12 novembre, 2005

 

12. Newsletter del 4 settembre 2004

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Salon Voltaire
IL "GIORNALE PARLATO" LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera N. 12 - 4 settembre 2004

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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo numero contiene:
MA CHE BEL RAPIMENTO. Se le vittime sono "progressiste"
ANNO III "DOPO LE TORRI". Nuove cronologie e nostalgia
COMUNICAZIONE. Foto troppo "dure" anche per i terroristi
TURCHI IN EUROPA? "Mamma, li scemi…"
ODDIO, CHE SCHIFO. Tutti si dicono "liberali"
EUROPA E CHIESE. Preti e pastori porgono l’altra natica
PERCHE’ DIMETTERLO? Mandiamo Sirchia in Turchia
ANTI-AMERIKA. Papà fece bene a rilasciare il terrorista
IL LAPSUS DI SPAVENTA: "Fate qualcosa di destra"
POLE POSITION. Non bastano Ferrari e telefonini
SCOPRE L’ACQUA CALDA. Il dirigente della tv al-Arabiya
ISRAELE SOTTO LA BOMBA ATOMICA. Incubo Iran
SCOSTUME. Molto meglio le ragazze a seno nudo
MISTER ALLAWI. Europei, non esiste la resistenza
MANIACI E FANATICI? Bombardiamoli con la tv
TUTTO INQUINA? Ma dove troviamo l’energia elettrica?
BIGNAMI DI STORIA. Le date vere di Israele e Palestina
RIUNIFICAZIONE LIBERALE. Sì, ma attenti alle mosse
CONGRESSO A OTTOBRE. La proposta di De Luca
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MA CHE BEL RAPIMENTO
Se il terrorismo colpisce le compagne
"Le nostre amiche, le nostre compagne, sono state sequestrate a Baghdad, insieme a due dei loro compagni iracheni. Ci siamo sentiti smarriti: pensavamo che azioni e parole di pace fossero una salvaguardia: non lo sono" Così si tradisce, evviva la faccia, la newsletter "Carta" n.33 sul rapimento delle operatrici ultra-pacifiste, eroiche, volontarie, politicamente corrette e di sinistra Simona Pari e Simona Torretta, che lavoravano in Iraq per conto della "Ong" (organizzazione non governativa) "Un ponte per" (sì, ma perché non completare la frase?).
Altro che quei buttafuori, mercenari, qualunquisti o fascistoni che sono morti in precedenza. Uno di loro (errore madornale) aveva anche profferito in tono spavaldo: "Ora vi faccio vedere come muore un italiano". Peggio per lui: se l’era voluta. Non un corteo si mosse per quell’occasione, anzi critiche, sottili distinguo e pelose prese di distanza vennero da tutte la parti, compresi certi cattolici "bene" e con la erre moscia della Comunità di S.Eccidio.
No, qui si respira per fortuna tutta un’altra aria. Sembra di stare a una "prima" o a un "vernissage". Ma sì, insomma, c’è più classe. Non in senso sociologico, per carità. Quella non c’è mai stata davvero a sinistra. Lorsignori sono ormai inguaribilmente snob: trovano "volgare" tutto e tutti. Una mia amica importatrice di legnami esotici dalle foreste del Mato Grosso, trovava terribilmente "kitsch" Berlusconi, perché più ricco di lei, o forse perché fece i primi miliardi nell’edilizia, dove le impalcature sono in rozzo legno di abete, anziché di elegante palissandro o mogano tropicale.
No, riconosciamolo, c’è più eleganza quando per sbaglio viene rapito un "progressista", uno che si sa già che "è un compagno" e che infatti comprende le "ragioni" dei rapitori. E la famiglia, avrete notato, non piange e urla davanti alla tv come fanno invece le paesane e teatrali famiglie di destra, che sembrano appena uscite da un "basso" napoletano. Un po’ come succede ai bambini: se sono poveri, ignoranti e di destra piangono, se invece sono educati, ricchi e di sinistra tacciono, molto saggiamente, come ometti già fatti. Tenendosi dentro quelle nevrosi che poi faranno pagare agli altri da grandi. Ma sì, qualunque sia l’esito della triste vicenda, c’è stata più "dignità", "decoro", come rileva lo scrittore Valerio Magrelli sulle pagine romane del Corriere della Sera, sempre attente a questi particolari che distinguono dalla massa becera le poche persone perbene.
E la scenografia? Quante candele, fiaccole, luminarie ai balconi, quante processioni. Sembra quasi una festa quando rapiscono uno di sinistra. Perfino quei pigri snob di Bertinotti e Violante si scomodano per andare a palazzo Chigi. Insomma, davvero un bel rapimento. Comm’il faut. Perfino i rapitori, vuoi mettere, erano rasati di fresco - riferiscono le cronache - parlavano un arabo della high class, e alcuni vestivano in abito blu. Particolari non indifferenti per certe nostre amiche snob dei cortei. E avevano armi gentilmente crudeli (o crudelmente gentili), come il manganello elettrico che stordisce ma non uccide. Un’arma bertinottiana: neo-nonviolenta e post-pacifista. Stalin più il bandito Giuliano, ma con qualcosina di Gandhi. L’hanno usata con la terza "ragazza di 29 anni" del gruppo, l’irachena. Altro che puzzolenti banditi, che magari - ohibò - non si cambiano di camicia per tre giorni di fila, e che - giustamente, peggio per lui - rapirono e uccisero il rozzo vigilante "italiano vero" Quattrocchi. E poi l’ordine. Quando il solito tonto ha fatto cadere il mitra, come in certi film comici, si è subito scusato col capo, un intellettuale "di potere" in giacca e cravatta. "Una citazione", avrebbe bisbigliato il cinefilo Ghezzi alla tv, in uno dei suoi famosi primi piani odontotecnici. Davvero un bel rapimento, ne siamo rapiti anche noi.
Però, ci permettiamo di obiettare, non solo i carabinieri morti a Nassiria e gli italiani body guards uccisi dai terroristi erano lì per lavorare. Anche il Baldoni "giornalista umanitario" (perché gli altri, si sa, sono iene assetate di sangue), anche le povere "Simona e Simona" col chador erano in Iraq per lavoro. E facevano soldi, com’è giusto, oltreché il loro dovere. "Volontarie"? Tutti lavoriamo in modo volontario, dall’usciere all’amministratore delegato di Telecom. E le nostre "Ong", organizzazioni non governative oggi di moda (sarà per quel "non governativo"?), sono associazioni ben finanziate da privati, chiese, Stato italiano e Unione Europea. Da tutti fuorché dagli Stati Uniti, che loro odiano. E a loro volta retribuiscono, com’è giusto, il personale che va all’estero. Personale che si sacrifica, fa una vita da cani, né più né meno di carabinieri e guardie del corpo private, ma che è ben consapevole dei rischi mortali che corre. E, anzi, và lì proprio per questi rischi, come hanno fatto notare gli inglesi, che sono sinceri e bruschi, e non amano i piagnucolii femminei dei paesi del Mediterraneo. E grazie a questi alti rischi guadagnano, a seconda dei casi, in soldi, carriera, decorazioni, propaganda politica, auto-gratificazione ecc. E allora?
Tutta questa retorica o ipocrisia dei "buoni sentimenti" non ci incanta. Siamo fuori dal coro. Per noi non cambia niente se rapiti e uccisi sono lì per lavoro o no, se sono pagati moltissimo (beati loro) o molto (poverini), se in Iraq ci stanno per tenere alto il nome dell’Italia o per sputtanarla, in odio a Bush o ad Al Quaeda, per inseguire successi o provare "sul campo" le proprie teorie sballate, se sono militari, militaristi o civili antimilitaristi, se sono di destra, di sinistra o qualunquisti, se hanno il velo nero come le due Simone o vestono all’occidentale come la governatrice Barbara Contini.
Del resto, col loro terribile egualitarismo alla Hitler, ci hanno pensato già i terroristi islamici a cancellare ogni differenza di trattamento. Il nazismo dell’Islam, come la morte, è un grande livellatore. E non è sensato per noi distinguere con due pesi e due misure tra le vittime della più atroce e ingiusta guerra dell’umanità, quella dichiarata dall’Islam al liberalismo. Come fanno, invece, certi ambienti della sinistra chic per un antico riflesso condizionato. Non è importante chi, perché e per chi lotta sul ponte di turno, il ponte sul fiume Kway, come i lagunari del Col Moschin che sul ponte sull’Eufrate dettero l’anima e vinsero senza perdite la più dura battaglia italiana dopo la seconda Guerra Mondiale, o le due ragazze super-pacifiste e anti-americane che invece da "Un ponte per" sono andate verso l’ignoto. (Generale Custer)
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LA GUERRA DELL’ISLAM STIMOLA LA NOSTALGIA
Nuove cronologie: anno III d.T. ("dopo le Torri")
Confessate, che cosa facevate la mattina dell’11 settembre del 2001? No, ormai è inutile il vostro presunto alibi per tirarvi fuori dai sospettati dell’attacco alle "Torri gemelle" di New York. E’ che una nuova, inusitata cronologia, ammettetelo, si va imponendo nei ricordi collettivi e perfino nelle storie personali di ognuno di noi. E non è la prima volta.
