano che sia solo un problema di come organizzare classi e lezioni, il tema sollevato in Campania e a Milano è di importanza vitale per una società liberale. Una delle poche cose che deve fare uno Stato liberale, che non è affatto lassista, ma severo e combattivo, è insegnare agli studenti a scegliere e a valutare con indipendenza e spirito critico le più diverse opzioni culturali. Ma questo si può fare solo nel confronto delle idee, nell’interazione reciproca tra studenti di ogni provenienza, e in in un quadro di libertà totale (nel senso occidentale del termine), di confronto e di pluralismo.
Passi per il crocifisso: figuriamoci, noi lo toglieremmo da tutte le classi, proprio per le caratteristiche sopra dette che deve avere uno stato liberale. Ma già sull’educazione fisica separata per le ragazze islamiche, non siamo d’accordo. Non dovevamo insegnare agli islamici come si deve vivere in libertà, sdrammatizzando e laicizzando il corpo umano? E poi saremmo proprio curiosi di sapere come e su quali autori di storia, filosofia, letteratura ecc. sarà impostato il programma "per gli islamici" o "per i cinesi". Che facciamo, ci alleviamo i ghetti islamici in seno? Vogliamo imitare le periferie di Parigi? Davvero siamo stupiti di fronte all’immaturità di presidi e insegnanti. Non guardano al di là del proprio naso e si capisce subito che fanno solo un’operazione politica. Suggerimento dei Ds, a quanto pare, perché perfino Verdi e Rifondazione hanno espresso riserve. Sulla scuola laica e liberale non possiamo transigere. E non saranno certo presidi e insegnanti a dover fare le scelte. Come se non sapessimo, poi quanto e che cosa ha studiato la loro generazione. (La governante di Maria Montessori)
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2. DIGNITA’ CULTURALE, PEDAGOGIA E TERZOMONDISMO
Sì, ma non confondiamo libertà e Cristianità
"Questa bella pensata della classe esclusivamente islamica - mi scrive Giovanni Sessi - è un ulteriore attacco alla Cristianità: la così detta Costituzione Europea, quella della regione Emilia Romagna che negano le nostre radici, l´attacco continuo alla esposizione del Crocefisso, il tentativo (per ora abortito) di introdurre un battesimo ateo a Bologna (mi ricorda la Firmung dei rossi nella DDR), la decisione della regione Campania di rendere obbligatorie festivitá a-cristiane, le dichiarazioni della terrorista Loidice, rivelano una convergenza tra la sinistra e l´Islam. Lo stesso odio per la Cristianitá. Dobbiamo difenderci".
Ci mancherebbe, caro amico cristiano, da liberale non credente l’aiuterò sempre, come cerco di aiutare gli amici ebrei, a difendere la sua libertà di credere e praticare. Purché lei poi aiuti la mia di non credere. Però, in che senso lei parla di Cristianità? Le sembra che il fattore religione sia oggi al primo posto in Europa? Quando sembrava che fosse così (i papi che scomunicavcano e facevano guerra agli imperatori ), era solo politica. Veda quanta gente va alle funzioni domenicali, cattoliche o protestanti, e tragga le conseguenze. E guardi che questo è da secoli, non è cosa recente. Già nel primo ‘800 Dickens lamentava che il Natale fosse una festa per i commercianti. Insomma, che cos’è la Cristianità, solo il popolo dei Cristiani? Sarò un liberale miscredente, ma la invito a non considerare realtà i suoi desideri. A meno che lei non si accontenti delle piccole tradizioni locali (processione del santo patrono), anche queste in crisi da sempre. A meno che lei non consideri le uniche vere grandi testimonianze certe della cultura cristiana le stupende chiese del passato con tutti i loro capolavori artistici (laici, però, perché regolarmente commissionati e pagati ad artisti spesso indifferenti al fenomeno religioso)
Perciò la voglio aiutare: lei forse voleva dire "Salviamo l’Occidente", la civiltà occidentale. E qui la seguo con entusiasmo, perché - ripassiamo insieme il Bignami di scuola media - la più grande e duratura costruzione della storia, creata dagli antichi Romani che unificarono quasi l’Europa, si era avvalsa anche delle idee filosofiche dei Greci, poi fu malamente ereditata dai Cristiani, ma rinvigorita dalla civiltà dei comuni e poi dal Rinascimento, poi modulata dall'Illuminismo e dal liberalismo. I quali ultimi - non può negarlo - si opposero all'assolutismo della Cristianità, allora simile a quello degli Islamici di oggi, la vinsero e la costrinsero ad essere liberale. Perciò oggi lei può parlare di "civiltà cristiana", e questa le sembra una cosa bella. Troppo comodo. Ci sono state condanne a morte, roghi, censure, lunghe prigionie. La scienza è stata fino a ieri repressa. E se il Cristianesimo non lo avessimo cambiato noi illuministi e liberali, le assicuro che avrebbe ancor oggi molti lati impresentabili. Ci sarebbero ancora l'Indice e l'Inquisizione. Il Papa, certo, si è scusato di cose del lontano passato (ma non di errori recenti), noi liberali invece non dobbiamo scusarci di niente. (Il fattore di Malagodi a Gaiole in Chianti)
