26 novembre, 2005

 

26. Newsletter del 23 giugno 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA DEL SALOTTO VOLTAIRE
QUINDICINALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, POLITICA, SCIENZA, CULTURA E COSTUME
Lettera n.26 – 23 giugno 2005
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Sommario:

NON C’E’ PIU’ RELIGIONE. L’11 settembre dei laici
REFERENDUM E MONDO LAICO. Ha vinto Pannella
CITTADINI ANTIPOLITICI. Più che Ruini poté l’accidia
NULLA PIU’ COME PRIMA. La trahison degli anti-clerc
AVVOCATI DEL DIAVOLO. A Liberal manca una "e"
STUPIDARIO NEO-CON. Quali sono i famosi "valori"
IGNORANZA E BALLE. La Natura contro la Scienza
NEO-LIBERALISMO. Croce? No, la bolletta del gas
MERCATO IN DEFICIT. Ma per la massaia ce n’è troppo
UNIONI GAY. Che bel matrimonio, madama Dorè
OLANDESI E INGLESI. I "no" liberali alla Carta
ANTISEMITISMO. Gli ebrei? Parlano troppo di Shoah
I CASI FALLACI E MORIN. Ancora idee sotto processo
ATROCE DILEMMA. Grano fecondato o bimbi Ogm?
ANTI-ITALIANI E LIBERISTI. Tutti filocinesi?
EURO-ECONOMIA. Che cosa trama la Banca europea
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NON C’E’ PIU’ RELIGIONE
L’11 settembre dei laici
Oddio che confusione. Era il 20 o l’11 settembre? L’Italia si pente di Porta Pia? "Cadute le "Torri gemelle" del laicismo scientista", urla il noto giornale ex-ex-ex "La Foglia". Mangiata la quale – assicura l’Ufficio abbonamenti – il lettore "neo-con" (lett.: nuovo coglione, in francese) potrà scegliere in tre comode rate mensili (segnare con una croce) se andare in Paradiso o a Quel Paese. Dio mio, non c’è più religione. "Torri gemelle? – salta sù Ruini, che al solito non ha capito niente – Spero non da embrioni soprannumerari congelati…"). Intanto, con una delle sue famose uscite "a pera", il presidente del Senato dà lezioni d’integralismo religioso al Papa. Non c’è più religione. Con zelo da neofita lo trova "troppo laico, relativista, moderato". Tutt’e due – rivelano – hanno deciso di comportarsi "Etsi Deus daretur", cioè come se Dio fosse il capo della Casa delle libertà. Berlusconi gongola, naturalmente, ma non conferma né smentisce. Rivelerà la grossa novità solo a Vespa (a "Porta Santa" e a reti unificate). Per ora, dopo la gaffe con la presidente finlandese (a riprova che le donne e i politici non hanno humour) è stato chiuso a chiave da Bondi in un sottoscala. E a noi laici è andata pure bene, fa sapere l’Ufficio stampa del Padreterno: pensate che politicamente si comporterebbero meglio - fa notare - se fossero dei "senza Dio" i vari Pera, Ruini, e soprattutto Ratzinger? (ottima persona, Salon Voltaire ne ha scritto benissimo, peccato che, timido com’è, sia stato "messo su" da quell’ex miscredente di Pera…). Che tempi. Non c’è più religione: gli atei insegnano ai preti i trucchi per fregare i liberali. Meno male che il Risorgimento è passato. E sì, perché oggi, certo, non si troverebbe in Parlamento uno straccio di maggioranza per bombardare le mura del Papa ed entrare con la forza a Roma. Tanto meno per requisire chiese e conventi d’Italia. Fortuna che è stato già fatto. Dai liberali, non dai comunisti. Che di sicuro avrebbero "condonato". Sia ringraziato il Signore. (La badante russa di Cossiga)
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REFERENDUM E MONDO LAICO
Ha vinto Pannella
Si sa chi ha perso, ma non chi ha vinto. E’ vero. Ma è solo perché tra i commentatori molti sono i polli e pochi i piccioni. E manca un’aquila. Il loro errore è stato volare basso o rasoterra, guardare vicino al becco. E fermarsi ai numeretti della consultazione elettorale, da cui risulta che la coalizione dei referendari ("sì") ha stravinto sul "no", ma è stata impedita dal 75 per cento di astenuti. Che in tutto il mondo non sono calcolati, giustamente. Comunque, è stato abilissimo il segretario Capezzone a cantare subito (trionfalmente, starei per dire…) "sconfitta". Una mossa da gentleman par suo. Ma, ingenui liberali, non cascate nell’errore: i nostri cugini radicali sono più furbi e occhiuti di Andreotti: se davvero avessero perso non lo ammetterebbero mai. E infatti, anche stavolta hanno vinto. E mai, negli ultimi anni, sono stati così bene come oggi.
"Chist’è ascito pazzo", diranno a Napoli. Ma come? Se perfino all’Assemblea dei Mille tenuta dopo il referendum, ufficialmente per valutare "conseguenze e prospettive dopo la sconfitta", un iscritto radicale ha rinfacciato alla dirigenza "l’errore del referendum"? Escluso che fosse il cugino di campagna che non ha capito niente (nella dura selezione darwiniana dei Radicali, gli scemi si auto-escludono subito), diciamo che si è inserito volente o no nel solito magnifico, dialettico, teatrale, gioco delle parti, che è la quintessenza del duro e raffinato mondo radicale. Dove si cerca disperatamente il "diverso parere" che alimenti il dibattito.
Loro negano, ovviamente, ma in realtà hanno bisogno, cercano quasi, "sconfitte" così. Per farsi conoscere, rinascere e rilanciarsi all’esterno, per riaffermare una leadership tra i liberali e i laici che stava ormai svanendo, per ricompattarsi al proprio interno. Il carattere romantico e idealistico della base radicale è attirato e a sua volta forgiato dalle battaglie difficili, stile liberali del Risorgimento. Dove ufficialmente si perde, e pure facendo molta fatica, ma alla fine risulta che si è di gran lunga i vincitori morali e materiali.
E qui, altro che morali, i vincitori sono reali e del tutto politici: la vecchia volpe Pannella e il brillantissimo Capezzone. Il primo sintomo doveva essere proprio l’Assemblea dei Mille, caro Watson testa dura. Già nel titolo, scelto prima del referendum, si nascondeva il successo programmato e poi ottenuto. E per capirlo non c’era bisogno di essere aquile. Organizzata da tempo come una scadenza ad orologeria, "qualunque sarà l’esito" (notate), svoltasi con una regìa perfetta e nei giorni di massimo ascolto post-referendario, con ampia presenza di "società civile", politici esterni (p.es. tutta l’area "liberal" Ds) e scienziati, tutta un sapiente piangersi addosso, tutta uno scaramantico e formale "e ora, poveri noi, che faremo", in realtà l’assise radicale ha messo subito il cappello sull’ampia coalizione laica, rivelando per toni alti e temi insoliti di essere improntata più alle dimensioni d’un vero e proprio congresso politico di rifondazione e rilancio dopo una vittoria, che al requiem consolatorio dopo una sconfitta.
Del resto, elementare Watson, bastava notare un secondo elemento: la proposta politica che è uscita dall’Assemblea dei Mille è risultata notevolmente arricchita rispetto al prima-referendum. Se i radicali avessero perso, la loro proposta ne sarebbe uscita ridotta, amputata, non ampliata. E invece, dopo la lunga rincorsa presa mesi fa, dopo aver giganteggiato per tutta la campagna elettorale sugli avversari e sugli alleati (molto efficaci in tv Capezzone e Turco), una volta esauritosi il ruolo d’innesco politico sapientemente affidato al referendum, i diabolici cugini radicali (ah, se noi liberali fossimo intelligenti solo la metà) cominciano ora a raccogliere i primi frutti politici dell’operazione. Primo dei quali la leadership universalmente riconosciuta, non solo morale, creativa e organizzativa ma anche politica, sul "nuovo fronte laicista e liberale" uscito – esso sì – sconfitto dal referendum, ma almeno ben delineato. Quasi una paradossale messa in pratica fuori tempo massimo della teoria gramsciana dell’egemonia democratica (noi liberali, parliamo di indirizzo d’una "élite politica"). Insomma, uno squisito paradosso, in base al quale il leader della coalizione sconfitta aumenta il proprio peso relativo fino a risultare di fatto il vero vincitore politico all’interno d’una coalizione. E poiché questa coalizione – vera, perché una volta tanto fondata su un programma preciso – era bipartisan, ecco che la posizione della sua leadership assume automaticamente un ruolo centrale nello schieramento politico italiano. Proprio il vecchio obiettivo di Pannella.