Prima dell’estate ho rivisto dopo tanti anni il vecchio "David", sempre con la stessa Harley-Davidson col manubrio alto, degna del film "Easy Riders". Sempre con i capelli lunghissimi, nonostante i 60 anni, orecchini etnici, gilet afgano, braccialetto tibetano, sandali persiani, pantaloni indiani rosso mattone alla Osho Rajnesh, buonanima. Sembrava il personaggio d’un vecchio film in costume sui "giovani alternativi" della California dei primi raduni per lo spinello libero, la caricatura del perfetto "figlio dei fiori" dei tempi andati (oh, sì, quanto liberale-liberista-libertario, senza che il giovinastro lo sospettasse all’epoca, lui che credeva di essere di estrema sinistra…). Mai saputo il suo vero nome, né la sua origine; ma potrebbe trattarsi anche d’un Giorgio Vascon ex-bancario di Conegliano Veneto o d’un Mirko Bernasconi ex-bidello di Carate Brianza. Fatto sta che il tempo per lui non è trascorso. Usa tutti verbi al passato. Va sulle ali della nostalgia a Poona, in India, dove Osho – ricercato dalla polizia americana quasi come oggi Bin Laden – aveva plagiato e segregato il meglio della ricca gioventù occidentale dei "freaks", con le cui donazioni il furbastro "Rasputin dei giovani" aveva messo sù conti in banca miliardari e un garage con decine di Rolls-Royce. Certo, si ricordava di Woodstock ("Ero piccolo, però"), ma il meglio per lui erano i "favolosi anni Settanta". Perché? Perché "si cuccava gratis e velocemente" come mai più sarebbe accaduto in seguito, ma soprattutto perché erano il mitico decennio "a.A" ("avanti Aids"), l’età dell’oro in cui "ragazze e ragazzi si incontravano e sùbito senza diffidenza decidevano di mettersi insieme, di fare l’amore, di partire insieme per una lunga avventura". Per David qualunque data non può che essere "a.A" o "d.A".
Oggi rischiamo di introdurre un’ulteriore neo-cronologia con un "prima" e un "dopo" altrettanto epocali, in cui il discrimine è l’attacco islamico alle Twin Towers. Che a noi interessa anche perché è l’atto iniziale della guerra guerreggiata dell’Islam al liberalismo. E si vide subito, mentre l’evento accadeva in diretta tv, che "nulla sarebbe stato più come prima". Appunto, proprio come si era detto agli inizi degli anni Ottanta, al sopraggiungere dei funesti anni del "d.A." (dopo Aids), per dirla con "David".
Accostamento futile? Ma no, perché entrambi gli eventi, in fondo, hanno influenzato radicalmente la vita privata di ciascuno di noi. In entrambi i casi, i nostalgici, come già fecero Esiodo o Lucrezio in poesia, rimpiangono la presunta estrema "libertà", la vita quotidiana "senza preoccupazioni", la "spontaneità", la "naturalità" dell’èra precedente, che sempre nei ricordi si colora di contorni favolistici, sia "a.A" o "a.T" ("avanti le Torri"). E anche i giornali Usa indulgono a questo genere di struggenti "amarcord": vi ricordate, scrivono i lettori, quando da noi la gente viveva una "vita beata", senza controlli, in cui era raro incontrare un poliziotto, in cui sembrava che "tutti potevano fare qualunque cosa". Davvero, l’immaginario collettivo è stato modificato dalla guerra dell’Islam al liberalismo. Anche perché, scusate la caduta prosaica, quando i fanatici islamici non ce l’avevano ancora con noi, noi eravamo molto, molto più giovani. E non è colpa nostra se la nostalgia ingigantisce le illusioni e falsa i ricordi, come dice qualcuno in un dramma di Shakespeare.
(Sciura Egle di Porta Ticinese)
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PSICOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE
Immagini troppo "dure" anche per i terroristi
Anche i terroristi hanno un’anima? Non se saremmo sicuri. Ma certo qualcuno dei giornalisti a loro vicini, forse coi nostri soldi, ha studiato psicologia. Spulciando tra le redazioni si è scoperto che esistono in circolazione delle immagini, delle foto, così crude da impressionare anche gli stessi amici dei terroristi islamici infiltrati nelle tv e nei giornali arabi. E forse gli stessi capi terroristi che le hanno scattate. E un "grande vecchio" fotografo, giornalista o psicologo deve aver messo l’embargo su quelle diapositive. Troppo controproducenti per il Movimento "rivoluzionario" e per la stessa società araba.
Così, Daniel Pearl, il giornalista ebreo del Wall Street Journal, non ce lo fecero vedere. Fu sequestrato in Pakistan e sgozzato. La colpa? Era ebreo. Come non abbiamo visto Fabrizio Quattrocchi, l'italiano "mercenario" ucciso con un colpo di pistola dai suoi sequestratori. E così di seguito, tante immagini - ultima quella del corpo di Baldoni - sono state sottratte alla visione dell'impressionabile popolo occidentale, a volte occultate già dalla televisione araba Al Jazeera.
Ha ragione, eccome, Paolo Carotenuto che ci ha inviato queste note. Le brutali esecuzioni di Nicholas Berg, seguite da quelle di Paul Johnson, impiegato dell'azienda aeronautica statunitense Lockheed Martin, del sud coreano Kim Sun e di molti altri sciagurati finiti nelle mani di gruppi armati islamici sono state visibili solo al mondo degli internauti, diffuse dagli stessi autori dei massacri nei loro siti di propaganda.
Eppure la nostra tv è da sempre abituata alla violenza più estrema, alla morte straziante mostrata per gioco, per fiction. Senza dimenticare che da decenni siamo inondati dalle immagini in bianco e nero dei campi di concentramento, mostrate perché la memoria è un dovere da custodire, perché l'orrore di quegli anni deve restare come monito per il futuro, come ci hanno insegnato gli amici ebrei. Oggi queste immagini vengono occultate per l'ansia che potrebbero ingenerare nell'opinione pubblica.
Ma il rischio vero è un altro. La loro visione ci metterebbe dinanzi ad una realtà che smentirebbe l’ipocrisia femminea della società finto-progressista d’Europa: non siamo spettatori neutrali, troppo comodo, ma siamo in guerra, stiamo combattendo un nemico spietato che ha deciso di attaccare la nostra civiltà da decenni e che solo la nostra cecità ci ha spinto ad ignorare. Che ci piaccia o no è una guerra di civiltà nella quale ci sono tribunali di Allah che eseguono senza pietà le punizioni per i nemici, gli infedeli, anzi tutti gli stranieri. E noi, come bambini immaturi, non siamo ancora pronti ad affrontare tutto questo.
Perciò rifiutiamo di vedere la brutalità con la quale 12 nepalesi sono stati giustiziati, però con gran disinvoltura assistiamo alla visione di altre rappresentazioni, con ricchezza di particolari, grazie a quel "dovere di cronaca" (discrezionale) che nelle società autoritarie neanche esiste. Così non ci sono stati nascosti i resti dei bambini finiti sotto le bombe americane, non ci sono state risparmiate le foto che illustrano gli abusi dei militari americani del carcere di Abu Ghraib. Gli arabi non sanno (noi, sì, per fortuna) che la tortura da loro è pratica costante o addirittura legge, mentre da noi è un reato grave, punita anche dalle corti marziali.
La verità è che, da perfetti masochisti, preferiamo essere nemici di noi stessi, anti-europei e anti-occidentali, e come certe donne godere delle nostre colpe vere o presunte, piuttosto che riconoscere virilmente l'esistenza di un nemico vivo e spietato da combattere. E come diceva Don Abbondio, uno il coraggio non se lo può dare, se non ce l’ha. (Il filippino della Pivetti)
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QUANDO SI DISPREZZA IL BUONSENSO E LA CARTA GEOGRAFICA
Turchi in Europa? "Mamma, li scemi!"
"Non solo Dio ha commesso un sacco di errori - direbbe Woody Allen - ma perfino Pannella alle volte sbaglia". L’ho detta grossa? Macché, proprio noi che siamo vicini ai radicali e a quell’area "liberal" che trova le spezie più odorose e piccanti nel Foglio di Ferrara, nel Riformista di Polito e nei commenti di Mieli sul Corriere, adesso diciamo "no". Non ci capita spesso e perciò salutiamo come un evento eccitante, una piccola palingenesi, questo diverso parere. Meno male, cominciavamo a dubitare delle nostre sinapsi neuronali, a forza di condividere spontaneamente ogni virgola del pensiero della nostra "potente lobby di riferimento". Che bello, ma anche che noia. Finalmente, dai e ridai, siamo riusciti a pensarla diversamente, almeno dai radicali e da Paolo Mieli.
