22 novembre, 2005

 

22. Newsletter del 9 marzo 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA DEL SALOTTO VOLTAIRE
QUINDICINALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, POLITICA, SCIENZA, CULTURA E COSTUME

Lettera n.22 - 9 marzo 2005
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Sommario:
ITALIA DELLA VERGOGNA. Mazzarino e il pi-er.
CHI C’E’ DIETRO. Le sirene? Eccole svelate
APPELLO AL PRESIDENTE. Ciampi o Ciampino?
CLERICALISMO. Grazie Ruini, ci dai ragione
CUGINI FURBI. S'offrono ma non soffrono
PAESE DEI CAMPANELLI. Come trilla il telefonino
DIRITTI E LIBERTA’. Democrazia? Non basta
NEO-SOCIALISTI. Tremonti peggio di uno
ANTISEMITISMO. Forza vecchia contro Liberal
EBREI SALVATI. Quanti Perlasca in Albania
GIUDICI IN POLITICA. Il figlio del pescatore
GIOVANI VECCHI. 50 eroi "abbàsch a Ber"
MATITA BLU. Legge nuova? Per il passato
EFFETTI SECONDARI. Quattro filosofi al bar
MILIONI DI CRIMINALI. Mea culpa del ministro
ITALIANO DECLASSATO. Lacrime di Giuda
BOLZANO SENZA FILOSOFI. Ma con l’inceneritore
RISCHI E SALUTE. Ne uccide più il cibo dell'aria
TITOLI DI STUDIO. Quanto vale una laurea
GRANDE FRATELLO 2. Occhio al rubinetto
OCHE IN PARLAMENTO. Una email per salvarle
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LA VERGOGNA DELLA COALIZIONE
Mazzarino e il "pi-erre"
Ma chi è il cretino che sta dando pessimi consigli al Presidente del Consiglio? Visti i risultati, e la morte dell’agente segreto, i cretini devono essere più d'uno, e a tempo pieno. Mentre Berlusconi ora piace alla Sinistra estrema per aver convocato l’ambasciatore Usa (una cosa inaudita), a noi liberali piace un po’ meno. Davvero l’Italia deve perdere – ancora una volta – la faccia con gli alleati Stati Uniti e Gran Bretagna per essere scesa a patti col terrorismo finanziando le milizie di Saddam, far alzare i prezzo dei riscatti (come denuncia la Francia), ricompattare la marmaglia anti-americana e finto-pacifista, spendere un sacco di soldi, e giocarsi pure il miglior alleato, per salvare la vita d’una Sgrena che, col suo ineffabile p.r. (si legge Pier), fa da cassa di risonanza ai terroristi iracheni nel classico gioco delle parti? Altro che sindrome politica di Stoccolma: nessuno ci toglierà dalla testa che questi "rapimenti" sono perfettamente mirati e strumentali.
Se i consiglieri del Presidente sono quelli che sappiamo, gli stessi per cui la "vita" d’un embrione vale come quella di Einstein dopo la scoperta della relatività, immaginate quanto potrà valere per loro quella d’una qualsiasi Sgrena adulta. Va bene 10 mila Einstein? Facciamo 12 mila, così il resto vale mancia per ungere le "segrete" ruote irachene (un segreto di Pulcinella: sono banditi e terroristi) contro i patti della coalizione occidentale dai Servizi italiani, da sempre terzomondisti e filo-arabi. E sei milioni di dollari (quasi 11 miliardi di lire) ormai non li si nega a nessun "canale riservato", purché la compiacente "rapita" sia del Manifesto, di Rifondazione o d’una ricca Ong "no global", come quella delle "Due Simone". E ora la terza "Simona", più ciarliera e pettegola, con la faccia da casalinga cupa e dimessa che odia il mondo. E’ proprio vero che le scelte irrevocabili verso l’estremismo marxista scaturiscono spesso da inquietanti dati psicosomatici. Altro che "ideologia".
L’Italia è diventata, così, prima la favoletta, poi la vergogna della coalizione che ha combattuto in Iraq. Americani e inglesi non ci possono più vedere, per questa nostra ambiguità da paese mediorientale. Da una parte parole di appoggio a Bush e finta severità col terrorismo, dall’altra il lavorìo dietro le quinte, il solito calarsi le brache, il pietismo mieloso da parrocchia, tipico dell’Italietta più disgustosa. "Salvare una vita". La politica estera confusa col catechismo. In realtà, con la mano sinistra cercare vie traverse per mettersi d’accordo col nemico – un "topos" eterno del carattere italiano – la "diplomazia parallela" anti-americana e ora perfino i Servizi Segreti autonomi, segreti solo agli Stati Uniti, ma apertissimi ai terroristi. "Far parte di una coalizione – ha detto Cossiga – significa non prendere nessuna iniziativa, neppure nel campo della intelligence, che non sia coordinata con il comando unificato, perché in zona di guerra l’intelligence è subordinata alle esigenze delle operazioni militari. Gli americani e gli inglesi hanno scelto da tempo come combattere i terroristi: annientarli o catturarli, e non liberare gli ostaggi".
La strategia Usa – hanno puntualizzato gli 007 americani – è sempre stata quella di non trattare con il terrorismo. Perché trattare e pagare i riscatti, oltre che vergognoso e diseducativo, significa favorire altri rapimenti, finanziare nuove violenze. Washington e Bagdad non gradiscono che Roma versi milioni di euro nelle tasche dei rapitori. Lo aveva detto chiaramente, un anno fa, anche il segretario di Stato Colin Powell. Berlusconi, perciò, doveva prendere esempio da Blair. Ma il nostro Governo, un occhio alle elezioni e un altro all’opposizione, e tutt’e due le orecchie al Vaticano, ha operato diversamente. Male, malissimo. Per noi liberali questa offesa al buonsenso, agli Stati Uniti, al governo di Bagdad, alla moralità nazionale e internazionale, è tale da pretendere la testa del Mazzarino di turno, che evidentemente a torto si riteneva così furbo da poter agire "contro" gli americani.
E così il nostro ributtante, finto buonismo senza dignità ci fa stare – noi, gli obliqui "alleati" italianuzzi di sempre, alla Alberto Sordi – contro gli "Amerikani cattivi" e dal mitra facile. Berlusconi si becca l’imbarazzante plauso di Manifesto, Liberazione e Unità. Cos’è, un colpo di reni craxiano, una Sigonella numero due? Anche di questo dovrebbe rendere conto Letta. No, è solo una buffonata. Perché si sa, noi "buoni" e "caritatevoli" figli della Chiesa, della Sinistra anti-americana e della Destra ottusa, onoriamo come eroi solo le vittime, quelli che muoiono anche per propri errori. Noi che il mitra pubblico non lo possiamo usare a Bagdad - per una causa giusta - se prima non ci sparano addosso, ma il mitra privato invece lo scarichiamo allegramente ogni giorno - per le cause sbagliate - nei vicoli di Napoli.
(La badante russa di Cossiga)
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CHI C’E’ DIETRO CHI
Le "Sirene"? Eccole svelate
Gli osservatori liberali stavolta non l’attribuiscono all’incompatibilità dei caratteri. Altro che gaffe. L’attacco del Presidente del Consiglio al Presidente della Repubblica ("non si lasci incantare dalle sirene") fa intravvedere uno scenario nuovo. Uno scontro di due blocchi, due sistemi di interessi, uno dei quali, quello più forte, si sta formando proprio in questi giorni. Intanto, attenzione ai tempi. Proprio la trasformazione di Prodi da icona fantoccio a decisionista e "uomo forte" dell’Unione ha sedotto Carlo Azelio Ciampi, lo ha convinto a uscire dal limbo della neutralità e a schierarsi apertamente per il Centro-sinistra.
