27 novembre, 2005

 

27. Newsletter del 18 luglio 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA DEL SALOTTO VOLTAIRE
QUINDICINALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, POLITICA, SCIENZA, CULTURA E COSTUME
Lettera n.27 - 18 luglio 2005
Speciale: L’EUROPA, LA PAURA E LO SCONTRO DI CIVILTA’
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Sommario:
STEREOTIPI FEMMINILI. Islam e Europa? Eva contro Eva
TURCHI IN GERMANIA. Vive all'europea? Uccisa dai fratelli
ITALIANI IN ITALIA. Strana coppia: la puttana e il cardinale
QUALE RELATIVISMO HA FALLITO. Multiculturalismo addio
REAZIONE CRISTIANA O LIBERALE? Come vincere la guerra
GIUDICI DI SINISTRA. Quegli agenti della Cia ricercati…
DA LIBERALE A CLERICALE. Il Governo di Frate Indovino
EMERGENZA TERRORISMO. Ma non basta l’amministrazione?
L'EUROPA DELLE 3 SCIMMIETTE. Ecco i luoghi comuni sbagliati
MA CHE "RIVOLUZIONE LIBERALE". Il partito dei moderati
RIFONDAZIONE LIBERALE MANCATA. Se chiama il Presidente
LAICITA' DI DESTRA E SINISTRA. Rischio di Stato confessionale
PROPORZIONALE SI' O NO. Il maggioritario conviene ai liberali?
LA DIFESA E' LEGITTIMA. Però, che mira quel rag. Rossi
SINISTRA E LIBERALIZZAZIONI. D'Alema di Stato e di mercato
SOGNI D'ESTATE. "Se al Corriere io fossi Direttore..."
CHI D'ASTENSIONE FERISCE... Gli elettori: "Ci asterremo"
ARABI D’ISRAELE. "Noi in Palestina? Manco p’a capa…"
IL SIGNORE AD ADAMO. "Ti dono un cervello e un uccello, ma…"
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ATTENTATI A LONDRA E STEREOTIPI FEMMINILI
Islam e Europa? Eva contro Eva
Una guerra tra "femmine", ecco che cos’è lo scontro, per ora purtroppo ancora unilaterale, tra terrorismo islamico ed Europa. Tanto l’Islam fanatico, quanto il vecchio continente che ora ne è vittima, sono entrambi "donne", riproducono cioè stereotipi tipicamente femminili cari alla letteratura e alla psicologia: la "donna folle d'ira" e la "donna pigra". Vi piacciono i film in costume o i western? Allora saprete che nei duelli tra uomini, per quanto criminali questi potessero essere, vigeva un sia pur minimo codice d’onore, che era fondato sul coraggio virile ma anche sull’utilità. La logica e il buon senso (il vantaggio individuale, l'economia) alla fin fine potevano anche ricomporre una rivalità apparentemente invincibile. E così poteva perfino accadere che due nemici si coalizzassero contro un terzo più forte di loro.
Tra due donne, al contrario, la lotta è imprevedibile, illogica, al limite autolesionistica, fondata sulla ripicca, condotta con ogni mezzo, con ogni inganno e ogni trucco, anche il più illecito, il più infantile, il più obliquo. Impossibile pensare di ricomporla in una logica superiore, tantomeno economica. Solo l’uccisione, anche simbolica, della rivale, magari per la disattenzione o l’errore madornale d’una delle due contendenti, può metter fine alla tipica "contesa femminile". Che talvolta è "inutile", non paga, cioè può concludersi perfino con la fine, reale o simbolica, di entrambe. Segno della sua anti-economicità, della sua irrazionalità.
Ebbene, è un po’ quello che si vede oggi col terrorismo dell'Islam in Europa. Se non scorresse tanto sangue, se non fossimo emotivamente e culturalmente coinvolti anche noi, se non sembrasse troppo cinico guardare a queste dolorose vicende col distacco che si riserva ai fenomeni sociologici, la guerra condotta oggi all’Europa con mezzi subdoli dall’Islam fanatico potrebbe sembrare una pochade da "Eva contro Eva". Invece è una tragedia. Sì, ma una tragedia "femminile". E quindi, una tragedia doppia. Perché, rompendo le convenzioni a loro modo "nobili" e "morali" della competizione razionale, cioè "utile", come la guerra virile (p.es. quella degli antichi Romani e oggi dei nord-Americani e degli inglesi), questa guerra non ha soluzioni ragionevoli e prevedibili. Ma deve far sperare solo in nuovi capricci, errori e bizzarie del caso per essere ricomposta. Come, appunto, in una diatriba tra donne.
Eppure, nessuno finora ha rilevato che sia il fanatismo islamico che organizza gli attentati, sia l’Europa che ne è vittima, incarnano due distinti stereotipi femminili: la donna furiosa che odia, e la donna paurosa che si nasconde. Come due donne che litigano sul ballatoio. Ma anche questa è una guerra asimmetrica: solo la prima (Islam fanatico e irrazionale, lucido però nell’odio), ha il consueto bagaglio di unghie affilate, coltelli da cucina, veleni, parole di fuoco, mezzucci obliqui, trucchi e dispetti atroci. Mentre la seconda (l’Europa, viziata da cinquant’anni anni di cautele, precauzioni, assistenzialismo e terzomondismo) è preda di debolezze altrettanto donnesche: come la mollezza, la viltà, la mancanza di risolutezza, e infine la rimozione, ultima difesa dal pericolo. Una contesa da pianerottolo globale fatta d’odio e gelosia "fino alla morte" tra due femmine da teatro di Gran Guignol, in cui però solo una delle due – la più immatura, più infantile, più donna – sfregia col coltello, graffia e tira i capelli.
Ora, però, l’Erinni islamica, dopo aver colpito Spagna e Olanda ("femmine", molto femmine), e la Francia ("donna" anch’essa), dopo aver minacciato e umiliato più volte l’Italia ("femmina" e in più bambina), spadroneggiando liberamente sul suo territorio, ha compiuto un banale errore di psicologia. Anche questo un errore femminile, molto femminile. Nell’ira ha perso di vista la ragione e i suoi stessi interessi. Ha colpito per errore il soggetto meno femminile d’Europa. Quel Regno Unito in cui tra le donne non sono mancate le virago "di ferro" (Regina Vittoria, Margareth Thatcher ecc) e l’intero popolo, maschi, femmine e gay – anche se laburista ("femmina") – dà il meglio di sé virilmente proprio in guerra o dopo essere stato colpito. Un po’ come Israele, un’altra rara isola "maschile" in un mare femminile: il mondo arabo. Basti considerare la tempestività incredibile, il rigore e la durezza con cui Governo e polizia hanno gestito senza panico e senza i femminei piagnistei italiani, con efficienza e discrezione maschile, il dopo-attentato di Londra. Un minuto dopo, tutto era sbarrato, chiuso, requisito, vietato. Ogni bobby sapeva che cosa doveva fare. Come se l’attentato fosse stato "provato e riprovato". E non ha dovuto "chiedere istruzioni" al proprio superiore, come in Italia, col classico scarica-barile meridionale. Non una sola immagine deprimente è uscita, una sola, che potesse dare soddisfazione all’Islam fanatico e abbassare la resistenza dei cittadini. Un capolavoro virile che ha fatto perdonare il tacito patto (femminile) del laburista Blair, che per anni aveva garantito la massima libertà di parola e di movimento agli estremisti islamici sperando di evitare gli attentati. Una razionalità che la Germania (ormai "femmina") può solo sognare e che perfino gli Stati Uniti non raggiungono. Ebbene, ora che il cane inglese è stato svegliato, un cane politicamente corretto, ma che se è disturbato morde e non molla la presa per nessuna ragione al mondo, non vorremmo proprio essere nei panni dei terroristi islamici. Hanno commesso il loro passo falso. Femminile, molto femminile. Ed è l’inizio della loro china. Elementare, Watson. (Goffredo di Bugliolo)
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NUOVO MEDIOEVO. TURCHI IN GERMANIA
Vive all'europea? Uccisa dai fratelli
"Era una puttana", si sono scusati i fratelli di Hatin Surucu dopo averla ammazzata: "voleva vivere come una tedesca". In pochi mesi, ha denunciato il settimanale tedesco Der Spiegel, sono state parecchie le ragazze musulmane di origine turca residenti in Germania ad essere uccise dai familiari perchè si erano occidentalizzate e volevano vivere come tutte le loro coetanee. Ma la famiglia tradizionale, magari con qualche figlio maschio musulmano integralista, l'ha presa come un disonore. E' possibile, si chiedono ora giornali e uomini politici con una resipiscenza un po' tardiva, tollerare questi costumi barbarici nel bel mezzo d'Europa?
No, cari amici tedeschi super-progressisti e "politically correct", no, non è possibile. Ma non pensate di fare almeno un mea culpa? Chi credete che abbia la responsabilità di questi delitti, se gli immigrati musulmani turchi sono stati lasciati vivere in un ghetto sottoculturale? Come mai, con tutta la vostra famosa organizzazione, amici Gruenen e socialisti di sinistra che siete al Governo o nei Laender, non li avete spinti a integrarsi culturalmente con il tollerante stile di vita occidentale? Perché in fondo, non lo avete amato neanche voi, vero? Perché avete abbracciato il relativismo, come modo elegante e indiretto per screditare l'Occidente liberale, vero? Perché credete che tutte le tradizioni, anche le più barbariche, siano pari se non superiori a quelle occidentali, macchiate dal nazismo e dal comunismo (e voi ve ne intendete, è vero)? Perché pensate che la libertà e la democrazia non si possano esportare, come fa (mediocremente, ma questo è un'altra faccenda) quel conservatore di Bush? Perché - con un certo razzismo - ritenete storicamente, geneticamente, inadatti alla liberal-democrazia i popoli arabi? O perché, nei casi migliori, temevate di "fare violenza" culturale ai turchi integralisti? In tali casi, peggio per voi: il vostro sistema ha fallito e la mauvaise réputation politica ricade su di voi.