Prima del referendum, del resto, i radicali menavano vita grama. Alle regionali non si erano presentati, per carenza di vocazioni, possibilità concrete e soldi. Le politiche del 2006 le vedevano come un incubo e tentavano di rimuoverle. Eppure, dall’incomunicabilità assoluta delle proposte – ricordate? – alla Destra e alla Sinistra, e dalle modeste proiezioni dell’1 o 1,5 per cento ai tempi delle regionali, molta acqua è passata. Ora i radicali sono legittimati a parlare a chiunque con accresciuta dignità e con maggior peso specifico, rappresentando quello zoccolo laico e "liberal-riformatore" che può oscillare – a spanne – dall’8 al 15 per cento e oltre. Un’area accresciuta dal valore aggiunto dell’intellighentzia scientifica, oggi vincente sul piano pubblicitario.
Loro che non sapevano neanche se partecipare alle elezioni del 2006, ora le hanno messe in cima all’agenda, senza complessi. Loro che da Destra e Sinistra ricevevano silenzi-rifiuti o porte sbattute in faccia, ora possono proporre tempi e modi per un’eventuale azione comune in un prossimo congresso autunnale, sia a quello che resta dell’Ulivo (tanto che qualcuno ha proposto Pannella per le "primarie", beccandosi una risposta seccata-compiaciuta di Marco), sia a quel che rimane della Casa delle libertà. E se è vero quel (poco) che ha detto Turci, che oggi i Ds o sono liberali o non sono, e quel che pensano (molto) e dicono (poco) i pochi liberali di Forza Italia, che un Centro-destra o è liberale-riformatore oppure è inutile, ecco che la nuova leadership radicale sui referendari si pone con credenziali molto appetibili nella prossima campagna elettorale per le politiche del 2006. Fino addirittura, a riproporsi pari pari sul piano generale, dando una collocazione politica – ha detto Capezzone – allo schieramento referendario. Di qui la ventilata idea, provocatoria e simbolica, d’un redivivo Partito d’azione di liberali, laici e riformatori, che però per noi liberali non rappresenterebbe un passo avanti rispetto ai radicali (il problema sarebbero le scorie socialiste…). Insomma, se questo significa essere stati "sconfitti", allora non esiste sconfitta migliore. Solo Pannella, col suo caratteraccio, può rovinare una sconfitta così bella. (Ernesto Martini & Rossi)
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LA RIVOLTA DELL’ANTIPOLITICA
Più del cardinale poté l’accidia
Embrione? Eccolo il vero colpevole del patatrac. Non è piaciuto alla gente. Sembra che non sia telegenico e fotogenico. E infatti quei furbi dei clericali lo hanno subito sostituito con un feto – che non c’entra nulla – nel manifesto più efficace ma mascalzonesco (una "forattinata" dalla parte sbagliata) della campagna elettorale. A proposito, ai laici è mancato un Forattini e un art director: poca efficacia grafica e nessuna cattiveria nei manifesti e slogan per il "sì".
Figuriamoci, un referendum sull’embrione, in Italia, paese in cui la scienza fa paura e i libri scientifici si leggono ancor meno dei libri in generale. Dalla nonna allo studente di CL, l’immaginario collettivo si è sbizzarrito in tutta la gamma delle sciocchezze metropolitane, provinciali e rurali. Da noi manca la cultura, ma non la fantasia. E così abbiamo sentito di embrioni confusi coi feti, staminali considerate violenza alla natura, fecondazioni ritenute sempre eterologhe ("mizzica, cornutu è"), per finire con interi bambini clonati di tutto punto, completi di naso che cola, vestiti firmati, occhialini alla moda, telefonino e cestino della colazione. Insomma, eravamo sicuri di vederne delle belle, e così è stato. La Chiesa, a qusto punto, c’entra poco. Ha solo facilitato. A livello antropologico-elettorale, avrà mosso, illegalmente, un 8-10 per cento di astensionisti, non di più. Ormai è sicuro che il referendum non sarebbe passato neanche con una Chiesa liberale e neutrale come quella d’Olanda.
Solo che non c’è stata proprio la "volontà popolare": la Chiesa e il Parlamento ne tengano conto. Lo storico cattolico Giorgio Rmi al Corriere ha confessato: "Un tema arduo, quesiti quasi incomprensibili. E la gente ha pensato: dove andiamo a finire, mi fermo e rifletto. Io stesso mi sono astenuto perché ritenevo la questione troppo complessa per un referendum. E poi non ci sono solo gli astenuti buoni. Ci sono gli indifferenti, i lazzaroni, i vili, quelli che non sono andati perché non gliene importa nulla, e questo è un elemento pericolosissimo".
Si è scoperto che per molti italiani svogliati e accidiosi la "prudenza" o l’allarmismo cattolico sono stati una scusa, un alibi. Certo, poi, i potenti, i politici e i giornalisti si sono sovrapposti alla Nazione, per i loro calcoli. E i nostri non hanno fatto bella figura (v. articolo seguente). Ma "il glorioso popolo astensionista" non ha vinto. Semmai, è stato travolto da una cosa più grande di lui. Un’astensione così massiccia non ha nulla di ideologico. A vedere le chiese ovunque e sempre vuote, gli italiani non sono certo diventati baciapile. Neanche codini e clericali. Oltre all’antica e radicata ignoranza, al sottosviluppo intellettuale, specie del Sud e del Veneto (però la Kostoris-Padoa Schioppa, a Radio radicale, ha trovato una corrispondenza suggestiva tra astensionismo e curve di reddito: ma il Veneto, e la provincia di Lecco, allora?), gli italiani delle zone culturalmente o economicamente arretrate hanno mostrato col non voto solo un diffuso sconcerto, un disorientamento maggiore del solito.
"E che ho a che fare, io, con la fecondazione?", avrà pensato il notabile del Circolo di Castelvetrano (Sicilia). "Una vacca, sono? Una gallina?". "Io" chi? Non si doveva votare sull’io, ma su "gli altri". Come del resto si fece col divorzio e l’aborto. Come si fa con qualsiasi legge. E invece sono stati incapaci di andare al di là del loro naso. Attenuatesi le pressioni dei partiti, annullato il potere di trascinamento di Ds e sindacati, molti italiani si sono dimostrati quello che sono davvero, al di là dell’insopportabile retorica buonista del Ciampi in tv: europei marginali. Vale a dire? Menefreghisti, distanti, indifferenti, accidiosi, pigri, egoisti, meschini. Anche un tantinello ottusi. In una parola, provinciali. Incapaci di pensare alto, in grande, all’europea, di mettersi dalla parte degli altri: i fruitori della fecondazione, i medici, gli scienziati.
E in questo il Nord più arretrato (Veneto, una certa Lombardia bianca) ha fatto concorrenza al Sud. Perciò è inutile che il Sud se la prenda con Bossi: il Sud è da sempre più bossiano di Bossi. E Bossi (auguri, onorevole) è il più meridionale dei nostri leader, non perché ama la pizza e ha sposato una siciliana, ma perché rappresenta l’antico vizio sudista e localista, anti-unitario e pre-liberale, di non guardare politicamente al di là del proprio orto. Siamo ancora al detto contadino "E a me che me ne viene?"
"Non se ne può più di tutte queste elezioni e referendum", dice la variante cittadina (professionista con "poco tempo da perdere", figuriamoci), solo per nascondere che della questione non ha capito molto, e neanche ha afferrato da che parte avrebbe più vantaggi. Perciò, man mano che diventava più insistente il battage della propaganda di "coloro che sapevano", si faceva parallelamente strada il fastidio di chi non sapeva o era indifferente, o temeva oscuri pericoli. Pericoli per chi? Ai contrari sarebbe bastato non chiedere la fecondazione medica. Punto e basta. O pensavano alla famiglia altrui come esemplificazione della "purezza" della Razza? Restava, comunque, il fastidio di fare quattro passi e un minuto di fila per votare in un giorno festivo, a estate avanzata.