Azionista, non dimentichiamolo, abituato mentalmente alle miscele impossibili tra liberali e comunisti (l’olio e l’aceto della democrazia italiana), già premier e ministro del Tesoro di governi di sinistra, purtuttavia C.A.C. era riuscito a dare l’impressione della neutralità. Anche perché era stato eletto con i voti determinanti del Centro-destra. Ma anche Scalfaro, se è per questo, era stato eletto in modo eccentrico, su proposta di Pannella e della destra Dc. E poi ha fatto quello che ha fatto. Ma C.A.C. è stato autorevole uomo di finanza, garante di solidi interessi politico-finanziari che lo hanno portato a farsi paladino e poi artefice dell’entrata dell’Italia nell’euro, sia pure con enormi sacrifici del ceto medio (circa 500.000 miliardi di lire). Quindi, ecco il primo paradosso, illuminante: l’unificazione della moneta, obiettivo di per sé liberale, si realizza in Italia a spese della borghesia. Insomma, nasce come conquista di aggregazioni e interessi "di sinistra", oggettivamente anti-liberali. Questo doveva già far pensare.
Dall’altra parte abbiamo l’imprenditore e premier Berlusconi, esponente di una sorta di inedito e annacquato " riformismo solidale" o " liberismo caritatevole". Fonda la sua azione di governo su una "ricetta per lo sviluppo" modello Tremonti che fallisce, sia per la recessione in Europa dopo l’11 settembre, sia per le resistenze delle corporazioni dei privilegiati (sindacati, industriali, professionisti), sia per l’obbligo dell’obbedienza cieca perinde ac cadaver ai parametri di Maastricht imposta dall’Unione Europea. Eppure, con tenacia meneghina, insolita in Italia, B., malgrado le enormi difficoltà ambientali, ha insistito nel suo progetto, creandosi un sempre maggior numero di nemici. Non solo i sindacati, offesi dalla moderatissima e insufficiente riforma delle pensioni di anzianità, e dalle mancate ricorrenti convocazioni al tavolo delle trattative, in uso nei decenni passati; ma anche gli stessi imprenditori (vedi Fiat) e finanzieri che vedono ridursi o sparire l’allegro assistenzialismo nascosto nelle pieghe dei finanziamenti di Stato. A questi si aggiungono i giudici, la corporazione meglio difesa in Italia, perfino nella Costituzione, che temono per i propri privilegi di casta e, i più a sinistra di loro, perseguono una "via giudiziaria" alla successione politica a B. Tutti questi nemici trovano nella Sinistra organizzata, per la prima volta esclusa dal sottogoverno (ministeri, enti "assistenziali" di Stato, Rai ecc.), e perfino in cospicue frange della Destra anticapitalistica e cattolica, una forte e blindata macchina da guerra che sta lavorando per la spallata finale all’intruso, all’usurpatore B.
A questo punto, libero dagli impegni in Europa per un perfetto meccanismo ad orologeria, scende in campo un Prodi che ha improvvisamente gettato la maschera del Dr.Jeckill. Basta con la bonomia bolognese e la mortadella, il nuovo e spietato Mister Hyde mette a punto un’invincibile alleanza d’acciaio "capital-comunista" in cui lo spontaneismo folcloristico degli ultimi no-global e le ingenue sparate di Bertinotti e Pecoraro, retrocessi a "utili idioti", sono solo il colore di carnevale necessario a nascondere gli artigli della vera Gad, cioè la grande alleanza democratica tra grande finanza, grande impresa, e magistratura (i sindacati, dopo il gran rifiuto di "Celestino V" Cofferati, non contano più nulla).
A questa Grosse Koalition serviva sul Colle un referente un po’ più attento che in passato. E, dopotutto, chi meglio di C.A.C., che ha già nel Dna i geni adatti al connubio "lib-kom", in quanto ex azionista? E chi meglio dell’ala comunista, che in ogni evoluzione della sua storia, fin dai tempi di Lenin, ha dato importanza innanzitutto all’appoggio della finanza? Il "capitalismo comunista" della Cina, del resto, insegna. L’abbinamento d’una rigida oligarchia di potere politico-finanziario con una massa sotto-borghese a basso reddito sarebbe l’ideale per un P. nuovo Kaiser cattolico di sinistra, statalista e pauperista. Comuni al comunismo e allo statalismo dirigista cattolico, infatti, sono l’annientamento dei ceti medi liberali ("Mittelstandzernichtung") e il livellamento sociale, secondo il suggestivo scenario dell’amico prof. S.F. dell'Universita' di Roma "Tor Vergata".
Certo, ci sarebbero dei prezzi da pagare, e tutti a carico della borghesia liberale, quella fondata sul rischio. Per esempio, una maggiore apertura delle frontiere – anche qui Sinistra estrema e grande industria sono d’accordo – per assicurare una manovalanza a basso costo (concorrenza sleale) e più masse operaie per rinpinguare di giovani i sindacati ridotti a dopolavoro di pensionati, e i partiti di sinistra. Ma anche il definitivo no al superamento dei limiti masochistici di Maastricht (come vorrebbe B.), per comprare il tacito consenso della grande finanza italiana e continentale, della Banca centrale europea, e dell’oligarchia dei banchieri italiani. Il filosofo ultra-sinistro Vattimo "teme" (Corriere, 1 marzo) che in un governo P. non finirebbe per comandare Bertinotti in economia, ma Padoa Schioppa, Mario Monti e Franco Debenedetti. E magari fossero questi a tenere il bandolo: ci metteremmo la firma. Ma temiamo di peggio. Infine, l’ultimo must: restituire ai giudici organizzati – e C.A.C. guarda caso è il presidente del Csm – il potere anti-costituzionale di veto legislativo e il perduto carisma della stagione mitica di "Mani Pulite". In più, monetizzando l’evidenza d’un modello di società dirigista finalmente realizzato, tacitare le frange spontaneiste della sinistra antagonista, i no-global e i sindacati. Ecco che cosa si cela dietro le "sirene", a cui presterebbe ascolto C.A.C., a dire di B.
(Etienne Lousteau)
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LIBERTA’ RELIGIOSA E CLERICALISMO
Grazie Ruini, ci dai ragione
La Chiesa in una società liberale ha tutti i diritti di esprimere la propria opinione, e guai a chi la tocca per questo. Ma chiunque può, per gli stessi principi liberali, criticarla, senza per questo dover essere definito "intollerante" o "anticlericale". Se no, davvero, questo significherebbe che il clericalismo è già al potere in Italia. Che altro è infatti il clericalismo, se non profittare della posizione di potere religioso per prescrivere ai propri fedeli non le norme sui riti, non le preghiere e i comportamenti individuali (che mi sembra non interessino molto ai vertici della Chiesa, né tantomeno ai fedeli), ma le direttive per creare un certo tipo di società laica, non religiosa, cioè per fare politica? Addirittura non più il "no" alla fecondazione medica, ma i trucchi e i machiavelli (come il non recarsi a votare in massa) per far mancare il numero legale e annullare così in modo obliquo il referendum. Cristo, dunque, come esperto di tattiche politiche e leggi elettorali italiane? Ditemi voi se questa è "religione", "etica", e non la più bassa politica.
La posizione corretta, invece, sarebbe stata un’altra: prescrivere ad ogni singolo cattolico osservante di non ricorrere mai personalmente - nonostante la legge lo consentisse - alla fecondazione artificiale, all’aborto, al divorzio ecc. Questa, solo questa, sarebbe stata la giusta scelta cattolica liberale. Ogni altra posizione è solo clericalismo rozzo e medioevale, violenza psicologica e prepotenza politica. Chi vuole – dice il liberalismo – non usi della legge che non gli piace (se questa legge non prescrive un "fare", s’intende). Ma impedire a tutti gli altri, anche agli ebrei, ai buddisti, ai non credenti, alle coppie che non riescono ad avere un bambino, ai malati, la propria visione etica del mondo con la forza della legge è autoritarismo culturale e anti-liberalismo puro. Ci spiace dirlo, ma in questo la Chiesa di Roma non è diversa dal fascismo o dal comunismo. Grazie, cardinal Ruini, per darci così ingenuamente ragione. (Barone Peppino d'Holbach)
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PRESIDENTE, DIA CORAGGIO AGLI ITALIANI
Ciampi o Ciampino?