Ma i turchi confliggono con i tedeschi anche in un altro modo in questi ultimi tempi. Da quando il ministro dell'interno Otto Schily ha fatto approvare la legge che considera illegale mettere in discussione l'Olocausto, il tabloid turco Vakit sta riversando su Schily un mare di volgarità antisemite e naziste. E dire che c'è qualcuno che vorrebbe la Turchia in Europa. I turchi sono tanti, hanno un carattere impetuoso e molto combattivo, per di più stanno diventando sempre più musulmani integralisti e antisemiti: immaginiamo che caos succederebbe alla più piccola legge a loro sgradita. Davvero, sono proprio un pericolo per l'Europa: meglio che restino fuori a fare da nemici piuttosto che infiltrati dentro come finti amici. L'Europa ha già troppi infiltrati, troppe "quinte colonne" (e il terrorismo più recente lo insegna). E' possibile che gli unici a non capirlo siano i cinici politici? Detto questo, da liberali, perfino noi "filosemiti" del Salon Voltaire, riteniamo la legge che commina il carcere a chi nega l'Olocausto alquanto illiberale. Ed è un pericoloso precedente: limitare la libertà di parola, per quanto questa possa essere ridicola o ributtante, non ha mai giovato a nessuno. (François Marie Arouet)
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NUOVO MEDIOEVO. ITALIANI IN ITALIA
Strana coppia: la puttana e il cardinale
A quanto si vendono le "rumene" oggi sulla borsa di Milano? Azioni? Sì, azioni sconce. Peggio delle Parmalat? No, non esageriamo. Ma per la Chiesa, al solito, sono le più impure. Per i preti, fissati del sesso, la figa è peggio del delitto. Anche se – solita doppiezza cristiana – Maria Maddalena è considerata la "moglie di Gesù" da un vangelo apocrifo. "Radici cristiane dell’Europa"? Anzi, stavolta non si tratta del vecchio e inascoltato tabù cristiano del rendimento e dell'interesse di banca (a proposito, la banca vaticana IOR l'interesse lo pagava o lo riscuoteva? sarebbe interessante, dal punto di vista teologico...). No, stavolta si parla proprio di mercato libero del sesso. Che non vuol dire sesso libero al mercato, non illudetevi. Sembreremo algidi come il lib-lib-lib Benedetto Della Vedova - un mito per noi - ma non troviamo nulla di male e di strano che anche quello del sesso debba essere un mercato libero e ordinato. Prendiamo la concorrenza: per noi liberali è come l’aria. A tal punto che se in un viale alberato della periferia di Milano vediamo passeggiare di notte una bionda statuaria moldava con un vestito che sembra un bikini, non abbiamo pace finché nei pressi non notiamo con soddisfazione una bruna ucraina tutta curve in una mise che pare un topless. Prodotti differenziati e prezzi concorrenziali, s’intende. Come s'insegna alla Bocconi. Perché i monopoli, gli accordi, il dumping e i duopoli non ci piacciono.
Mai avremmo immaginato di doverci preoccupare d’una concorrenza molto strana, quella tra Islam e Chiesa cattolica su una parte molto piccola del corpo umano che, a rigore, essendo adibita alla sessualità e alla riproduzione, preti e mullah integralisti dovrebbero ignorare. Macché, pensano solo a "quella cosa". Ma tant’è, ormai lo Spirito si è fatto così invadente e maniaco sessuale da sostituirsi sempre più spesso alla Carne. E come piace a sacerdoti e cardinali togliere i vestiti alla gente per vedere che cosa accade tra le cosce delle donne e degli uomini. Solo così si spiega - ci sono decine di studi - certo morboso interesse per i temi della sessualità e della riproduzione da parte dei religiosi. Anni fa, frequentando la biblioteca di medicina del Gemelli per scrivere un manuale, era mia vicina di tavolo una giovane suora polacca studentessa di medicina che... Bè ve lo dirò un'altra volta, ora vado di fretta. Del resto, la gara interreligiosa tra le due aggressive fedi monoteiste è a chi le spara più grosse sulle "verità" indiscutibili e assolute, sui "valori" obbligatori per tutti, credenti e non credenti, sulle critiche alla civiltà occidentale e al liberalismo (accomunato al comunismo: chissà come gli rode a Marx). Le due religioni concorrenti litigano anche su quale delle due è più severa contro la "troppa libertà" e i piaceri, contro il sesso e il possesso. Insomma sulle cose di questo anziché dell’altro mondo. Vuol dire che all’aldilà non ci credono neanche loro, e che intanto, nell’incertezza, vogliono stabilire il loro potere sull’aldiquà?
Diciamola tutta: alle due fedi l’epoca moderna non va proprio giù. Trovano che il Medio Evo era molto più drammatico, e quindi eccitante per gli amanti del sado-maso: atei sul rogo, con alte pire di puro legno naturale di rovere, giovani donne nude torturate, confessori che approfittavano delle penitenti, vescovi guerrieri, misteriose donne velate (belle perché velate), uomini che si flagellavano, monache dalle delicate carni che per soffrire di più sotto la tonaca portavano il cilicio, artigiani, operai e commercianti che interrompevano il lavoro - figuratevi la produttività - per fare le Quattro Tempora, dire le orazioni, compiere penitenze e digiuni, o recitare il rosario. Insomma, per secoli il Cristianesimo è stato un po' come l'Islam più severo e fanatico. Con tanto di attentati, uccisioni e stragi di "senza Dio", "eretici". "scismatici". Anche allora tutta la vita dell’uomo era scandita da una religione. La teologia prendeva il posto della filosofia, della morale e del diritto. E guai a sgarrare: ne andava della vita (quella terrena, s’intende, perché a quella celeste, evidentemente, neanche loro ci hanno mai creduto). E i cinici "teo-con" italiani, quattro gatti che chissà con quale accordo hanno fatto comunella, vorrebbero tornare, sia pure in piccola parte, a quei tempi? A loro, alla loro filosofia da Bignami per scuole magistrali, porgiamo elegantemente il braccio. Sì, ma piegato nel caratteristico gesto dell'ombrello...
Così cercano di ricolonizzare l’Europa moderna. Non ne bastava uno di Islam intollerante? Ora oltre alla Mecca ora ci si mette anche il Vaticano. Che se la prende stavolta con le prostitute e soprattutto con i loro clienti, esigendo dallo Stato pene severe. Per fortuna non gli sfugge l’aspetto contrattuale. "Ci sarebbero meno prostitute se ci fossero meno "clienti". Appunto. Ma per il Vaticano ogni contratto economico appartiene a Satana: figuriamoci quello che consente l’uso a qualcuno delle parti sessuali, già sataniche di per sé per la Chiesa. E altro che "contratto paritario": è il cliente che "deve ricevere qualcosa di più di una condanna sociale ed affrontare il pieno rigore della legge" si legge tra l’altro nella relazione dal cardinale Fumio Hamao, presidente del "Pontificio consiglio dei migranti e itineranti" (titolo altisonante che davvero non meraviglia che, come forse vuole alludere un titolo così altisonante, per le passeggiatrici. Esagerazioni laiciste? Macché. Prendiamo un esempio qualunque, il più piccolo possibile: le donne e la sessualità. Le donne adultere (mai gli adulteri, visto il maschilismo dei Paesi islamici) sono spesso condannate a morte dall’Islam integralista, per lapidazione. E del resto anche con la Chiesa di Roma non se la passano bene. In Iran e in Arabia le prostitute sono arrestate e condannate a pene analoghe. Ma ai loro clienti maschi non viene torto un capello. Ci ha pensato la Chiesa di Roma a riempire questo vuoto di mercato, ovviamente mercato delle anime (che vi dicevamo noi liberali, vedete che la concorrenza serve?)
Ah, se la Chiesa non avesse "le mani legate" per colpa di quei miscredenti dei liberali dell’800, e in piazza dl Popolo ci fosse ancora il palco del boia, Giambattista Bugatti, il bravo mastro Titta, che al servizio del Papa e confortato da frati incappucciati impiccò, decapitò e squartò (dopo essersi confessato e comunicato) ben 516 criminali… Quante anime fuorviate verrebbero in modo sbrigativo ed efficiente aiutate già su questa terra ad andare all’inferno, anziché aspettare nell’aldilà le lungaggini burocratiche e iper-garantiste del Signore… (Viviana, Fondamenta Nuove, citofonare al n.2 bis)
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QUALE DEI DUE RELATIVISMI AIUTA IL TERRORISMO?
Società multiculturale, addio
Avevamo ragione noi di Salon Voltaire. Ora un documento di Robert S. Leiken (Corriere) lo conferma a chiare lettere: l’Europa si sta allevando in seno i terroristi islamici della Jihad. Che la odiano e hanno promesso di distruggerla. Non c’è più bisogno di farli arrivare dall’Oriente: è giunto il momento di cogliere i primi frutti della massiccia opera di infiltrazione attraverso gli "emigrati". Le stragi di Londra, più di dieci inchieste o studi sociologici, dimostrano che ad aver fallito in Europa è proprio il modello "buonista" e "politicamente corretto" di società multiculturale socialdemocratica, così com’è stato gestito, nel relativismo e nell’agnosticismo più totale, in Francia, Olanda, Germania e Regno Unito.. E’ un modello "liberal", cioè nella terminologia americana "di sinistra", ultra-progressista, ma non davvero "liberale"., come invece scrive per errore il traduttore del Corriere.