Ad ogni modo, contro i sapienti c’è stata una rivolta silenziosa, un rifiuto di massa del voto, una specie di boicottaggio simbolico, una sorta di imponente e spontanea "resistenza passiva". Contro l’invasione dei signori prepotenti e rimpiscatole della Politica, dell’Informazione e della Scienza. Contro i politici, i giornalisti, i medici, gli scienziati, gli esperti. Contro i dibattiti confusi e a voce alta. Basta col frugare dentro la "nostra" pancia, hanno perfino pensato alcune donne anziane.
Peccato – ha perfidamente notato Maurizio Turco – che è statisticamente certo che proprio in quel 75 per cento di astenuti, svogliati o per principio contrari alla scienza, ci sarà nei prossimi anni il maggior numero di malattie genetiche degenerative. Che avrebbero potuto essere guarite proprio dalle future terapie con le cellule staminali. Una "vendetta" della statistica medica.
Dovremo abituarci a queste irrazionalità di massa. O i referendum vengono spiegati e resi accettabili con una perfetta e neutrale informazione tv, o è inutile indirli. Con tutto quello che costano (a proposito, a quando il voto elettronico, a costo quasi zero?), oggi i partiti non riescono più a veicolare il voto e il consenso: perciò la massa è allo sbando. Non siamo più al 1870, prima del suffragio universale, quando il plebiscito del Lazio, a pochi mesi dalla presa di Porta Pia (e Roma è ancor oggi mezza papalina) dette ben 135.188 "sì" contro appena 1.507 "no". Se si tenessero oggi, non so quanti plebisciti per l’unità d’Italia passerebbero. (Bottino Ricasoli)
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ITALIA. NULLA SARA’ PIU’ COME PRIMA
La trahison degli anti-clerc
"Ruini nel gorgo, cara Italia / Iddio irato vuol che tu pèra" ("Cadi nel vortice, Italia. Dio adirato vuole che tu perisca"). Melodramma puro. E chi è? Giuseppe Verdi che ordina un "Punt e mes" al bar del Giuanìn, a Porta Vigentina? Ma poi c’è un’aggiunta in stile borgataro: "Siamo nei casini più neri…" Ah, allora è Andreotti al matrimonio di Totti. Macché è il nostro Salvatore, oscuro "co-co-co" in nero d’una redazione in rosso. Laureato in lettere con un un prosciutto al professore – dice – all’Università di Marsala (sicuri che esiste?), ma ha imparato a rifare il verso ai Grandi del passato. E così è riuscito a citare, senza apparire, i tre politici che l’hanno davvero fatta grossa, tradendo per la prima volta il buoncostume di separazione tra religione e politica, vigente in Italia dal 1870. E ora quasi se ne vergognano, anzi negano di aver "vinto" il referendum.
"Qualcuno di voi mi ha tradito", disse uno dopo un bacio alla Totò Riina nell’orto di Getsemani. Be’, stavolta a tradire sono stati in tanti, perfino qualche capitano. A proposito, avete notato la scarsa tenuta laica, sul lungo periodo, degli ex comunisti diventati "liberali"? L’ex comunista Ferrara, copia Bush e s’inventa i "teo-con", variante dei "neo-con". Così, per cinismo, o per vendere più copie, non si sa. Certo, non deve essere rieletto. Un altro ex Pci, Adornato, sostiene a Radio radicale che i laicisti non esistono in nessun paese del mondo. Grave per un ex colto: dimentica che il papato c’è solo da noi. L’ex sinistro e mangia-preti Pera teorizza addirittura sulla integrazione sempre più stretta tra religione e politica. Non vanno meglio in quanto a laicismo – scusate la tautologia apparente – i comunisti "non ancora liberali", come il rosso-verde Cento e il gay-com Vendola (che almeno una cosa buona ha fatto: ha bloccato le orribili torri eoliche in Puglia, beccandosi i complimenti del Salon Voltaire).
Ma i peggiori sono i comunisti "liberalizzati". Che cos’è, snobismo da imitazione? Credono di stare nella profonda provincia rurale degli States? Sognano d’essere invasati predicatori evangelici in Hyde Park? Ma non ci hanno il fisico. E a che pro? Credono che queste giravolte acrobatiche giovino, nel Paese dei voltagabbana? Ricordino che se gli italiani sono banderuole ("O Franza o Spagna, purché se magna") non stimano i "colleghi", anzi li disprezzano. Sì, c’è una punta di idiozia in tutto ciò. Ma ce n’è di più tra i liberali, quelli storici, che come certe ingenue ragazze di paese cadono come pere mature e dicono "sì" a qualunque furbastro che si definisca "liberale". Perché la parola è bella magica, e piace a tutti. "Tutti liberali, nessun liberale": non vi ha detto niente il babbo?
Nulla sarà più come prima. E la "vittoria" è una vittoria di Pirro. I tre, intanto, hanno perso la faccia. E anche tra politici e giornalisti qualcuno piangerà calde lacrime. Politicamente s’intende. Nei prossimi mesi molti si pentiranno. Soprattutto dentro Forza Italia, Lega, An, Margherita, perfino tra Udc, Ds e Verdi, dentro il Foglio, Libero, Tempo, Giornale, La Padania, L’Europa. Vedranno che i loro calcoli meschini ("la Chiesa porta voti e lettori") sono fondati sul nulla. Nelle parrocchie si vota poco e si legge ancor meno. Che cosa hanno ottenuto, invece? Che la base liberale, disgustata dall’atteggiamento ottuso, beghino e sottomesso al Vaticano di Casa delle libertà e DL (sigla che nasconde come coda di paglia un improbabile "Democratici e liberali"), gruppi che ora le libertà reprimono o restringono dopo aver preso voti come "liberali", non li voteranno alle politiche del 2006. Si asterranno, come hanno loro insegnato, o voteranno radicale.
Il referendum, insomma, è destinato ad una lunga scia di recriminazioni e conseguenze politiche. La rivelazione che certi "laici" al dunque tradiscono, si genuflettono e non si battono per le libertà, potrebbe cambiare la politica italiana disegnando nuovi e imprevedibili scenari. E la memoria dei liberali veri è una memoria d’elefante. Così, lo choc psicologico della pesante ingerenza della Chiesa nella politica italiana, contro il principio liberale della separazione netta tra politica e religione, contro il Concordato e contro precise leggi elettorali democristiane, è di quelli destinati a cambiare la politica italiana per decenni.
Come per l’11 settembre, nulla sarà più come prima. Se ne accorgeranno i cinici ex-comunisti arricchitisi "liberisti", i popperiani al foie-gras, i "laici e liberali" fino a quando gli conviene, che per chissà quale calcolo (vendere più copie d’un giornale in crisi, sottrarre voti ai concorrenti, accreditarsi come futuro candidato Presidente della repubblica o altre folli congetture), hanno giocato con una materia così delicata come la libertà del cittadino, della medicina e della scienza. Ce ne ricorderemo, peones di Destra e Sinistra, e anche più sù.
La medievale e reazionaria legge 40 (solo il Costarica ne ha una simile) non è acqua passata. Resta. Di sicuro, sarà ritoccata in Parlamento, volete scommettere? Ma continua a produrre danni e a fare vittime. Medici e scienziati italiani se ne vergognano: vengono presi in giro ai congressi internazionali. Una umiliazione che si unisce alle altre dell’Italia in caduta internazionale ed economica. Anche solo quest’ultimo aspetto dimostra l’ottusità degli astensionisti "consapevoli", ideologici. Ma lo sanno quanti milioni di euro all’anno perderemo? E il discredito nel mondo scientifico? Tra l’altro è inapplicabile senza far danni alle donne e alla deontologia medica. Perfino Ruini ammette ora che qualcosina (grazie, Eminenza, bontà Sua) si potrà cambiare in Parlamento. Convinto dalle prove schiaccianti portate da Turco? Una dimostrazione in più che i referendari avevano ragione, anche nei toni. (Peppino de Condorcet)
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GLI AVVOCATI DEL DIAVOLO
A Liberal manca una "e"
L’avevamo sempre sostenuto che a "Liberal" mancava una "e". L’ex comunista Adornato sostiene col realismo un po’ cinico alla Togliatti che "laici e anticlericali esistono solo da noi" e che anche il "laicismo è un estremismo". Evidentemente a scuola doveva piacergli la geometria: date due rette, trovare la linea mediana. Già, ma se la prima retta è eccentrica, sbagliata? E’ ovvio che se ne formerà una contrapposta, per legittima difesa, per naturale reazione. Adornato non dice che solo in Italia risiedono papato e Curia, e solo in Italia la Conferenza episcopale si permette d’intervenire direttamente nella politica nazionale, suggerendo ai politici e studiando perfino le tattiche elettorali. Non dice che esiste tutta una storia, una tradizione italiana al riguardo. E’ grave per uno che considerato un intellettuale. E’ un intellettuale-marziano? Di fronte al nuovo clericalismo, è naturale che il liberalismo riscopra un proprio, storico, elemento: l’anticlericalismo. E sbaglia anche il "radicale moderato" Della Vedova (moderato, però, nella cosa sbagliata), verso cui Salon Voltaire ha sempre avuto una speciale predilezione, che avrebbe preteso che i laici porgessero l’altra guancia di fronte all’arroganza del clericalismo antiliberale.