Be’, sì, dopo il Padreterno, anche Marco ha commesso qualche errore. Per esempio fu lui a proporre Scalfaro alla Presidenza della Repubblica, ad allevarsi in seno personaggi sbagliati, né radicali né liberali, o ad emarginare veri liberali che potevano fargli ombra, ad inventarsi le raffiche di referendum che hanno snaturato l’istituto, a chiedere troppo per entrare nel Polo, e così via. Ora la buccia di banana è il nuovo slogan "La Turchia in Europa". Come gli è venuto? Che cosa c’è dietro?
La speranza è che se l’Europa si apre anche alla Turchia - che Europa non è, ma è Asia per storia, geografia e cultura, come ha detto lo storico Le Goff - il mondo islamico sarà diviso, l’estremismo terroristico isolato, e l’esempio della modernizzazione vincente e delle conseguenze positive delle "buone maniere" internazionali possano suggerire ai giovani e ai governi che esiste un nuovo modo di vivere l’Islam. Un modo più dignitoso e onorevole.
Ma questo può funzionare per paesi e civiltà europee, come infatti ha funzionato con i paesi dell’Est Europa comunista, che in passato avevano già conosciuto almeno forme larvate di democrazia liberale, società razionali in grado di fare freddamente confronti e valutare vantaggi e svantaggi. Questo può valere per chi è stato educato a rispettare la vita, propria e altrui. Non può valere per popoli allevati da secoli al dispotismo, tenuti nell’incultura, in cui i religiosi sono padroni e le donne schiave, in cui la vita umana non ha alcun valore e il concetto maschilista di "onore" ha aspetti grotteschi e disonorevoli.
Una furbizia stupida, insomma. Perché, al contrario delle rosee previsioni dei nostri amici "liberal", è facile prevedere che le masse turche che si riverseranno in Europa, ufficialmente in cerca di lavoro, verranno infiltrate dagli agitatori e dagli estremisti, che si butteranno a pesce – se non sono imbecilli – su un’occasione d’oro del genere. Dopodiché, il passato insegna, a porte spalancate non sarà più possibile rincorrere questo o quell’agitatore, questo o quel terrorista. E poi, nella competizione per l’egemonia della società turca all’estero, perché dovrebbero prevalere miracolosamente i moderati, in una società priva d’una vera opinione pubblica, bombardata dalle Tv arabe come Al Jazira e Al Arabia, che offrono sempre modelli di riferimento contrari all’Occidente? E infatti, già ora molte donne in Turchia hanno ripreso il velo, si diffondono gli attentati e "le conversioni religiose" nelle scuole coraniche.
Un cavallo di Troia vero e proprio, proprio quando la società europea sta barcollando di fronte al terrorismo internazionale, incapace di fronteggiarlo per non dover ammettere di essere "in guerra". L’ammissione della Turchia, che è oltretutto balzana trattandosi d’un paese asiatico, sarebbe il colpo di grazia per quel po’ che resta dell’Europa liberale. E noi, sì, ci spaccheremmo, altro che l’Islam. Ora, passi per il primo cavallo di Troia, quello degli Achei. Ma già il secondo, l’infiltrazione dei cristiani, distrusse la più grande civiltà del mondo, quella romana. Il terzo, l’immigrazione attuale, sta cambiando in peggio la nostra vita, senza che nelle periferie di Parigi, Londra o Roma si riesca almeno a diffondere l’abc di una società liberale in chi arriva qui già "incazzato" e prevenuto contro il liberalismo e l’Occidente. E poi che c’entra la Turchia? Molto più europee la Nuova Zelanda e l’Australia.
Quindi un’idea da pazzi - non posso dire da scemi conoscendo la loro intelligenza - quella che una nuova inusitata "lobby turca" capitanata dai radicali, compreso l’ex segretario Rippa, direttore di Quaderni Radicali, e Mieli stanno proponendo. Come se noi europei dovessimo anche diventare le "levatrici" democratiche del mondo, gli "educatori" per il loro bene e sul nostro territorio di popoli interi visti come scolari renitenti e fuggitivi. Utopia, puro cieco filantropismo 1789, e nessuna attenzione ai nostri interessi quotidiani. I liberali del passato sobbalzerebbero per questa "operazione in pura perdita". C’è poi il sospetto che si tratti solo dell’ennesimo mezzo per avere risonanza, approfittando dell’attenzione della rentrée settembrina. Certo appaiono insopportabili le proposte di esperimenti di laboratorio "in vivo" mentre la gente in Europa già boccheggia per la crisi e la truffa dell’euro.
Illuministi che si divertano ad inventare nuove proposte pour épater les bourgeois, giocando un po’ cinicamente sulla pelle degli altri? Ma sì, perché politici e giornalisti sono categorie a parte, troppo vicine tra loro anche nelle abitudini. Per esempio non li vediamo mai salire sulla metropolitana o sul bus affollato come comuni mortali. Mortali, appunto. E poi, basta con questo altezzoso ignorare il buonsenso, le idee semplici della gente comune, la casalinga, l’uomo della strada, il pendolare. Tutta gente che dovrà subire in pieno l’ondata d’urto d’un impatto demografico e sociale devastante, mentre come autonominatisi esperti di "ingegneria sociale" e "geo-politica", al sicuro e ben pagati negli studi, nei salotti e nelle redazioni, i nostri illuministi "liberal" passano il tempo a distillare trovate eclatanti. Come quella del seggio parlamentare al "cattivo maestro" Antonio Negri e alla dignitosissima - se è per questo – pornostar Ilona Staller. (Camillo Benso di Latour)
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SE TUTTI SI DICONO "LIBERALI", CON CHI SI FA L’UNIFICAZIONE?
Tutti si dicono "liberali"? Che schifo
C’è il serio rischio che nei prossimi anni accada in Europa alla parola "costituzione", ciò che accadde in Italia, dopo la fine del comunismo, alla parola "liberale", ha scritto il liberale Angelo Panebianco (ce ne fossero altri al Corriere, come Panebianco e Ostellino). Allora praticamente tutti, dai post-comunisti ai post-fascisti, ai sopravvissuti della Prima Repubblica, si dichiararono all’improvviso "liberali". Il risultato - aggiungiamo noi - fu che quello che prima era un termine semanticamente forte, impopolare e coraggioso (negli anni 60 e 70 si era guardati con disgusto da 98 persone su 100 al solo definirsi liberali) è diventato oggi un termine debole, ovvio, anodino, perfino troppo moderato. Proprio vero che la moneta cattiva scaccia la moneta buona. Con conseguente devastanti per l’identità liberale. Per esempio, se adesso i liberali volessero unificarsi, come potrebbero selezionare tra quelli veri della prima accezione e quelli della seconda? (
Ninetta, quella che scopa in redazione)
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GLUCKSMANN: INDIFFERENZA MORALE DELLE AUTORITA’ "SPIRITUALI"
Preti e pastori in Europa: porgono l’altra natica
Non solo l’estremismo dell’Islam, in nome di Dio, ha messo in crisi le Chiese e le religioni. Ma anche il ciarpame esoterico, misterico, superstizioso, irrazionalista, scrive il filosofo Glucksmann nel suo nuovo libro La terza morte di Dio (Liberal edizioni, pp.329). E anche il nuovo ruolo centrale della scienza nella vita dell’uomo. A che pro il Dio unico, quando coloro che vi si appellano si scannano l’un l’altro, senza limiti? Come sognare la democrazia quando i lavoratori di tutto il mondo si uniscono all’inferno, dove si spediscono a vicenda? Chi può appellarsi ormai, senza ridere, all’universalità dei professori universitari, deliranti e sconvolti quanto il semplice borghese? Ma il tempo passa e cancella, e gli europei sono spinti a riprendere possesso della loro bolla di eternità. Qualche iniezione "di richiamo", e le sventure degli altri rinfrescano la memoria. L’impensabile di un tempo, una volta prodotto, rimane per sempre possibile. Niente di disumano ci è estraneo.
Sia la religione sia la scienza sono ora aggredite dall’indecente pacchiana orgia irrazionalistica, con tutto il suo ciarpame di oroscopi, parapsicologia, astrologia, occultismo, spiritismo e altre fumisterie. Il supermarket di satanismi, stregonerie e carnevali iniziatici è una truffa o autotruffa ai danni di consumatori privi d’intelligenza e di fantasia. Non è strano che possa condurre, come è accaduto, al delitto, suprema tentazione di stupidità e di violenza verso gli sprovveduti che si fanno incantare da ba-bau di cartapesta sino al punto di diventare vittime e carnefici, anche di se stessi. (Don Minzione)
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DILETTANTI ALLO SBARAGLIO: LA GAFFE PIU’ AUTOLESIONISTA
Perché dimetterlo? Mandiamo Sirchia in Turchia
Un ministro della sanità che si vanta in una conferenza stampa della guarigione d’un bambino che, qui in Italia, grazie alla sua legge non si sarebbe mai potuto curare, è una delle gaffes più gustose e indimenticabili degli ultimi tempi. E anche l’intellighentzia (si fa per dire) cattolica che sta dietro la politica e la ricerca scientifica, in questi ultimi anni di "bio-etica" politicamente corretta, non è migliore. All’integralismo clericale stanno facendo più danni loro di dieci Pannella. Tanto che, se fossimo dei cattolici, protesteremmo vivamente contro questa mancanza di intelligenza politica e psicologica.