E’ vero, sia per un "liberal" anglosassone, sia per un liberale, la regola è la tolleranza verso la società multirazziale, e il rispetto egualitario per tutte le culture antropologiche, per tutti i popoli e le usanze. Che tutte le religioni siano ugualmente tutelate dai liberali, senza nessun trattamento giuridico di favore, è l’abbiccì dei nostri libri, checché ne dicano Pera, Casini e Ferrara, che vorrebbero privilegiare il cristianesimo. Questo "relativismo" è essenziale per il liberalismo, e non c’è revisonismo che tenga. Ma un liberale vero, neutrale sulla religione, non è agnostico o neutrale sui principi, i diritti e le libertà, e si guarderà dal secondo tipo di relativismo culturale, quello che mette sullo stesso piano tutti i diritti, le politiche, le idee, anche le più aberranti e illiberali. Abbiamo combattuto i sistemi e le "idee" comuniste, fasciste, corporative, anarchiche, pansindacaliste, peroniste, clericali, egualitariste, stataliste, e così via. Allo stesso modo combattiamo duramente contro il fanatismo islamista. E lo faremmo anche se non sfociasse nel terrorismo. Per noi è ovvio – ma non ancora per i tanti non liberali d’Europa, a sinistra e a destra – che il liberalismo e la democrazia liberale non possono tollerare atti, culture, consuetudini, incitamenti finalizzati ad abbattere o restringere le libertà (es.: fatwa o "condanne a morte", come quella comminata al giornalista Magdi Allam, chador, spiagge separate per uomini e donne, pretesa di censurare libri o manifesti giudicati "irriguardosi" o "pornografici" o vietare bikini o minigonne), oppure che destano ripugnanza perché barbarici, inumani, umilianti, violenti (p.es., le mutilazioni genitali femminili, il taglio della mano, il rogo per le vedove ecc).
Insomma, una politica multirazziale può anche diventare multiculturale, ma mai relativista. Cus-cus e pastasciutta, jellab e doppiopetto, padrenostro e versetti coranici, certamente, devono avere lo stesso valore e rispetto. Ma non appena si passa ai diritti, la libertà – la libertà liberale – deve sempre prevalere, a tutti i costi. Il liberalismo non può essere considerato alla pari del totalitarismo teocratico e fascista dei Paesi islamici. E ha il dovere di difendersi: non può consentire che si approfitti della libertà per abbatterla. Attenzione, però, agli equivoci, questo anti-relativismo liberale non ha nulla a che vedere con l’anti-relativismo religioso di cui straparlano Ferrara, Pera e Casini, che non ha nessun fondamento liberale: secondo loro non la libertà, ma il cattolicesino dovrebbe sempre prevalere nel confronto tra culture.
Molti musulmani, ormai è provato, emigrano, sì, ma per non integrarsi. Sarebbe interessante scoprire chi finanzia la loro emigrazione, di per sé costosa. Si indirizzano subito ai ghetti islamici (prima cosa che andrebbe impedita) e non si integrano mai compiutamente nella società europea. Molti continuano a covare un odio profondo per l’Occidente. E allora perché vi si sono stabiliti? Negli Stati Uniti, invece, sono più mescolati al resto della popolazione. Anche i giovani pakistani di Londra - kamikaze senza saperlo, pare - usavano i servizi sociali, giocavano a cricket, studiavano e vivevano tra la gente. Ma utilizzavano la nostra libertà per tramare contro di noi. Si erano già distinti non solo per bullismo ma per fanatismo islamico: sarebbe bastato un po’ di controllo sociale da parte della comunità islamica per mettere sull’avviso gli inquirenti (seconda precauzione).
I terroristi non sono nemici alieni che vengono necessariamente da paesi lontani dove le donne vanno in giro velate e gli uomini portano i pantaloni larghi e cascanti sulle scarpe. I quattro ragazzi appartenenti a famiglie islamiche ormai considerate "britanniche", integrate, che sono stati mandati a farsi esplodere seminando morte e terrore su treni e autobus, sono stati un duro colpo per l’ipocrisia dei politici europei e per la popolazione. Che non potranno neanche consolarsi, come hanno fatto gli americani dopo l’11 settembre, pensando che in fondo i terroristi erano stranieri. Ora negli Usa si aspettano che i prossimi attentatori su suolo americano vengano dall’Europa, terreno di coltura ideale per l’islamismo terrorista.
Noi, certo, siamo vicini a Blair, il più intelligente, lungimirante e perfino il più "liberale" dei capi di governo europei. Ma sono ancora evidenti certi suoi residui ideologici laburisti, come il mito del multi-culturalismo relativista, l’uguaglianza assoluta di tutte le culture, anche quando una di queste non ne vuole proprio sapere di rispettare le altre ed è condizionata da sette fanatiche – con infiltrazioni ed emigrazione mirata – allo scopo di colpire dall’interno la società occidentale e liberale. Ma questo neanche Blair vuole ammetterlo. Altro che "fasce povere" ed "emarginate", come ha detto per dovere di socialista. I terroristi di Londra non erano né più poveri, né più emarginati degli altri giovani europei. E ci meravigliamo di questo patetico tentativo di arrampicarsi sugli specchi dell’ideologia, quando questa è smentita dalla cronaca. Gli studiosi hanno già provato che il fanatismo pseudo-religioso (così definito dalla riunione dei più alti esponenti dell’Islam tenutasi in Giordania) che agita il bastone della rivalsa contro l’Occidente e Israele per poter fare proseliti e rappresentare tutte le secolari frustrazioni dei popoli musulmani, in realtà vuole dare una spallata agli Stati arabi definiti "moderati", cioè aspira al potere politico all’interno del mondo arabo. Se no, non si spiegherebbero le migliaia di morti provocati dal terrorismo islamico tra i civili arabi e musulmani. Altro che Iraq, altro che Palestina. (Bottino Ricasoli, l'astemio)
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L'OVEST REAGISCE: CRISTIANESIMO O LIBERALISMO?
Psico-guerra: come vincerla
Allora, ha ragione la Fallaci? Solo in parte, nella denuncia, nella diagnosi. Da brava giornalista. Ha torto, invece, nella terapia. Mai chiedere a un giornalista "che cosa si dovrebbe fare per…": resterebbe senza parole. Come pure ha torto lo strano terzetto (due atei e un "praticante così così") di Ferrara, Pera e Casini. Su cui grava il sospetto del secondo fine, che la pura Oriana non ha. Così il curioso quartetto – tre atei e un "praticante così così" - per reazione al terrorismo dei fondamentalisti islamici incita a enfatizzare la supposta – e che supposta – "identità cristiana" dell’Europa e dell’Occidente, con relativi "valori". Anche questi mai specificati. Ed è noto che le cose più sono ineffabili e misteriose, più sembrano grandi.
"Accà, nisciuno è fesso", ripeteva Pulcinella. Ditemi voi, che c’entra la rinascita d’un paleo-cristianesimo arrogante e autoritario col terrorismo islamico. Ma forse è solo una reazione popolaresca, emotiva e infantile (Oriana), una ripicca tutta femminile paragonabile – ricordate? – alla processione dietro il crocifisso organizzata per dispetto dalle insegnanti di Ofena dopo la denuncia del musulmano Adel Smith. Alle quali prof, ne sono arci-sicuro, del crocifisso in precedenza non gliene era mai fregato nulla. Ma per i tre omaccioni grandi e grossi del giornalismo e del Parlamento, quale sarà stata, invece, la molla? "E’ la politica, bellezza". Sarà politica machiavellica, ma è una sciocchezza. Come se per forza noi europei e occidentali, attaccati da una teologia, per difenderci dovessimo cercarne un’altra. E’ illogico e anche poco istintivo. Perché dovremmo per forza essere governati e oppressi da un totalitarismo spirituale e anche terreno (eccome, se terreno…"Chille se fottono 1 milione di euro all’anno, 2000 miliardi di lirette…")? Non è molto meglio essere liberi?
L’Occidente, a differenza dell’Oriente, non ha mai amato la trascendenza. Avrà pur voluto dire qualcosa se la più grande e potente civiltà dell’Occidente antico, quella dei Romani, aveva una religione da burla. E non parliamo degli dei di Omero. Perché l’Europa è piuttosto la culla della tecnologica civiltà classica greco-romana, del diritto, della vita realizzata su questa terra, dello spirito critico, della filosofia scettica, dell’economia, dell’illuminismo e del liberalismo. Non del cristianesimo, che infatti trae origine in Asia, con teorie e pratiche del tutto estranee all’Europa e – diremmo oggi – anti-occidentali. Pensate alla resurrezione, alla reincarnazione delle anime, alla non-violenza, ai digiuni, alle penitenze, agli stiliti e a mille altre cose. Cristianesimo che, infatti, portò subito ad un regresso di civiltà, economia e tecnologia. Che non ha mai attecchito davvero nella popolazione, se non in particolari luoghi e periodi, e spesso attraverso pratiche quasi superstiziose, come ha sempre lamentato la stessa Chiesa. Si pensi all’esaltazione cristiana della povertà e della contemplazione, al divieto cristiano dell’accumulazione del denaro e dell’interesse, e al rifiuto della guerra. E poi si pensi all’Europa attivistica e guerriera, che inventa il capitalismo e le banche. Allo stesso modo in molti altri campi, comprese le tradizioni popolari. Perfino il Natale non è una festa originale: è l’adattamento dei Saturnalia romani, con cui la nascita di Cristo è stata fatta artificiosamente coincidere. Insomma, la cultura cristiana solo in brevi e lontani tempi ha permeato davvero la società europea. Oggi, se togliamo dal neo-cristianesimo d’attacco quello che è solo politica, scopriamo che la sua presenza è marginale, come dimostrano i pochissimi che vanno in chiesa, seguono le funzioni e soprattutto i precetti. Ci risponderanno che "nessun popolo, purtroppo, è stato mai davvero cristiano", proprio come fino agli anni Ottanta i compagni ripetevano che "in nessun Paese, purtroppo, era stato realizzato davvero il comunismo".
