29 novembre, 2005

 

29. Newsletter del 17 ottobre 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
RIVISTA LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera n.29 - 17 ottobre 2005
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo numero contiene:
GRANDE INCHIESTA. 1. Ne uccide di più il "cretino liberale"
E LA SCELTA, I PROGRAMMI? Primarie, imbroglio mediatico
LAICO O LAICISTA. Chi governa le parole governa il mondo
SCUOLA. ERRORI A SINISTRA. Che reazionari quei prof
PRIVILEGI MEDIEVALI. Le religioni? "Più libere" di tutti
RIMBORSI AI PARTITI. Se una mano toglie, l’altra dà
FAZIOSITA’. Più soldi alla ricerca? Vietato ringraziare
TRAME E COMPLOTTI. All’inferno i clericali per furbizia
EROICO ISRAELE. Come 26 mila attentati in Lombardia
NUOVO ILLUMINISMO. Appello di Pirani su Repubblica
CHI VINCE, CHI PERDE Giano radicale: due spine nei fianchi
ELKAN, FIAT E OLIMPIADI. Neve, lo sport più rischioso
CLASSE POLITICA. La ricetta segreta per migliorarla
LIBERALI DELLA FED. Morelli: l’Unione sia più liberale
SOR TENTENNA. Si legge "mercato", c’è scritto "Stato"
ECONOMIA E NUOVI EROI. "Bondi, il mio nome è Bondi"
LIBERALIZZAZIONI ESTERE. Spostiamo Fondi e aspirina…
BARUFFE AL CORRIERE. Ma i liberali sono "di destra" o no?
IL FILOSOFO REALE. Giovinastri? Colpa dell’Illuminismo
MADE IN ITALY O NO? Prezzi alti e nazionalismo
IL CORSO A ROMA. Come diventare liberali in 21 mosse
GRANDE INCHIESTA. 2. Nuovi liberali, vecchi eremiti e gaffes
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INCHIESTA. NE UCCIDE DI PIU’ IL "CRETINO LIBERALE"
1. Viva Croce, ma che schifo la gente
L’unificazione dei liberali? In Paradiso non interessa. Avete presente la pubblicità con quei mariuoli di Bonolis e Laurenti? Stanno in un Eden di ovatta sospeso nel cielo, dove gli angeli sono strafighe coscialunga, o – secondo i gusti – baldi giovanotti palestrati, e dove il vecchio Giove con barba bianca non fa niente tutto il santo giorno (se no, che Paradiso sarebbe). Tutt’al più, questo sì, prende un caffè. Così migliaia di snob liberali in Italia vedono se stessi (nelle vesti di Giove, ovviamente) e il liberalismo tutto. Un comodo e rassicurante iperuranio delle "idee pure" liberali, che la dura realtà politica sporcherebbe, che il solo contatto con Governi, Parlamenti e Amministrazioni immiserirebbe. Come non capirli? Il cielo della filosofia contro i bassifondi della vita. E sono (siamo) in tanti a ragionare così, ad avere "in gran dispitto il mondo", a sentirci superiori, migliori degli altri, a schifare la gente. In questo, ammettiamolo, i liberali sono "di Sinistra". Lo snobismo liberale è un topos famoso anche tra i liberali, tanto che la più snob di tutti, la figlia di Croce, gli dedicò un saggio. Noi privilegiati ("ma de che?" direbbe un borgataro romano), loro paria. Peggio per gli altri, gli "oi pollòi", i più, che sulla nuvola liberale a differenza di noi happy few, i felici pochi, non sono riusciti a salire. E che magari la ignorano del tutto. All’inferno. Ma è davvero così?
Tutte balle snobistiche. L’illusione di chi sta a casa e guarda il mondo dalla finestra. La visuale del pensionato. In realtà all’inferno ci siamo noi, i nipotini svogliati di Croce e Einaudi. Per esempio, anche per colpa di questa gente accidiosa non si fa la grande riunificazione dei liberali (che hanno vinto), mentre si fa, forse, quella dei socialisti (che hanno perso). E in Italia i liberali oggi non votano, o votano "turandosi il naso" per i più diversi partiti. Ma sono milioni, certo più del 30 per cento, se li si stana con i sondaggi giusti [v. seconda parte, in fondo]. Sono per lo più giovani adulti, di idee moderne e vincenti, hanno le origini politiche più diverse (molti i pentiti della sinistra) e stanno ovunque, soprattutto al Centro-Nord. Altro che qualche nostalgico di provincia meridionale che, per esibire un biglietto da visita (un Avv. o un Ing. nel Sud non è nessuno, se non presiede almeno una bocciofila…), finge di rifare il perdente e screditato partitino dello 0,4 per cento, il "Pli di Romolo Augustolo".