Altro che "eccessi di anticlericalismo ", caro Della Vedova. Chi ha iniziato le ostilità, chi ha rotto la centenaria tradizione di coesistenza liberale tra Stato e Chiesa? Non noi, ma la Cei, i vescovi e i cardinali italiani, insomma la Chiesa italiana. Che non si è limitata a esternare il sacrosanto pensiero cattolico, per la cui libertà noi liberali ci batteremmo fino alla morte, ma ha fatto politica prescrivendo agli italiani come e se votare, studiando tattiche, facendo pubblicare frequenti e costosi appelli, influenzando uomini politici e alte cariche dello Stato, stornando finanziamenti ricevuti con l’otto per mille (e anche questo ormai è un grosso problema da risolvere) con la scusa della manutenzione delle opere d’arte, per alimentare gruppi di pressione politica, vere e proprie lobbies illegali. Non solo il buoncostume ma perfino la legge democristiana lo vieta.
Tutto ciò in italiano si chiama "clericalismo", cioè la pretesa che la legge riproduca i dettami di una religione. Il ministro di culto che si fa ministro di Stato. Come nell’Islam. Questo è il vulnus. Questa è la vergogna per noi liberali (cattolici o ebrei, protestanti o atei), che ci porta indietro di secoli e lontano nello spazio. Il liberalismo vieta tassativamente (vero, presidente Pera?) di unire politica e religione, morale e legge. Perciò queste pressioni, queste intromissioni, sono profondamente anti-liberali. Forse più d’un esproprio comunista o d’una manganellata fascista. Perché intaccano insieme le libertà dei cittadini e i principi dello Stato liberale. Per reati del genere preti e vescovi furono arrestati dal governo nell’Italia della fine 800. Ma oggi lo scontro è politico e morale, e non va risolto nelle aule di giustizia. Che dal grande dibattito, dalla "lezione" subìta, venga per noi almeno un convincimento per i prossimi anni: un liberale, magari credente, non può non essere anticlericale. (François Marie Arouet)
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STUPIDARIO DI NEO-CATECUMENI
Ma quali sono questi "valori"?
La solfa dei "valori" è stata il motivo ricorrente più ridicolo e sottoculturale delle perorazioni degli ex atei ed ex rossi, dapprima finto-liberali, ora finto-convertiti. Vedrete, sono talmente banderuole (molto carattere, poca personalità) che già si preparano in cuor loro a diventare degli ex-convertiti e ad inventarne un'altra delle loro. Ebbene, dai loro patetici sproloqui, sembra che i "valori" (quali, poi?) siano solo ed esclusivamente quelli cattolici romani. La cultura liberale e occidentale non ha valori? E' davvero incredibile in chi ha preso voti dichiarandosi "liberale". Hanno la furbizia da imbonitori da fiera di paese, che vendendo la pozione magica sorvolano sempre sulla composizione. Sia chiaro che ad uno Stato liberale non interessa né è lecito entrare nel merito dei sistemi di valori delle istituzioni sociali o dei privati. Purché siano conformi alla Costituzione e alla legge. E neanche a noi interessa mettere il becco nei "valori" interni della Chiesa.
Ma per pura curiosità da studenti di Bignami, vogliamo saperne di più di questi benedetti "valori". Non li elencano mai? Ebbene, li aiutiamo noi a cercarli. La famiglia? Che rapporto c’è – ditemi voi che avrete fatto la scuola dell’obbligo – tra il cattolicesimo e la famiglia, che è istituzione antichissima e comune a tutte le civiltà, mentre il cattolicesimo ha solo 2000 anni. E Cristo non diceva di disobbedire, se necessario al padre? E la Chiesa con i suoi frati e le sue monache, casti e chiusi nei conventi e negli eremi, non li ha sottratti alla famiglia? E ai preti, tutt’oggi, non è vietato farsi una famiglia?
Allora la morale. Per fortuna preesisteva all’avvento dei cattolici. Anzi sembra che sia sopravvissuta a stento anche all’impatto con la "grande tradizione cattolica" dei preti pedofili, della vendita delle indulgenze, della simonia durata secoli, dei papi e vescovi che facevano uccidere nemici o avvelenare parenti, degli inquisitori sadici, dei missionari che convertivano con la forza i "selvaggi" ecc. Il rispetto per l’uomo? Parlatene agli studiosi di Giordano Bruno e Galileo Galilei. La libertà? Il merito individuale? La giustizia? Il diritto? La laboriosità? Meglio finire qui, per carità. E abbiamo finora parlato solo di "valori" universali e accettati.
Ma gli altri? A dire il vero, almeno tre "valori" davvero cristiani, non solo cattolici, ci sarebbero: il perdono verso il colpevole, l’amore verso il nemico e l’uguaglianza assoluta tra gli uomini (si badi: non solo nei punti di partenza). E' vero, sono tipici del cristianesimo, anche se abbiamo letto da qualche parte che sarebbero di derivazione orientale. Ebbene, riteniamo che questi non siano veri valori per la civiltà classica e liberale, sulla quale molto più che sul cristianesimo si fonda la nostra civiltà. Il perdono è in fondo un’ingiustizia grave verso gli onesti, e chi scrive lo giudica una pratica altamente immorale, oltre che superba (perché solo un eventuale Signore del mondo, se esistesse, potrebbe farlo, e la cosa non cesserebbe per questo di essere ingiusta). L’uguaglianza assoluta ha fatto solo danni ed è ormai ritenuta quasi immorale, oltre che impossibile. Resta l’amore verso i nemici, inutile e sublime atto eroico di auto-umiliazione che, se praticato, avrebbe impedito la Storia, il Progresso e la Libertà dei popoli. (Barone Peppino d'Holbach)
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IGNORANZA DIETRO LE IDEUZZE CLERICALI
Natura contro scienza? Una balla
Preoccupa il liberale "naturista", interessato a tutti gli aspetti del vivere - per quanto possibile - in armonia con la natura (e con la natura dell'uomo), una motivazione filosofica della corrente antiscientifica: la pretesa di rincorrere la Natura in antitesi alla Scienza. Un errore da prima media: la scienza serve, appunto, a spiegare la natura. E poi, quando mai la Chiesa ha seguito la natura? La diffidenza per l’esperimento, il laboratorio, l’artificio, l’intervento umano nel processo naturale come la nascita d’un bambino. Ma sì, diciamolo: l’odio per la Modernità con la scusa dell’amore per la Natura. Un tema vecchio ancora affascinante, ma solo per chi non sa nulla di Natura. Basta studiacchiare un poco (va bene il liceo?) per rendersi conto che senza la scienza non esiste la natura. Peggio, non esiste neanche il cibo. Tutto ciò che mangiamo – perfino l’inutile vegetale "biologico" – non esiste in natura, ma è stato creato dall’uomo artificialmente. Dai Sumeri, Etruschi e Romani fino ai moderni ingegneri agronomi che hanno creato il pomodorino simil-selvatico "di Pachino". Basti pensare che i Romani, tra le tante stranezze, avevano ottenuto oltre trenta varietà di mele (quasi tutte oggi sparite) e avevano ricavato dalla famiglia del cavolo sottili getti che vendevano come turioni di "asparagi", economici ma non meno gustosi. Senza contare che tutto è artificiale da anni o da secoli: medicine, operazioni chirurgiche, automobile, telefonino, vestiti, gli stessi rapporti umani e sociali, la vita intera dell’uomo. Il diritto, la libertà, la civiltà, sono esperimento, invenzione, artificio. Perché solo la fecondazione (solo per le coppie sterili, oltretutto) dovrebbe essere fuori della portata della scienza? (Gennarino de Condillac)
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LIBERALISMO ALLA COSTA
Croce? Macché, la bolletta del gas
Ricordiamo ancora con piacere il brano d’una lettera in cui il grande statista liberale Giovanni Giolitti si attardava a spiegare al figlio, con precisione e minuziosità tutta sua, i segreti per riparare una serratura. Questo per dirvi, cari lettori del Salon Voltaire, che non solo culturalmente (la tradizione liberale del risparmio, del no agli sprechi, del rispetto del vero attore della dinamica del mercato, il consumatore) ma anche per affinità caratteriali siamo portati a ritenere che una personalità (o un tema, un’ideologia) si preannunci, si rifletta, anche e soprattutto nelle piccole cose. Dove c’è minor controllo e quindi più spontaneità. Anche una bolletta del gas, per come è scritta, ci può fare da indicatore empirico del grado di liberalismo presente in un Paese. Un po’ come in psicologia, dove un gesto minuto, un tic, è spesso più rivelatore d’un intero discorso. Come se non bastasse, siamo risolutamente anti-snob. E capirete perché noi il liberalismo lo vediamo, prima di tutto dalle "piccole" cose.