Perciò, mossi a pietà, pur con tutta l’avversione culturale possibile, non riusciamo a infierire su quelle mezze figure del Governo che hanno deciso di far fare all’Italia una serie di figuracce da paese da operetta. Così ottusi che cadono su se stessi. Così ciechi da non capire che quello che dicono o fanno si ritorce immediatamente contro di loro. E perfino il bravo segretario radicale Capezzone, che è un signore, più di tanto non riesce a sfotterli. Non è un terrorista islamico capace di sparare anche sullo scemo del villaggio. Preferisce usare il fioretto dell’ironia e del sarcasmo. Davvero, se fossimo dei cattolici intelligenti protesteremmo vivamente con questi cialtroni di destra e di sinistra privi d’ogni intelligenza politica e psicologica. Anche quelli della Margherita non scherzano su questo punto: a Monopoli è stato vietato un tavolo per la raccolta delle firme del referendum proposto da un esponente margheritino.
E intanto la gente ride o si indigna. Perché scopre ora che non solo nella "cattolicissima Spagna", molto liberale in fatto di norme sull’uso degli embrioni in ricerca e terapia, o nella Turchia islamica, ma perfino nei laboratori dell’Università cattolica di Lovanio, in Belgio, non esistono le stupide e sadiche limitazioni della legge italiana. E ha avuto buon gioco il furbo ministro della sanità della Slovenia, intervistato da Radio radicale, che pur di avere un po’ di turismo in più si è dichiarato disponibile ad accogliere le coppie italiane desiderose di ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita. Che vergogna per noi.
Ma il bravo e signorile Capezzone, sbaglia a voler far dimettere l’ingenuo Sirchia. Senta a me: lo lasci dove sta. Danneggerà qualche povera coppia che non può avere figli, è vero, ma solo per pochi mesi. Nel frattempo danneggerà di più se stesso, facendo il lavoro che dovremmo fare noi.. E nel frattempo - mi scuso per il cinismo - fa propaganda gratis per il referendum e avvantaggia noi liberali. E poi, volete mettere, con questi cattolici al governo e all’opposizione, qualunque nostra idea o obiezione sembrerà per contrasto meravigliosamente vincente, acuta e profonda. Roba da grandi politici. E’ per questo che i dilettanti vengono messi nei governi: per far fare bella figura ai professionisti. E i radicali, che sono i più furbi, hanno bisogno come il pane d’una controparte del genere, che sembra fatta apposta per loro. D’altra parte, molti cattolici conservano una loro tipica, genetica, ingenuità da parrocchia, che ne fa inevitabilmente delle vittime condannate al sacrificio. E’ nota in psicologia la loro propensione per il masochismo, visto che il cattolicesimo è una religione "femminile". Al massimo, perciò, se proprio Sirchia ama viaggiare, può tentare di redarguire e convertire anche i medici turchi. Mandiamolo in Turchia, per un bel decennio "sabbatico". (La badante russa di Cossiga)
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AMORE FILIALE. LA VERGOGNA DEL CASO "LAURO"
Craxi jr.: papà fece bene a rilasciare Abu Abbas
Non si pretende che i figli denuncino i padri, per carità. E neanche il contrario. Sarebbe bastano solo un dignitoso silenzio. Così Bobo Craxi, sempre più somigliante nella voce e nel gesto al padre, ha perso l’occasione di tacere. Rudolf Giuliani, ex sindaco di New York, aveva rievocato i tempi bui in cui gli Europei soggiacevano ai terroristi islamici, come nel caso del dirottamento della "Achille Lauro", così alimentando sempre nuovi ricatti. L’uccisione dell’anziano paralitico americano di fede ebraica Leon Klinghoffer, l’arresto e la liberazione del terrorista palestinese Abu Abbas, contro le giuste pressioni degli Usa, e poi il confronto con i soldati americani a Sigonella, furono il periodo più buio della presidenza Craxi, tanto che il repubblicano ministro della difesa, il debole Spadolini, "fu sul punto" di dimettersi e di mandare a picco il governo.
Ebbene, Bobo ancor oggi approva senza distinguo il rilascio del terrorista. "Si può soltanto essere fieri - ha detto - del fatto che il governo presieduto da mio padre non sia stato cieco esecutore degli ordini americani". Che senso di nausea. Noi ricordiamo la scena allucinante dell’aeroporto di Sigonella stampata nella memoria visiva: i carabinieri con i mitra spianati che accerchiavano i soldati americani che a loro volta cingevano d’assedio l’aereo con a bordo il terrorista Abu Abbas. Una delle vergogne dell’Italia socialista. (Bottino Ricasoli)
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TRADITO DA UN VECCHIO TIC, VOLEVA DIRE "LIBERALE"
Spaventa (Ds): "Fate qualcosa di destra"
Li avete visti i grandi manifesti dei Ds con la grande scritta ironica-ingannatrice "Forza, Italia"? D’accordo, la virgola è tutto in questa goliardata grafica, ma un tempo il serio partito di D’Alema non avrebbe fatto questi scivoloni. E così i lapsus e gli errori, spacciati per "modernità senza scrupoli", "ironia" e "sarcasmo", sono ricorrenti nelle cronache degli esponenti Ds.
Il vecchio monito di Nanni Moretti all’allora Pds ("Dite qualcosa di sinistra") è risuonato a Cernobbio, sul finire dell’estate, ma in direzione opposta. "Fate qualcosa di destra, ma fatela" è sbottato l’ex presidente della Consob, Luigi Spaventa, economista dei Ds, rivolto al governo, incerto come l’asino di Buridano tra questo e quello, e spesso timido e inattivo proprio sulle misure economiche "liberali". "In Italia è tutto un susseguirsi di "occorrismo": occorre fare questo, occorre fare quello.... A due anni dalla fine della legislatura, serve solo a nascondere un’assoluta mancanza di idee". Intanto, dice Spaventa, emerge "l’inarrestabile declino del Paese: la sua economia cresce sempre meno, la quota nel commercio mondiale non aumenta da 10 anni, le liberalizzazioni non sono state fatte".
D’accordo, ma che c’entra la "destra"? Perché, le privatizzazioni degli enti economici di Stato e le liberalizzazioni delle professioni corporative, sarebbero ancor oggi misure "di destra" secondo i Ds? Ci cascano le braccia. Però poi si rialzano subito per il divertimento: scoprire che i neo-riformisti pseudo-liberal dei Democratici di sinistra, dimenticandosi la parte imparata malamente a memoria, cadano in vistosi lapsus freudiani, cedendo ai vecchi tic comunisti, è sempre una goduria. Ma sì, compagni, ammettetelo: nei più segreti angoli del vostro cervello il liberalismo è rimasto una cosa "di destra". Voi sì che siete "di sinistra". (Quintino Sella & Mosca)
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INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Primi in auto da corsa e telefonini (acquistati)
Quando la Ferrari vince, siamo contenti. Sempre un primato per l’industria e la creatività italiana è. Senza trucchi, inghippi o furbizie burocratiche, pare. Anche se si tratta di una modesta nicchia di mercato, e quelle che corrono sui circuiti non sono auto vere. Sono fragilissime, di plastica e fibre, metalli strani, e talvolta tenute su col nastro adesivo. Però, almeno motore e trasmissione devono essere veri, hanno preteso ingegneri, progetti, investimenti, valutazione dei rischi, e una concorrenza – vincente – con le migliori case automobilistiche del mondo. Non è poco per chi come noi crede nella libera iniziativa, nella competizione, nel merito.
Però non andiamo troppo oltre le Ferrari. Siamo tra i primi al mondo in telefoni mobili, ma solo nell’acquisto, non nella produzione. Forse ad essere scemi sono i nostri giovani che perdono ore in stupidi messaggi alla Mac Luhan al quadrato, in cui non solo il messaggio prevale sul suo significato, ma il mezzo è più importante del messaggio stesso. O invece sono incapaci i nostri inventori, finanziatori, industriali elettronici, che pure un tempo erano bravi, dato che producevamo ottime valvole termoioniche perfino in Sicilia?
