09 novembre, 2005

 

9. Newsletter del 19 giugno 2004

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Salon Voltaire
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 9 - 19 giugno 2004
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo umero contiene:
INCOMPRESO IL PIU’ GRANDE PRESIDENTE
STAMINALI. REPUBBLICANI CONTRO REPUBBLICANI
FRANCIA ILLIBERALE. IDEE "SBAGLIATE" PER LEGGE
MASCHI DISCRIMINATI? "DIFENDIAMOCI"
PERCHE’ VOGLIONO IL PARADISO I KAMIKAZE ISLAMICI
TERRORISTA, PAROLA TABU’ PER AL JAZIRA
YEHOSHUA: "ECCO LE RADICI DELL’ANTISEMITISMO"
NOSTALGIA: DUE GIORNI DA PRIMA REPUBBLICA
SENZA RIFORME DESTRA E SINISTRA PERDONO
ORMAI E’ CHIARO, VINCE CHI HA MENO TV
LIBERALI TERZO PARTITO: AL 13 PER CENTO
LA BONINO DELUSA? MA NO, E’ STATO UN SUCCESSO
CI SONO POLITICI CHE AIUTANO I TERRORISTI
LIBERALI COI LIBERALI, SOCIALISTI COI SOCIALISTI
A NAPOLI DEVE ANDARE IL "CATONE" DI MONDOVI’
MILIONI AL VENTO, SENZA PRODURRE ENERGIA
NON GIUDICO E NON VOTO SE C’E’ LA CROCE
PARCO DELL’AMORE NEL PAESE DI LEONARDO
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PER LA SINISTRA ERA UN "FASCISTA", PER LA DESTRA UN "COWBOY"
Incompreso il più grande Presidente
Grazie, Ronald Reagan, per aver avuto più psicologia di Roosevelt, più buon senso di Nixon, più utopia di Kennedy, più intuito strategico di Eisenhower, più amore per la libertà di Jefferson, più fortuna di Johnson. Tu che secondo certi giornalisti eri solo un rozzo attore di secondo piano, un semplicione, o addirittura un pericoloso e illiberale "uomo di destra", hai piegato l’Unione sovietica e contribuito alla caduta del Muro di Berlino. Tanto avevano fatto i falsi biografi, tacendo particolari importanti della tua personalità e amplificandone altri secondari, che anche noi giovani liberali diffidavamo di te. Perfino i governativi "amici dell’America", come il repubblicano Spadolini - racconta Oscar Giannino – erano perplessi e forse infastiditi dal tuo rapido intuito politico, dal tuo decisionismo. Mancava poco che anche loro non ti considerassero solo un cow-boy da film western. E invece, caro Ronald, sei stato il miglior presidente degli Stati Uniti del dopoguerra, mostrando a tutto il mondo che meno tasse e più fiducia nell’individuo portano allo sviluppo dell’economia e a una maggiore libertà reale, che un liberale non è debole e combatte con forza i nemici della libertà sia all’interno che all’estero. Grazie, caro Presidente, per essere stato sempre sincero e mai ipocrita. Grazie per aver combattuto per primo le sciocchezze finto-progressiste del "politically correct". Scusaci per lo sgarbo ottuso di Sigonella dei nostri filo-palestinesi al Governo. Grazie per aver davvero rappresentato e difeso in modo attivo, in quegli anni cruciali, la libertà dell’Occidente, anche di noi che non ti amavamo. Grazie, nostro Presidente. (Generale Lafayette)
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LIBERTA’ DI RICERCA SCIENTIFICA E RELIGIONE
Staminali. Repubblicani contro repubblicani
Possibile che perfino negli Stati Uniti, patria della ricerca scientifica, il credo religioso dei politici (soprattutto di un politico, il Presidente Bush) debba oggi interporsi tra le aspettative dei pazienti di malattie rare o molto gravi, come l’Alzheimer, e i laboratori statali di ricerca bio-medica? Eppure è così. E qui, si badi, la politica non c’entra, tanto è vero che sugli aiuti statali alle ricerche sulle cellule staminali Bush si è trovato contro altri senatori repubblicani, e una parte dell’opinione pubblica del suo stesso partito, compresa Nancy Reagan, che aveva firmato una petizione "bipartisan" per chiedere di incentivare le ricerche sulle staminali, che in futuro potrebbero curare anche l’Alzheimer, di cui è morto Ronald Reagan. Nancy, certo, è delusa, ma per fortuna dei malati, negli Stati Uniti la ricerca trainante è quella privata. (L’anatomista di Francesco Redi)
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INCREDIBILE DECLINO CULTURALE E POLITICO DEI FRANCESI
Francia illiberale: idee sbagliate "per legge"
Douce France. Bah, ne siamo proprio sicuri? Mi dispiace per l’intelligente amico Cesare Nissirio che ancora ne va pazzo Noi che, come i francesi, amavamo camembert e crotte du diable (il formaggio più puzzolente al mondo, dopo il kopanisti greco e la ricotta squant pugliese, s’intende), gli illuministi e l’Encyclopedie, lo spirito caustico dei parigini, la diabolica chitarra jazz del gitano Django Reinhardt e le canzoni del belga francesizzato Jaques Brel, l’irriverente Boris Vian (una specie di Sgarbi degli anni ‘40-50) e perfino grafica e formato di Le Monde (da cui la celebre battuta di Pintor: "La Repubblica? Un demi-monde"), finiremo per arruolarci contro la Francia. Tradimento? No, legittima difesa liberale.
Boicottiamola: da domani niente più champagne, che oltretutto deriva dal vinum titillans o spumans (Columella, Virgilio, Properzio). Se i Lucumomi etruschi avessero previsto che arie si sarebbero dati 2500 anni dopo quei rozzi Galli che vivevano in capanne quando Roma aveva già palazzi di pietra e marmo, col cavolo che gli avrebbero insegnato la cultura della vite e l’arte di fare il vino. E anche il dragoncello (éstragon) ci hanno rubato quei ladri con la erre moscia, anche la purée ("porrèa" a Firenze, ma giustamente di porri), oltre alla Gioconda. Senza l’Italia, la Francia non sarebbe né avrebbe niente.