Volesse il cielo che il caro Presidente della Repubblica si ricordasse ogni tanto di essere stato da giovane azionista, cioè almeno liberale a metà, e facesse nelle sue ricorrenti trasferte meno retorici sermoni da Chiesa e più pedagogia sociale. E, già che ci siamo, perché non ridurre gli inutili viaggi, spesso occasioni di frasi fatte buoniste, prima che le solite malelingue irrispettose che affollano i caffè all’italiana – ma lui da buon livornese ci sarà abituato – finiscano per chiamarlo affettuosamente "Ciampino"?
Per dirne una, dalla sua scrivania in mogano e palissandro in stile Impero, lui che il coraggio sa che cos’è, dovrebbe trovare il modo di dire agli Italiani che una Nazione seria non si cala le braghe per un ricatto o un rapimento; che la democrazia liberale – più delle dittature di destra e di sinistra – vuole virilità, forza e coraggio per resistere ai suoi nemici interni ed esterni; che la dignità e l’onore d’una nazione (che queste virtù insegnò al mondo in un lontanissimo passato, quando era antropologicamente molto diversa) valgono pure qualche perdita. Altrimenti, che dovrebbero dire gli americani e gli inglesi, che in Iraq – pur avendo più soldi e più Intelligence di noi – hanno visto morire i loro rapiti, e subiscono morti e feriti ogni giorno?
Ma loro, a differenza di noi, non hanno una repubblica fondata sulle mamme, i preti e i piagnistei televisivi a reti unificate Rai-Mediaset. Gli anglosassoni, invece, che mascalzoni, devono essere gli eredi degli antichi Romani, pensate un po’, gentaglia imperialista e quasi fascista. Un popolo maschile. Noi, invece per fortuna siamo un popolo femminile, o al massimo "trans". E abbiamo ormai un Dna diverso: greco-arabo-spagnolo. Non-violenti col nemico, ma violenti a tradimento con gli alleati (o i concittadini). E stiamo sempre dalla parte di chi ha torto, non solo nei vicoli di Napoli. Ce lo insegnano già le mamme a casa, le suore all'asilo, le maestrine a scuola: "Chi fa la spia non è figlio di Maria". A noi gli Indiani ci fanno un baffo. Per questo Sonia Maino si trova così bene a Nuova Delhi. Ci guardiamo saggiamente l’ombelico e diamo ad intendere di spazzare davanti a noi il terreno per evitare di calpestare una formica, come i Giainisti. Noi sì che andremo in Paradiso. Dopo aver corrotto S. Pietro, s’intende, e offerto vino drogato a Jhavè, altro che la schifezza del caffè di Carosello. E dopo aver appreso, grazie alla solita Intelligence poco intelligente, di essere stati assegnati, come popolo, al doppio (anche qui) grande girone infernale dei vigliacchi e degli ipocriti. (La sorella dei Fratelli Bandiera)
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NEO-POST-EX-SOCIALISTI
Tremonti peggio di uno
Al bar del Giuanin di Porta Vigentina, gli avventori erano convinti che Tremonti fosse meglio d’un Monti semplice. E’ gente concreta, che va per le spicce, e nei due secondi tra il caffè e la cassa prenderebbe qualsiasi "triplo snack" offerto al prezzo di uno. Ma si sbagliavano. Tra i due algidi, è peggio il secondo. Che il complessato Giulio, nato come tecnico nei governi socialisti, si fosse convertito al liberalismo economico, era cosa che aveva convinto pochi esperti. Fatto sta che, stando ai suoi ultimi articoli e alla conferenza tenuta a Milano il 22 febbraio al "Circolo" di via Marina, l'ex ministro, simpatizzante leghista e ora vice-presidente di FI (fa sempre tre cose alla volta), ha spiegato che "il dogma del mercatismo è suicida" e pure il "mondialismo" fa schifo. Ha ragione, mi sono detto, vuoi mettere le nostre buone cose "localiste", come il formaggio di fossa o il Castelmagno, la burrata, i pizzocheri e i pomodori secchi? Solo che il freddo Tremonti non si riferisce a queste prelibatezze, ma pensa in grande, all’economia in genere. E lì casca l’asino.
Sì, invece – ha detto Tremonti – a una politica economica neo-protezionistica, per "difendere" l'industria europea dalle produzioni a basso costo provenienti dalla Cina o da altri paesi, ed ha duramente criticato le regole dell'Unione Europea contro l'intervento dello Stato nell'economia, paragonandola con un bisticcio logico a quella dell’Unione Sovietica
Figuratevi i club dell’ultra-sinistra no-global come lo hanno accolto: come un filgliol prodigo. Lo citano dappertutto su Internet. San Tremonti. E’ diventato un’icona come i ridicoli "Quattro dell’Avemaria": Caruso, Casarini, Agnoletto e il prete delle barricate Della Sala, quello sospeso "a divinis" perché pure al Gesù capellone anti-capitalista "che scaccia i mercanti dal tempio" sembra troppo rivoluzionario. E poi che parole: "mercatismo", "mondialismo"… ha commentato scandalizzato – e ce ne vuole – il sempre bronchitico Bordin nella mitica rassegna stampa a Radio radicale. Parole anti-storiche contro i liberali, che suonano bene alla sinistra, alla Lega neo-statalista, alla destra anticapitalistica di Alemanno e Storace, alla Mussolini. Amen.
"Il liberismo penalizza l'industria"? Bisogna vedere che "industria" è. Anche i vigili "penalizzano" certi automobilisti. Quale industria soffrirebbe col liberismo? Quella finta, privilegiata dai sostegni statali a danno dei concorrenti più bravi, quella abituata a stare fuori dal mercato grazie a gare d’appalto truccate da politici e amministratori locali, quella che va in rosso per l’incapacità dei propri dirigenti, abituati a passare più tempo nei palazzi della politica che in fabbrica. Quella che si ostina a produrre a costi crescenti per fare "favori politici" a sindacati o ad amministrazioni locali (che tanto poi ci pensa papà Stato a dare la Cassa integrazione o una bella rottamazione agevolata).
(La cuoca di Pareto)
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CUGINI FURBI: I RADICALI
S'offrono, ma non soffrono
Paperino e Gastone. Paperino e Paperone. Meno male che in famiglia abbiamo dei parenti furbi. Il che alza un po’ la media della famiglia liberale, notoriamente poco abile in politica, almeno al livello di gruppo. Così, per giusta compensazione della sorte, proprio a noi liberali italiani, considerati dai giornalisti politici poco meno che dei pirla, dei fessacchiotti, i soli a non contare un fico pur essendo gli unici vincitori nella Storia dell’ultimo secolo, ci è capitata la parentela di Pannella & C., una genìa di "politici puri", intelligenti e psicologi, così astuti da far apparire Andreotti l’ingenuo campanaro d’una valle bergamasca, così bravi da riuscire a vincere anche dopo aver perso, o meglio a stravincere lamentandosi abilmente della "sconfitta". Noi ci facciamo trascinare dalla corrente in modo maldestro, sbattuti qua e là, senza neanche capire dove ci sta trascinando. Loro calcolano e prevedono tutto, anzi, provocano gli eventi. E gli altri – e sono nomi noti della politica – ci cascano. Chi tanto e chi niente. Il fatto è che loro – si racconta – avrebbero dei veri e propri vivai segreti, allevamenti intensivi dove con biotecnologie ogm (perciò sono favorevoli…) e mangimi segreti a base di latte e politica, tuorlo d’uovo e scacchi, producono Capezzoni e Turchi a bizzeffe, come fossero trote salmonate. Noi, invece, per trovare un liberale bravo dobbiamo sperare nella benevolenza del caso – una volta ogni 50 anni – e compulsando affannosamente la genealogia polverosa risalire fino a Malagodi, buonanima.
Invidia? No, semmai un processo di tranfert, questo sì. Rispetto ai cari cugini radicali ci sentiamo tanto "parenti di campagna", dei semplicioni con addosso il tanfo caratteristico di muffa e fumo di camino, e quando li guardiamo in tv e sui i giornali siamo fieri dei nostri cugini che "hanno viaggiato", sanno parlare e stare al mondo, e dicono il fatto loro a un Prodi o a un Giovanardi, o a un Casini (quello di Firenze), anche un po’ da parte nostra. Ecco che cosa proviamo quando li osserviamo con compiacimento combattere in modo così efficace per la libertà di scienza e di terapia (perché questo, e non altro, è il tema vero del prossimo referendum sulla fecondazione assistita).