Fatto sta che nella classifica sul grado di sviluppo tecnologico l’Italia è al 19.o posto nel mondo, al 41.o per numero di brevetti, al 31.o per spese in ricerca, al 37.o per addetti nei settori della ricerca. E’ il quadro poco confortante del rapporto presentato a Cernobbio dal premio Nobel Carlo Rubbia. Tra le proposte per invertire la tendenza, i cronisti hanno registrato tutte cose rasoterra, tipo il taglio dell’Irap sul personale di ricerca delle aziende (ma dimmi tu, che fantasia sublime…), il rifinanziamento (immagino statale) dei Fondi per la ricerca, gli investimenti (credo alla Keynes, nei settori strategici), stanziamenti (di sapore socialista) a enti pubblici e privati (che falsano la concorrenza) basati sul "merito" e non ben specificati "meccanismi di competitività". Nessuno ha detto che per rilanciare la competitività scientifica e tecnologica italiana, tutta la società deve cambiare in senso liberale e liberista. Altro che Irap. E’ la mentalità del posto fisso e dell’ala protettrice dello Stato, che specialmente tra gli studenti del Sud deve sparire. E bisogna cambiare radicalmente lo stesso status del ricercatore italiano: niente più impiegati statali a stipendio - oltretutto bassissimo – ma veri e propri professionisti. (La fattoressa di Einaudi a Dogliani)
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UN DIRIGENTE CHE NON PUO’ ENTRARE IN REDAZIONE
Hot water: "Tutti i terroristi sono musulmani"
"I nostri figli terroristi sono il prodotto finale della corruzione della nostra cultura", ha scritto Abdel Rahman al Rashed, direttore generale della tv araba Al Arabiya, in un editoriale che certo non ha potuto far leggere dalla "sua" (per modo di dire) tv, e che ha fatto pubblicare infatti dal quotidiano Asharq al Awsat, certamente non diffuso in Palestina o in Iraq. L’inusitato (per il mondo arabo) articolo era intitolato "L’amara verità: tutti i terroristi del mondo sono musulmani". In esso Al Rashed elenca una serie di attentati compiuti da gruppi estremisti islamici in Russia, Iraq, Sudan, Arabia Saudita e Yemen, molti dei quali ispirati direttamente da Al Qaeda, il gruppo terrorista di Osama bin Laden. "Gran parte degli attentati suicidi negli autobus, nelle scuole e nei centri residenziali in tutto il mondo negli ultimi dieci anni sono stati compiuti da musulmani", afferma al Rashed, che non si rende conto di essere entrato nel Guinness dei primati per "La più tardiva scoperta dell’acqua calda". "Noi musulmani non possiamo ripulire la nostra immagine "se non ammettiamo questo fatto scandaloso" e se continuiamo invece a fornire giustificazioni. "La situazione - chiosa - è umiliante, dolorosa e aspra per tutti noi". E pensare che queste banali verità sono del tutto sconosciute ai popoli arabi. Che del resto i giornali non li leggono. (La colf araba di Igor Man)
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L’INCUBO PIU’ TERRIBILE SUL CAPO DEI CITTADINI
Israele sotto la mira dei missili dell’Iran
L'Iran è ormai in grado di colpire con i propri razzi tutte le installazioni e gli arsenali nucleari in territorio israeliano. Lo ha orgogliosamente annunciato domenica a Teheran Yadollah Javani, il capo dell'Ufficio politico delle Guardie rivoluzionarie, pochi giorni dopo che il suo governo aveva annunciato di aver portato a termine con successo un esperimento su una versione potenziata del missile terra-terra Shihab-3. "Adesso né il regime sionista né l'America potranno più realizzare le loro minacce", ha previsto Javani.
Il tema della minaccia nucleare contro Israele - ci riferisce Carmine Monaco - suscita l'incubo più terribile che si possa affrontare, ma sono molti gli interventi ad alto livello (e non solo di osservatori politici o militari) che, sia negli USAsia in Israele, evidenziano la necessità di agire. Noi possiamo intanto fararrivare il dibattito ai mass-media, cominciando per primi a discuterne. L'Iran si ostina ad andare avanti con il suo programma nucleare. Israele è, al momento, l'unico stato al mondo minacciato apertamente di guerra nucleare da uno stato vicino.
Cosa farà l'ONU? Forse condannerà nuovamente Israele per la barriera difensiva (e magari proprio perché funziona!), poi si vedrà: d'altronde, è evidente che se l'Iran dovesse riuscire nel suo intento, l'ONU non avrebbe più ragione di esistere. Cosa farà l'Occidente? Proverà tutte le strade diplomatiche possibili, facendosi prendere ancora una volta per i fondelli come fece con Saddam Hussein.
Cher cosa farebbe l'Occidente se avesse "coraggio" (cosa che esclude automaticamente Francia, Germania e compagnia bella)? E uno come Kerry, se vincesse le elezioni, avrebbe il coraggio di fare scelte dure e impopolari? Ma se anche un presidente Usa distruggesse quegli impianti immediatamente, così metterebbe a rischio la vita delle popolazioni vicine agli impianti: i leaders iraniani usano infatti il loro stesso popolo come scudo umano per i loro impianti e depositi nucleari sotterranei. Ecco uno dei vantaggi di vivere in una teocrazia. Del resto, il devoto iraniano Hashemi Rafsanjani ritiene che 15 milioni di morti iraniani (derivanti dalla sicura risposta nucleare israeliana ad un attacco nucleare iraniano) siano un "piccolo sacrificio" rispetto all'obiettivo supremo di eliminare Israele dalla faccia della terra, insieme ai suoi 5 milioni di ebrei. Rafsanjani dimentica di aggiungere a questi i 4 milioni e mezzo tra arabi israeliani e abitanti dei Territori, sottoposti come gli"ebrei" ai suoi missili nucleari.
Ma, a voler essere realistici, è probabile che finirà come per il reattore iracheno di Osirak, e cioè se ne occuperanno gli israeliani, col tacito avallo degli Usa che eserciteranno il diritto di veto per impedire ritorsioni Onu contro Israele. Ma se al posto di Bush, a novembre, ci fosse Kerry? Questo è l’interrogativo angoscioso che attanaglia la comunità degli ebrei americani e il popolo di Israele.
(Sara Di Veroli, commessa da Tagliacozzo)
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ANCHE A NOI UN PO’ DEI PRIVILEGI DEI RE AFRICANI
Se in Europa le ragazze si potessero scegliere così…
Chi ha detto che la democrazia liberale è perfetta? Ha un sacco di difetti: per esempio lega le mani ai governanti, ne limita gravemente la libertà. Pensate, non possono neanche godere dell’antico diritto noto come jus primae noctis, cioè il "collaudo" in anteprima della ragazza, che da che mondo è mondo è un tradizionale codicillo del potere. Utile anche al marito prudente, nel caso il sovrano dovesse scoprire difetti fisici o malattie nella di lui giovane moglie. Non so se vi rendete conto del "mancato piacere" che un’ideologia così spartana infligge ai governanti d’Europa e d’America.
Il sovrano assoluto dello Swaziland (Africa) Mswati III, riferisce Massimo Alberizzi, è solito esercitare con regolarità il suo atavico diritto alla prima notte con la vergine di turno, prima che un compiacente suddito – ringraziando per l’onore – la sposi. Ma ha anche escogitato un sistema ricco e scenografico per scegliere le nuove giovani mogli: fa sfilare a seno nudo e con i fianchi coperti dal tradizionale gonnellino di giunco tutte e ventimila le vergini in età da marito del Paese in un’allegra e canora processione. Il sovrano filma il corteo e si rivede poi con calma i particolari più interessanti, usando spesso – c’è da immaginarlo – il "fermo immagine". In tal modo sceglie la ragazza più adatta a diventare sua sposa. La prescelta, una ragazza di sedici anni piuttosto moderna ed emancipata, è già stata accolta in un apposito cottage: sarà ben presto la sua tredicesima moglie.
Solo un’obiezione, da "colleghi" in perfezionismo estetico, ci permettiamo di fare a Sua Maestà il video-re dello Swaziland. E’ sicuro di aver scelto bene e di aver utilizzato al meglio i suoi poteri? Non ne siamo del tutto sicuri. Perché quello strano e illogico limite del gonnellino? Perché restare bloccati dalle pastoie della tradizione? Davvero su questo punto il sovrano non si è dimostrato lungimirante. E se, poniamo il caso, la prescelta avesse – Dio non voglia – il sedere grosso o il ventre prominente? Giacché c’era, autoritarismo per autoritarismo, Corte dell’Aja per Corte dell’Aja, nude dovevano essere. Vabbè, caro re, sceglierai meglio l’anno prossimo.