Perché questa "catilinaria"? Ma perché i francesi e il loro governo la stanno davvero facendo grossa. Quale liberté e fraternité? Solo egalitè, a quanto pare, e al livello più basso. Ormai il conformismo antiliberale della Francia, qualunque sia il colore del governo (Chirac e Raffarin per me pari sono), sta arrivando al totalitarismo delle idee, al riconoscimento giuridico sanzionato del "pensiero politicamente corretto". Una cosa disgustosa. Una vergogna assoluta. Anzi un vero e proprio caso politico in Europa, di fronte a cui passa in secondo piano perfino il rifiuto di estradare in Italia il criminale brigatista rosso Battisti. E non è questione di destra o sinistra. Con soddisfazione della classe politica e dell’opinione pubblica - Le Monde in testa - i tribunali francesi condannano a pene molto severe chiunque parli o scriva in un certo modo ritenuto politicamente e socialmente scorretto. Quella matta animalista di Brigitte Bardot, per aver scritto in articoli e poi in un libro ("Un cri dans le silence") parole molto dure, certamente eccessive, sui rituali islamici di sgozzamento degli animali e sui costumi degli immigrati musulmani in Francia, ha subìto varie condanne ad alte pene pecuniarie. Motivazione? Aver "incitato all’odio razziale". L’ultima a 5000 euro di ammenda. La stessa Oriana Fallaci, solo per i suoi libri tradotti in Francia, rischia pene analoghe. Cose più che mussoliniane, da Unione Sovietica.
Non più solo gli atti, com’è giusto, ma ora addirittura le parole e le idee vengono represse. Ditemi voi se non siamo al rischio di omologazione delle idee e al fascismo culturale. Neanche vale la scusa che una simile legge potrebbe difendere oltre agli islamici anche gli ebrei, che in Francia com’è noto sono addirittura perseguitati e subiscono veri e propri attentati (lapidi dei cimiteri infrante, sinagoghe bruciate, bambini terrorizzati ecc). Non è questo il modo giuridico adatto. Questa non è la difesa della libertà, ma la fine della libertà. Tipico principio liberale è la libertà di parola, con ogni mezzo. E non solo quella dei liberali e democratici, o dei belli con gli occhi azzurri, ma di tutti. Anche, per quanto ributtanti siano, quella di nazisti, fascisti, comunisti, anarchici, terroristi, brigadisti rossi e neri, come anche di pedofili, sadisti, masochisti, satanisti e chi più ne ha più ne metta. Triste dover ripetere queste cose ai francesi. (La serva de Monsieur de Tocqueville)
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DIRITTO DI FAMIGLIA E ORGOGLIO VIRILE
Maschi "discriminati": "Difendiamoci"
"Cane morso da un uomo", questa sì che è una notizia, insegnavano i maestri di giornalismo. Ma nel caso che sto per dire, dov’è la notizia? Che non sono più le donne ad essere discriminate ma gli uomini? E’ sempre stato così, per "certi lavori". Vorremmo una show-girl o una soubrette con i baffi e il petto villoso? Che la giornalista Lilli Gruber, oggi neo-deputata europea, sia stata messa davanti alla telecamera perché donna grintosa e con la chioma rossa per giunta, l’ha indirettamente confermato l’ex direttore Ghirelli. Certo che sapeva leggere le notizie. Ma chissà quanti uomini - obiettano i maschilisti d’assalto - erano più bravi di lei. Solo che erano uomini. Controprova? Se si fosse trattato di un Hans Gruber - infieriscono - starebbe ancora nel retobottega a passare le agenzie. Che la Carlucci, la Stefanenko, la Colò (per cui il curatore di Salon Voltaire confessa una speciale venerazione), siano messe lì perché donne e belle, è ovvio. Come è ovvio che per lanciare queste e altre donne avvenenti, chissà quanti maschi più bravi sono stati scartati. Ma si tratta di "discriminazione"?
Sarà per il liberalismo sfrenato, sarà per antiche e mai smentite frequentazioni radicali (comprese fidanzate quasi-femministe) del suo curatore, fatto sta che Salon Voltaire si è distinta fin dalla sua nascita per un atteggiamento favorevole alle donne. Ma se un maschio lamenta di essere discriminato, un liberale si commuove subito. E, per lo meno, va a vedere.
"Le leggi italiane - sostiene Qwerty, che non si sa se è davvero un discriminato, un misogino o solo uno che ha litigato con la moglie - danno solo alle donne il diritto di scelta sull'aborto, che "lui" sia d’accordo o no. Solo alle donne il diritto di scelta sul concepimento, che "lui" sia d’accordo o no. Solo alle donne il diritto di scelta su chi e come rimanere incinta, che l’uomo sia contento o meno. Solo alle donne il diritto di pretendere l'esame del Dna e il riconoscimento forzato del padre, se lui non vuole. Solo alle donne il diritto di essere mantenute e di ricevere l'assegno per i figli in caso di separazione o divorzio, indipendentemente dalla "colpa" che comunque non le viene mai attribuita". E così via, abbiamo capito.
Non sappiamo se è vero e fondato quello che lamenta il paladino dei maschi cornuti e mazziati. Ad ogni modo divertiamoci a offrire un paio di commenti, anche contrastanti tra loro. Il primo è psicologico da bar, e de jure condendo: "Finalmente, caro Qwerty, ecco un raro animale coraggioso nella smidollata ed effeminata specie del maschio italico, ormai senza vigore, senza idee, pronto a farsi comandare dalle donne più oche, a confondere mamme, figlie e amanti, a dire sempre di sì (fingendo puttanescamente di essere aperto, in realtà senza idee proprie: e che altro puoi aspettarti dalla generazione di cinema-tv e videogames?). Veramente il suo sembra più un grido soffocato di dolore - perciò perdente - che un proclama di rivolta (legale, morale, politico, sociale) del maschio italiano, europeo e occidentale. Io comunque ci starei, perché no?, a stilare un manifesto della Rivolta dei Maschi. Niente ottuso maschilismo revanchista, ovviamente, solo la parità dei diritti, la vera parità. E pensare che i primi colpevoli di questo calare le brache (coda di paglia di maschilisti pentiti?) sono i deputati che hanno fatto leggi e regolamenti tanto ingiusti e cretini, e i giudici che spesso interpretano arbitrariamente le leggi, come abbiamo visto nell'ultimo decennio, con una discrezionalità offensiva".