Lo stesso si può dire dei rapporti corretti tra cittadino e Stato, tra cittadini consumatori e amministrazioni pubbliche o gestori para-pubblici. Se il liberalismo conclamato non si sostanzia poi anche in piccoli, quotidiani e coerenti rapporti corretti cittadino-Stato o consumatore-produttore, è solo una vuota petizione di principio. Perciò vogliamo riportare e commentare come cosa curiosa un trafiletto apparso sul "Duemila", noto periodico di battaglie in difesa del cittadino del liberale piemontese Raffaele Costa. In forma schematica sono riportati i temi che dovrebbero riempire la tradizionale e benemerita campagna intrapresa da Costa. Come diceva quel tale? "Meglio un bravo e modesto ragioniere che…" Ecco, pur con eccessivo populismo e demagogia sulla sanità pubblica (non si può dare "tutto a tutti", e qui il "liberale statalista" Costa promette tutto e il contrario di tutto), la lista delle priorità che conferma il rifiuto di Costa di "volare alto" e la volontà pervicace di tenersi rasoterra. Per carità, senza ironia: ce ne fossero di più così "ragiunatt".
Sanita' giusta. Una sanità più giusta che tuteli i più deboli, favorisca la prevenzione, l'assistenza dei medici di base, l'erogazione dei farmaci, i ricoveri e le visite (tempestive).
Burocrazia soffocante. La burocrazia è favorita da 85.000 leggi in gran parte da cancellare, insieme a tante strutture pubbliche inutili e costose, difficili da gestire.
Sprechi diffusi. Denuncia permanente degli sprechi di Stato, Regioni, Enti locali e pubblici in generale, a tutela del contribuente e dei diritti di tutti.
Regioni speciali. Contro i privilegi finanziari, fiscali, economici, legislativi di regioni e province a statuto speciale, ma anche di altri settori pubblici (organi costituzionali, ecc.).
Eni e Italgas padrone. Serve un'equa tutela dell'utente nei confronti dell'onnipotenza dell' Eni-italgas (che ha accumulato 14.700 miliardi di lire di utile nel 2004).
Telecom pigliatutto. Equa tutela dell'utente nei confronti di Telecom & sorelle ed una gestione corretta della concorrenza nel settore, nonchè delle tariffe
Autostrade ricchissime. Tutela dell'utente nei confronti dei marchesati autostradali, dotati spesso di ricche concessioni fortemente onerose per automobilisti e autotrasportatori.
Enel indecifrabile. Tutela dell'utente nei confronti del semimonopolista Enel, che, impone (con bollette indecifrabili) i prezzi più elevati d'Europa, sotto gli occhi semichiusi dell'Autorithy.
Acqua e rifiuti, binomio emergente. Difendere gli utenti nei confronti della gestione delle acque e rifiuti; attività che si avviano a divenire onerose per la società e per la famiglia.
Giungla retributiva. Equilibrio, nel settore pubblico, delle retribuzioni all'interno di un settore fortemente sperequato, troppo spesso poco premiante e poco meritocratico. (Quintino Sella & Mosca)
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CONCORRENZA, VERO DEFICIT ITALIANO
Mercato: è sempre troppo poco?
Una mia amica di Milano, di idee bertinottiane, tenacemente anticapitalista, non ha mai avuto una lira. Ora, però, come erborista, nonostante la "crisi del settore", sta facendo un sacco di soldi con la sua bottega. Ebbene, con tutto ciò, non la smette un attimo di parlar male del mercato, della concorrenza e per buon peso anche del liberismo, che pure la stanno arricchendo. Se poi scambiate due chiacchiere con i commercianti del mercato all’aperto del Trionfale, il più grande e fornito di Roma, con grande smercio, ottimi ricavi giornalieri e prezzi super-concorrenziali, vi sembra di parlare con i più sfigati e pessimisti degli operai sindacalizzati degli anni 50. Perfino con frecciate contro "i padroni" (quali? loro stessi?). Tanto stupidamente hanno da protestare contro il sistema economico che li sta facendo ricchi.
Scaramanzia di commercianti o immaturità d’una classe dirigente improvvisata che non conosce il proprio ruolo? Forse un po’ dell’uno e dell’altro. Curioso, davvero, come vedono la concorrenza e il libero mercato i cittadini comuni che non s’intendono di economia teorica. In modo imprevedibile e infantile, rispondono gli esperti. Oppure del tutto ideologico e preconcetto. Usano, eccome, il mercato, ne traggono tutti i vantaggi, ma poi quando ne parlano elencano solo i difetti. Così fanno in special modo i consumatori.
Nel corso d’un convegno sul "Mercato che non c’è" tenuto a Bologna, Francesco Giavazzi (Bocconi, Corriere) ha raccontato il dato divertente del 50 per cento dei consumatori americani che – da rilevazioni demoscopiche – continua tuttora a dichiararsi fermamente contrario alle liberalizzazioni del fu presidente Reagan, mentre continua ad approfittarne in pieno con grande vantaggio per tutti. Un po’ come nel Regno Unito: ancora oggi trovi ovunque in giro per il mondo come turisti impiegati inglesi che sparlano delle severe riforme liberiste di Margareth Thatcher, mentre debbono tutti i soldi che scialacquano nelle vacanze proprio alla "signora di ferro". Anche in Italia è così, conferma l’ex commissario europeo Mario Monti: " A giudizio di molti nostri concittadini, di mercato da noi non ce n' è troppo poco, ce n'è troppo ". Così credono? Ecco perché gli italiani hanno accettato i sacrifici per l'euro ma non quelli per un mercato più aperto. Il che spiega tutto. Quanti economisti dimenticano che l’economia è anche psicologia? (Lo chauffeur di Einaudi)
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LE UNIONI DEI GAY. TUTELA E RITO
Che bel matrimonio, madama Dorè
Come liberali non possiamo che essere favorevoli all’individuazione e alla tutela di tutte le nuove libertà. E la richiesta degli omosessuali di veder riconosciuta la loro unione stabile, sia ai fini sociali (in realtà di immagine e di rispettabilità), sia fiscali e previdenziali, ci sembra configurare una nuova libertà accettabile e tutelabile. Tanto più che che la si reclama con tanta insistenza, segno sicuro di un disagio non risolto. Se, perciò, è la sicurezza e la possibilità di vantaggi economici la molla di questa rivendicazione, dobbiamo essere giusti e sperare che venga riconosciuta ovunque.