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UOMINI O MONADI? IPOCRISIA D'UNA LEGGE DA CANCELLARE
Basta con la bufala (illiberale) della "privacy"
Gennarino Esposito abita, come da film neorealista, in uno dei più rumorosi vicoli dei quartieri spagnoli a Napoli, dove tutti parlano e urlano con tutti, conoscenti o no, dove radio e tv sono sempre accese, dove suona musica (oggi da cd ed mp3) a tutto volume, mentre si spandono odori non sempre graditi di caffè, peperoni arrostiti e cavolo (e così tutti sanno che cosa stanno mangiando tutti), dove dai muri ammiccano i messaggi e i corpi sinuosi della pubblicità, legale o abusiva non fa differenza, dove tutti sanno tutto di tutti - amori, lavori, disavventure e idee politiche - dove squilla il proprio o l’altrui telefonino ogni minuto, e dove all’infernale apparecchio chiunque grida nomi, fatti, indirizzi e numeri di telefono in pubblico, dove ai passanti sconosciuti si chiede che ora è e dove sta la tale via, dove si telefona a privati qualunque – mai sentiti prima – per chiedere informazioni su terze persone. Dove, anche solo ritirando la propria corrispondenza dalle caselle traboccanti di lettere e riviste, si sa tutto su chi invia lettere e depliants, a chi, e perfino che viaggio sta per organizzare il geometra dell’ultimo piano, per chi vota il colonnello dell’ammezzato, e quali amici frequenta la ragazza del pianterreno.
Ebbene, se voi mandaste una sola email all’indirizzo elettronico di Gennarino Esposito, apriti cielo, per un’assurda e ipocrita legge liberale nella forma ma illiberale nel contenuto potreste essere accusati di attentato alla sua "privacy", alla sua riservatezza. Ma, quale riservatezza, vostro Onore, non vede che - con licenza parlando e senza offendere nessuno - Gennarino Esposito non vive proprio da persona riservata, e che se anche volesse non avrebbe nessunissima "privacy"?
Eppure, mostrando poco senso dell’umorismo (e se un napoletano ne è privo, sono dolori) un giudice di pace partenopeo ha scatenato la guerra con questa storia delle email e dei messaggi sms. Ha osato condannare a 500 euro di multa e a 3000 euro di risarcimento la Telecom, rea di aver inviato un sms indesiderata sul telefonino di una ragazza. Va bene che esiste una legge, una delle tante sbagliate e inutili che rendono più difficile e nevrotica la nostra vita in questa Italia tardo-giustinianea. Ma andrebbe interpretata con intelligenza e senso delle proporzioni. Bisogna anche vedere a chi è indirizzato il messaggio abusivo. Una cartolina di "saluti da Alassio", con una ragazza in bikini, inviata ad un monaco di clausura, potrebbe forse configurare l’indebita ingerenza nella privacy del convento. Ma per situazioni normali? Capisco reprimere l’innamorato respinto che per vendetta e gelosia tartassa di continue telefonate la povera ragazza (o viceversa), come anche i depliant commerciali a pioggia da parte di società che hanno acquistato gli indirizzi a un tanto l’uno, compreso il nostro. Non capisco invece tutto il resto, compresa la propaganda politica e delle idee.
Chi fa le leggi deve essere coerente. Noi viviamo in un villaggio globale, e solo gli eremiti, forse, non subiscono attentati alla privacy. Perché è la civiltà stessa che con le interrelazioni e il controllo sociale abbatte i muri della riservatezza. Ne consegue che una persona onesta non ha nulla da temere dalle piccole intromissioni quotidiane. Il legislatore, quindi, o persegue tutte le intromissioni nella nostra vita privata, a cominciare da quelle dello Stato e della pubblicità, oppure le ammette tutte. Ma tra il vivere da stiliti o trogloditi, e il ricevere messaggi da sconosciuti, che si possono cancellare o stracciare in un secondo, molto meglio la seconda ipotesi. Oltretutto, che si è sposato con la persona che telefonava per sbaglio. (La badante russa di Cossiga)
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CIAMPI "IMPONE" UN GRANDE DEL RISORGIMENTO
Il Cavour che amava la Marina
La prepotenza dei vecchi, una volta tanto dà frutti che ci piacciono. Le autorità militari avevano proposto il nome del condottiero genovese Andrea Doria per la più grande nave militare mai costruita in Italia, una portaerei da 26.700 tonnellate - il doppio della "Garibaldi" - che la Fincantieri sta costruendo nei cantieri di Riva Trigoso (Sestri Levante). Ma il presidente Ciampi si è impuntato. Ha proposto invece "Conte di Cavour", perché, ha sostenuto, la nave ammiraglia deve essere dedicata al primo degli artefici del Risorgimento. Una logica stringente, a cui nessuno ha potuto opporre nulla. E così il vecchio Presidente, che ricorda ancora quando da piccolo assisteva alle cerimonie per le navi militari messe in acqua nei cantieri di Livorno, sta già pregustando il momento del varo simbolico della nave, tra due settimane. La nave sarà terminata tra due anni e mezzo.