E allora, se non rappresenta la civiltà europea, il cristianesimo ridiventato pugnace e autoritario come potrebbe "difendere" la nostra libertà minacciata dall’Islam più fanatico? In fin dei conti, così si contrapporrebbe solo una religione ad un’altra: non una società liberale e tollerante ad un’altra illiberale e intollerante. E che "reazione" sarebbe quella cristiana, visto che il cristianesimo è stato talvolta altrettanto fanatico, autoritario e illiberale dell’islamismo? Che guadagno ne avrebbero i cittadini europei? In che cosa il cristianesimo sarebbe migliore, visto che mette bocca su tutto e si propone – il tono di certi politici non lascia ben sperare – di far approvare leggi per limitare e restringere ancor più le libertà dei cittadini? I due autoritarismi potrebbero solo accordarsi e spartirsi i compiti: altro che contrapposizione. Sbagliano, ovviamente, anche gli uomini della Chiesa, ma con loro a differenza dei politici dobbiamo essere indulgenti: è normale che i religiosi dicano quelle cose. Più grave è che le sostengano, per secondi fini non chiari, i politici e i giornalisti.
Quindi, è vero, il multi-culturalismo passivo, la società egualitaria e "buonista" socialdemocratica e liberale di sinistra (il politically correct) non ha funzionato contro i fanatismi, le doppiezze, le infiltrazioni e ora la vera e propria guerra dichiarata dall’Islam estremista all’Occidente. Loro approfittano della nostra tolleranza per ordire trame e covare odio. Ma la risposta non può essere un uguale fanatismo illiberale di matrice cristiana. Sarebbe la stessa cosa. Non dobbiamo convertirli al cattolicesimo, dobbiamo convertirli all’Islam moderato.
Bisogna diffondere la democrazia liberale e i modelli di comportamento liberali tra gli insediamenti degli immigrati (anche di seconda generazione), far rispettare l’istruzione obbligatoria, insegnare bene la lingua e la storia, fare in modo che le classi scolastiche non siano mai a maggioranza musulmana, favorire il mescolamento etico, impedire i ghetti, vietare il vagabondaggio, sciogliere o controllare le bande di quartiere, far lavorare tutti i giovani musulmani, chiudere le moschee sospette e cambiare tutti gli imam con religiosi patentati in Occidente sotto il controllo di islamici veri, meglio se occidentali. Insomma, le comunità islamiche in Occidente – solo queste – non devono più gestirsi da sole nella più completa indifferenza della società.
E dovremmo bombardare i paesi islamici non tanto di bombe, quanto di informazioni, di notizie, di esempi positivi, perfino di merci. Facciamogli conoscere l’Europa e l’America, invitiamoli da noi, paghiamogli delle vacanze-studio. E facciamogli capire che tutte le cose che a loro piacciono così tanto (telefonini, computer, internet, auto, bevande alla moda, scarpe sportive, vestiti, divise militari e armi) sono state inventate o create in Occidente. Ricordarsi sempre di come è caduto il comunismo. Abituarli alle elezioni e al rispetto degli altri, con le buone e con le cattive. E infine, un’arma psicologica in più. La mentalità araba e orientale ha grande ammirazione per la furbizia e per la forza (quella vera, però, quella vincente). Ebbene, usiamole, nel modo più razionale.
D’accordo, alcune sono normali misure di polizia, altre di spionaggio, altre di complessa e costosa educazione culturale e propaganda. E molti di questi strumenti non si usano negli stati liberali, ma negli stati autoritari. E sarebbero prevedibili molte reazioni politiche, dall’ultra-sinistra e non solo. Certo, se queste misure fossero applicate ai normali cittadini europei, noi per primi grideremmo alla lesa libertà. Ma solo con queste misure eccezionali possiamo sperare di salvare contemporaneamente l’Occidente e gli islamici da una lunga e sanguinosa guerra. E sono molto meno traumatizzanti di inutili campagne militari e di migliaia di atti di terrorismo. Questo significa "cambiare la nostra vita"? Ma è il terrorismo che già l’ha cambiata. E vista la marginalità degli attuali ghetti islamici e (ancora per poco) la loro scarsa consistenza, non lo crediamo, Un piccolo sacrificio per noi liberali, ma ne varrebbe la pena. (Il fattore zoppo di Tocqueville)
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LA SCUSA POLITICA DEL FORMALISMO GIURIDICO
Terroristi liberi, agenti ricercati
Siamo sempre più convinti che la vera rivoluzione politica attraverso l’interpretazione delle norme certi magistrati italiani abbiamo avuto la tentazione di farla ora, non al tempo di Mani pulite. Certo, sarebbe un’occasione d’oro per alcuni giudici di estrema sinistra, che non hanno mai amato lo Stato liberale, attaccarsi alla scusante del formalismo giuridico, ai necessari cavilli, per non perseguire con la necessaria durezza e fino in fondo i sospettati di fiancheggiamento del terrorismo. Sia pure a livelli ben diversi, lo Stato liberale sarebbe lo stesso nemico per entrambi. Ma per fortuna alcuni di quegli episodi sono apparsi in realtà solo dei grossolani errori, e i dietrologi hanno per ora sospeso il giudizio.
Ha centrato il problema la bella news-letter "Notizie radicali", che da quando è stata rilanciata da Vecellio si occupa finalmente di tutto con elasticità, e perciò dovendo far fronte a commenti in tempo reale finisce spesso non certo per "dare la linea" ma per tentare almeno una prima interpretazione en radical in tutta libertà. Era ora. Uno dei problemi comunicativi dell’area radicale, da decenni, era che spesso non si sapeva "che pensava il partito" su questo o su quello…
I problemi da risolvere, rimanendo nello stato di diritto – scrive NR – riguardano casi come quelli della giudice Forleo, che assolve come "resistenti", terroristi definiti tali dall’Onu, o della Procura di Milano che fa dare la caccia a 13 agenti della Cia che a differenza del nostro Sismi erano riusciti a catturare un terrorista. Ma anche il governo, che non si prende la responsabilità politica di rivendicare i suoi legittimi poteri di esecutivo, e il coordinamento stretto con le intelligence alleate. D’altra parte, il terrorismo globale sta mettendo in forse o addirittura mandando in pensione anche disposizioni obsolete come quelle del I Protocollo (1977) della Convenzione di Ginevra.