Il secondo commento va da Mosè al quieto vivere. "Capisco la tendenza dei giudici, applicando il diritto di famiglia, a dare più spesso ragione alle donne, presupponendo che in passato - e talvolta nel presente - siano state discriminate in massa. E’ una compensazione giusta, una specie di Nemesi di vago sapore biblico, se lei ha il coraggio di pensare in grande, guardando come Mosè le cose dall’alto, e non si limita al suo meschino caso concreto. Ma poi c’è l’altro aspetto, legato alla diversità genetica. Ne vuole prendere atto o no? Chi fa materialmente il figlio ha un potere maggiore sul figlio stesso di chi, in fondo - amante o marito - è pur sempre un collaboratore esterno e precario. Peggio d’un co.co.co. Non glielo aveva mai fatto capire la mamma? Le donne hanno tutti i vantaggi della psicobiologia: lei non può mettersi sul loro livello, se non cambiando sesso. Mi creda, con immutata solidarietà maschile". (Lo scrivano di De Madariaga)
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NUOVE (E ANTICHISSIME) LIBERTA’
Parco dell’amore aperto a Vinci
E ci voleva il paesino dove nacque il grande Leonardo per inventarsi la tutela di una delle piu’ antiche libertà dell’uomo? Ma sì, un progetto che non sarebbe dispiaciuto a Lui, personaggio eponimo e genius loci: cestini a portata di finestrino, fioriere, lampioni più bassi del normale e dalla luce soffusa. Un’atmosfera quasi intima che anima il "parco dell’amore" inaugurato sulla provinciale che collega Vinci a Empoli. Sono 172 i posti auto destinati allo jus coeundi (attenzione, maliziosi, perché in latino lo jus, diritto, vuol dire anche "sugo"), come direbbero quei voyeurs della Sacra Romana Rota, di quelle coppie che di notte non hanno posto migliore dove fare l’amore. "Era un’area degradata, da anni utilizzata dalle coppie per i loro incontri - spiega il sindaco di Vinci, Giancarlo Faenzi - a dimostrazione che il diritto, lo jus, arriva sempre a cose fatte - e noi l’abbiamo asfaltata e arredata". Una libertà in più, è vero, anche per i maniaci e i guardoni toscani. Il liberalismo, si sa, è rischio. (Il filippino della Pivetti)
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DA TOSTI A SMITH STRATEGIE LAICISTE DIVERSE
Non giudico (e non voto) se c’è la croce
Atteso dai conisti non è mancato all’appuntamento. Il giudice delle indagini preliminari di Camerino Luigi Tosti, noto per la sua battaglia per la rimozione dei crocifissi dalle aule dei tribunali, è entrato nella scuola media Panzini di Rimini, sede del seggio numero 6 dove avrebbe dovuto votare. Ma, appena il giudice ha visto il crocifisso, si è rifiutato di votare. Il presidente del seggio, molto civilmente, ha allora chiesto al giudice se sarebbe stato disposto a votare una volta rimosso il crocifisso. Dal giudice è però arrivato stranamente un altro rifiuto. Tosti, durante un'udienza del processo a Capizzano, aveva annunciato di voler esporre, per la par condicio, due menorah, i candelabri ebraici a sette braccia. Si è comportato diversamente Adel Smith, presidente dell’Unione musulmani d’Italia. Smith ha infatti chiesto e ottenuto la rimozione del crocifisso dal seggio nella scuola elementare di Ofena (L’Aquila). Dopo la rimozione, Smith ha poi votato.
Questi cittadini hanno fatto bene, benissimo, naturalmente, specie sul piano politico. Lo Stato non deve occuparsi di religioni o di idee. E i simboli religiosi stanno bene solo negli edifici religiosi. Per chi professa religioni diverse, poi, l’imposizione di un simbolo diverso è un vero sopruso, una violenza psicologica. Bisognerebbe essere davvero molto atei e molto saggi per considerare filosoficamente - al di là del fastidio o dell’ironia - che le croci in fondo sono solo delle icone, e che bisogna stare attenti a non "crederci" più degli stessi credenti. (Peppino d’Alembert)
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IL CRISTIANO COPTO ALAIN GRESH PRESENTATO COME "EBREO E LAICO"
Rai-Tv filo-islamica e anti-Israele
In un servizio del Gr2 della Rai la giornalista Tedeschi parla del recente libro di Brigitte Bardot, in tono di trasparente critica, osserva Luca Codignola nelle lettere al Corriere. L' attrice francese, a detta dell' autrice del servizio, ha pesantemente criticato gli islamisti del suo Paese, e a sua volta è stata costretta a scusarsi per il tono delle sue parole. Ma anche il tono del servizio non è comm’il faut. Dopo avere preso le parti degli islamisti, la giornalista pensa bene di chiudere con una puntura di spillo moralistica: "D'altra parte - insinua velenosamente - Brigitte Bardot ha ormai da tempo perso il fascino che aveva al tempo del "Riposo del guerriero"". Come dire che essendo nata nel 1934, e avendo quindi 70 anni e un bel po' di rughe, Brigitte Bardot farebbe bene a stare zitta. Siccome è vecchia, le sue idee culturali e politiche, per quanto discutibili, non valgono nulla? Alla faccia della discriminazione. E del razzismo. Evidentemente, la giornalista che pure è così pronta al "politicamente corretto" sugli islamici, poi scivola sulla buccia di banana dell’anziana, soprattutto se ex giovane e bella. Perfidia di donne?