E invece? Si prenda esempio dai cugini radicali. Le idee liberali hanno bisogno di cervelli svegli, aggressivi, moderni, giovani e professionali, che comunicano, propongono, rispondono, interloquiscono, polemizzano, denunciano, organizzano, 24 ore su 24. E se gli intellettuali liberali tendono ad essere solo teorici, apatici, neutrali, svogliati, poco coraggiosi, e a spaccare il capello in quattro, ma almeno sono intelligenti, i politici liberali sono un disastro di mediocrità e dilettantismo, e mancano perfino dell’elementare intelligenza psicologica che dovrebbe avere l’uomo della strada. E perciò non sanno comunicare. E col loro ego ottuso e individualista, che loro spacciano per snob, non fanno proselitismo, non fanno propaganda, bloccano qualsiasi progetto, novità o persona intelligente che emerga. "Meno siamo, più comando io", pensano. Molti di loro sono caratteriali dominati dal binomio "simpatia-antipatia", tipicamente femminile e mediterraneo, in base al quale dividono l’umanità in "amici" e "nemici", quali che siano idee, moralità e intelligenza. In altre parole, una personalità di tipo infantile. Perciò si illudono di essere loro il "partito liberale". E invece, proprio il liberalismo, che è molto esigente su questo punto, non ha mai saputo che farsene degli ottusi. Insomma, non è questione di scelte politiche, di Destra o Sinistra, ma solo e sempre di intelligenza. Sono loro, sono sempre stati loro, i mediocri, il vero ostacolo alla diffusione delle idee e dei partiti liberali in Italia. Dopodiché, gli "altri", i "non liberali" o gli "anti-liberali" (e sono tanti, purtroppo dopo decenni di fascismo, clericalismo e comunismo), hanno solo colpe lievi. [prosegue in fine fascicolo] (Camillo Benso di Latour)
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SENZA SCELTA DEL LEADER, NE’ PROGRAMMI
Primarie, imbroglio mediatico
La Sinistra ha confermato la sua tradizionale capacità di mobilitare i militanti. E dov'è la notizia? Su 56 milioni di italiani (ma gli iscritti alle liste, dai 18 anni in poi, sono di meno), 4 hanno "manifestato" contro Berlusconi e il Centro-destra. Perché di questo si è trattato. E gli altri 52? Visto così, è un successo appena appena sufficiente, anzi, non è neanche un successo. I contrari a Berlusconi non dovrebbero essere la metà degli italiani, neonati compresi? A differenza di quello più casalingo, ignorantello e apatico della Destra, che in pratica quasi non ha "militanti", il popolo della Sinistra ama partecipare e manifestare. E fa bene. E' un segno, oltretutto, di maturità politica, cultura e intelligenza. Ma è un dato psico-sociologico ben noto, la politica quasi non c'entra. Piuttosto, è riuscita la "manifestazione di forza" mediatica: organizzazione, logistica, contatti "giusti" (quanti locali pubblici sono stati concessi a questa operazione privata e di parte?), e soprattutto annunci martellanti per giorni e giorni su Tv e stampa, una pubblicità gratuita caduta dal cielo come la manna.