Ma il vero capolavoro i nostri cugini lo hanno compiuto con la provocatoria "offerta" di essere ospitati nelle fila della Destra e della Sinistra. Incontri su incontri. E intanto qualche apparizione e confronto in tv. Come se li mangiava, rivoltandoli prima ben bene sulla brace, il bravissimo Capezzone dal viso di bravo ragazzo di liceo, quei vecchi marpioni della politica politichese che ingenuamente erano andati agli incontri pensando di fare un solo boccone del "politico ragazzino" e d’un Pannella ormai "bollito". Invece, leader e sotto-leader dei due schieramenti sono tornati indietro a brandelli, con dolorosissime scottature (specialmente nell’Unione).
I radicali hanno avuto gratis una vera e propria "campagna pubblicitaria" – tutti i giorni in prima pagina per due settimane – del valore di alcuni miliardi di vecchie lire, e ora anche chi non vota, o il riformista di base o l’ultima compagna di Rifondazione sono informati. Guadagno che per ora verrà speso a favore del referendum, ma che potrebbe dare frutti perfino per le politiche. Con i veti espressi di fronte a tutti, Destra e Sinistra (più la seconda) potrebbero perdere in tutto oltre l’1 per cento dei voti a favore d’una opzione radicale. Con l’aggravante che ora il "progressista" Prodi è bollato di fronte al suo stesso elettorato addirittura come più conservatore e clericale di Berlusconi nel "secondare una rivincita antireferendaria, antilaica e antiliberale...". Conclusione: dal modesto 0.8 per cento i cugini sono balzati per ora a oltre il 2 per cento dei voti. Complimenti. (Ernesto Martini & Rossi)
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GRANDE FRATELLO 2: L'ALTRUISTA
Anziani soli? Occhio al rubinetto
Ci sarà qualcuno che griderà all’attentato alla privacy, sono sicuro. "Ma così ci controllano". "Sarà peggio del Grande Fratello. E pure senza la figa". E invece no, il sistema è geniale, oltre che poco invasivo. In Scandinavia hanno così risolto il problema degli anziani che vivono da soli: attraverso uno speciale ma semplice sensore tengono sotto controllo il fluire dell'acqua potabile. Quando il sensore è fermo da un certo numero di ore scatta un allarme collegato con il centro sociale più vicino. Perché il mancato consumo vuole dire che l'anziano o comunque la persona sola non ha bevuto, non si è lavato, non è andato in bagno. A questo punto scatta l'allarme e si mette in moto la macchina dei controlli. Si potrebbe fare anche da noi con poca spesa, suggerisce Carlo Alberto Borsari di Salsomaggiore. Sì, magari, lei non immagina quanti rompiballe vengono fuori in Italia non appena viene proposta una soluzione semplice, intelligente, economica, all’anglosassone. E i cavillosi, i bastian contrari, gli amanti dei ricorsi e delle denuncie, che ci stanno a fare? Vedrebbe che subito i sindaci, i pretori, il Tar, il Consiglio di Stato, la Corte Costituzionale, creerebbero mille difficoltà. Superate le quali, dopo dieci anni, verrebbe tutto bloccato dal Garante della privacy. (Il callista di Rosy Bindi)
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PAESE DEI CAMPANELLI
Come trilla il telefonino
Il mito della "fabbrichetta", ahimé, fa parte del passato. È vero che in Italia investire nei servizi rende il doppio che nell'industria? Sì, il 25 per cento contro il 10, secondo dati di Mediobanca. Ma non perché le nostre imprese non sappiano più produrre motori, ingranaggi, macchine utensili, oggetti di design industriale, e siano improvvisamente diventate bravissime nel produrre quegli strani beni immateriali dall’incerto e opinabile valore aggiunto che si chiamano "servizi". La verità amara – che certo non fa piacere a dei liberali – è che televisioni, banche, autostrade, telefoni, il gas dell’Eni (ma anche edicole di giornali e studi notarili) fanno guadagnare di più proprietari e investitori non "grazie" al mercato, ma "contro" il mercato. Cioè?
Nella nostra economia, poco liberale e molto protetta, i produttori di servizi sono blindati da una normativa di favore che li difende, ai danni dei consumatori, come ha scritto Francesco Giavazzi. Concordiamo pienamente. Con quale spirito, con quale faccia, inviteremo gli stranieri ad investire in Italia – mettiamo, nel settore bancario e della finanza – mentre nel Paese dei campanelli vigono regolamenti e strutture che non hanno uguali in Europa, a cominciare dalla medioevale carica di Governatore "a vita" della Banca d’Italia o dalle singolari regole del duopolio televisivo? Un’economia fondata sui servizi, oltretutto, è poco adatta alle esportazioni (felice eccezione, in questi ultimi mesi, l’espansione di Telecom in Francia). "Chi ci permette di pagare il petrolio che importiamo", si chiede Giavazzi? Certo non le banche, le assicurazioni, gli uffici statali, gli avvocati e tutte le aziende che producono servizi, beni che si vendono quasi esclusivamente sul mercato interno. Ma l’industria vera, quella che crea davvero valore aggiunto. E che rischia di più, appunto. (Alessandro Volt-Ampere)
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IPOCRISIA DI POLITICI E INTELLETTUALI
Italiano declassato: lacrime di Giuda
"Sono lacrime di coccodrillo" quelle versate "dai responsabili dell’Accademia della Crusca e dagli uomini politici delle più diverse estrazioni" per il declassamento dell’italiano nell’Unione Europea. Parole "sante", è il caso di dirlo, perché le ha scritte l’Osservatore Romano. E visto che di queste cose se ne intende, voleva dire "Lacrime di Giuda". "Pare che in Italia si sia spensieratamente archiviata la questione dell’esclusione dell’italiano dalle traduzioni delle conferenze stampa". Il gesto potrebbe "preludere a una definitiva emarginazione" della nostra lingua. "Un segnale di enorme gravità". Tanto più, aggiungiamo, in un Paese in cui, nel totale disprezzo dei veri valori anglosassoni, regna il cattivo gusto pseudo-inglese che tanto meraviglia e diverte i turisti britannici, dalle improbabili insegne dei negozi, ai nostri modi di dire familiari (pensate allo "smoking"), fino agli assurdi termini burocratici imposti dall’alto, come "ticket", "welfare" e così via. Per esempio, Dario Fo ed altri autori stanno protestando contro il "ticket" che l’Unione Europea ha imposto alla consultazione dei libri in biblioteca, allo scopo di tutelare il diritto d’autore. Per evitare che i già ignoranti Italiani cessino di frequentare i libri, finirà che sarà lo Stato ad accollarsi l’onere. Ebbene, né il premio Nobel Fo né Erri De Luca, Stefano Benni, né altri firmatari, hanno protestato contro il termine "ticket" (in questo caso, tassa, diritto). E la colpa è anche di certe case editrici che in un’ansia nuovista tipicamente provinciale, sfornano dizionari italiani così lassisti e permissivi da far capire che i loro redattori odiano la lingua italiana, tanto da legittimare ad ogni edizione le forme bastarde più astruse, cercate magari col lanternino nei bassifondi della vita sociale. Tutto, pur di vendere una "nuova edizione". Se non è cinismo questo… (La figlia scema di Niccolò Tommaseo)
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MILIONI DI CRIMINALI
Mea culpa di Joschka il Rosso
Lo scandalo dei visti facili è esploso in Germania circa due settimane fa. Coinvolte, all’inizio, le ambasciate in diversi Paesi dell’Europa dell’Est, ma soprattutto quella in Ucraina: a migliaia di immigrati illegali, comprese prostitute, criminali, trafficanti di uomini, sarebbero stati concessi visti regolari dal ’99. La Bild parla di "un milione di criminali" entrati in Germania. E’ andata male all’ex rivoluzionario Joschka Fischer, oggi ministro degli Esteri. Forse voleva precostituirsi una futura massa di manovra politica e sindacale. Altro che politica, questi vogliono i soldi altrui. Fischer ha ammesso di aver sbagliato. E in Italia, per leggi sbagliate di sinistra e di destra, quanti saranno i criminali entrati dall’est? E chi chiede scusa? (
Sobieski, quello dell'arma bianca)
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CULTURA DEL DIRITTO E LIBERALISMO
Democrazia in Islam? Non basta
Le lunghe file di donne e uomini (divisi, però) davanti ai seggi elettorali in Iraq hanno fatto il giro del mondo e hanno quasi dato l’impressione che finalmente alcuni riti di base della democrazia si stiano facendo largo nei paesi islamici. Ma, per rispondere al solito uomo della strada benpensante, p.es. al tipico lettore del Corriere della Sera che invia le lettere al direttore, che invoca ad ogni pie’ sospinto la "democrazia" o lamenta che la tale legge o il tale comportamento "non è democratico", bisogna obiettare che la democrazia è davvero ben poca cosa. Davvero, non si ridicolizza la questione affermando che in pratica la democrazia altro non è che…andare a votare. Poco? Non è colpa nostra, dei liberali, voglio dire. La democrazia da sola non basta. C’era democrazia "quando" Hitler fu eletto, regolarmente. Quello che mancava, evidentemente, era una diffusa educazione liberale, che è cosa ben più profonda, articolata, pervasiva e difficile. Ma quando c’è dà risultati duraturi.