Solo una cosa non riuscivamo a capire, noi liberali, e dunque per antonomasia razionalisti e modernisti: perché gli omosessuali organizzati si incaponissero, dopo aver già raggiunto da tempo nei Paesi occidentali la conquista (progressista, modernista e cosmopolita) del rispetto sociale e della pari dignità giuridica, a tentare anche l’obiettivo (lasciatecelo dire, un po’ reazionario, passatista e piccolo borghese) del matrimonio. Sembravano quasi i sogni a lungo covati d’una maestrina di provincia del profondo Sud nel tardo Ottocento. Ma sì, il finale pieno di palpiti d’un roseo romanzo di Liala. Diciamolo: una caduta di stile. Non vorranno i gay, mediamente così colti e intelligenti, essere delle donnette qualunque. Sarebbe come se, ai loro tempi di giovane "coppia aperta", dopo averne viste e tollerate di cotte e di crude, l’intellettuale Simone de Beauvoir avesse implorato l’intellettuale Jean Paul Sartre di sposarla, con tanto d’abito bianco e valletti bambini, in una piccola e romantica pieve ai piedi delle Alpi. Possibile – ci dicevamo – che la tanto lodata intelligenza gay non riesca a produrre nient’altro che i desideri della vecchia zia? Su, datevi da fare, serve uno sforzo di creatività, pensavamo. Cancellate il sospetto della "mascherata" ludica e altamente scenica del "giocare al matrimonio", alla vostra età, magari con improbabile fantasmagorico abito di merletto bianco su un volto non rasato o barbuto da galeotto nell’isola di Montecristo. Sì, insomma, il travestitismo iconoclasta in stile "Sorelle Bandiera" (che, poi, come liberali, ci offende pure un po’).
Ora finalmente Grillini (Ds) ha inventato il Pax, un nome a metà tra la tariffa delle agenzie di viaggio e l’enciclica, nuova figura giuridica non esclusiva, perché riguarda tutte le coppie che convivono, etero e omo, e che ci convince abbastanza perché fa piazza pulita di questa stronzata piccolo-borghese e grottescamente imitativa del "matrimonio gay". E che è molto liberale perché si fonda su un contratto privato. Che, udite udite, interessa tutti, gai e meno gai. E che riguarda perciò anche tanti nostri conoscenti ex contestatori che, a differenza dei gay, diffidavano del matrimonio e che si trovano ora in casa da vent’anni una donna o un uomo che secondo la legge sono poco meno che degli ospiti. "E’ un "patto civile di solidarietà" e sull'esempio francese chiede il riconoscimento dei diritti civili ed economici per tutte le coppie che convivono, sia etero che omo", dice Grillini. "Il punto è se sette milioni di persone che in Italia convivono debbano avere o no una copertura giuridica. Da questo punto di vista le coppie gay devono avere gli stessi diritti degli altri". Siamo d’accordo. Anche perché così cadrebbe anche un altro ridicolo equivoco: la possibilità di adozioni. (Madame de Stael)
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LA POSIZIONE DI OLANDESI E BRITANNICI
La Carta che non piace ai liberali
Non tutti i "no" alla bozza di Costituzione europea sono uguali. Ci sono stati molti no, individuali e di partito, improntati al più vecchio degli schemi comunisti ("L’Europa è un’istituzione borghese, capitalistica e liberista, quindi non ci piace"), come quello espresso, per esempio, in Italia da Rifondazione e in Francia da numerosi gruppi della Sinistra nel recente referendum. Ma alla Carta proposta da Giscard d’Estaing e Amato si sono opposti anche quelli della destra mazionalista e anti-liberale. In Francia hanno confluito nel calderone del "no".
Ma ci si può opporre alla Costituzione europea anche da posizioni liberali. E’ il caso dell’Olanda. Dopo il recente referendum non sono mancati i sondaggi per scoprire la valenza politica di quel "no". Razzisti? Nazionalisti? Tradizionalisti? Comunisti? Isolazionisti? Niente di tutto questo: solo liberali, assicurano le ricerche demoscopiche. Almeno nella maggioranza dei casi. E’ risultato che l’Olanda ha respinto la Costituzione perché è un Paese liberale e vuole restare libero (sondaggio Tns/Nipo). Problemi come l'euro, l'allargamento alla Turchia e la protesta contro il governo, non sono stati determinanti. Un altro studio (de Hond) rivela che il 78 per cento degli olandesi ritiene che Bruxelles si intromette troppo negli affari personali dei cittadini olandesi, il 73 per cento considera l'Unione europea troppo poco democratica. Insomma, l'euroscetticismo olandese, a differenza di quello francese, è liberale, contrario alla dittatura della burocrazia di Bruxelles, alle decisione e alle cariche senza democrazia, alla tendenza pianificatrice e socialistoide.
Del resto, 448 articoli sono troppi per una costituzione liberale, che dovrebbe limitarsi a pochi principi generali. E invece questi si spingono fino ai dettagli più curiosi, ovvi o discutibili, come il poetico e bellisssimo concetto (come attuabile?) che anche "i bambini possano esprimere pienamente il loro parere", o la "piena occupazione" o "l'integrità fisica e morale degli atleti". Parole. Le stesse critiche si possono sentire anche in Gran Bretagna, dove il dissenso nei confronti dell'Ue è motivato dalla paura dell’euro, di perdere la tradizionale libertà garantita dal proprio parlamento e soprattutto di vedersi imporre norme inutili e complicate che regolano anche la vita quotidiana. Un’impresa di lavavetri sta rischiando di fallire per aver dovuto sostituire le normali scale con cui aveva sempre lavorato, con tecnologici e costosissimi "elevatori". Insomma, esagerato principio di precauzione, imposizione di strumenti inutili e spese folli, complicazione delle cose semplici. Ditemi voi se questa non è una mentalità burocratico-socialista. (Salvador de Madariaga)
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INDAGINE DELLA ANTI-DEFAMATION LEAGUE
Gli ebrei? Parlano troppo di Shoà
La loro "colpa" agli occhi della gente, di certa gente? Essere stati delle vittime. Lamentarsi troppo. Ricordare semplicemente le ricorrenze tristi della loro vita e della loro storia. Anche solo l’accennare alla violenza altrui. Altro che modernità e spirito liberale, da una indagine dell’americana Anti-Defamation League vengono fuori dati imbarazzanti e inquietanti sulle idee comuni, gli stereotipi, gli equivoci, le bugie sul mondo ebraico. In Arabia Saudita? No, in Europa, purtroppo anche in Italia, come riferisce la Farkas da New York. Certo, cadono le braccia dopo tanta informazione giornalistica e millantata "educazione scolastica", ma è sempre meglio avere un’immagine veritiera e realistica della società, piuttosto che vivere con i paraocchi illudendosi che tutto vada per il meglio.
"In tutti e 12 i Paesi siamo rimasti molto sorpresi dal trend in aumento - commenta Barbara B. Balser, presidente nazionale di Adl -, milioni di europei continuano a credere nei più odiosi stereotipi antisemiti che perseguitano gli ebrei da secoli". Il 55% degli italiani, record europeo, è convinto ad esempio che gli ebrei siano più fedeli ad Israele che al proprio Paese (in Francia, Germania e Spagna la percentuale è, rispettivamente, del 29, 50 e 51%). E gli italiani vincono la gara dell'intolleranza in molte categorie, dove si registra in generale un peggioramento rispetto agli analoghi sondaggi condotti negli anni passati. Il 33% degli interpellati nel Bel Paese ritiene infatti che "gli ebrei abbiano troppo potere nel mondo degli affari", mentre nell'ultimo sondaggio, del 2004, erano il 29%. Negli altri Paesi europei la percentuale si aggira intorno al 30%, e va da un minimo dell'11% della Danimarca al massimo del 55% in Ungheria (Paese che secondo l'Adl non ha mai fatto i conti con il proprio passato), seguita a ruota dalla Spagna (45%).
Altrettanto preoccupante continua poi ad essere il numero di persone convinte che "gli ebrei abbiano troppo potere anche nei mercati finanziari internazionali". Qui il primato spetta all’Ungheria (55%), seguita da Spagna (54%), Polonia (43%), Belgio (33%) e Italia (32%, un punto in più rispetto al 2004). L'ultima domanda del sondaggio ("pensate che gli ebrei parlino troppo di ciò che gli è accaduto durante l'Olocausto?") ha raccolto ampi consensi in Paesi quali la Polonia (52%), la Svizzera (48%), l'Austria (46%) e soprattutto l'Italia. Dove il numero di adulti che hanno risposto affermativamente è salito dal 44% al 49% in un solo anno. Infine, uno degli aspetti che hanno sorpreso di più riguarda l'antico pregiudizio - riproposto dalla letteratura cristiana fondamentalista e dal film Passion di Gibson - secondo cui gli ebrei sono da giudicare responsabili della morte di Cristo. Il 20% degli europei continuano a ritenerli colpevoli. (Sarah Veroli, commessa di via Ottaviano)
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I CASI FALLACI E MORIN
Idee in tribunale. Ancora?