E il Gr3 non è da meno, denuncia Franco Ottolenghi. Ha trasmesso un’intervista ad Alain Gresh, caporedattore de Le Monde Diplomatique e autore di un libro pubblicato da Einaudi, che ha attaccato Israele, asserendo fra l'altro che l'insediamento degli ebrei in Palestina è stata un'operazione coloniale. Naturalmente ognuno ha diritto di esprimere il proprio pensiero. Ma il fatto è che Gresh è stato presentato come "ebreo e laico", il che dava alle sue opinioni un peso enorme, che invece non aveva. Perché, specifica Ottolenghi, mi risulta che sia laico sì, ma cristiano copto. (Ivo il radiatorista di Pioltello)
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I SIGNORINI DELLO 01
Due giorni da Prima Repubblica
"Vedi com’era ai nostri tempi?" dicevano le mamme ai piccoli che indicavano col ditino, ridendo senza pudore, il faccione da furbo di Mastella, i baffoni da Stalin di Occhetto, gli occhioni da Duce della Mussolini. Come in un film. Solo che stavolta i registi Vanzina l’avevano combinata grossa. Anziché tra i Romani o nel Medioevo, gli spettatori erano costretti a catapultarsi con la coppia Boldi-De Sica ai tempi infausti dello scudo crociato Dc (due liste una Udc, l’altra Cdu), della falce-e-martello (ben due liste), della fiamma (addirittura quattro). Senza contare le amministrative. "Venghino, siori, venghino. Ecco l’amarcord felliniano, anzi l’anarcord, della Prima Repubblica", quando i Partiti sì che contavano, come ha detto il nostalgico Tabacci, che anche dalla faccia si capisce che di queste cose se ne intende. Vi ricordate che emozione, gente, che brivido? Quando un Pirla qualunque si alzava e ricattava tutti: "Ho guadagnato lo 0,2 e voi solo lo 0,1: voglio il rimpasto". E solo i panettieri capivano.
I signori dello 01. Neanche fossero "Le signorine dello 04", le nonne della ragazze dei call centers di oggi, nel film del 1954 sulle telefoniste Sip (04 era il prefisso di Roma). Per due giorni, grazie alla progressista Unione Europea che aveva imposto a tutti gli Stati il reazionario voto proporzionale, siamo ripiombati in piena atmosfera da Prima Repubblica, con tanto di furbi creatori di sigle e liste estemporanee (perfino in Gran Bretagna), ricattatori di professione, peculatori legali per avere i miliardi "in vecchio conio", regalati dallo Stato come "rimborso spese" forfettario. "E’ il proporzionale, bellezza", dice cincischiando la patta dei pantaloni il giovane praticante giornalista politico alla cassiera tutta tette e un pò confusa riversa nella Bmw prestata da papà.
Ma che necessità c’era d’un precisissimo "censimento di opinioni" (proporzionale), invece di più chiare e semplici indicazioni di governo (maggioritario)? Oh, bella, ma proprio perché di governo democratico in Europa non c’è traccia, e la Commissione e gli altri organi dirigenti dell’Unione fanno quello che vogliono. Col proporzionale, dunque, soddisfano i politici e hanno le mani più libere. E il Parlamento? Una moderna e squallida "aula sorda e grigia" in cui tutti parlano e nessuno ascolta. Come nelle monarchie assolute e negli stati comunisti, non fa leggi, ma "indica", "consiglia", "propone". Altri, non eletti dal popolo e non controllati da nessuno, dispongono e decidono a loro piacimento. In cambio di questi ruoli vergognosi, sono previsti per deputati, commissari e funzionari - a spese dei contribuenti - altissimi compensi, diarie da favola, rimborsi da nababbi. Ecco perché tra i politicanti alle prime armi c’è la corsa alle candidature e agli impieghi europei. Mentre i grossi nomi rifiutano, per non sentirsi giubilati. Bell’esempio di liberalismo e democrazia al mondo. Gli americani ci ridono dietro e parlano dell’Unione Europea in modo sprezzante. Nelle loro barzellette da bar c’è sempre un burocrate o un politico di Bruxelles che fa la figura del fesso o del corrotto. Hanno ragione da vendere. (Camillo Benso di Latour)
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IL MINISTRO MARTINO AL CENTRO STUDI DELLA DIFESA
"Alcuni politici in Occidente aiutano i terroristi"
Gli estremisti islamici sono abilissimi a insinuarsi nelle società occidentali. Ma non ce la farebbero se ad aiutarli in tutti modi, perfino con quasi umoristiche sottoscrizioni in favore dei "poveri petrolieri" arabi, non ci fosse "un pacifismo mortalmente autolesionistico". Quinta colonna. Così, senza dar nell’occhio, sono in grado di influenzare le nostre elezioni politiche "perché larghe fette di elettorato sono ingannate" da leader che invece di combattere il terrorismo cercano un accomodamento". Ma non basta. E se avessero l'atomica? Il ministro della Difesa Antonio Martino ne parla alla chiusura dell'anno accademico del Casd, il Centro alti studi della Difesa. Accenna di sfuggita al grande incubo di un ordigno nucleare in mano ai terroristi: "La loro crudeltà non ha limiti". E siccome non è impossibile che si impossessino di un'arma letale, il rischio esiste, "e ci preoccupa molto". Il terrorismo - sostiene Martino - ha un progetto inquietante: diventare Stato, "per gettare sulla bilancia delle relazioni internazionali il peso della forza, non esclusa quella dell'atomica". (La pantalonaia divia Frattina)
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BUONGOVERNO.
A Napoli doveva andare quel Catone di Mondovì
Ah, se tutti avessero fatto "il militare a Cuneo". Be’, per dirla col partenopeo e parte-italiano Totò, forse avremmo meno disonesti in giro. Forse nella terra di Giolitti ed Einaudi, la "Provincia Granda", terra di testardi un po’ tardi, ma onesti e pignoli, alligna un Dna speciale. Una leggenda vuole che qui nascano pochi poeti ma tanti ragionieri. Gente concreta, terra-terra, mai troppo dolce. Perfino i "cuneesi" al cioccolato sono un po’ amarognoli. Di fronte alla nostra amica Emma Bonino, cuneese di Brà, perfino Pannella sembra un Petrarca. In quell’ambiente un tipo come Raffaele Costa, cuneese di Mondovì, autentico liberale e carattere ostico, noto al gran pubblico come "cacciatore di sprechi" e ingiustizie di Stato, lo hanno eletto finalmente presidente della Provincia. Buon per i cuneesi (quelli senza cioccolato) e complimenti a Costa. Ma secondo noi uno così è sprecato per quel ruolo. Più che il militare a Cuneo, doveva fare il sindaco a Torino o il ministro a Roma. Ma la "morte sua", come diceva mia nonna, sarebbe stato fare il sindaco di Napoli. Allora, sì, che ne avremmo viste delle belle. (La sciampista di Eleonora Pimentel Fonseca)
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MESSI DA PARTE I LIBERALI IN ENTRAMBI I POLI
Senza riforme Destra perde ma Sinistra non vince
A parte il caso Costa, i liberali non hanno avuto peso nelle elezioni in Italia. In realtà, a ben vedere, hanno impersonato l’imbarazzante ruolo del convitato di pietra. Si può sostenere, infatti, che hanno indirettamente condizionato sconfitte o mancate vittorie di entrambi i poli. Possibile? Ma sì. E’ apparso chiaro ai commentatori, infatti, che la Destra ha perso perché dopo aver detto di voler fare un "partito liberale di massa" ha emarginato i politici liberali, e ha dato tutto il potere ai democristiani, evidentemente ritenuti "gente pratica". Ma di che, visto che non sono stati capaci non solo di fare le riforme, ma neanche di liberalizzare i taxi di Roma e Milano, o di cambiare i regolarmenti del Parlamento che intralciano le decisioni innovative? (Ostellino).