E’ moralmente accettabile, infatti – prosegue NR – che di fronte alle centinaia di morti di New York, Baghdad, Madrid e Londra, i terroristi siano equiparati a forze irregolari combattenti, ma che al di fuori della flagranza di reato siamo trattati come qualsiasi cittadino sospettato o indagato, senza alcun aggravio procedurale o cautelare che possa riguardare il loro arresto o il loro fermo? Le garanzie che vigono in una democrazia possono essere utilizzate per la sua distruzione? Possiamo accettare che le nostre libertà siano usate per toglierci la prima fra le libertà: quella di vivere? La risposte sono tutti "no", aggiungiamo noi. (Il nipote di Marco Minghetti)
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DA LIBERALE MODERNISTA A CLERICO CORPORATIVO
Il Governo di Frate Indovino
"Liberale", "liberale", "liberale"... Sì, è vero, dei liberali hanno preso i voti, ma non le idee. E infatti, in tante materie la politica del Centro-destra è sembrata davvero fatta da chi ha "preso i voti". Da liberale "di massa" (glielo avevamo detto di non esagerare: ci saremmo accontentati se fosse stato liberale di "élite"), il Governo è diventato subito clericale e reazionario. Da modernizzatore passatista. Da aperto e scientista, ottuso e sottoculturale. Peccato. Più che fare le riforme hanno perso tempo a punire e restaurare. Ma non sono riusciti in nessuno dei due intenti, perché non hanno personale politico intelligente. Salon Voltaire ha colto questo paradosso al bar del Giuanin, a Porta Vigentina: "La Destra avrebbe idee giuste, peccato che ha persone sbagliate". A cui fa da pendant quest'altro: "La Sinistra avrebbe persone giuste, peccato che ha idee sbagliate". La paura e la diffidenza verso la scienza, il cambiamento, la razionalizzazione, ci hanno solo riportato indietro alla sotto-cultura nazional-popolare, ai tempi dell'ignorante Italia agricola, del sadismo medievale. Sarà per questo che uno dei più influenti è stato il ministro social-destro (ma forse destro è dire troppo: meglio maldestro) Alemanno? mentre si era detto che saremmo andati avanti. Dalla balla della "terapia" di Bella al business del vegetale "biologico" (un business di milioni fondato su una grave distorsione informativa del mercato), dalle bio-tecnologie e gli Ogm alla foresta dei generatori eolici alla legge sadica sulla fecondazione medica, Governo e Centro-destra sono sempre stati dalla parte sbagliata. Ed è eloquente che su non pochi punti (Ogm, "bio", eolico ecc) i social-destri di An e del Governo siano d'accordo con la Sinistra, uniti nella diffidenza della razionalità liberale. Nel frattempo gli obiettivi per cui molti di noi li avevano votati sono ancora da raggiungere. La burocrazia statale è più numerosa e prepotente che mai, gli Ordini professionali più arroganti di prima, Telecom, Enel, Ferrovie, Poste, Rai ecc. più monopoliste. Neanche le corporazione dei tassisti e dei camionisti, che impediscono la libertà di movimento di uomini e merci, sono state intaccate. Perfino i farmaci da banco è ancora vietato vendere nei supermercati, come ha "assicurato" Storace, illuso che la corporazione dei farmacisti - un'altra delle inutili corporazioni presenti solo in Italia - voti un tipo come lui. In queste settimane dall'Umbria stanno partendo già le prime spedizioni in tutt'Italia del Calendario di Padre Indovino 2006, caro ad una certa Italietta semplice e campagnola, ormai dopo le inurbazioni diventata periferica. Ecco, è un po' il simbolo della cultura di questo Governo: paure, superstizioni, scienziati e medici impediti e messi alla berlina, diffidenza per l'intelligenza. Solo una piccolissima e inascoltata parte di Forza Italia si salva. Chi ce lo doveva dire, a noi liberali, i primi avversari della cultura catto-marxista, che saremmo caduti sulla brace clerico-corporativa? (La badante russa di Cossiga)
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IL PAESE DEGLI AZZECCAGARBUGLI
Emergenza? Basta l’amministrazione
Mai andare a vedere un poliziesco con una poliziotta. L’unica volta che andai al cinema con una "ispettrice" (capelli rossi, ricordo: fu quello il "movente"), capii al volo i problemi della polizia all’italiana. La virago aveva, è vero, la Beretta nella borsetta (pesantissima), ma tutto finiva lì. Si rese conto del vero assassino solo alla fine, come tutti noi. Anzi, peggio: aveva per metà film sospettato inutilmente del sacrestano, che non c’entrava niente. Eppure, chissà quanti – criminali o meno – avrebbero pagato per finire nelle mani di quella graduata bonona.
Per noi anglofili, si sa, i poliziotti inglesi sono tutt’un’altra cosa, come si è visto – anzi, intravisto – durante e dopo il "giovedi nero" di Londra. Però anche il governo e soprattutto il popolo è diverso. L’esempio dell’efficienza del Regno Unito, a cui il Salon Voltaire guarda come a un modello, contrasta con la meschina impotenza dei governi italiani che invocano, come se fossero uomini della strada, "leggi nuove" o "aggiornate". E’ solo retorica elettorale o anche paura dei magistrati di sinistra? Certo, l’iper-garantismo sospetto delle procedure italiane serve a tutelare più l’accusato (visti – si dirà – gli errori e le lentezze dei giudici in Italia) che l’ordine pubblico e la libertà dei cittadini dal crimine.
Ma neanche il Governo si assume le proprie responsabilità di organo esecutivo: è indeciso e pauroso. Il democristiano ministro Pisanu dà un colpo al cerchio e uno alla botte. No alla sospensione di Shengen, ma sì al fermo di polizia di 48 ore, così piace a tutti, anche a sinistra. Ma ormai non piace a noi liberali. E non ci venga a raccontare che se non riesce a prendere e trattenere in carcere un affiliato di Al Kaeda, è per colpa delle leggi. Un governo non né il bar all’angolo, dove gli avventori lamentano di avere "le mani legate", ma deve agire. E se prende un sospetto terrorista lo schiaffi nelle segrete dell’isola di Montecristo, perché "privo di triangolo" o per non aver pagato l’abbonamento tv. Poi si vedrà. Non accade lo stesso a qualche cittadino onesto, magari omonimo di qualcun altro? Il problema, semmai, è che i nostri investigatori – a differenza di quelli inglesi – prendono cantonate epocali. Anche perché nessuno insegna ai giovani laureati in legge che entrano in magistratura o in polizia come si fa un interrogatorio, come si cercano le prove.
Italia è l’unico Paese al mondo che ha in vigore centinaia di migliaia di leggi, che prevedono ogni aspetto del vivere. Noi liberali, di ogni tendenza, sosteniamo da sempre che c’è un eccesso pernicioso di leggi e regolamenti. Che, a quanto pare, neanche il "populista" Berlusconi, che pure poteva farlo, è riuscito a tagliare. Come si può sostenere, da parte di magistrati che evidentemente non sanno interpretare le norme, e da politici in vena di pubblicità, che "c’è bisogno di nuove leggi", o di "leggi aggiornate" per colpire meglio il terrorismo? Anche l’italianissima legge sui pentiti – auspica qualcuno – dovrebbe essere estesa al terrorismo islamico. Ci si è dimenticati dei guasti prodotti dal finto-pentitismo? Noi riteniamo queste proposte solo un modo di farsi pubblicità nel teatrino della politica. Ha ragione il segretario dei Radicali italiani, Daniele Capezzone: "Un’operazione di parata, come diceva Sciascia. Se ci infiliamo nel tunnel dei permessi di soggiorno in cambio di rivelazioni, finiamo dritti nel terreno delle piste false". L’Italia sarebbe invasa da infiltrati d’ogni paese e da finti terroristi pentiti d’ogni risma.
E allora? Basta far funzionare al meglio lo spionaggio italiano, che oggi non è più capace di infiltrare nessuno, i corpi di polizia (tanti) e le norme che già esistono (troppe). E incrociare i dati di intelligence che già abbiamo, e che spesso non confrontiamo con le polizie europee. Basta dire che manca in Europa una banca dati centralizzata sul terrorismo. Che cosa dovrebbero fare l’Europa e l’Italia, lo ha detto in modo semplice il filosofo Levy: "Le polizie, i servizi segreti, facciano tutto il necessario. Ci vuole uno Stato che svolga il suo lavoro, un’opinione pubblica che conservi il sangue freddo, e giornalisti che vigilino perché le libertà pubbliche non siano messe in pericolo dalle misure di sicurezza". (Giolitti, gelataio in Campo Marzio)
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LE COLPE DELL’ANTI-AMERICANISMO
L’Europa delle tre scimmiette
Finora si è rifiutata di vedere, di ascoltare e di parlare. E non ha voluto capire i segnali evidenti che venivano dal mondo islamico e dall’America. Il dramma dell’Europa, e anche dell’Italia, è tutto qui. Difesa e strategicamente "mantenuta" dagli Stati Uniti per 40 anni, praticamente a sbafo, l’Europa si è ritrovata nuda e indifesa, ma critica e altezzosa come sempre, al momento della caduta del comunismo e dell’esplosione – quasi contemporanea – dell’islamismo terroristico. Ma nel frattempo è diventata anti-americana (la gratitudine, si sa, non è della politica e neanche di questo mondo). Ed ora, poi, ci si mette pure una brutta crisi economica e la crisi politica dell’Unione europea. Come far fronte all’esigenza di un comando operativo unico? Dove trovare risorse, visto che per gran parte sono state destinate all’agricoltura? E d’altra parte, come chiedere di nuovo aiuto agli Usa senza perdere la faccia? Oltretutto, sul fronte interno, quello dell’opinione pubblica europea, bisognerebbe addirittura fare macchina indietro e cancellare decenni di ipocrisia e di luoghi comuni politicamente corretti. Impensabile. Ma necessario.
Intanto, almeno due verità misconosciute vanno ricordate ai soliti finti "confusionari" che si divertono a invertire le cause con gli effetti. Innanzitutto, gli attentati islamici agli Usa e all’Occidente non sono iniziati dalla guerra all’Iraq (che è stata anzi una risposta – non sappiamo quanto centrata e adeguata - all’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre), ma sono iniziati molti anni prima. Basti ricordarne uno: l’autobomba che nel garage del World Trade Center a New York uccide 6 persone e ne ferisce oltre mille (febbraio 1993). Secondo, appare ormai chiaro che l’anti-americanismo non basta a salvarsi dal terrorismo islamico. Una certa Europa si era illusa che l’Islam fanatico avesse giurato odio e morte solo agli Stati Uniti. E, anzi, quella più anti-americana, in cuor suo se ne era perfino un po’ rallegrata. Una forma di "ipnosi" masochistica, ha scritto Galli della Loggia.
E ha detto bene il filosofo Bernard-Heny Lévy: l’Europa ha rimosso il pericolo annunciato proprio in virtù del suo anti-americanismo. Ci si illudeva che l’odio islamico avesse un fine esclusivamente politico, anti-capitalistico. Ma no, il nemico – secondo un certo Islam – sarebbe proprio l’Occidente intero. Segno che questo odio covava sotto la cenere da secoli ed è esploso ora con l’indebolirsi dei governi arabi e la disintegrazione del potente freno che era in tutta l’area l’impero sovietico. Ora, però, le minacce sono state sottovalutate – ha detto Lévy – e perciò noi europei tutti siamo nel mirino come gli Usa. Inutile giocare la pedina delle truppe inviate in Iraq (ritirarle tutte o in parte, non ritirarle ma promettere di farlo ecc). Con l’aggravante tragica che l’Europa, a differenza degli Stati Uniti, non ha né una politica estera coerente, né un esercito degno di questo nome, cioè formato da soldati in grado seriamente di combattere e morire. Insomma, o ci riarmiamo (psicologicamente, culturalmente, perfino materialmente) o soccombiamo. Altro che "pace eterna" o fine della Storia" come gli intellettuali avevano vaticinato dopo la caduta del Muro di Berlino. Sembra che Storia cominci proprio adesso. E ne vedremo delle belle. (Generale Lafayette)
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ALTRO CHE "RIVOLUZIONE LIBERALE"
Un partito "dei moderati"?