Ora Robert Conquest, lo storico inglese che anticipò il crollo del regime sovietico ne Il Grande Terrore, prevede il dominio dell’Anglosfera. Crollato il comunismo, la società liberale continua ad essere minacciata dai falsi miti che hanno prodotto guerre e totalitarismi. Il pericolo è rappresentato da un’ideologia che venera acriticamente Onu e Unione Europea, professa l’anti-americanismo e sottovaluta la minaccia islamica. Nel suo ultimo lavoro, il fantapolitico The Dragons of Expectation, appena pubblicato negli Usa, Conquest immagina la politica estera del futuro dominata da una nuova istituzione internazionale, l’Anglosfera. Presieduta dal presidente Usa con capitale alle Bermude, è un’associazione di Stati che si dichiara "la più grande forza dell’umanità" e riprende l’antica missione civilizzatrice dell’Impero britannico. L’anglosfera è decisa a combattere i nemici che minacciano la sua tradizione. Si allea all’India e al Giappone. Anche all’Onu, ma solo a patto che esso abbandoni la retorica delle parole vuote per tornare alla realtà.
"Democrazia" è ormai una parola che genera confusione: il termine greco riguardava il voto libero da parte del popolo (anche se limitato a maschi e cittadini). Pericle, elogiando il sistema ateniese, è particolarmente orgoglioso del fatto che le politiche vengano argomentate e dibattute prima di essere tradotte in azione, "evitando così la peggior cosa al mondo": gettarsi nell’azione senza considerare le conseguenze. E infatti gli ateniesi, grandi parolai, discutevano e dibattevano, spesso sensatamente.
I difetti dell’esperienza ateniese sono ovvii quasi quanto le sue virtù. La casistica è ampia. Si può ad esempio ricordare la condanna di Socrate, il quale perse voti per il discorso politicamente scorretto che pronunciò in sua difesa. O l’assemblea ateniese che vota per la morte di tutti i maschi adulti e per la schiavitù di tutte le donne e i bambini di Mitilene, per poi pentirsi della decisione presa e mandare una seconda imbarcazione a intercettare, appena in tempo, quella che portava l’ordine. La democrazia ebbe anche l’esito, ancor più doloroso, di provocare la distruzione di Atene con il voto favorevole alla disastrosa e inutile spedizione a Siracusa. Una scelta, questa, presa contro il parere dei più sensati e favorita dalle attraenti quanto ingannevoli promesse del distruttivo demagogo Alcibiade.
Ma la democrazia è solo forma, non sostanza. Che la democrazia non sia il solo o inevitabile criterio di progresso sociale è ovvio. Se libere elezioni danno potere a una repressione della consensualità – dice lo studioso - sono peggio che inutili. Non dimentichiamo che il colpo di stato comunista in Cecoslovacchia nel 1948 fu compiuto con intrighi costituzionali appoggiati da "dimostrazioni di massa". Non c’è quasi bisogno di menzionare le cosiddette "democrazie popolari" e il 90 per cento di voti che regolarmente ricevevano. In Algeria, secondo le elezioni, i governanti militari al potere avrebbero dovuto essere sostituiti da un ordine politico islamico. Un po’ come la scelta che si pose al Pakistan nel 2002.
Il termine "democrazia" viene spesso utilizzato come definizione essenziale della cultura politica occidentale. In realtà è il liberalismo, il riconoscimento e la limitazione dei diritti che caratterizzano l’Occidente. Insieme alla diffusa cultura del Diritto, di derivazione antica Romana. Habeas corpus , sistema giuridico e legalità non sono stati prodotti della democrazia, ma da un lungo processo avviato fin dall’epoca medioevale per piegare il potere dell’esecutivo inglese. Il punto è che la democrazia può dare i suoi preziosi frutti soltanto se emerge da una tradizione di legge e di libertà della quale essa stessa è un’espressione.
In Occidente è stata la tradizione a essere determinante per la politica. Per una costituzione praticabile, l’abitudine è più importante di qualsiasi altro fattore. Le democrazie occidentali non sono infatti modelli di società generate semplicemente dalla parola, dall’idea astratta di "democrazia". Non ci si può aspettare, perciò, che Paesi privi anche di un minimo di quel background o dell’evoluzione che esso innesca (Iraq, Palestina, Iran, Afganistan ecc) si trasformino istantaneamente in democrazie. L’esperienza sanguinosa di Haiti e di alcuni paesi africani dovrebbe bastare a dimostrarlo.
E infine una stoccata contro il professionismo politico, il pan-politicismo e i rivoluzionari. Tutti i peggiori guai dell’ultimo mezzo secolo sono stati provocati da chi ha lasciato che la politica diventasse una mania. Il politico deve essere un servitore e in quanto tale deve svolgere un ruolo limitato. La democrazia è quasi sempre criticata dai rivoluzionari per le pecche che mostra in ogni sua manifestazione concreta rispetto alla grande astrazione del puro concetto. Ma, come ha scritto in The Federalist il segretario del Tesoro di George Washington, Alexander Hamilton: "Una pericolosa ambizione si nasconde più spesso dietro la maschera speciosa dello zelo per i diritti dei popoli che nelle volontà di ampliare la fermezza e l’efficienza del governo. La storia ci insegnerà che il primo è un atteggiamento che conduce più facilmente al dispotismo".
(Camillo Benso di Latour)
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GIOVANI GIA' VECCHI
50 eroi abbàscio a Bari"
In questa Italia di furbi, faciloni e potenziali raccomandati, si può essere "eroi" anche iscrivendosi a matematica. Mancano pochi mesi agli esami di maturità e per gli studenti è il momento di decidere la facoltà a cui iscriversi. Le scelte degli anni scorsi sono state deprimenti. Nel 2004, di fronte a 14.289 iscritti a corsi di laurea in "scienza delle comunicazioni", disciplina dall’autonomia concettuale (e utilità pratica) tutta da dimostrare, le matricole in matematica e fisica erano meno di 4 mila, quelle in chimica 2.347. Come ha scritto Guerzoni su Zero, nuova rivista diretta da Giuliano da Empoli, "grazie alla retorica della creatività e della società dell' entertainement abbiamo un fisico per ogni partecipante alle selezioni del "Grande fratello"". Giù a Bari ("Abbàsch a Ber", in dialetto locale), su 9 mila iscritti all’Università, solo in 50 hanno scelto matematica. Sono dei veri e propri eroi. Altre 62 eroiche iscrizioni a chimica. E 2 mila, invece, a giurisprudenza. Ma perfino all’interno delle facoltà scientifiche le scelte dei giovani sono della medesima tendenza. Al Politecnico di Milano i più si iscrivono al corso di ingegneria gestionale, cioè vogliono tutti diventare manager. Evidentemente progettare i freni a disco, anche se per la Ferrari, è considerata un'attività superata, volgare, ha commentato Giavazzi.