Ma se la Destra ha perso, la Sinistra non ha vinto - prosegue il politologo commentatore del Corriere - perché le posizioni liberali dei suoi cosiddetti riformisti sono state troppo deboli e timide di fronte all’estremismo anti-liberale e anti-americano della piazza, oltretutto senza un proprio programma che non fosse il no preconcetto al governo e la mera difesa conservatrice delle categorie corporative. (Bottino Ricasoli)
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LA SINISTRA CONTRO I RADICALI E CAPEZZONE NEI NEWS-GROUP
La Bonino delusa? Ma no, è stato un successo
Rivincita? Forse. Fatto sta che negli incandescenti forum politici del Web qualche militante dell’Ulivo e dell’estrema sinistra sta mettendo i radicali sul banco degli accusati. Avete preso solo il 2 per cento: vedete che vuol dire darsi al liberalismo e, peggio, al liberismo economico? E addirittura appoggiare la guerra di Bush? E c’è qualche scemo che si tradisce: fate una svolta a sinistra, cacciate il segretario Capezzone, e venite con noi.
Disinformazione della vecchia sinistra di sempre. Piccola guerriglia psicologica. In realtà Emma Bonino e i radicali non hanno perso un solo voto a causa della "ideologia" e delle scelte politiche, come liberismo, neo-cons, Iraq, guerra di Bush ed esportazione della democrazia. Senza un euro da investire, schiacciati tra i due poli, è un successo che abbiano preso tutti i loro voti tradizionali. Come alle scorse politiche. Segno che ormai godono di uno "zoccolo duro". Il boom di Emma alle precedenti europee, infatti, era stato un evento eccezionale, insperato e irripetibile, dovuto a cause contingenti (propaganda capillare grazie ai tanti soldi ricavati dalla vendita di una radio, e soprattutto agli echi della campagna "Emma for President").
Al contrario, la maturazione di una geniale classe dirigente giovane, liberale e liberista (come Capezzone, Della Vedova e qualche altro) è il più importante fatto nuovo della storia dei Radicali. Persone intelligenti ed equilibrate che ci saremmo sognati in altri periodi, quando in via di Torre Argentina si suonava un’altra musica, vagamente anarco-socialista, antagonista, spettacolare e inconcludente (di cui restano solo alcune tracce, come l’appellativo di "compagno"). E poi, in mancanza d’una lista unitaria di "Liberali italiani", anche quella cugina di Radicali italiani" ha la sua nicchia di mercato sicura e vincente.
Altri sono i limiti, che riguardano soprattutto la natura stessa del movimento e il metodo politico, che impediscono da sempre crescite superiori. Primo tra tutti il voler essere a tutti i costi solo un movimento agitatorio, "mosca cocchiera", extraparlamentare e virtuale, che si ricompatta drammaticamente ad ogni emergenza o referendum, anziché un normale partito tra i partiti, che cioè va in Parlamento con i suoi eletti, discute, lotta, media, fa alleanze, rischia, si sputtana, governa bene o male, e va all’opposizione, come tutti. E per far questo partito, che a Pannella non è mai piaciuto, i soli radicali non basterebbero: dovrebbero unirsi in matrimonio agli altri liberali. Ma i radicali sono nati scapoli. (La nipote di Ernesto Martini & Rossi)
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SPARPAGLIATI IN SETTE LISTE, A DESTRA, AL CENTRO, A SINISTRA
I liberali terzo "partito": 13 per cento
In compenso sono tanti, ormai, i liberali in Italia. Sparpagliati, però, e privi di quella coscienza di appartenenza che invece hanno in altri paesi. Sempre pronti a distinguersi, a criticare, a spaccare il capello in quattro, pur di mostrare il proprio individualismo, la propria diversità dal vicino, sia pure anch'esso liberale, non nascondono la propria insofferenza per i gruppi. Se poi ci aggiungiamo quella tipica aria snob di superiorità, be’, sono (siamo) proprio insopportabili.
Eppure, per un paradosso della storia, rischiamo di diventare tanti, quasi una "folla" (absit iniuria). Ne ho una prova ordinando la mia solita spremuta d’arancia senza zucchero al bar all’angolo. Cassiere, barista e avventori, abituati in poche battute e in seduta congiunta ad aggregare dati meglio dei meteorologi della Nexus (quelli che vaticinano escursioni termiche elettorali "da -10 a +10" e così non sbagliano mai) e degli articoli di Ronchey, "l’ingegnere", su temi fondamentali come calcio, tasse, tg, motori, commercio, sesso, cantanti e vallette tv, sostengono che i "liberali" hanno votato per almeno sette partiti. Il cassiere-proprietario Gino con precisione di piccolo imprenditore, ha perfino precisato a colpo sicuro la quota liberale delle percentuali ottenute dalle varie liste nelle elezioni europee. Le riporto tra parentesi, precisando che l’attendibilità del barista è massima, avendomi servito una aranciata perfetta: Forza Italia (5), Lega (3), Radicali (2), Ulivo (2), An (1), La Malfa-Sgarbi (0,7), Segni-Scognamiglio (0,3). Meglio d’un convegno di politologi. E se ci pensate un po’ sù, sono dati più o meno credibili, anzi addirittura approssimati per difetto. E saremmo al 14 per cento dei voti validi virtuali.