Cavour, esperto di diplomazia, Parlamento e Corte, era uomo di terra. Curava con pignolesca efficienza i suoi terreni in Piemonte. Ma che c’entra col mare? "Considero giusto che le navi ammiraglie portino il nome dei padri della patria", ha detto Ciampi ad Aldo Cazzullo del Corriere. "C’era già Garibaldi; ora ci sarà Cavour".
Apprendiamo così che la Marina era per Cavour prima una passione personale, e poi addirittura una scelta "politica". Ancora più prepotente di Alemanno, nonostante fosse solo Ministro dell’Agricoltura del Regno di Sardegna, Cavour fece in modo che la Marina venisse tolta al ministero della Guerra e assegnata a lui. "Consacrerò tutte le mie forze e ciò che posso aver conquistato d’influenza parlamentare, affinché l’organizzazione della nostra Marina Militare risponda alle esigenze del paese". Dopo la spedizione dei Mille, prima ancora della proclamazione del Regno, Cavour avoca a sé il ministero della Marina, unifica le marine sarda, borbonica, la toscana e la pontificia, progetta di costruire a La Spezia un nuovo arsenale: "Voglio delle navi tali da servire in tutto il Mediterraneo, cioè capaci di portare le più potenti artiglierie, di possedere la massima velocità, di contenere una grande quantità di combustibile". Un disegno che dopo la scomparsa del conte verrà chiamato Programma Cavour.
La scelta del nome è stata una scelta politica. "I nomi del Risorgimento sono vivi, sono dentro di noi, ci appartengono - dice Ciampi -. Ovunque vada, in questo lungo viaggio in Italia, mi rendo conto che gli italiani sono sempre orgogliosi della loro storia. Quando sono a Torino, a Milano, e non soltanto, mi muovo con emozione per le strade che ricordano i nomi degli uomini che hanno fatto l’Italia, i re e i primi ministri, ma anche i Cattaneo e i Mazzini. Il Risorgimento lo porto nel cuore. E sono convinto che non sia un sentimento soltanto mio, che gli italiani lo sentano quanto me". I nomi, i simboli. Il tricolore, l’inno, il 2 giugno. Le forze armate. In questo tempo Ciampi ha lavorato sul tema della riscoperta dell’identità nazionale, nella convinzione che "non si dovesse creare qualcosa che non c’era, ma riportare alla luce una forza viva nell’animo degli italiani". (Il fratello scemo dei Bandiera)
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EFFETTO SERRA E INQUINAMENTO IMPREVISTO
Le "puzze" degli animali peggio dell'anidride carbonica
Povere pecore, non ne indovinano una. I loro borborigmi intestinali sono variamente interpretati a seconda della specializzazione dell’osservatore. Per gli scienziati dell’ecologia (quella vera) sono una tentazione irresistibile per sputtanare quegli ignorantoni dei Verdi e dimostrare che l’inquinamento atmosferico prodotto dalle flatulenze di ovini e bovini è un serio problema mondiale, a causa di metano e anidride carbonica prodotti in abbondanza. Il gas in termini assoluti è secondo in quantità solo alla CO2 tra le cause dell'effetto serra. Ma il metano è molto più inquinante dell'anidride carbonica.
Inoltre, per gli ingegneri cultori di energie alternative, tutto quel metano sprecato è una bestemmia. Non escluderei che in qualche laboratorio segreto del Texas o del Sulcis-Iglesiente qualche scienziato pazzo stia infilando provette nel di dietro di miti erbivori per cercare di utilizzarne il metano gratuitamente prodotto. Anche i boy-scout, notoriamente sempre a corto di combustibile, ma non di fiammiferi, hanno drizzato le orecchie. Diciamo che una pecorella gli farebbe tanto comodo in escursione per accendere il fuoco. Intanto, di nascosto dai primi e dai secondi, terzi scienziati (australiani e biologi) rischiano di rovinare tutto con un un inopportuno vaccino che riduce nelle pecore ed in altri ruminanti l'eruttazione di metano. Gli scienziati dell'ente nazionale di ricerca Csiro hanno sviluppato un siero che riduce le emissioni di metano dalle pecore del 10%. Le pecore normalmente producono 20 grammi di metano al giorno, cioè 7 chili l'anno mentre i bovini 114 chili l'anno. Comunque, sentite a me, quando siete in gita e dovete accendervi una sigaretta - a parte che fa male alla salute - nelle vicinanze d’un gregge, soprassedete. Meglio non rischiare. L’esplosione, voglio dire. (Sor Giovanni, er farmacista de Bassano)


Comments:
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
 
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