I "risultati"? Chiamateli così, se volete. Anzi, è divertente: le percentuali sembrano realistiche, simili a quelle che i partiti dell’Unione avrebbero potuto o voluto prendere alle elezioni vere, quelle con tutti gli italiani e non solo con gli elettori della metà di sinistra. Bertinotti 14,6%, Di Pietro 3,3%, Pecoraro Scanio 2,1%, Mastella 4,4%. Solo il dato di Prodi (74,6%) rapportato su scala nazionale sarebbe eccessivo e quello dei Verdi troppo modesto. Ad ogni modo, visti i titoli ingannatori sui giornali e sui siti web ("Bertinotti al 14,6%!, spara in rosso Corriere On Line), sembra che il grande imbroglio mediatico sia riuscito. Quanta gente anziana o che non segue la politica, ma poi va a votare, le ha prese per elezioni vere, dopo aver visto la Tv? Tanta. Ma che si tratti d’una imitazione farsesca delle primarie americane, un grossolano imbroglio mediatico organizzato per farsi pubblicità e convincere gli incerti, realizzato con la complicità oggettiva (dolo o colpa grave, sì) di Tv e giornali, è ormai evidente a noi liberali di Salon Voltaire, critici verso tutti e non schierati a priori né con l’Unione, né con la Casa delle libertà. Per due motivi sostanziali, come ha rilevato sul Corriere il liberale Panebianco: non c’era vera alternativa a Prodi, accettato già da tempo come leader dell’Unione da tutti i capi-partito, e poi non c’è stato confronto di programmi per un semplice motivo: non è noto il programma di Prodi. Che resta significativamente zitto. Il che è davvero incredibile e, a questo punto, scandaloso. (Mastro Olindo Malagodi)
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CHI GOVERNA LE PAROLE GOVERNA IL MONDO
Laico contro laicista, imbroglio lessicale
Abbiamo sempre pensato che chi inventa nuovi termini, chi ne modifica significato o grafia, chi crea le parole, insomma, lo fa non solo per un’intelligenza e una creatività debordanti, ma anche per affermare il proprio potere. E’ proprio vero: chi governa le parole governa il mondo. Così, l’uso parziale o distorto dei termini "laico" e "laicismo" osservato nelle polemiche degli ultimi mesi hanno spinto più d’uno a sfogliare i dizionari italiani. Grazie al fatto che al Salon Voltaire ne abbiamo 10, su queste e sulle analoghe voci abbiamo notato molte differenze, quantitative e qualitative. Sul bellissimo Gabrielli (ed. 1989), in 2 volumi, che riteniamo il migliore e più analitico dizionario italiano, un coerente "vocabolario d’autore", queste voci sono molto ben rappresentate. Si vede che, per fortuna, non capitarono sotto la penna della cattolica integralista Irene Pivetti, che col nome di "Irene Taranta" (dal primo marito, divorziato poi in Sacra Rota "perché lei non voleva figli") collaborò col padre Massimo, a cui era stata affidata dopo la scomparsa del grande linguista la revisione e la correzione della nuova edizione. Vediamo che dice il grande Gabrielli. Riporta ben 7 lemmi, che abbiamo abbreviato, da cui risulta confermato che "laico" non è diverso da "laicista", specialmente se guardiamo agli esempi.
Laico: Dal tardo lat. laicus e dal gr. laikòs = del popolo. 1. (agg) Che non ha carattere religioso, che non è ecclesiastico o confessionale. Che non fa parte del clero, che non è un religioso ma un civile. Stato laico è quello indipendente da ogni autorità ecclesiastica. Scuola laica non affidata a religiosi, fuori d’ogni ingerenza del clero e d’ogni dipendenza da princìpi o confessioni religiose. 2. (agg) Chi professa libertà di giudizio, senza rifarsi a ideologia o dottrine in qualche modo condizionanti (es., "un intellettuale laico"). Anche di movimenti o partiti politici non vincolati a rigidi princìpi ideologici. 3. (sost) Chi non fa parte del clero. 4. (sost. antico) Persona illetterata, contrapposto a chierico.
Laicismo. sec.XX (sost) Principio politico e sociale che afferma l’indipendenza da qualsiasi principio o confessione religiosa, e dal clero, d’ogni attività della vita civile. 2. Carattere, qualità di laico.
Laicista. sec.XX (sost) Fautore del laicismo, antidogmatico.
Laicistico sec.XX (agg) Da laicista, che si richiama a princìpi laicisti (es., Un progetto tipicamente laicistico). Deriv. Di laicista.
Laicità sec.XIX (sost) L’essere laico, condizione di laico (es. la laicità delle suore oblate, la laicità dell’insegnamento)
Laicizzare. sec.XX Rendere laico, togliere a persona o a cosa il carattere ecclesiastico. Laicizzare la scuola, l’insegnamento: sottrarli alla dipendenza da princìpi di ordine confessionale.