Possibile che il liberalismo sia una cosa tanto vaga e generica da riguardare allo stesso tempo la destra (i liberali repressi di Forza Italia, i liberisti quasi statalisti della Lega, i liberali etici di An), la sinistra (i liberali cattolici Margherita, i liberali repubblicani, i liberali riformisti timidi Ds), il centrismo equidistante e anodino di Segni-Scognamiglio e La Malfa-Sgarbi, e la comoda posizione critica super partes dei radicali?
D’accordo, era il sogno d’una notte d’inizio estate: oggi ancora non possiamo mettere insieme un Martino con un Debenedetti, tantomeno un Capezzone con un Rutelli, nonostante che siano tutti e quattro "liberali e liberisti" e due perfino "libertari". Ormai la politica in Italia è diventata "tifo" da stadio, retta dalle categorie supreme e molto italiane dell’antipatia e della simpatia, e non è più governata dalle grandi opzioni e ideologie.
Però, anche restringendo il campo al possibile, se i politici liberali avessero il coraggio di uscire allo scoperto tutti insieme, avrebbero certo almeno il 10 per cento dei voti virtuali (meno nella realtà elettorale, non essendo i liberali dei bravi propagandisti...). In compenso, dai covi in cui si nascondono verrebbero fuori i tanti liberali veri dei centri di cultura, le intelligenze dei club, delle università, degli studi professionali. E il mondo liberale si illuderebbe di fare l’ago della bilancia. Subito imitato dai cattolici e dai socialisti, ben più organizzati perché meno individualisti. Ma con le tre principali componenti ideologiche della politica italiana che si dispongono in modo autonomo e riconoscibile, altro che "ago della bilancia", la bilancia si rompe . Salterebbe, insomma, l’intero sistema bipolare. (Il carrozziere di via Torre Argentina)
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LE SCIOCCHEZZE DELLA POLITICA DIVENTATA TIFO DA STADIO
Ormai è chiaro: vince chi ha meno tv
Gioco 1. Fassino passava per uno dei migliori Ds, ma lo ricordavamo più serio: si vede che la memoria gioca brutti scherzi.
Gioco 2. L’esangue torinese si è giocato la reputazione di falso flemmatico quando nella nottata delle elezioni a "Porta a Porta" ha avuto una crisi isterica alle prime percentuali degli exit poll. "A me risultano altre cifre" ha gridato, polemizzando poi con Vespa e i presenti. Cifre che invece i dati definitivi hanno pienamente confermato. Ha forse chiesto scusa, dopo?
Gioco 3. Il calcio. Dispiace che la sinistra italiana, un tempo responsabile, si sia abbassata fino al più volgare tifo da ultrà degli stadi: accuse gratuite agli avversari, esagerazioni, appelli alla Resistenza, "Bella ciao", "Fascisti carogne tornate nelle fogne", denunce di "atmosfera pesante", studenti che addirittura cambiano residenza per votare no al "nemico". E tutto questo contro il sindaco di Bologna, il bravo e onesto Guazzaloca - come scrive Giuliano Zincone sul Corriere - e la sindachessa Destro di Padova. Un fanatismo vergognoso, degno dell’Iraq, non d’un paese liberale ed europeo, di cui Fassino dovrà rendere conto, quando dovesse accennare ad un "liberalismo di sinistra" egemonizzato dai Ds. Sollevare l’indignazione popolare, eccitare gli animi anche con le falsità, è facile, e una sinistra rivoluzionaria è specializzata in questo. Ma una sinistra riformista? Non ci meravigliamo per Morando e Debenedetti: Sappiamo bene che loro queste cose neanche le sanno, perché l’Unità neanche la leggono, e se si presentassero sulle piazze tra questi terribili nuovi ulivisti, sarebbero fischiati e malmenati.
Gioco 4. Il gioco della verità. Chi ha vinto le ultime elezioni, il ricco e arrogante Paperon de’ Paperoni "padrone di cinque televisioni" o lo sfigato e mite Paperino che non ne ha nessuna? Le ha vinte Paperino (almeno questo sostiene lui stesso). Ma se è così, cribbio, vuol dire che alle precedenti elezioni Paperone non aveva vinto per le tv. (Giolitti, il gelataio di Campo Marzio)
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HANNO LE FAMIGLIE DIVISE E VOGLIONO GEMELLARSI?
Liberali coi liberali, socialisti coi socialisti
Un grande architetto di fama mondiale partecipa insieme ad altri architetti ad un concorso per progettare il più alto grattacielo del mondo. Vince, il suo progetto è acquistato dal comune di NY. Viene invidiato da tutti gli altri architetti che hanno perduto. Il municipio lo invita a realizzare il progetto e a costruire l’opera. Secondo voi, che fa l’architetto vincente, si mette in società con l’ultimo classificato? Non di certo, a meno che non sia scemo.
Ebbene è quello che alcuni vorrebbero che facessero i liberali in Italia. Loro che hanno stravinto la guerra della Storia, unici, dovrebbero scendere a patti, allearsi con chi ha perso e in modo irrimediabile, cioè con i socialisti. Perché non è stato solo il comunismo ad evere perso, ma qualunque ipotesi socialista. Sono ormai socialdemocratici? Grazie tante: lo sono anche i Ds. Eppure, si vocifera di una ridiscesa in campo di Altissimo, politicamente assente in tutti questi anni, sconosciuti a tutti, la cui segreteria segnò - ricordiamo bene - il punto più basso nella storia del vecchio PLI, in cui i liberali furono costretti ad appiattirsi su Craxi. Ora c’è perfino un appello dell’Opinione ad un’imprecisata e inesistente "area liberal-socialista". E’ una vecchia idea lib-lab di Diaconale, che non funzionerebbe come messaggio pubblicitario: la gente non capirebbe, si confonderebbe le poche idee che ha. Il "laicismo" politico, invenzione solo italiana dei tempi della Dc, non è capito dalla gente. Una cosa così vecchia e sfigata che porta jella solo a scriverla. E non è capita neanche dai politologi. Che si sappia, all’università si studiano il liberalismo e il socialismo, non il "laicismo politico". Che vuol dire? Vogliamo rifare i meschini quadripartiti del finto centrismo, con i finti-liberali servi della Dc o d’un Psi neo-craxiano, populista e confusionario?