Per fortuna c'è anche un’Italia diversa, a cui ci sentiamo più vicini. Quella, per esempio, che ha progettato e costruirà – dopo aver vinto una gara severa – l’elicottero Agusta Westland per la Casa Bianca. L’Italia che manda all’estero ottimi ingegneri elettrotecnici e spaziali (quelli nucleari, bravissimi, ormai si sono rarefatti). E quella dei giovani-giovani, non dei giovani-anziani del Sud che (vedi note interviste) credono solo in "valori" vecchi come le raccomandazioni e il "posto fisso" statale. All'università di Pavia – evviva – gli iscritti a facoltà scientifiche sono circa il 25 per cento, uno su quattro, mentre a giurisprudenza solo il 10%, a scienza delle comunicazioni il 4%. E molti fra loro provengono dal Mezzogiorno, avendo capito che una società fatta solo di avvocati, notai, commercialisti e comunicatori non ha futuro. Anche perché - quando ce vo’, ce vo’ - come fanno tutti questi giovani a interessarsi di "comunicazione", se non sono neanche abituati a leggere il giornale? (Peppino di Condorcet)
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MATITA BLU IN PARLAMENTO
Nuova legge? Si applica solo al passato
Il Parlamento è pieno di professionisti, tra cui avvocati, giuristi, docenti di diritto, che in cambio di un discreto stipendio e benefici vari dovrebbero fare solo questo: predisporre e scrivere nel mondo più chiaro e perfetto le leggi. Macché. Vengono fuori degli aborti pieni di errori, spesso anche sulla Gazzetta Ufficiale. Sentite l’ultima. "L’hanno scritta talmente in fretta che hanno dimenticato un "anche"... E ora si ritrovano con una legge applicabile solo al passato e non al futuro...". Roba da "Striscia la notizia". Il giudice Gerardo D’Ambrosio si riferisce alla legge Vitali (ex Cirielli, ribattezzata dall’opposizione "salva-Previti"), "C’è scritto che "la presente legge si applica ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore e ai processi pendenti alla medesima data". Manca un "anche"...
(Giolitti, il gelataio di Campo Marzio)
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GIUDICI IN POLITICA
La parabola del figlio del pescatore
Da Marghera alla Margherita. Chissà che non abbia anche una moglie dal nome Margot, e non si alimenti tutti i giorni di pane e margarina. Il bravo giudice veneziano Felice Casson è stregato dai nomi: per anni aveva dato fastidio a Marghera (Petrolchimico, che inquinava molto), ora alla Margherita (partito politico, inquina meno ma certo non profuma). Dice che vuole fare il sindaco di Venezia, ma dopo aver messo nei guai parecchi imputati, ora sta mettendo nei guai l’intera Unione di sinistra, che aveva fatto tanto per accreditarsi presso i moderati come "esente da residui di giustizialismo". E invece la sua improvvida discesa in campo, senza un briciolo di esperienza politica o amministrativa, fa dire a tutti: "Ecco, che vi avevamo detto? E’ il solito giudice di sinistra che getta la maschera e si dà alla politica". Così l’ingenuo Casson, magistrato tenace e pignolo ma forse inadatto alla politica, sembra dar ragione ai tanti che ritengono la stagione giustizialista di Mani pulite mai del tutto conclusa. Il rischio, dicono alla Margherita, è che gli elettori ci vedano come il "partito dei giudici". Ecco perché hanno tirato giù dal letto il filosofo Cacciari, che proprio non ne voleva sapere di candidarsi, e lo farà in modo svogliato. Certo questa candidatura darà ragione ai nemici di Casson, che lo avevano bollato come giudice "schierato", tenace nel cercare di reprimere i "reati ambientali" dell’impianto del Petrolchimico di Marghera.
Ora, osserva Pierluigi Battista sul Corriere, sembra poco opportuno che peschi voti come candidato proprio nella medesima area dove ha operato per decenni come magistrato. A quando una legge che imponga ai pubblici funzionari un periodo di decantazione, insomma "un intervallo, una moratoria, in cui il sospetto di una politicizzazione della propria precedente attività di magistrato possa decantarsi e scomparire"? Da una parte onore a Casson che umile figlio di pescatore ha fatto carriera nell’amministrazione, in un’Italia in cui in genere vanno avanti solo i figli di papà. Ma, il suo diritto a candidarsi è come affievolito, intaccato da quella inopportunità o sconvenienza che in democrazia è quasi peggio dell’illegalità. Nel sistema liberal-democratico, infatti, è importante che il magistrato "sembri" neutrale. In questo caso anche retroattivamente.
(Viviana, citofonare al n.2, Fondamenta Nuove)
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EFFETTI SECONDARI DEL REFERENDUM
Eravamo quattro filosofi al bar
"Digiamo le veridà ghe scottano: ma a Totti e Del Piero le stamminali je farebbero bene o no?" Nel più puro linguaggio irpino-sannita (o se vogliamo napoletano, romano, bergamasco o barese) i tre milioni di "processi del lunedi", del mercoledi e del sabato che si celebrano nei bar di tutt’Italia, tra un’olivetta e un caffè-lungo-corretto-alvetro-pocozucchero (gli Italiani, si sa, non sono un popolo ma 50 milioni di individui), a dar retta agli osservatori del costume potrebbero introdurre un nuovo e devastante elemento di rissa: gli embrioni.
Buttati lì come insinuazione o offesa accessoria ai giocatori avversari, e perfino a quelli della squadra del cuore, giudicati alla Fallaci "senza palle" o "senza fegato", ora gli embrioni rischiano di trasformare i tanti Biscardi, Mosca e Mughini di quartiere in gesuitici esperti di bioetica capaci di spaccare una cellula in quattro. Tutti "filosofi", dopo essere stati tutti Commissari tecnici della Nazionale e Capi di governo?
Poco ci manca. Se non proprio al bar, certo negli uffici e nei salotti con gli amici, riferiscono alcuni lettori, un primo risultato positivo il referendum sulla procreazione assistita lo sta raggiungendo: fa discettare di filosofia cani e porci. Perché di questo si tratta, in fondo, quando si parla del significato della vita e della vitalità dell’organismo, o addirittura dell'anima, come scrive seriamente Luigi Nale da Modena. Queste diatribe rissose ma elevate "mi hanno riportato ai tempi del liceo – scrive Nale – quando dedicavamo intere serate alla discussione dei temi trascendentali dell'uomo, e ci rimaneva, assieme al dubbio, il piacere dell'esercizio intellettivo". Peccato, però, che il tema vero è un altro: non la filosofia, ma la biologia, non le idee iperuranie ma la salute e la medicina. Aspettiamo che gli avventori dei bar all’italiana, sia pure affettando nervosamente un salamino Felino o una caprese (nell’intervallo dell’ufficio, si spera), diventino improvvisamente tutti chirurghi.
(François Marie Arouet)
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BOLZANO SENZA FILOSOFI
L’inceneritore e la Magna Grecia
A Bolzano un inceneritore brucia tutti i rifiuti (90.000 tonnellate all'anno) della città e dintorni, di Merano e dintorni, nonché della cosiddetta Bassa Atesina, comprendente numerosi paesi a Sud del capoluogo. Lo si legge in una testimonianza di Ettore Frangipane. Ora l'impianto sarà ampliato e distruggerà tutti i rifiuti dell'Alto Adige, cioè ben 130.000 tonnellate all'anno. Il 35 per cento dell'energia prodotta sarà riutilizzato (i due terzi diventeranno energia elettrica, un terzo servirà al teleriscaldamento di quartieri). A Bolzano non si sono mai avute in proposito manifestazioni di dissenso: l'autostrada non è stata mai occupata, la ferrovia non è stata mai interrotta. E l’inquinamento, a inceneritore funzionante, è di gran lunga inferiore a quello di Napoli o Salerno senza inceneritori. Eh, la Magna Grecia. Eppure dicono che – tanto tempo fa – vi nacquero dei filosofi. Che sia proprio per questo?