(La Bella Rosina, dal Casino di caccia di Vittorio Emanuele)
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IL PREMIER IRACHENO
"Europei, non potete tirarvi indietro"
"Chi non combatte con noi si troverà il terrore in casa, è impossibile la neutralità" questa la frase più dura e inquietante pronunciata dal premier dell’Iraq Allawi. "Nessun Paese civile si può tirare indietro. La lotta al terrorismo deve essere globale. Perché la sfida è davvero globale. Non esiste la neutralità, come dimostra il rapimento dei giornalisti francesi". In un'ora e mezzo di intervista al Corriere della sera nel suo ufficio, Iyad Allawi ha ribadito il suo grazie all'Italia e la necessità dell'impegno internazionale in Iraq, da lui definito "terreno di battaglia dello scontro tra la civiltà e le forze del male". Un incontro caratterizzato dall'emergenza attentati e rapimenti. Ha esclamato più volte il premier iracheno: "Magari il caso dell'assassinio di Enzo Baldoni e dei due reporter francesi presi in ostaggio convincerà finalmente i media internazionali a chiamare con il loro vero nome i criminali che operano in Iraq. Altro che resistenza! Qui si tratta di terroristi!" (
Marisa, quella del Wonderbra taglia 6)
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COME VINCERE E CURARE LA PSICOPATOLOGIA DEL TERRORE
Gli estremisti? Bombardiamoli con la Tv
Quanto avrebbe perduto la poesia italiana se Leopardi non avesse avuto complessi, non fosse stato piccolo, brutto, gobbo, con l’alito fetido, ma bello, alto, con gli occhi azzurri e pieno di belle donne? D’accordo, nell’arte può accadere (da Edgar Poe a François Villon, da Van Gogh a Charlie Parker) che il dolore o la psicopatologia affinino la personalità e spingano alla creazione. Ma gli artisti sono pochissimi. Che accade nella vita sociale di tutti i giorni ai "non artisti" dalla personalità gravemente disturbata? E quando sono "disturbati" anche professionisti, impiegati, preti, poliziotti, politici? Le loro scelte quotidiane sono non del tutto "libere", ma dettate da questa condizione patologica. Del resto, la libertà, in questa accezione non politica, è molto relativa: siamo tutti condizionati da noi stessi e da ciò che ci circonda.
Ma ai politici non piace pensare che una personalità o un’azione considerata "politica" sia in realtà espressione di patologie psicologiche anche gravi, che con la politica non hanno niente a che fare. Sarebbe mettere in discussione l’humus nel quale vivono. Loro credono che "tutto è politica". Una qualunque proposta diventa una "idea", una qualsiasi dichiarazione, la più banale o bislacca, è per loro un argomento di discussione, al quale rispondere seriamente. Insomma, sono affetti da una deformazione mentale che per comodità possiamo chiamare "ideismo". Tutto è "idea". Da cui discende che "un’idea vale un’altra".
Come la mettiamo, allora con il fanatismo e l’estremismo dei terroristi oggi? Fanno parte a pieno titolo e con tutti gli onori della politica oppure sono di semplice competenza di psichiatri e criminologi, se non di poliziotti e giudici? La questione è delicata, specialmente per noi liberali, perché un dittatore potrebbe anche definire "manifestazione psicopatologica" il liberalismo o qualsiasi idea di dissenso. Ma noi propendiamo decisamente per la seconda tesi.
Su questo tema si è tenuto a Roma, all'Hotel de Russie, un incontro ("Fanatismo: cause e rimedi") tra politici e scienziati promosso dal Centro Culturale per la Rivoluzione Liberale di Luigi De Marchi e condotto da Giordano Bruno Guerri, storico e direttore del quotidiano "L'Indipendente". La traccia proposta, nientemeno, era chiarire le cause profonde del fanatismo che minaccia oggi le società dell'Occidente liberal-democratico e discutere gli strumenti più efficaci per combatterlo e prevenirlo.
Il liberale De Marchi, teorico in Italia della psico-politica, ha indicato le cause del fanatismo, sia religioso che politico, in due precisi fattori psicologici: i tabù sessuali, che caratterizzano da sempre i gruppi più fanatici e intolleranti e che servono a metabolizzare in aggressività contro i nemici interni ed esterni dell'autorità l'energia delle pulsioni sessuali represse; e l'angoscia della morte, che spinge i capi e i seguaci delle fedi e delle rivoluzioni dogmatiche a sterminare i miscredenti e i controrivoluzionari, visti come nemici della "vera Chiesa" o della "vera Rivoluzione" e come sabotatori dei "paradisi celesti" o "terrestri", da quello ariano dei nazisti o quello proletario dei comunisti.
E contro il fanatismo la guerra, spesso obbligata dalla politica nel breve momento, non serve nel lungo periodo, come si è visto in Afganistan e Iraq. Per l'ovvio motivo che è stupido dare la morte a chi la cerca con ogni mezzo. In fondo gli si fa un favore. Infatti il fanatico religioso desidera ardentemente di morire in battaglia, convinto così di guadagnarsi la felicità eterna nel paradiso degli Eroi.
Piuttosto sarebbe più efficace (ma, a differenza della guerra, vuole molta intelligenza, cioè psicologia) bonificare l'humus culturale. A cominciare dall'estremismo religioso che lo produce. Ma come?
Secondo noi sarebbe stato utile, piuttosto, chiudere tutte le scuole islamiche d’Oriente, cioè andare diritti agli imam, agli ulema e a tutti i preti pazzi dell’Islam, e nel contempo creare nuove scuole islamiche fondate su principi tradizionali e non-violenti. Ma siamo sicuri che le proteste del mondo occidentale sarebbero state forse più alte che in caso di guerra. Tutti avrebbero gridato all’attentato alla "libertà religiosa". Ma il nodo è quello e non altro. Non dimentichiamo che perfino l’Italietta liberale di fine Ottocento mise in galera vescovi e preti che incitavano il popolo a disobbedire alle leggi e a rivoltarsi contro lo Stato.
Nello stesso tempo, ha detto De Marchi, l’Occidente dovrebbe creare una gigantesca cintura mediatica intorno a tutti i regimi dogmatici, sia religiosi che politici, che trasmetta 24 ore al giorno ai popoli controllati dalle tirannie religiose o politiche i messaggi, le immagini e le musiche di libertà non solo politica ma anche amorosa, femminile, giovanile. Insomma, avremmo dovuti bombardarli tutto il giorno, ma con innocue e più subliminali onde elettromagnetiche, con radio e Tv, regalando magari milioni di apparecchi (uno in ogni famiglia). Dopotutto, in Polonia, Germania orientale, Albania e in tanti altri paesi, la dittatura non è caduta anche così?
(Ludmilla Kocilova, stagista di Putin)
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SE L’EOLICO DETURPA IL PAESAGGIO
"Ma, allora, come produciamo l’energia elettrica?"
L’articolo sull'energia eolica (Salon Voltaire, N.5) che ho letto in ritardo – scrive Pietro Paganini, segretario dei Giovani Liberali – mi ha spinto a qualche riflessione. Sono d’accordo che i piloni con le pale possono deturpare il paesaggio, l'ultima cosa bella rimasta in Italia. E vero che questi piloni costano molto, ma almeno il loro "risparmio" in inquinamento è tale da giustificarne la spesa? Altrimenti, vorrei proprio sapere quali altre forme "convenienti" di energia pulita esistono. Insomma, con tutti questi no, come produciamo energia? Del resto, è la forza del liberalismo lasciare in noi sempre qualche dubbio, conclude Paganini.
Verissimo. Dubbi che sono anche i miei da oltre vent’anni, essendo insieme liberale e ambientalista, un doppio filtro terribile e severo, tale da bloccare perfino la nicotina delle Gitanes. E tutti i miei amici ecologisti erano marxisti o cattolici, tutti anti-liberali; mentre tutti i miei amici liberali ignoravano il problema natura e salute, almeno sul piano pubblico. Ma poi ho capito che, proprio per questo, ero l’unico ad essere avvantaggiato. Perché ho scoperto che le uniche soluzioni che funzionano in natura sono quelle compatibili con la scienza e l’economia. E oggi tutte le risposte ambientali o energetiche possibili sono liberali. L’eolico, o energia dal vento, ne è un esempio.
Anch’io ho strabuzzato gli occhi nel leggere le prime documentatissime denunce del benemerito "Comitato per il paesaggio" di Ripa di Meana e Rutigliano, e poi la fin troppo dettagliata inchiesta apparsa mesi fa sul magazine tedesco Der Spiegel (voci "Eolico" e "Documenti" in
CNP.
Da liberale non ho delle "mie idee" filosofiche, cioè dei pregiudizi, che surroghino la scienza: sto all’evidenza, all’up-to-date della scienza e della tecnologia. Oggi, dopo gli esperimenti fatti in Grmania e in Italia, gli esperti indipendenti hanno scoperto e provato che il risparmio in inquinamento chimico dell’energia eolica è bilanciato dai costi alti e dall’inquinamento estetico-ambientale. Negli Stati Uniti, per soli 130 torri, c’è una rivolta, capitanata da molti ecologisti "liberal", compresi i Kennedy, gli ex hippies e il famoso giornalista democratico Cronkite. Tutta gente di sinistra, tra l’altro. Disgustati dall’impatto ambientale, superiore a ogni inquinamento.