Sarebbe segno d’un feticismo nostalgico senza costrutto, confusionario, destinato al fallimento. Basta considerare che i socialisti, anche se democratici, vogliono più Stato, i liberali meno Stato. Non è ancora sufficiente? E allora sentite questa: bisogna proprio avere poca psicologia per proporre un matrimonio, sia pure di interesse, tra due famiglie entrambe separate in casa, come sono sia i socialisti e sia i liberali. Buon senso vuole che prima si riunifichino al loro interno e poi, semmai, stipulino patti di alleanza tra loro. E poi, di grazia, quali sarebbero i "liberali" unificati attualmente pronti a nome di tutto il liberalismo italiano a fare accordi con i socialisti? E questa "proposta indecente" proprio ora che i socialisti di De Michelis orgogliosamente recuperano, com’è giusto, la loro identità dopo anni di frustrazione? Si vuole un penoso revival? Vogliamo resuscitare sbiaditi personaggi dell’epoca? Ma quando lo capiranno gli intelligentoni che la gente era ed è ancora stufa di quegli anni, altro che nostalgica. Il repulisti ebbe una sua logica storica. E’ il liberalismo che insegna che i perdenti "devono" perdere: non possiamo resuscitare idee e personaggi decotti e già messi fuori mercato. E se quella classe politica inetta crollò come un castello di carte, ci sarà pure un motivo, no? (Il nipote pentito di Guido Calogero)
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GIORNALI E OPINIONE PUBBLICA ARABA OSTAGGI DEI TERRORISTI
"Terrorista", parola tabù per Al Jazira e Al Arham
Neanche Hitler in Germania e Stalin in Unione Sovietica riuscirono a spargere così uniformemente e in profondità il germe della viltà e dell’obbedienza cieca, come gli islamici oltranzisti stanno riuscendo a fare in Africa e in Asia. Ormai tutti i giornali e le televisioni - anche la finta "liberal" Al Jazira - sono ostaggi in mano ai terroristi, e gli intellettuali confessano ai giornalisti occidentali di aver paura di essere sgozzati se solo usano parole sbagliate o si azzardano a piccoli distinguo.
"Se parlo di terrorismo mi tagliano la gola", è la confessione del poeta palestinese Ahmad Dahbour. Invitato nel settembre 2003 a Venezia alla cerimonia del Premio Campiello, si scusò privatamente con il conduttore Augias: "In pubblico non potrò dire nulla sulle violenze nei territori occupati. Se lo facessi, appena torno a Gaza mi tagliano la gola", riporta Magdi Allam nel suo recente libro "Kamikaze made in Europe" (Mondadori). Parlare di terrorismo è il primo tabù per gli islamici di oggi. I terroristi non esistono, ovviamente, sono solo e sempre "martiri", "eroi", "combattenti di Allah", "donne e bambini innocenti". Morti, magari, facendosi esplodere col tipico corpetto imbottito di tritolo in mezzo alla gente. E i poliziotti iracheni uccisi negli attentati? Eliminati dalle "forze della resistenza" perché "collaborazionisti", dicono tv e giornali della società più illiberale della storia.
Ma ora che gli attentati terroristici sono sempre più spesso indirizzati contro le popolazioni musulmane inermi, tv e giornali arabi non dovrebbero per coerenza chiamare "vittime innocenti" e "martiri" anche i poveri morti? Macché, fa notare il bravo Magdi Allam, si preferisce un linguaggio asettico e neutrale. Il quotidiano ufficioso egiziano Al Ahram si limita a titolare in apertura "Ucciso il presidente del Consiglio di governo iracheno". Un linguaggio ambiguo che ritroviamo sulla prima pagina di Asharq al-Awsat , il più prestigioso quotidiano saudita: "Un gruppo sconosciuto rivendica l'uccisione del presidente del Consiglio di governo". Soltanto nel titolo del quotidiano libanese Al Hayat si accenna alla presenza del kamikaze, utilizzando tuttavia un termine neutro: "Attentatore suicida uccide il presidente del Consiglio di governo".
Il terrore vero, insomma, lo subiscono le popolazioni islamiche, più che quelle europee. E senza avere neanche la soddisfazione di passare alla storia locale come vittime. In pieno 2004, pur tra telefoni satellitari, lancia-missili, armi dell’ultima generazione, e grossi pickup militari, la società islamica, che a differenza della Germania di Hitler non ha memoria di democrazia e liberalismo, ha ancora la divaricazione pubblica tra prepotenza dei satrapi crudeli e popolo servo. Si può dire, o urta l’ipocrisia dei tribunali francesi, che già l’antica Roma, 2500 anni fa, era molto, molto più avanti di quella pseudo-società di bestie dalla forma umana? (L'amante islamico di Rosy Bindi)
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INAUGURATO UN NUOVO CENTRO STUDI SULL’EBRAISMO
Yehoshua: "Ecco le radici dell’antisemitismo"
"Esiste una radice unica dell'odio per gli ebrei che chiamiamo antisemitismo?", si è chiesto lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua all'inizio della sua conferenza all’università Tor Vergata, in occasione dell'inaugurazione del nuovo Centro romano di studi sull'ebraismo. "Certo, il potere dell'odio è ancora forte, e occorre prepararsi, anche e soprattutto spiritualmente", ha concluso il grande intellettuale, strappando un lunghissimo applauso, durante l’inaugurazione della neonata struttura permanente dell'ateneo romano che si occuperà di promuovere un programma pluriennale di studi e ricerche sulla cultura ebraica, con particolare riferimento all'Italia e a Roma. In felice controtendenza, una volta tanto, con il disinteresse o peggio l’anti-ebraismo dichiarato dell’Universitò italiana.