(Il filippino della Pivetti)
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TITOLI DI STUDIO
Quanto vale una laurea? Nulla
Vecchio cavallo di battaglia liberale, l’abolizione del valore legale dei titoli di studio. A cominciare dalla laurea, tanto peggio se "breve". Che vuol dire? Che negli Stati Uniti o nel Regno Unito i malati sono curati da stregoni, i ministeri amministrati da incapaci ignoranti, gli imputati difesi e giudicati da dilettanti, i palazzi cadono perché gli ingegneri sono snobbati a vantaggio dei muratori? Niente di tutto questo. Al contrario, è noto che l’efficienza di queste e altre categorie nei paesi anglosassoni è ben superiore alle omologhe italiane, tutte supermunite di regolare "laurea" (magari presa in una compiacente università, con raccomandazioni, vent’anni prima). E allora? Un lettore riporta il caso dell’Inghilterra, dove esistono Associazioni professionali per ogni materia autonoma e tecnicamente importante, alle quali potrebbero appartenere in teoria anche i soci non laureati. Ma tutti hanno l'obbligo di superare esami di idoneità specifici, severi e progressivi negli anni. Si tratta di un sistema che scoraggia gli imbrogli e che obbliga, anzi, a tenersi al passo con il progresso tecnico, o a cambiare mestiere. Pensiamo per contrasto a quanti nostri professionisti superlaureati, e magari docenti universitari, passerebbero gli esami della propria categoria se improvvisamente si trasferissero a Londra o New York.
(Lo chauffeur di Einaudi a Dogliani)
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DI DESTRA O SINISTRA?
"Forza vecchia" contro Liberal
Il "sionismo" e Israele sarebbero "di destra" secondo i soliti marciatori di professione dell’ultra-sinistra, dai comunisti ai no-global. E in effetti, dietro slogan e cartelli che noi giudichiamo antisemiti oltreché politicamente sbagliati e reazionari, siamo ormai abituati da decenni a vedere manifestazioni cattocomuniste e no-global, comunque definibili genericamente "di sinistra". Qualche giorno fa, però, un episodio rivelatore di un rigurgito – come dire – di "mussolinismo" puro, o se vogliamo di tardo fascismo, ci ha fatto meditare qualche secondo sulle origini politiche e la semantica del movimento che funestò l’Italia per vent’anni. Dopo la Liberazione – è curioso – con il il ricordo del Manifesto di Verona ("fascismo di sinistra") ancora vivo, il neo-fascismo venne di nuovo retroattivamente ascritto alla destra senza esitazioni, forse per la prevalenza originaria della componente nazionalistica di Federzoni sul sindacalismo rivoluzionario – alla Sorel – di Filippo Corridoni. Mentre sarebbe stato più logico attribuirlo alla sinistra, anche senza considerare la Repubblica sociale, visto l’odio anti-americano e anti-capitalistico ripetutamente dichiarato, e soprattutto la derivazione dal filone principale anarco-socialista (e il Duce, dopotutto, era stato leader socialista e direttore dell’Avanti).
Così ci ha quasi meravigliato – come dimentichiamo in fretta – leggere pochi giorni fa su Informazione Corretta che una ventina di scalmanati (per carità, non vorremmo essere accusati di intolleranza…), non sappiamo più se di Forza Nuova o Forza Vecchia, hanno contestato con un picchetto l’inizio del Convegno sul decennale della Fondazione Liberal, presieduta da Ferdinando Adornato (FI), al Teatro Capranica in Roma. Niente di nuovissimo, le solite sciocchezze in linea con la denuncia del "complotto giudaico-massonico-capitalista" di fascistica memoria, lo stesso odio antisemita, antiamericano, anti-modernità. "Progressisti ieri, neocons oggi, sionisti mondialisti guerrafondai sempre! No alle guerre di Israele! Via le truppe italiane dall'Iraq! Sionisti, massoni, fuori dai coglioni". Come nei cortei di centinaia di migliaia di "normali" no-global e comunisti. Anzi, qui di buono c’era che erano solo quattro gatti. Solo una piccola considerazione piccante: concetti non troppo dissimili, sia pure più sfumati, moderati ed educatamente espressi, con un’autocensura per la parte brutalmente antisemita, sono stati moneta corrente anche nella cosiddetta destra "sociale" di Alemanno (ministro di Stato) e Storace (presidente della regione Lazio).
(Il barbiere di Sidney Sonnino)
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EBREI SALVATI A MIGLIAIA
Quanti Perlasca in Albania
Per fortuna non tutti i nonni dei ragazzi di Forza Nuova (v. articolo precedente) si comportarono in tempo di guerra come i futuri nipoti. E’ di ieri la bellissima scoperta che, con una serie di azioni coordinate che ha dell’incredibile, qualche "autorità" italiana in Albania, durante l’occupazione dei primi anni 40, riuscisse a salvare migliaia di ebrei albanesi, contro le precise disposizioni dei nazisti. Come hanno fatto? Semplice: bastava dare gli ordini giusti. "Tutti gli ebrei stranieri, anche se immigrati clandestinamente e in possesso di falsi documenti d’identità, devono essere lasciati liberi di soggiornare a Tirana. Firmato: il questore Papalilo, 29 luglio 1943".
Chiamiamolo pure miracolo, commenta Dario Fertilio sul Corriere. In piena guerra, mentre già si allungavano le ombre del nazismo e della Shoah, gli ebrei d'Albania furono risparmiati con disposizione ufficiale e tanto di timbri: qui della questura di Tirana, là di quella di Pristina e su un fonogramma ufficiale addirittura del Comando superiore delle forze armate italiane in Albania. Accadde proprio durante l'occupazione, fra il 1939 e il '43, in accordo con i governi collaborazionisti filofascisti di Tirana. Non senza contrasti, naturalmente, però sfidando l'ira dei nazisti che, nelle aree confinanti occupate, si comportavano invece secondo i loro metodi: arresti e uccisioni degli ebrei. Tutto questo, per di più, in un paese a maggioranza musulmana. E lo stesso leader fascista albanese Mustafa Kruja (guidò il governo per conto degli italiani), come mostrano i documenti, intervenne personalmente per evitare le persecuzioni degli ebrei. Non è possibile, direte voi, ci sarà qualche errore d’interpretazione delle scartoffie. Macché: sono stati trovati 600 documenti, mica uno. E tutti concordanti.
Anzi, quando la buona notizia si diffuse, arrivarono in Albania ebrei da Dalmazia, Montenegro e Kosovo, raddoppiando così la consistenza della comunità. E continuarono a celebrare pubblicamente le loro feste e (nonostante le pressioni dei fascisti italiani e albanesi) ottennero un atteggiamento benevolo delle autorità. Tutto sarebbe cambiato dopo l'8 settembre del '43: a Tirana si insediò un governo ancora collaborazionista, ma questa volta di tedeschi. Ma anche in questo caso tutto andò bene. Le perquisizioni e i rastrellamenti cominciarono, però fallirono a causa dell'atteggiamento della popolazione. Nelle città e nelle campagne, senza distinzione fra cristiani e musulmani, gli albanesi nascosero centinaia di ebrei; un'ulteriore opera di assistenza venne fornita dai partigiani, sicché, quando l'ombra del Reich si allontanò da Tirana – conclude Fertilio – si scoprì che, da quelle parti, l'Olocausto di fatto era stato scongiurato. Non è una bella favola? Ebbene, è storia
Ma allora una considerazione s’impone, e importante: non è vero che l’Olocausto non poteva essere fermato. Forse in molte città sarebbe bastato opporsi o non eseguire o rimandare gli ordini. E in pochissimi casi pare che la disobbedienza ci sia stata: e non c’è notizia di ufficiali nazisti giustiziati o puniti per questo.