Una "via giudiziaria" alla cancellazione delle idee si sta facendo strada purtroppo in tutt’Europa. La scusa? "Istigazione all’odio razziale". "Anti-islamismo", "anti-semitismo", "anti-cristianesimo". Eh no, cari amici. Salon Voltaire, quindicinale talmente amico degli ebrei da essere stato bollato come "filosemita" (del che ci onoriamo), ha sempre combattuto duramente – con le parole e le idee – le accuse razziste e naziste contro gli ebrei e contro ogni altra minoranza. Ma siamo contrarissimi, come liberali, all’uso giudiziario. Neanche Hitler, Stalin o Saddam Hussein, se si fossero limitati a parlare e non a "fare", avrebbero dovuto secondo noi subire alcun processo. Troppo comoda, se no, sarebbe l’interpretazione della libertà di idee: libere solo le idee (quali, poi?) che piacciono al regime, al singolo giudice ecc. Vietate tutte le altre. Come durante il fascismo. Anche allora, chi diceva cose mielose e garbate non subiva alcun processo. E questo vuol dire che c'era libertà?
Resta il fatto che ancor oggi, come nel Medioevo e nel Seicento, si può finire in tribunale solo per le proprie idee. Per quanto non condivisibili, strane, aberranti, possano essere, ricordiamo fino alla noia che il liberalismo è proprio quella dottrina che si è caratterizzata nei secoli per tutelare il diritto di chiunque a parlare, a scrivere, a dire la sua nella massima libertà. Ferma restando la possibilità che un’altra persona possa sentirsi offesa personalmente. Ed è qui il punto: dove finisce la libertà di critica, l’esternazione del pensiero, e dove comincia l’offesa personale? E’ chiaro che noi liberali tendiamo ad estendere al massimo la prima area e a restringere davvero all’indispensabile (e per lo più sul piano civile) la seconda. Altrimenti, pensateci, qualunque comunista, fascista o fondamentalista islamico potrebbe citarci in giudizio sostenendo che il nostro discorso liberale lo offende. Sta al giudice, ovviamente, rigettare subito in fase pre-processuale le richieste assurde o improponibili. E dispiace che questo non sia avvenuto almeno in due casi eclatanti: il rinvio a giudizio in Italia di Oriana Fallaci per il libro "La forza della ragione" (su denuncia di Adel Smith) e quello dell’intellettuale Edgar Morin in Francia per uno scritto tacciato di antisemitismo.
Oriana Fallaci sarà processata con l’accusa di vilipendio della religione islamica. Lo ha deciso il gip di Bergamo, Armando Grasso, che ha respinto la richiesta di archiviazione del pm Maria Cristina Rota, titolare di un’inchiesta nata dalla denuncia di Adel Smith, presidente dell’Unione musulmani d’Italia. Processi analoghi (e condanne salate) si sono avuti in Francia contro Michel Houellebecq e Brigitte Bardot, e ora contro l’intellettuale Edgar Morin. E’ il momento di ribellarsi e di dire basta ai parlamenti nazionali e d’Europa, e ai giudici. Anzi, contro legislatori e giudici che tradiscono la libertà (anche qui con i fatti, non bastano le parole) bisogna studiare una qualche accusa valida, come "attentato alle libertà democratiche", "alla Costituzione" ecc. Amici giuristi, all’opera. (La figlia cleptomane di Beccaria)
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ATROCE DILEMMA DEI ROSSO-VERDI
Grano fecondato o bimbi Ogm?
Era ora. Finalmente quei reazionari e anti-liberali dei rosso-verdi ne hanno combinata una buona. Hanno invitato a votare "sì" ai referendum sulla fecondazione medicalmente assistita. Come il grande chirurgo Veronesi. Come il grande farmacologo Garattini. Insomma, dalla parte della scienza. Incredibile. Non accadeva dalla loro fondazione: 1984. Ma si rendono conto di che cosa hanno fatto? I loro elettori avranno capito che i rosso-verdi favoriscono la nascita di bambini – da loro punto di vista – praticamente Ogm. Siamo scandalizzati. Ma come, loro che poco naturisti ma molto catto-comunisti erano nemici acerrimi dello scientismo, del razionalismo liberale e liberista, dei laboratori di tutto il mondo, cadono ora banalmente sull’embrione e sulle staminali. Male, cioè bene. E se ora riguardo alle primissime cellule umane sono per la scienza e il progresso, come mai non lo sono altrettanto sulle cellule di piante e animali?
Qual è la differenza (visto che, per il loro esagerato "principio di precauzione", nessuna tecnologia umana è esente da rischi)? E’ che gli Ogm sono "capitalistici", le staminali no. I primi sono elaborati da "multinazionali", da grandi aziende private, e generano profitto, oltre che ridurre la fame nel mondo e consentire un minor uso di fitofarmaci, mentre le staminali da embrioni sono, almeno nei desiderata dei rosso-verdi, di competenza dei ricercatori pubblici. Non è così. Ma, anche se fosse, non si capisce perché l’etica sociale di enti di ricerca pubblica, che in Italia avrebbero gli stessi finanziamenti anche se il loro direttore fosse incapace di distinguere la candeggina dall'acido solforico, sia più elevata di enti privati che rispondono al criterio del merito e almeno uno straccio di controllo lo subiscono: quello degli azionisti. Meglio di niente. (Alessandro Volt-Ampère)
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L’ANTI-ITALIANO
Tutti filocinesi?
Calma. Non per ideologia, figuriamoci, ma gli italiani, anche i più patriottici e nazionalisti, stanno diventando tutti filocinesi. Prima per necessità, ora anche per gusto. Non c’è limite alle depravazioni, direte. Un amico ha trovato un pantalone che è una buona imitazione "revival" dei famosi e indistruttibili "pants" degli aviatori Usa della II Guerra Mondiale, a soli euro 3,50. Tessuto gabardine a trama fitta, leggero e forte, indistruttibile, con cuciture e particolari molto ben fatti. Roba da almeno 50 euro, ad essere fortunati. Dove? Su una bancarella di roba cinese. E, ditemi, non doveva precipitarsi ad acquistarne uno stock? Dimenticavo un particolare inquietante: nessuna cimosa col marchietto "made in China" era visibile. Ormai i cinesi stanno superando se stessi in furbizia.
Morale della favola? Macroeconomia, occupazione, investimenti e ricadute economiche a parte (che sono un problema), sul piano della microeconomia familiare, i cittadini italiani si stanno riprendendo a poco a poco tutti i soldi che una minoranza di commercianti disonesti gli ha sottratto per tre anni. Dopotutto, lo abbiamo insegnato noi liberali che i nostri acquisti - perchè il mercato funzioni - devono, ripeto "devono", andare dove trovano più convenienza. Senza sentimentalismi, che sarebbero controproducenti. E’ la dura legge della domanda e offerta, grande igiene del mondo. Basta con i sostegni, le quote, i dumping, le protezioni, i monopoli. Chi deve fallire, fallisca. Basta che si sbrighi. Ha voluto la bicicletta? Pedali. E poi, cari amici, noi cittadini liberali dobbiamo metterci in più il pepe della vendetta, contro chi per troppi anni ha fatto il furbo aggiustandosi a suo piacimento, con leggine e appoggi vari, le leggi liberali del mercato. Nèmesi storica, cari amici commercianti: una volta a noi, una a voi. E ora tocca a voi. (La cuoca di Pareto)
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ALTRO CHE EURO: SBAGLIATE LE REGOLE
Che c’è dietro gli "errori" della Bce
Ora che l’Europa ha bocciato il bilancio italiano (3,6 per cento di disavanzo, mentre il limite è il 3 per cento) ed è scattata la procedura d’infrazione, ora che l’opinione pubblica in Francia e in Olanda ha respinto la prolissa e burocratica Costituzione, fatta più di divieti puntigliosi, piani e programmi che di principi, anche i politici italiani stanno svegliandosi dall’europeismo acritico – segno d’un complesso d’inferiorità e d’una sudditanza politica e psicologica – e hanno finalmente preso atto che l’Unione europea è entrata in una crisi grave. Non solo la politica comune, se mai ve ne è stata una, ma anche le stesse regole economiche, prime tra tutte quelle di Maastricht, sono ora in discussione. Perfino l’euro, ha sparato la Lega per puro populismo elettorale.