Yehoshua, 68 anni, ha parlato per quasi due ore sul tema "Un tentativo di comprendere la radice dell'antisemitismo", tema ricavato dalle tesi contenute nel suo ultimo saggio intitolato "Antisemitismo e sionismo" (Einaudi). Ad un uditorio attento ha spiegato come, secondo lui, "da scrittore e non da storico", un fenomeno così prolungato nei millenni e tanto vario nelle sue manifestazioni presuppone in effetti una radice comune. La soluzione, "che inevitabilmente presuppone un processo lento", sta per Yehoshua nel "distacco" di quella coincidenza tra religione e identità nazionale, tratto tipico dell’ebraismo, che eliminerebbe molte tensioni. Yehoshua ha poi messo in guardia contro un antisemitismo "oggi in fase di ritorno, sotto varie forme, in Europa e altrove". Per lui, nel finale, il dono del sigillo dell'ateneo romano da parte del rettore Alessandro Finazzi Agrò e quello di un volume sul centenario della sinagoga di lungotevere Cenci da parte del presidente della Comunità ebraica romana Leone Paserman. (Sara Veroli, commessa da Tagliacozzo)
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IN ATTESA DEL NUCLEARE, COME DICE LOVELOCK
Milioni al vento, senza produrre energia
E’ un dibattito acceso ma civile, nonostante sia frequentato anche da "verdi" che, si sa, hanno spesso atteggiamenti fideistici e autoritari. Ma per fortuna vi si incontrano per scambiare notizie, opinioni, polemiche, particolari tecnico-costruttivi e progetti conservati nel cassetto, anche ingegneri, inventori, tecnici di impianti, manutentori, studenti, ecologisti puri e impuri, radicali storici e sciolti. E vi abbiamo scoperto pure qualche lettore del Salon Voltaire. Sul News-group delle energie alternative si discutono l’idrogeno, il solare, l’eolico, il gas, e decine di altri sistemi teorici e pratici, economici o in perdita, fattibili o solo teorici, per produrre energia in casa o in una grande azienda, al di fuori del solito inquinante petrolio.
Una rapida incursione ha permesso di scoprire che i partecipanti al forum sapevano quasi tutto sul perolio, e anche sul nucleare. Rischi e vantaggi. Ma l’intero News-group è balzato su come un sol uomo quando abbiamo diffuso un articolo che sintetizzava l’inchiesta tedesca pubblicata da Der Spiegel (Salon Voltaire n.5), che metteva in rilievo la scarsa produttività ed economicità dell’energia del vento o eolica. Come se non ne avessero mai sentito parlare. Eppure il Comitato nazione per il Paesaggio, di Carlo Ripa di Meana e di Oreste Rutigliano si è molto prodigato per far conoscere, al di là della propaganda delle lobbies, i dati reali del fenomeno. Possibile che i forum siano circoli chiusi?
Dati che abbiamo cercato di in estrema sintesi a quel campione eletto di opinione pubblica specializzata: 1. Lo Stato pur di far sopportare l’importante impatto estetico (torri alte anche 150 metri su colline, montagne e altopiani, anche vicino a centri abitati)) e rendere appetibile economicamente l’impianto di torri eoliche offre ai privati (abitanti del paesino e produttori) altissimi incentivi. 2. Anche nei luoghi ventosi le giornate di alta resa (almeno il 50 per cento) sono pochissime: circa 30-40 all’anno. Più numerose sono le giornate di antieconomicità o di discontinuità, tanto che i produttori elettrici per ogni megawatt di energia eolica devono predisporre di riserva da 800 a 900 kilowatt di elettricità convenzionale, cioè prodotta con petrolio, carbone o nucleare. Ma allora, ci permettiamo di aggiungere, ha ragione il vecchio e saggio Lovelock: torniamo al nucleare. Ne avremo il coraggio? (Alessandro Volt-Ampère)
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SCOPERTE LE MOTIVAZIONI REALI DEI KAMIKAZE
Ecco perché vogliono il paradiso i terroristi islamici
Quante volte ci siamo chiesti noi occidentali amanti della vita – troppo forse – come diavolo facciano i terroristi kamikaze islamici ad essere così ansiosi di morire? Più che un suicidio, dalla leggerezza e spensieratezza con cui danno a se stessi la morte, il loro sembrerebbe un sentiero sicuro verso la rinascita. "Rinascita"? In effetti dagli inquietanto sorrisi documentati dalle foto "prima dell’azione", in cui giovani uomini appaiono appesantiti da grossi corpetti carichi di tritolo, sembra quasi che non aspettino altro, che vadano ad una festa. Insomma, diciamo la verità, anche noi che non crediamo nel paradiso siamo incuriositi, e cominciamo a nutrire qualche sospetto. Che abbiano un briciolo di ragione? Per appurarlo, abbiamo riunito l’house panel interdisciplinare dell’Istituto di Ricerche Panlogiche, sito a Milano in via di Porta Vigentina (attrezzato a rivendita di panini, bibite e caffè per momentanee difficoltà di bilancio). Ecco l’abstract della prima ipotesi di lavoro, tutta ancora da verificare, emersa dalla prima tornata dei lavori della mattina del 15 giugno.
E’ noto che per le leggi religiose e tribali, la prospettiva di vita che si offre ad un kamikaze terrorista islamico medio (per ipotesi di sesso maschile e dai 14 ai 30 anni di età) è la seguente:
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1. E’ proibito il sesso prematrimoniale
2. E’ proibita la prostituzione
3. E’proibito l’adulterio
4. Sono proibiti atti impuri e desiderio carnale
5. Sono proibite le riviste pornografiche
6. Le donne sono tutte velate e con la tonaca
7. Tua moglie te la scelgono i parenti
8. Tua moglie è così coperta che dopo sei mesi scopri che ha la barba
9. Sono vietate tutte la bevande alcoliche
10. Sono vietati i bar
11. Sono vietati locali notturni e discoteche
12. E’ poibito mangiare carne di maiale
13. Le grigliate sono di carne d’asino su sterco di cammello
14. Si deve mangiare solo con la mano destra (la sinistra è adibita a nettarsi l’ano con una foglia)
15. Sono obbligatori il digiuno periodico e la preghiera quotidiana
16. E’ vietato farsi la barba
17. E’ vietato farsi la doccia
18. Sono proibite la radio e la televisione
19. E’ proibita la musica straniera
20. Fa sempre caldo, non ci sono alberi, c’è sabbia ovunque
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Con queste prospettive, se qualcuno ti dice in maniera convincente che quando muori andrai in paradiso dove avrai tutte per te "cento vergini nude" e tutte le belle cose che non hai avuto in terra, e che cavolo, dì la verità, non ti suicideresti anche tu? (La Bella Rosina dal casino di caccia di Vittorio Emanuele)


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