Non possiamo non dirci "blairiani". E proprio adesso, in fastidiosa contro-tendenza, ecco l’ultima invenzione di Berlusconi, quel "partito unico dei moderati" in cui dovrebbero confluire tutte le componenti della Casa delle Libertà, che altrimenti rischierebbero di distanziarsi troppo tra loro per forza centrifuga. Un fronte dei moderati ha qualcosa a che fare con i liberali? La risposta articolata del segretario del Partito liberale, Stefano De Luca, ad una singolare proposta di Berlusconi – proposta fuori tempo massimo e ormai poco credibile secondo il Salon Voltaire – ha impegnato un intero Consiglio nazionale. In pratica il leader della Casa delle libertà avrebbe fatto balenare la possibilità di inserire i rinascenti liberali nel futuro "partito unico", accanto a socialisti, cattolici, post-missini e ovviamente Forza Italia.
Figuriamoci se proprio noi, che abbiamo sempre rimproverato a Berlusconi di non aver mantenuto le promesse liberali e liberiste fatte al Congresso dei radicali nel 1994, non vedremmo di buon occhio finalmente una svolta liberale. Solo che, agli sgoccioli della legislatura, agli inizi d’una campagna elettorale affannosa e tutta in salita per la CdL, con la prospettiva reale di non fare in tempo a costituire questo famoso "partito unico", è ormai un'eventualità improbabile, per non dire impossibile. Oltretutto le indagini demoscopiche denunciano una perdita secca di voti nel caso che i partiti del Centro-destra (come pure quelli di Centro-sinistra) andassero alle elezioni con formazioni unificate. E se, invece, dopo aver così a lungo parlato di "partito unico", i simboli dei vari partiti dovessero riapparire a sorpresa nella scheda elettorale, sarebbe un miracolo inutile perché tardivo.
Quindi, non facciamoci incantare e non illudiamoci. Il leader della CdL ha avuto per ben due volte l’occasione di giocare la carta liberale e riformista, nel 1994 e nel 2001, ma l’ha sprecata. Un leader troppo debole per imporsi su una coalizione in cui a fare la voce grossa sono sempre stati statalisti e neo-corporativi, clericali e anti-riformisti. Mai i liberali. Ora è davvero troppo tardi. E i creduloni a questo punto, dopo tante esperienze negative, rischiano il dileggio.
E poi, siamo sicuri che i liberali oggi vadano definiti solo come "moderati"? Certo rivoluzionari non siamo, ma riformatori, innovatori, modernizzatori, sì. Anzi siamo gli unici a voler cambiare davvero. La presenza dei liberali veri, sia a Destra che a Sinistra, di fronte alle più retrive tendenze in economia, nei diritti civili, nei nuovi diritti, nel laicismo, nel costume, perfino in politica estera, sarebbe un potente elemento innovatore in Italia. Perché allora umiliarci con la coabitazione forzata in un "partito dei moderati" che in realtà è affollato solo di conservatori, se non di reazionari contrari ad ogni novità? E, si badi, la medesima considerazione avremmo fatto se ad avanzare la proposta fosse stato Prodi.
Altro che "partito unico dei moderati". Proprio di un "partito dei liberali e riformatori", alla Blair, avremmo bisogno oggi. Il moderatismo generico e vuoto di chi per un’intera legislatura pesta acqua nel mortaio, limitandosi all’ordinaria amministrazione e alla compensazione delle opposte tendenze, perdendo l’occasione storica di rivoltare l’Italia come un calzino, non interessa i veri liberali. E, se gli uni si definiscono "moderati" non avendo sottomano nessun altro aggettivo utile, chi sarebbero, di grazia, gli "estremisti" dell’opposta fazione da combattere: Niki Vendola, lo "Zapatero delle Murge", o Bassolino, il "piccolo Lauro del Vesuvio"? Ma siamo seri: i pericoli oggi non vengono dai "no global", dai Zapatero italiani, o addirittura dai gay, ma da chi - magari auto-definitosi "moderato" o peggio "liberale" - fa boicottaggio, sabotaggio, versa sabbia negli ingranaggi, insomma tutto pur di non cambiare. Qualche nome? Un Alemanno, p. es., è molro più pericoloso per noi liberali d'un Bertinotti: perché agisce (ormai ha agito, purtroppo) nella stanza dei bottoni di quelli che dovevano cambiare le cose. Ecco chi sono i veri nemici delle riforme liberali. E nomi così se ne potrebbero fare a decine.
E intanto il Paese sta perdendo punti preziosi. Ora siamo all’ultimo posto per competitività in Europa: poco oltre i 50 punti, la metà degli Stati Uniti (IMD e Studio Ambrosetti, Forum Ancma 2005). E chi ci ha ridotto così? Forse i liberali "laicisti", i riformatori "utopisti", o addirittura i progressisti "malvagi"? No, i veri colpevoli sono conservatori e moderati, di Destra e Sinistra. (La sigaraia di Benedetto Croce)
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OCCASIONI MANCATE: RIFONDAZIONE LIBERALE
Quando chiama il Presidente
"Oddio, mi ha invitato la Regina, e sono impresentabile…", piagnucolava la signora inglese guardandosi allo specchio. Variante del celebre tormentone inventato da noi liberali negli anni 70: "Arriva la rivoluzione e non ho niente da mettermi", riferito a qualche ragazza snob della borghesia di ultra-sinistra – che curava sapientemente nei "dettagli" l’abbigliamento per le "manifestazioni" – costernata davanti all’armadio stipato di trecento capi.
Ecco, è un po’ quello che devono provare i liberali del minuscolo Pli (il rinato ma clandestino Partito Liberale Italiano) di fronte alla lettera con cui Berlusconi li invita a far parte del futuro "partito unico dei moderati". Ma se anche fosse possibile, per magia, questa svolta "liberale" di Berlusconi, a non essere pronti sarebbero proprio i liberali. Perché nel frattempo non si sono preoccupati di rifondarsi davvero in grande, a livello nazionale, con un grande appello e una "leva" aperta "a tutti i liberali d’Italia", dai tanti club locali agli intellettuali e docenti universitari liberali, dai noti giornalisti e commentatori ai molti professionisti, imprenditori, alle centinaia di migliaia di nuovi titolari di partita Iva, impiegati, artigiani e agricoltori. Una cospicua fetta di società che oggi – non siamo più ai tempi di Malagodi – può essere calcolata potenzialmente in alcuni milioni di persone, pari forse al 30 per cento del corpo elettorale. Basterebbe solo spiegare alla gente che cos’è questo benedetto "liberalismo", vincente in tutto il mondo occidentale ma stranamente non in Italia, quali sono i suoi 5 o 6 punti fondamentali, specificando che si vuole fondare un movimento politico del tutto nuovo (p. es.: "Liberali italiani"), per unire tutti i liberali ovunque si trovino. (Camillo Benso di Latour)
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LAICITA’: CAMBIANO DESTRA E SINISTRA
Il trend dello Stato confessionale
Un ribaltamento quasi storico sta avvenendo sotto i nostri occhi. Vi ricordate il Centro-destra tutto playboy, azienda e bilanci, che si vendeva pure la nonna pur di fare pubblicità e incassi – stile Mediaset, insomma – magari con un po’ di donne nude (perché la libertà è buona, si sa, ma anche bella). Be’, dimenticatelo. E’ diventato tutto casa-e-chiesa. Gatta ci cova, diceva mia nonna. Com’è che all’improvviso una "pensione allegra" si sta trasformando in una cupa parrocchia di paesotto rurale, piena di beghine brutte, rugose e in nero, che non fanno che biascicare rosari, e senza convinzione per giunta? Che è successo? Dalla Destra liberale e liberista, aziendalista, mondana e metropolitana, che era piena di strafighe, in cui anche i capi avevano amanti, siamo passati di botto alle prediche sul culto della "famiglia" (magari doppia), a Padre Indovino che dà "consigli alle donne" e "ai viticultori", e nei giorni di festa alle riunioni in grisaglia e veletta delle Dame di S.Vincenzo. Insomma, dal sapore del caviale all’odore un po’ rancido della minestra dei refettori delle suore. Mamma mia, come sono caduti in basso.
Ma non scherziamo, è una cosa terribilmente seria, come scrive Gravagnuolo sull’Unità ("Stato laico sotto assedio"). La Destra in Italia sta per conoscere la sua controrivoluzione copernicana. Il passaggio dallo pseudo-liberismo aziendalista, populista ed edonista, che illuse gli "spiriti animali" di mezza Italia, al neo-confessionalismo clericale e familista. Anche un po’ integralista, altro che De Gasperi. È la nuova Dc di Casini, tutta orientata ai "valori". Che ha nella Chiesa di Ratzinger, nel Vangelo e nel Crocifisso i suoi riferimenti. E le filippiche di Buttiglione contro la scienza, cioè "la fabbrica dell’uomo"? Roba da pulpito. A proposito, aggiungiamo noi, da che pulpito parlerà, invece, Casini a proposito di "unità della famiglia" e contro le "coppie di fatto"? Stipulerà un "Pacs" con la giovane Caltagirone? Senza contare che un Marcello Pera, Presidente del Senato, non trova di meglio che attaccare le leggi di Zapatero in Spagna. E alla presenza di Aznar.