(Sarah Veroli, commessa da Tagliacozzo)
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IDEE COMUNI SMENTITE
L’aria ha meno colpe del cibo
Visto il compito che si è assunto il Salon Voltaire di smontare i luoghi comuni errati d’una società né liberale né scientifica, ma basata sulle paure, l’irrazionalità e le superstizioni, ecco un bel temino di meditazione facile facile che potrà essere letto in modo rilassante. Tutti sappiamo, per merito o colpa di noi ecologisti (e per vostra fortuna ce n’è qui uno liberale, che non vuol dire "moderato" ma razionale), che l’aria inquinata, i gas di scarico, le polveri, le ciminiere, i fumi, il radon dei locali chiusi, insomma l’inquinamento atmosferico, è il maggior pericolo per la salute.
D’accordo? E invece no, non è vero niente. Pesa probabilmente sull’inquinamento dell’aria il timore del profano che le sostanze tossiche attraverso l’aria possano arrivare dappertutto. Questo fa paura, perché si può mangiar sano e non fumare, ma non si può vivere in compartimenti stagni. Ma bisogna pensare che proprio perché "vanno dappertutto" i principi velenosi diffusi nell’aria si diluiscono subito enormemente. Alle volte bastano pochi metri cubici di aria per rendere inoffensiva una sostanza. Senza contare il vento. La nuvola di radionuclidi di Cernobyl (1986) risparmiò zone vicinissime della Russia e dell’Ucraina, e si diresse per colpa del vento verso la lontana Italia. Dove l’inquinamento si trasformò subito in alimentare (verdura, funghi, latte), cioè molto grave e ineliminabile.
Così, il radon radioattivo che sale dalle rocce di tufo e dalle cantine non è più un pericolo se si arieggia la casa spesso. L’inquinamento annuo da traffico d’una città popolosa e piena di automobili come Los Angeles è pari, per un cittadino medio, a pochi pacchetti di sigarette (non al giorno, ma all’anno). Solo il fumo di tabacco, perciò, tra gli inquinanti aeriformi, è davvero pericoloso. Proprio per le modalità caratteristiche del suo uso: perché lo si inala direttamente nei polmoni, senza diluizione preliminare (il fumo passivo è un’ulteriore complicazione). Mai smentita l’ipotesi epidemiologica di Peto e Doll: alla bella invenzione di monsieur Nicot si debbono il 30 per cento di tutti i decessi da tumore. Mentre le probabili morti per tumore da inquinamento ambientale generico non vanno oltre il 5 per cento.
Conseguenze politiche? Soprattutto una: Gli allarmi ricorrenti dei politici Rosso-verdi (e ora anche di certi Club ecologici da quelli infiltrati) sull’inquinamento industriale generico sono fasulli, si indirizzano – guarda caso – alle odiate fabbriche capitalistiche, e poi servono solo a spargere panico, a ottenere più potere, più voti, più soldi e più iscritti.
Poco noto, invece, è che il semplice e normale cibo di ogni giorno (e non perché è inquinato) provoca dal 35 al 50 per cento dei decessi per tumori. Le piante che noi definiamo abusivamente "alimentari" non sono state selezionate per la specie umana e quindi contengono migliaia di sostanze antinutrizionali o addirittura farmacologicamente attive, alcune delle quali tossiche e cancerogene. Nel gioco di numerose sinergie tra le sostanze più diverse assunte in ogni pasto e a lungo andare in un regime alimentare (polifenoli, saponine, glucosidi, inibitori delle proteasi, sostanze chelanti, anti-vitamine ecc) c’è la differenza tra una dieta protettiva e una dieta a rischio. Questo spiega anche perché e come si è verificata nei millenni una sorta di "modulazione" o selezione farmacologico-alimentare della specie Uomo. E, a proposito, le sostanze naturali più tossiche presenti nei vegetali potrebbero essere eliminate dalle biotecnologie, se contro gli Ogm non ci fosse una medioevale paura a sinistra e anche un po’ a destra, senza contare l’odio anticapitalistico e anti-scienza.
Conoscendo queste cose, il chirurgo oncologo ed ex ministro Umberto Veronesi ha scritto tempo fa sull’Espresso un articolo in cui dà conto di una sua personale strategia alimentare (ma già sperimentata e consigliata da appositi Consensus epidemiologici, oncologici e cardiologici internazionali) volta a ridurre i rischi. Per non farvi stare sulle spine vi dirò solo che prevede quelle famose cinque o sei porzioni di verdure e frutta ogni giorno, più farinacei integrali e legumi, niente carne, meglio il pesce, formaggi con moderazione ecc. Attenzione alle idee stereotipe: il vegetarismo non è obbligatorio per star bene secondo la scienza, ma aiuta a patto di praticarlo bene. Non è vero che la carne in quanto tale sia cancerogena (lo è semmai il grasso cotto nel modo sbagliato), ma lo è solo epidemiologicamente, in quanto di norma associata ad un regime alimentare errato. Se fosse inserita nella dieta corretta già detta, per esempio da chi ha una mentalità "naturista" (igienista), la carne, consumata una o due volte a settimana, non aumenta i rischi. Peccato che questo non si verifica quasi mai in pratica: chi consuma molta carne, di solito non è attento all’alimentazione e quindi mangia male gli "altri" cibi. Questo è il vero punto razionale della questione. Lo stesso per lo zucchero (saccarosio). Di per sé è innocuo, perché consiste in un’unica sostanza chimica che è totalmente metabolizzata, ma il suo alto consumo è la spia di una alimentazione sbagliata, sbilanciata e carente. E’ il caso della Coca Cola. E’ un veleno solo in senso "politico", per i tardo-marxisti, no-global e anti-americani. In tutto il mondo c’erano bevande del genere. In Italia esisteva addirittura un vino curativo oppiato, in libera vendita. La Coca Cola era nata come pozione farmaceutica multiuso contro mal di testa, cattiva digestione ecc. Poi, eliminata la coca, è rimasta un tonico dignitoso, grazie alle metilxantine della Cola hispida, paragonabili a quelle del tè verde (catechine). Peccato, però, tutto quello zucchero, che in origine non c’era: quasi un bicchiere per ogni litro.
Ebbene, consolerà noi inguaribili liberali razionalisti, ma districarsi abilmente tra le varie proprietà delle centinaia di alimenti e bevande che ci hanno consegnato la tradizione etrusco-romana, da una parte, e l’industria internazionale dall’altra, vale a ridurre al minimo quella quota così alta di rischio alimentare attribuita dagli epidemiologi Peto e Doll. Senza cadere nelle leggende metropolitane, sia esoteriche (p.es. la macrobiotica), sia pseudo-scientifiche (p.es. veganismo integrale), sia politiche (p.es. l’inquinamento dell’industria, degli altri, dei ricchi, dei capitalisti, degli amerikani, come causa di tutti i mali).
(Ippokrates l'ipocrita)
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OCHE IN PARLAMENTO
Una email per salvarle
Diciamo la verità, a noi maschietti le oche ci piacciono. Anche quelle presenti in Parlamento (e ce ne sono, ce ne sono). Adesso, come se non bastassero, varie specie di oche che svernano di passo in Italia sono state stupidamente (è il caso di dirlo) aggiunte alla lista delle specie cacciabili liberamente, insieme a tante altre protette in tutta la UE. Lo scorso numero abbiamo riferito che migliaia di email erano riuscite a fermare in qualche modo l’iter di una legge che ci fa vergognare di fronte all’Europa e ci fa apparire come i "turchi" dell’Unione. Ma ora la nuova e stupida proposta di legge sarà discussa in aula alla Camera il 14 e 15 marzo 2005. I più rozzi filo-cacciatori (senza sapere che i loro voti sono pochissimi, perché l’80 per cento degli italiani è contrario addirittura alla caccia in quanto tale) sono i deputati di An (inviare una email al capogruppo) larussa_i@camera.it e della Lega ce_a@camera.it. Ma è bene inviare una email anche al presidente casini_p@camera.it e ai capigruppo dei due gruppi più numerosi, FI vito_e@camera.it e Ds
violante_l@camera.it (Il massaggiatore finto-cieco della Moratti)

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