Il vento che io lodavo 20 anni fa romanticamente ("una o due piccoli tralicci, simili a pozzi artesiani, per l’autoproduzione d’una piccola fattoria…"), utilizzato su scala industriale per poter incidere con una percentuale sensibile sulla produzione totale (molte migliaia di torri altissime sulle creste delle montagne), paradossalmente non è più economico. "Sembra" conveniente solo perché lo Stato finanzia lautamente i produttori, un tanto a kilowattora. E perché i produttori tacitano i sindaci e le popolazioni pagando, alla luce del sole, proprietari e Comuni. Grazie tante, così qualunque tecnologia diventa appetibile. Ma per la collettività (e per un liberale) no, perché la sovvenzione statale ha costi altissimi, c’è una grave distorsione del mercato e l’inquinamento estetico è insostenibile. Superiore a quello chimico.
Tu dirai, vabbè, la paghiamo di più, come paghiamo di più l’agriturismo o il cibo biologico (altro bluff). Ma almeno è "pura", "sana", intorno alle pale si può "respirare". Sì, vicino alle pale si può respirare, ma non vivere, è un ambiente allucinante. I turisti scappano, visto che la sky-line è irrimediabilmente stravolta, e c’è un rumore-sibilo continuo. Gli uccelli vengono uccisi o allontanati con effetti devastanti su tutta l’avifauna (ci sono già ampi studi). E’ la distruzione, non virtuale, della bellezza dell’Italia.
In coscienza, mi cospargo il capo di cenere: chi poteva immaginare che dai piccoli tralicci nascosti tra gli alberi, da noi ingenuamente vaticinati negli anni 80 per la piccola produzione individuale, si sarebbe arrivati a mostri sibilanti di 60 o 100 metri, e per di più messi a batteria, a centinaia sulle creste inviolate e al di sopra dei villaggi montani, per infime percentuali sulla produzione nazionale? I primi ad essere choccati siamo stati noi ecologisti della prima ora.
Che fare invece? Intanto l’eolico, anche impiantato al massimo, darebbe una percentuale modesta di energia in Italia, paese poco ventoso, e quindi è una fonte costosa e inadatta. In alternativa ci sono tante piccole fonti. C’è il fotovoltaico, che ha un impatto visivo notevole ma meno disseminato dell’eolico e non tocca le vette, il solare sui tetti per l’acqua sanitaria (buon risparmio di energia) e soprattutto l’idrogeno per le auto, quando sarà accessibile a costi bassi, che farà risparmiare molto petrolio. Oltre al nucleare, se ne abbiamo virilmente il coraggio (mi tremano i polpastrelli sui tasti: da giovane ero un super-contestatore), oggi molto più sicuro di 20 anni fa. Intanto l’Enel sta abbandonando il petrolio e utilizzando sempre più il più economico carbone, oggi poco o nulla inquinante con le nuove tecnologie delle torri di abbattimento.
Ma non ti ho detto ancora nulla: alla fine c’è l’uovo di Colonbo. La gente non sa che oggi serve tanta energia perché se ne spreca tanta. Quindi è l’eliminazione degli sprechi la fonte migliore. E il liberale e l’ecologista che sono in me gongolano all’unisono: hanno ragione entrambi. Studi seri quantificano il guadagno, con le attuali conoscenze, fino al 47% in pochi anni, dai vecchi studi di Weizsacker-Lovins fino ai nuovi di Ag. Naz. Ambiente. Ma ogni anno ci sono progressi tecnologici.
Insomma, nessuna fonte alternativa pulita è così vantaggiosa della ottimizzazione razionale dei consumi e dell’eliminazione degli sprechi. Si tratta di fare una campagna per educare i nostri consumi, senza nessuna restrizione sensibile. Si va - cito a memoria – dall’eliminazione di illuminazioni inutili (oggi esiste un vero inquinamento foto-elettrico), alla conversione di palazzi di vetro, al trasporto dell’elettricità, alle nuove norme sulla coibentazione degli immobili, alla ottimizzazione nell’uso degli elettrodomestici, ai prezzi differenziati per ore della giornata e giorni della settimana ecc. E a tante altre misure più tecniche. Ma un kilowattora risparmiato attraverso l’efficienza energetica è "energia pulitissima" (non prodotta) e richiede investimenti molto inferiori alla produzione di un nuovo kilowattora ex novo. Bello, no? Sembra una favola liberale.
(Alessandro Volt-Ampere)
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IL "BIGNAMI" DEL VICINO ORIENTE
La vera storia di Israele e Palestina
Gli italiani non conoscono la storia di Israele e del vicino Oriente. Vari sondaggi rivelano che gli italiani (e molti in Europa) credono che uno "Stato palestinese" sia esistito addirittura "prima" di Israele, e che gli israeliani ne abbiano "invaso" il territorio; che la città di Gerusalemme, prima dell’invasione israeliana degli ultimi anni, fosse una città araba. E così via, di sciocchezza in sciocchezza. Un breve sommario storico servirà a orientarci meglio.
Intanto, Israele ha una superficie di circa 22.000 km quadrati, equivalente alla metà della Svizzera, e una popolazione di 6 milioni d'abitanti, dei quali 1 milione sono arabi. Dal 1312 a.C. al tempo dell'esodo dall'Egitto, Israele ha conseguito l'indipendenza nazionale, duemila anni prima dell'ascesa dell'Islam. Gli arabi nei territori palestinesi hanno iniziato a dichiararsi "popolo palestinese" soltanto dal 1967, due decenni dopo la fondazione del moderno stato d'Israele. Dalla conquista di Canaan (nel 1272 a.C.) gli ebrei hanno governato mille anni sul Paese. La loro presenza in Terra Santa negli ultimi 3300 anni è stata continua. A partire dalla conquista islamica nel 638 d.C. ci fu un periodo di dominio arabo fino al 1072.
Da più di 3000 anni Gerusalemme è la capitale ebraica. Gerusalemme non è mai stata capitale di un'altra nazione araba o islamica. Perfino quando la Giordania occupò dal 1948 al 1967 la parte orientale della città, non ne fece mai una capitale. Nemmeno i palestinesi la chiesero come tale. Nella Bibbia troviamo Gerusalemme menzionata più di 800 volte. Nel Corano non è menzionata neppure una volta. Re Davide conquistò Gerusalemme nel 1004 a.C. e ne fece la capitale d'Israele. Maometto non venne mai a Gerusalemme, seppure la leggenda dica che Maometto sia asceso al cielo dalla Città Santa.
Già nel 1880 Gerusalemme, Hebron, Haifa e Safed erano città in maggioranza assoluta ebraiche. Prima della nascita dello Stato di Israele, le terre acquisite dagli ebrei furono regolarmente acquistate, a carissimo prezzo (ai prezzi di mercato non valevano nulla perché aride, sassose e improduttive) dai grandi proprietari latifondisti arabi, che così si arricchirono. Si conservano gelosamente i relativi contratti di compravendita. Questa "colonizzazione" pacifica inizia intorno al 1882. Furono gli stessi latifondisti arabi che quando capirono che gli ebrei, oltre a bonificare le terre, portavano diritti sindacali anche per i loro braccianti, scoprirono la "perfidia sionista" e passarono alle azioni squadristiche. Fu così che i "coloni" ebrei smisero di delegare la difesa a truppe prezzolate arabe e si difesero in proprio.
Nel 1897 il giornalista ungherese Theodor Hertzl pubblica "Lo Stato ebraico", documento che segna la nascita del sionismo politico. Nel 1917 Balfour, primo ministro britannico, si dichiara a favore della costituzione di uno Stato ebraico in Palestina. In quegli anni la Palestina non era altro che un territorio amministrato dalla Gran Bretagna. Dal 1926 al 1936 si contarono varie rivolte dei palestinesi contro gli inglesi.
La fondazione dello Stato di Israele non è certo avvenuta con la forza, ma in seguito ad una precisa risoluzione dell’ONU nel 1947 (n.181), che divideva la regione in due stati sovrani e indipendenti: uno ebraico e l’altro arabo. Più una zona internazionale (Gerusalemme e Betlemme). Gli ebrei, da parte loro, per opera di Ben Gurion, dettero sùbito seguito alla risoluzione e fondarono lo Stato di Israele nel maggio 1948. Re Abdulla di Giordania (padre di Hussein) era favorevolissimo a fare di Gerusalemme una sorta di Vaticano gestito da un sinedrio di grandi vecchi delle tre religioni rivelate. Abdulla era amico di Golda Meyr e di Martin Buber, e aveva capito che benedizione sarebbe stata l'immigrazione ebraica vicino al suo regno. Fu assassinato mentre pregava dai nazisti arabi capeggiati dallo zio di Arafat.