Com’è che questa neo-Destra – scrive il giornalista – ha così poco decoro e stile? Però è molto determinata nel suo assalto al laicismo. E qui veniamo al banale tormentone, che Casini e Pera maneggiano ormai come un randello: "la laicità non è laicismo, non è religione di stato". Con corollario: "È il relativismo la religione di stato che i laici vogliono imporre" [Ma l’anti-relativismo dei liberali è un altro, come si è visto sopra]. Ebbene, Pera e Casini, con contorno piccante di Ferrara e colonnelli An, quelli che hanno imposto a Fini l’autodafè sulla libertà di coscienza, confondono apposta due elementi: il relativismo e il pluralismo.
E già, perché una società democratica e laica non è per niente "relativista" - osserva giustamente Gravagnuolo – né mai potrebbe imporre il "relativismo", che sarebbe di per sé inerme e auto-contraddittorio, come incapacità di qualsivoglia valore ad imporsi. No. Una democrazia è innanzitutto involucro di valori minimi comuni. Dentro cui la dignità di ciascuno possa esprimersi ed affermarsi. E quei valori sono tra l’altro la libertà di scegliersi un progetto di vita, un certo tipo di famiglia, una maternità consapevole. Il diritto di vivere in uno Stato che non assegni ad una determinata confessione il monopolio di educazione, bioetica, organizzazione della solidarieta, fondi dell’8 per mille, come scandalosamente avviene in base ad una legge che premia la Chiesa cattolica oltremisura, penalizzando le minoranze religiose.
Perciò dietro l’attacco al relativismo si nascondono l’attacco al pluralismo, e la battaglia via via più aggressiva per il primato civile della religione nella Res Publica. E allora, altro che Pera "pensatore di straordinario valore", come afferma Casini, confondendo pensiero e giaculatorie. Come potrebbe essere un "pensatore", e "straordinario", un Presidente del Senato (anticlericale pentito senza dirlo) il quale intima al liberalismo di "essere cristiano"? Accusando un pensatore vero, come Benedetto Croce, di essere stato "pigro" per aver sostenuto solamente il suo "non potersi non dire cristiano". Laddove Croce intendeva dire che i valori del liberalismo discendevano da una lunga storia, anche cristiana. Ma che "la religione della libertà" era qualcosa che trascendeva dogmi e singole esperienze religiose. Ora invece Pera retrocede addirittura all’assolutismo delle antiche monarchie. Alle professioni di fede di De Maistre e del Sillabo di Pio IX, secondo cui solo il contenuto rivelato della fede cristiana era il paradigma delle costituzioni politiche, rappresentative o meno che fossero.
Insomma, una gigantesca regressione si sta addensando sull’Italia, conclude Gravagnuolo. E il liberale Salon Voltaire, con imbarazzo e meraviglia, non può che convenire – una volta tanto – col giornalista di sinistra e con l’Unità. Ed è davvero una vergogna per l’Italia politica dei soliti furbi che un ex-comunista sia più liberale e più laico – almeno su questo punto – di certi finti liberali finto-convertiti teo-con o neo-con (lett. "nuovi coglioni", in francese). (Barone Peppino d’Holbach)
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FOLLINI: TORNIAMO AL PROPORZIONALE
Ma il maggioritario conviene ai liberali?
I liberali in Italia sono divisi tra fedeltà al sistema elettorale maggioritario e tentazioni del ritorno al proporzionale. Noi stessi - caso più unico che raro per il Salon Voltaire – non sappiamo che pesci prendere. In teoria ci piace molto più il maggioritario secco all’inglese, perché del Regno Unito ci piace quasi tutto (a parte pudding e fish-and-chips): dal maggioritario alle vecchie Mg. Quindi siamo d’accordo con gli amici radicali. Però vediamo anche che le possibilità, sia pure remote, di una rifondazione di tutti i liberali in un’unica formazione del tutto nuova avrebbero nel proporzionale una speranza maggiore di successo. Che fare? Andremo per amor di principio incontro alla morte dei liberali, verso i due partiti-massa, nessuno dei quali liberale (coerenza masochista), oppure tradiremo le nostre idee per avere un terzo schieramento liberale, liberista e – con i radicali – anche libertario?
Al congresso dell'Udc – scrive Giorgio Tosatti al Corriere – Follini ha auspicato con forza un ritorno al sistema proporzionale. I fatti, a mio parere, lo smentiscono. Già ora i piccoli partiti pongono continui veti e hanno un potere molto maggiore della loro consistenza elettorale. Prevalgono gli egoismi di partito o noi italiani dobbiamo avere tanti piccoli centri di potere che non fanno di certo gli interessi della nazione. Perché nessuno ha il coraggio di dire che in Europa la democrazia che meglio funziona è quella inglese che guarda caso ha tre partiti? Perché si ha tanta paura del sistema uninominale secco che impedirebbe il proliferare di tante piccole formazioni? (Il barbiere di Gaetano Mosca)
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LEGITTIMA DIFESA CONTRO I RAPINATORI
Però, che mira quel rag. Rossi
Basta col porgere l’altra guancia. Noi italiani avevamo la faccia rossa e gonfia da far paura. Ai Romani antichi (l’altro ieri) e agli anglo-americani (oggi) sembrerà la scoperta dell’America fuori tempo massimo, ma per l’Italiuzza buonista e parrocchial-sinistrese è stata una piccola conquista. D’ora in poi chi viene aggredito e risponde al criminale – come un gioielliere affrontato da un rapinatore con la pistola – potrà difendersi senza passare dei guai. La legittima difesa, in parole povere, sarà sempre presunta. Una volta tanto, complimenti al Governo: era davvero un insopportabile scandalo sociale che per la Giustizia italiana l’aggredito per essersi difeso fosse considerato quasi più colpevole dell’aggressore. "Basta col mito fariseo che la vita di un assassino è comunque da tutelare a scapito dei risparmi di una vita di un onesto cittadino. Chi vuol vivere commettendo reati deve capire che la strada in discesa si è trasformata in strada in salita". Difende la legge appena votata Luigi Bobbio, pm a Napoli e senatore CdL. Non crede che i cittadini, grazie a questa legge, siano spinti a farsi giustizia da sé. "Questa legge non incentiva il far west, nè dà licenza di uccidere. Ma prende atto del fatto che vi sono dei casi in cui lo Stato non è in condizione di tutelare i cittadini". Non c’è più proporzione tra offesa e difesa. "La verità è che la giurisprudenza ha di fatto svuotato il contenuto della legittima difesa, conferendo al carattere della proporzionalità connotati eccessivamente restrittivi". "Ma perché stabilire l’impunità a priori?", chiede la giornalista. "Perché nessuno può pretendere che il cittadino al momento dell’aggressione sappia se l’esito dell’aggressione sarà uno schiaffo, una coltellata, una pistolettata alla testa oppure una tortura". (La figlia cleptomane di Beccaria)
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"SULLE LIBERALIZZAZIONI ABBIAMO FATTO PIU’ NOI"
D’Alema di Stato e di mercato
Diciamo la verità: invidiamo per due motivi Sergio Ricucci, l’uomo misterioso, trattato come un parvenu dagli ambienti snob dell’imprenditoria italiana, che evidentemente hanno rimosso il ricordo delle "pezze al sedere" di famiglia e anche le circostanze in cui padri e i nonni hanno fatto i soldi che loro hanno ereditato comodi-comodi direttamente dal conto in banca.
Che questo tipo particolare di "liberismo" da "fattore C" (culo, fortuna, ma anche provvidenze governative, perché no? Sempre "fattore C" è) sia tanto caro a certi industriali italiani, è indubbio. Diverso è quando i giusti guadagni devono faticarseli in una vera concorrenza senza aiuti e aiutini di Stato. E infatti, ai primi acquisti di azioni, apriti cielo. D’accordo, questo Ricucci non ce la racconta giusta: ha una neo-moglie troppo bona per assomigliare alla consorte d’un finanziere. Con tutto ciò, la Falchi come moglie è solo il primo motivo di invidia nei suoi confronti. Il secondo sono le soddisfazioni, anche laterali, che il neo-padrone. Ricucci potrebbe togliersi incaricando un nuovo direttore di realizzare un’inversione di tendenza, per carità, solo giornalistica (v. articolo seguente).