Una leggenda di dietrologi di professione vuole che l’euro e le stesse norme di Maastricht siano in realtà un diabolico machiavello predisposto a tavolino dalle potenze egemoni, Germania e Francia, per alzare i prezzi delle avvantaggiate economie "povere" meridionali, indebolirle e poi conquistarle. E che Prodi abbia fatto male ad accettare senza colpo ferire un cambio euro-lira così elevato e una unità di moneta metallica con valori centesimali così alti. Ma, a parte che il caso e gli errori umani sono spesso all’origine dei cambiamenti umani, in realtà l’euro è stato solo uno strumento della speculazione. E del resto il cambio di moneta ha già prodotto i suoi danni, quando i commercianti disonesti ne approfittarono per alzare i prezzi nei Paesi in cui, come in Italia, i consumatori erano troppo poco maturi o organizzati per opporvisi. Ora è tardi per recriminare: ormai l’euro, dà solo benefici.
E’ vero che con l'euro, i tassi di interesse sul debito pubblico si sono abbassati. E per l'Italia, che ha un debito pubblico superiore al Pil (prodotto interno lordo), ogni anno il risparmio sugli interessi sul debito è notevole. Con la lira, lo Stato pagherebbe molto di più. Ma è falso che l’aumento dei prezzi interni sia stato un fenomeno solo italiano. Anche se il nostro governo ha commesso tanti errori di sottovalutazione, primo tra tutti quello di non dare importanza alla psicologia dei prezzi e alla percezione della moneta da parte del consumatore italiano, anziano o arretrato, danni simili si sono prodotti anche in Grecia, Spagna, Portogallo e, in parte in Francia. Ma alcuni effetti sono arrivati anche nei paesi più ricchi, tanto da sollevare critiche e proteste tra i cittadini sullo stesso modello economico della Banca comune europea.
In realtà gli economisti più avveduti hanno fatto notare che i parametri di Maastricht (rapporto debito/Pil, rapporto deficit/Pil, inflazione ecc.) sono troppo rigidi, opinabili, riduttivi, discrezionali e in qualche modo "politici". Anche "stupidi" (lo ammise una volta lo stesso Prodi). Altri importanti valori, come il tasso di crescita del Pil, il tasso di disoccupazione ed il rapporto investimenti in ricerca/Pil, sono solo "consigliati". A causa di ciò, i Paesi che hanno un basso tasso di crescita (tutta l'area euro), o che addirittura non crescono (l’Italia) non possono lanciare politiche espansive (p.es. i cicli anti-congiunturali) agendo sugli investimenti in ricerca ed in flessibilità, i quali richiedono spese, proprio per non superare i valori-moloch dei parametri di Maastricht.
Un po’ come se un malato di polmonite non potesse curarsi con un farmaco che gli procura aumento di temperatura, perché un medico sciocco gli ha vietato di superare i 37°. Una politica cieca e meschina, insomma, adatta forse a regolare l’armonico bilanciamento tra le economie interne (la statica), ma non lo sviluppo e la ricchezza (la dinamica) dell’economia europea. Per di più, i rigidi vincoli di bilancio danneggiano le esportazioni europee perché provocano una continua rivalutazione dell’euro, in presenza di paesi che esportano verso di noi in modo massiccio (Cina e India) o operano cicli espansivi per proteggere il proprio sviluppo (Usa).
Un paese per essere definito "virtuoso", dovrebbe tendere al raggiungimento di valori soddisfacenti in tutti i parametri economici (e non solo di quelli di Maastricht). Facciamo qualche esempio, sulla base di proiezioni e riflessioni del prof. S.F. dell’Università Roma Due (Tor Vergata):
PAESE "VIRTUOSO" (tasso di crescita Pil: 4 %, investimenti in ricerca /Pil : 3%, deficit/Pil : 4 %, inflazione : 2%). L'economia di questo paese è in un ciclo espansivo (cresce al 4%) e quindi potrebbe tranquillamente operare delle manovre sul deficit di bilancio per rientrare, se lo ritiene opportuno. Nell'indice deficit/Pil: 3%, in realta', la buona crescita del Pil (essendo il denominatore della frazione) già contribuirà di per sé a far scendere il rapporto.
ITALIA OGGI (tasso di crescita Pil: più o meno 0 %, investimenti in ricerca/Pil : 1,3 %, deficit/Pil : 3.5 %, inflazione : 2%. Che dovrebbe fare l’Italia secondo la Bce? Poiché ha sfondato il valore del 3% del deficit/Pil , dovrebbe operare una manovra restrittiva ("stretta di bilancio") per rientrare nel valore massimo ammesso. Ma per paradosso tale manovra deprimerà ancor più la sua economia che affonderà nella recessione. Infatti, il numeratore della frazione diminuirà, ma diminuirà anche il denominatore, quindi, nulla di fatto. E l'anno successivo? Altra manovra. Dopo tre anni consecutivi di manovre, sanzioni e recessione, il trattato di Maastricht potrà concedere forse qualche deroga, se il paziente nel frattempo non è morto per il salasso. Nessuna meraviglia, se si pensa che nella medicina dei secoli passati il salasso, considerato un toccasana, veniva prescritto anche ai malati in collasso cardio-circolatorio, causandone, ovviamente la morte. "Operation beendigt, patient todt", stilavano con involontario, macabro, umorismo i medici tedeschi. Ecco, non vorremmo ricevere, come italiani, lo stesso referto.
Tutti scemi, allora, a Bruxelles? No di certo, sostiene l’amico prof. S.F. Le considerazioni esposte sono troppo ovvie per non essere conosciute dagli eurocrati e dalla Bce. Allora, qual è la motivazione sottostante d’un tale comportamento normativo, l’arcano che non può essere detto? E’ che i furboni di Bruxelles hanno scoperto che il modello di Maastricht è il miglior sistema per un’economia di modello, per così dire, "social-capitalista", fondata sulla ricchezza finanziaria (o anche paleo-industriali, ora aggiornate in paleo-capital-comunismo di tipo cinese). Si tratta di economie caratterizzate da: a) massimizzazione delle rendite speculative mobiliari e immobiliari, e quindi dal mantenimento d’un alto tasso di cambio della valuta; b) manodopera a basso costo o clandestina – i nuovi schiavi – per minimizzare il valore del lavoro e creare concorrenza sleale; c) creazione di una nomenclatura economico-finanziaria, con conseguente doppio regime dei prezzi (bassi per i beni di prima necessità e bassa qualità, altissimi per tutti gli altri); d) annientamento dei ceti medi; e) controllo dirigistico dell'economia senza interferenze politiche (dittatura delle grandi banche).
La riprova di questo disegno davvero inquietante? Si osservi come funziona l'economia degli Stati Uniti. Si possono chiaramente osservare dei cicli economici in cui il dollaro ha un cambio molto elevato e il bilancio statale è in sostanziale pareggio, alternati a cicli in cui avviene esattamente l'opposto, come quello attuale, in cui il dollaro è chiaramenente sottovalutato e il rapporto Deficit/Pil è addirittura al 5.5%. Ciò avviene semplicemente perché il sistema di pesi e contrappesi d’una moderna economia neo-capitalistica alterna politiche restrittive ed espansive sulla base della situazione internazionale. Dopo l'11 settembre 2001, per es., gli Usa vanno chiaramente verso il sostegno alla domanda interna, la svalutazione del dollaro, l’aumento della competitività dell'export e il deficit di bilancio.
Al contrario, l'Unione europea (area euro), dominata dalla Bce, ha esautorato i governi nazionali ed opera con regole fisse e monolitiche. Dopo la teocrazia imposta sulla procreazione assistita e la ricerca sulle cellule staminali (in Italia), ci avviamo verso una analoga teocrazia sull’euro? (Etienne Lousteau)


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