Al contrario, i palestinesi non fondarono il loro stato, perché gli stati arabi circostanti – tutti monarchici e autoritari – si opposero alla creazione nella zona di un nuovo stato arabo indipendente, per di più sicuramente repubblicano. Gli stati arabi si opposero anche alla fondazione di uno stato ebraico. Per di più, quando nel ’48 gli israeliani furono attaccati dagli stati arabi, questi ultimi convinsero i palestinesi ad abbandonare le loro case e a fuggire, consentendo così agli israeliani di conquistare nuovi territori, e creando così i "profughi palestinesi". I tiranni arabi impedirono la nascita dello stato arabo di Palestina, anche occupando i territori su cui doveva nascere questo secondo stato arabo (uno già c'è ed è la Giordania, che occupa il 73% del territorio della Palestina storica). Israele ha liberato queste terre nel 1967 e le ha più volte offerte agli arabi che hanno sempre rifiutato.
I profughi palestinesi furono sempre sopportati o trattati male dagli arabi (Giordania, Egitto, Libano, Siria) a causa della loro indipendenza o meglio, della loro devastante attitudine a distruggere i paesi ospitanti. I campi profughi furono creati dagli arabi, che poi però si accorsero di avere una spina nel fianco e arrivarono addirittura ad eliminare gli abitanti dei campi (strage di Sabra e Chatila, il 14 settembre 1982, ad opera di miliziani cristiani libanesi e giordani).
Nel 1956 Israele partecipa alla guerra di Gran Bretagna e Francia contro l’Egitto (che aveva chiuso il canale di Suez agli stranieri) e conquista il Sinai e Gaza. L’ONU ordina il ritiro dai territori occupati. Il 6 giugno 1967 scoppia la "guerra dei sei giorni". Israele occupa la striscia di Gaza, il Sinai e le alture del Golan (da cui i cannoni arabi sparavano facilmente sui territori israeliani). L’ONU (risoluzione 242) chiede il ritiro dai territori occupati. Israele, anni dopo, si ritira solo dal Sinai. Nel 1973 il 6 ottobre Egitto e Siria attaccano Israele: è la guerra del Kippur.
Nel 1982 Israele lancia un’offensiva militare contro Libano e Olp. Infine l’inizio dell’intifada (all’inizio era un lancio di pietre) che è poi degenerata in terrorismo fino ai nostri giorni. (Calò, sulla via Aurelia)
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1. UN AUTUNNO DI RILANCIO DELL’IDEA LIBERALE
Riunificazione di tutti i liberali. Ma attenti alle mosse
Meno male che, prima uno poi l’altro, quella che è stata una proposta di semplici liberali d’ogni tendenza, comincia ad essere fatta propria da segretari politici, deputati ed esponenti di spicco del mondo politico. Si va delineando un grande Congresso di riunificazione e rifondazione di tutti i liberali italiani, a ottobre, a Roma. Lo conferma in una lettera che abbiamo ricevuto, il segretario politico on. De Luca, del Partito Liberale. Anche Biondi ed altri esponenti di varie tendenze lo hanno più volte auspicato.
Non vorremmo però che ciascuna delle varie componenti, una contro l’altra da anni, ripetesse il copione già visto: "Unificazione? Certo, come no? Aderite al nostro gruppo". All’inizio del percorso, per evitare il fallimento dell’operazione, ruoli e cariche andrebbero azzerati. Con un’umiltà rara, quasi impensabile tra i liberali, si dovrebbe operare in due tempi: una grande assemblea di base, tipo stati generali, in ottobre, in cui delineare pochi e chiari punti comuni ed eleggere un comitato esecutivo con pieni poteri e il compito di preparare in primavera 2005 il vero e proprio nuovo soggetto politico, con un nome breve, moderno e vincente, p. es. "Liberali italiani".
Ma, attenzione. Per non allarmare troppo i vari partiti di destra e sinistra più vicini al liberalismo, ed assicurarsi la più alta partecipazione individuale senza mettere i parlamentari in imbarazzo, suggeriamo vivamente di dare al nuovo soggetto politico un’impronta dapprima solo culturale, non partitica. Dovrebbe ufficialmente riunire, cioè, i cittadini e i politici interessati al liberalismo in genere, nei suoi più diversi aspetti, come se fosse non una Internazionale ma una "nazionale liberale", indipendentemente dagli schieramenti di partito. Altrimenti, con il bipolarismo accanito di oggi, un’unificazione partitica sarebbe impossibile, si creerebbe subito una spaccatura e addio unificazione per altri 100 anni.
E in caso di elezioni (regionali e politiche)? Se non si fa in tempo a realizzare subito l’unità politica (che significa un Terzo polo), in subordine, con fair play liberale, dalla casa comune dei "Liberali italiani", temporaneamente inabilitata per statuto a presentarsi alle elezioni con questo nome, potrebbero nascere varie liste liberali, perché no, anche di centro-destra e centro-sinistra. Quei furboni dei cattolici insegnano. Ma, anche in questo secondo caso, sarebbe chiaro che anche i due spezzoni tendono alla unificazione politica, tramite la creazione di un Terzo polo come in Gran Bretagna. E questo Terzo polo liberale dovrebbe crocianamente avere soluzioni per alcuni temi di centro-destra e per altri di centro-sinistra. (Monsier Benedict de la Croix, Naples)
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.2. UN AUTUNNO DI RILANCIO DELL’IDEA LIBERALE
De Luca: "Tutti uniti in Congresso, già a ottobre"
Sul piano culturale e politico ogni "spirito di parrocchia" è dannoso al liberalismo, affetto da sempre da un inguaribile individualismo e dallo spezzettamento in una miriade di club. In questo senso, la lettera ricevuta da Stefano De Luca, che riportiamo per sommi capi sperando di non aver tralasciato nulla di essenziale, apre spiragli nuovi, anche se (v. i due momenti suggeriti nell’articolo precedente) vuole subito andare al "sodo", al Partito. Tra le aree politiche, quella che vive un maggiore stato di sofferenza, è proprio quella liberale - scrive in sintesi il segretario politico del Partito Liberale - visto che post-comunisti, post-democristiani, post-socialisti e post-fascisti, sia pure divisi in varie formazioni, sono presenti e attivi sulla scena. I liberali, invece, vivono la frustrazione di non sentirsi rappresentati, e a volte neppure ascoltati, all'interno dei vari partiti, compreso quello che nella prima "offerta al pubblico" doveva essere il "partito liberale di massa"
Ora non c'è più tempo per le attese. Abbiamo il dovere di dare ai liberali italiani la loro "casa politica" non solo quella di testimonianza culturale. Per questo bisogna rompere gli indugi. I tanti liberali che si sono messi "nella riserva", devono tornare in servizio effettivo, quelli delusi dall'esperienza partitica di Forza Italia e di altri partiti, devono riconoscersi nella loro naturale famiglia politica. Da parte sua il Partito Liberale deve rinunciare ad ogni nostalgia reducistica per porsi, con la forza dei valori e della tradizione del liberalismo italiano, come il contenitore dove possano riconoscersi tutte le diverse componenti della ricca tradizione del pensiero liberale (quella del Pli, quella repubblicana, quella radicale) ma, anche e soprattutto, esercitando una forte attrazione verso i "nuovi liberali" che hanno scoperto il liberalismo dopo il '94 sotto la spinta dell'iniziale progetto berlusconiano.
Insomma, il congresso del prossimo autunno è un'importante occasione, perché se avremo la passione e la forza di attrazione necessarie, proponendo un forte edificio politico, riusciremo a diventare un territorio di approdo per molti liberali disillusi di varia provenienza. Quindi, un congresso di fondazione di un nuovo soggetto politico nel quale tutti coloro che accettano le idee ed il metodo liberale possanoriconoscersi, superando ogni personalismo. Dobbiamo costruire ex novo un partito di tutti i liberali, in cui sia riconoscibile la guida morale, con presenzedi indiscusso valore, prestigio e tradizione culturale, ma dove, allo stesso tempo,siano presenti tutti quei club, quelle forze della società, oggi scontente o in fermento, e che intendono rendersi direttamente protagoniste del loro futuro. Solo questo nuovo e unico partito liberale rinvigorito nelle strutture nel gruppo dirigente e nella rete territoriale, potrà partecipare alla nuova, più ampia "casa dei laici" proposta da De Michelis e dagli altri gruppi di democrazia laica.
Che dire? Ci sembra un’apertura degna di grande interesse, anche se sembra saltare la fase intermedia della riunificazione culturale, secondo noi indipensabile, e non accenna all’esigenza d’un Terzo polo virtuale. E mostra di capire finalmente che al tavolo dei Laici ci si presenta uniti e forti, in posizione di primo piano, non al seguito dei socialisti, come ai tempi di Altissimo e Zanone. (Giolitti, il gelataio di Campo Marzio)

Comments:
good start
 
leggere l'intero blog, pretty good
 
La ringrazio per Blog intiresny
 
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