"Se degli oscuri immobiliaristi, dietro ai quali si è finalmente appurato che non ci sono io, - ha dichiarato D’Alema con l’abituale tono ironico-sarcastico che ci piace tanto – spaventano i salotti buoni del capitalismo italiano, evidentemente c’è una fragilità di quegli assetti proprietari che non ha uguali in nessun Paese del mondo". Per il resto, il presidente dei Ds traccia la strategia del centrosinistra una volta riconquistato Palazzo Chigi. Una strategia che si può sintetizzare così: più concorrenza e più liberalizzazione; politiche pubbliche autorevoli e più incisive. Tra le due idee - sostiene D’Alema - non c’è contraddizione. L’azione di liberalizzazione che il centrosinistra aveva avviato quando governava è stata bloccata paradossalmente da Berlusconi. E, invece, noi dobbiamo costruire nuovi ponti tra Stato e mercato, puntare sulla ricerca, sull’innovazione, sulla produttività". (Il copista cieco di Piero Gobetti)
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PER UN MESE PADRONE DEL CORRIERE…
Direttore pazzo nella stanza di Albertini
"Ah o’, sto a fa’ ‘n casino ar Corriere…" La divertente battuta alla Verdone è stata attribuita all’immobiliarista Ricucci dalle solite serpi degli ambienti mondano-finanziari. Ma diciamo che il quasi-padrone del più diffuso, completo e autorevole quotidiano italiano, un po’ se l’è cercata. Se fossimo al posto suo, certo, ci toglieremmo parecchi sassolini dalle scarpe, ma non toccheremmo assolutamente la parte politica, figuriamoci (le daremmo solo una raddrizzatina nella forma: stile e titolazioni sono spesso troppo futili). Resisteremmo anche alla tentazione di riciclare la Falchi come giornalista di moda (tanto, per come veste…). E invece ci toglieremmo qualche soddisfazione sul piano editoriale-giornalistico. Per esempio, faremmo la rivoluzione in Cronaca, Sport e Spettacoli. Per esempio, manderemmo di nuovo i cronisti in strada, come un tempo, dimezzeremmo le pagine di sport, toglieremmo quasi del tutto notizie e polemiche da Tv (sicuri che sono essenziali e non innervosiscono l’elite che vi legge?) , ridurremmo il cinema (non ci va più nessuno), meno rock e canzonette, ripristineremmo la critica post factum (cioè dopo lo spettacolo o il concerto), privilegiando teatro, musica classica e jazz. Rifaremmo del tutto in modo più serio e credibile gli inserti, come il Corriere Salute che ora sembra scritto per bambini deficienti. Daremmo più spazio a scienza e cultura. Insomma, quelli del Corriere devono decidersi: un giornale popolare o di qualità? (Mastro Olindo Malagodi)
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CHI DI ASTENSIONE FERISCE...
Elettori di Pera: "Nel 2006 ci asterremo"
Il clamoroso "tradimento" del laicismo, base del liberalismo, che ha compiuto il presidente del Senato sta facendo reagire in modo deciso alcuni elettori di Centro-destra toscani. Pare di capire che anziché fargli guadagnare consensi in vista delle elezioni politiche del 2006, e poi in un’eventuale candidatura alla Presidenza della Repubblica, il voltafaccia possa diminuirli. Ecco un’eloquente lettera che un lucchese ha scritto al giornale del liberale Raffaele Costa, Il Duemila. E, si noti, il povero elettore cita solo il comportamento tenuto per il referendum: non poteva ancora conoscere le dichiarazioni ancora più incredibili fatte da Pera successivamente.
"Egregio Direttore, di tutti coloro che hanno invitato a non andare a votare al referendum il più infelice messaggio è arrivato dal Presidente del Senato Marcello Pera. Sono in tanti ad aver detto di non votare, ma in forma accettabile perché ragionata. Pera si è invece distinto per un atteggiamento pesante e ben poco condivisibile. Questo fatto mi convince sempre più della necessità che nel Centro-destra si organizzi a Lucca, la città in cui vivo, un Comitato che per le prossime elezioni senatoriali abbia come messaggio: "Non andate a votare Pera".
Siamo con lei, caro Rovere. E poi, vuol mettere il potere della Nemesi? La Storia, con i suoi ricorsi, che si vendica e si ritorce contro chi l’aveva maltrattata. Lei si meriterebbe in premio il Salon Voltaire, ma "Il Duemila" ha il brutto vizio di non pubblicare mai gli indirizzi email dei suoi lettori, impedendo ai liberali di collegarsi tra loro e di sentirsi meno soli. Ma, secondo noi, il presidente del Senato non ci pensa proprio alle elezioni politiche: lui ha la mente presa solo da quelle presidenziali. Si illude che tra poco più d’un anno, grazie a Ruini e a papa Ratzinger, sarà al Quirinale. Figuriamoci. Vogliamo farlo risvegliare da questo suo estivo sogno infantile? Il primo atto è quello di non votarlo più nel suo collegio senatoriale. E, ci creda, sen. Pera, noi che in passato l’abbiamo ammirata credendo che fosse davvero liberale: lo facciamo solo per il suo bene. Non vorremmo che facesse cattive figure anche da presidente della Repubblica, continuando vorticosamente a cambiare idee, e in modo deciso, su tutto e tutti, come le trottole di latta – ricorda? – che si usavano una volta nelle belle fiere di paese. Che, una volta data la carica, giravano su se stesse impazzite, e poi giravano sempre più lentamente. E alla fine cadevano. E sembravano morte, tanto che i bambini scoppiavano a piangere e le riportavano indietro al giocattolaio. (Il filippino della Pivetti)
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ARABI D’ISRAELE: MUSULMANI SI’, MA NON PIRLA
"Noi in Palestina? Manco p’a capa…"
Fa notizia l’uomo che morde un cane? E allora beccatevi questa. Invitati da un deputato della Destra integralista ad andarsene in Palestina, gli arabi che vivono e lavorano in Israele rispondono picche, sceicco in testa. Che, anzi, si è offeso per la proposta. Una bella storia, anche se riportata in modo fazioso dalla rivista Internazionale, come riferisce il sito informazionecorretta.it, che vigila sul modo con cui sono riportate le notizie su Israele e il mondo ebraico.
Avigdor Lieberman, presidente del partito Ysrael Beiteinu (Israele casa nostra), dal suo arrivo dalla Moldavia nel 1978 si è fatto notare per le sue posizioni radicali nei confronti degli arabi israeliani, che vorrebbe espellere dallo stato ebraico. Ora, in vista dal ritiro da Gaza, il deputato ha lanciato un’altra delle sue campagne, definite "razziste e provocatorie" dal settimanale palestinese Al Fasl al Maqal: Lieberman, appoggiato da un gruppo di geografi e demografi, propone di cedere ai palestinesi Umm al Fahm – la seconda città araba di Israele – in cambio di alcune colonie in Cisgiordania. Ha ragione Informazione corretta: sarà pure integralista, originale, eccentrica, radicale, ma come si fa a considerare "razzista" e "provocatoria" la proposta di cedere al futuro stato arabo di Palestina la seconda città araba di Israele? Una "patria indipendente" non è quello che tutti i palestinesi desiderano?
Ma è molto istruttiva e lascerà a bocca aperta i tanti anti-israeliani e antisemiti di Sinistra e di Destra, la risposta venuta dallo sceicco Abdel Rahman della città araba di Uhm al Fahm, così come la pubblica (a denti stretti) il giornale palestinese Al Fasl al Maqal: "Invito Lieberman a visitare la nostra città: facciamo parte dello stato di Israele, dove c’è democrazia e pluralismo religioso, e non vogliamo cambiare". E come lui, anche il 90% degli arabi di Umm al Fahm vuole restare all’interno di Israele.
Ma come? Gli arabi che possono fare confronti preferiscono vivere in Israele, famigerato "stato di apartheid", come lo definiscono in Italia estrema Sinistra ed estrema Destra, piuttosto che nel futuro Stato palestinese? Certo, anche per gli arabi isareliani è di gran lunga meglio viveri liberi e tutelati in uno Stato a maggioranza ebraica, che sotto il giogo di una "società della paura" a maggioranza araba, commenta Informazione corretta.
Naturalmente, né il giornale palestinese, né la rivista di sinistra Internazionale, così pronti ad accusare Lieberman di razzismo, spiegano ai loro lettori che la differenza tra i due regimi politici, quello di Israele e quello della Palestina, è la stessa che corre tra la democrazia liberale e lo stato autoritario. E che, messi alle strette da un deputato integralista, gli unici arabi che vivono in democrazia (quelli d’Israele) e che perciò possono scegliere liberamente, preferiscono di gran lunga la prima. E "a chi non gli piace il buono – traduco da un proverbio regionale – possa morir di tuono". (Sarah Veroli, commessa in via Ottaviano)
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SCOPERTA ANTICA TAVOLETTA
Il Signore, Adamo e i due doni
Alcuni biblisti d’una commissione mista ebraico-cristiana – riferisce il giornale del pomeriggio Jerusalem Yesterday - hanno finalmente decifrato sul monte A’Aratz un frammento d’una tavoletta che registrerebbe in forma abbreviata – hanno scoperto gli studiosi – nientemeno che il primo dialogo tra Jahvè e Adamo. Dialogo che i crittologi del team hanno cercato di integrare in modo logico. Ecco la prima versione diffusa alla stampa, riportata in esclusiva da Jerusalem Yesterday e dal Salon Voltaire.
"Un giorno il Signore chiamò Adamo sulla vetta del monte e gli disse:
- Adamo, tu sei il primo uomo sulla Terra, ormai devi cavartela da solo e sapere come comportarti.
- Hai ragione, Signore. Dimmi una parola e la tua volontà sarà fatta.
- Bene, Adamo, era quello che volevo ascoltare. Per metterti alla prova, innanzitutto, ti darò una notizia buona e una cattiva.
- Grazie, Signore. Qual è la notizia buona?
- E´ un doppio dono, con il quale potrai risolvere tutti i problemi tuoi e dei tuoi discendenti: ti regalo un cervello e un membro. Ma dovrai usali bene.
- Grazie, o Signore, ti sarò grato. Ma, dimmi, a che mi servono un "cervello" e un "membro"?
- Il primo ti servirà per ragionare e sapertela cavare in ogni situazione, il secondo per provare piacere con la donna e avere discendenti.
- Grazie, Signore. E la notizia cattiva?
- Sappi che per un mio errore di fabbricazione non avrai mai abbastanza sangue per usare tutti e due contemporaneamente... (Il parente povero dei Rothschild)

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