Laicizzazione. sec.XX Il ridurre allo stato laicale, il rendere laico. (es., laicizzazione delle scuole)
Sul tema, Massimo Teodori ha inviato al direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, la seguente lettera: "Non sarà che l’uso inflazionato della contrapposizione tra "laico" e "laicista" e tra "laicità" e "laicismo" è un puro imbroglio lessicale? Rifacciamoci ai testi. Il prestigioso "Dizionario di politica" di Bobbio e Matteucci prevede solo la voce "laicismo" che certo non è intesa in senso dispregiativo come viene usata dalla vulgata corrente, diciamo così, di parte cattolica e/o clericale e/o atea devota. Consultiamo lo Zingarelli: laico = "che si ispira al laicismo"; laicista = "proprio dei laici"; laicità = "qualità o condizione di chi, di ciò che è laico"; laicismo = "atteggiamento ideologico di chi sostiene la piena indipendenza del pensiero e dell’azione politica dei cittadini dall’autorità ecclesiastica". Per capire ancora meglio aiutiamoci con l’inglese che, con l’essenzialità linguistica, svela gli inganni terminologici. Gli unici termini che esprimono i diversi concetti italiani (Oxford Dictionary of Politics, Webster’s) sono "secular" e "secularism".
Ma Pierluigi Battista, tradito dalla foga giornalistica ha dato una scorsa velocemente – legge solo i titoli? – ed è partito in quarta. "Teodori sostiene che "laicista" altro non è che un "imbroglio lessicale" giacché non compare nei dizionari canonici". Intanto, "canonici", in che senso? Ma non è questo il problema: "laicista" c’è, eccome. Solo che, a differenza di quello che sostengono Chiesa, teo-con e i giornalisti disattenti alla Battista, nell’uso italiano laico e laicista sono più o meno sinonimi. Altro che contrapposizione tra laici "moderati" e laicisti "estremisti" o "giacobini" … Tutto falso. Eppure, ignaro di tutto questo, il Battista, forte della verità rivelata (nomen omen), imbastisce tutt’un articolo contorto e di difficile lettura (voleva essere "ironico"?) su episodi di cronaca che, secondo lui, metterebbero in contrasto "laici" e "laicisti", compreso il "Budda sostituito alla croce su una vetta". Tutto contro i laicisti, ovviamente. Ma, caro Battista, santo fligliolo, è proprio questo l’imbroglio lessicale: quello in cui sei cascato. Non te ne sei accorto? Ciò detto, mi fa pensare alla mia amica Roberta, a cui bisogna sempre spiegare le barzellette… (Il copista cieco di Niccolò Tommaseo)
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UNIONE. ERRORI E SILENZI SU SCUOLA E UNIVERSITÀ
Che reazionari quei docenti
Sulla scuola e l’università noi liberali abbiamo perso la pazienza. Ricordiamo come già Dc, Psi e Pci, a suo tempo, abbiano distrutto le scuole medie, i licei e l’università con un facilismo demagogico e un appiattimento dei valori (e "valori" sono per un liberale solo il merito degli studenti e dei docenti, e la professionalità – compresa l’obiettività didattica). Ora è in atto una reazionaria e corporativa rivolta contro pur timide riforme. Gli studenti hanno scioperato, spinti dagli insegnanti, contro la riforma Moratti. Ma c’è di più e di peggio: gli insegnanti, approfittando dell’ascendente che hanno sui ragazzi, hanno evidentemente rappresentato ai loro studenti una realtà falsa o distorta della riforma. E questo, da liberali, ci sembra molto grave già nella forma. Anche per l’uso davvero vecchio e stalinista dello sciopero. Gli studenti non sono lavoratori dipendenti. A loro volta i professori non possono scioperare contro le idee o le proposte di legge del loro ministro o di qualunque altra autorità dello Stato. Sono cose da soviet. Perciò quest’uso distorto della forma "sciopero" dovrebbe essere perseguito amministrativamente e penalmente. Il Centro-destra è troppo debole (e troppo poco liberale) per farlo, e così il Centro-Sinistra ne approfitta.
Ma l’Unione sbaglia anche nel merito. Scrive il liberale Panebianco sul Corriere: "C’è grande mobilitazione (pre-elettorale) a sinistra contro le riforme Moratti (scuola e università). Senza entrare nel merito, ricordo però a Prodi che il centrosinistra, l’altra volta, fece grossi danni in questi settori. Perché non c’è ancora una proposta dettagliata per rilanciare scuola e università e che non sia semplicemente la fotocopia delle rivendicazioni (anti- Moratti) delle varie corporazioni sindacali? Sarebbe utile anche qualche sincera autocritica sulle passate politiche dell’istruzione del centrosinistra. Si potrebbe continuare, ma mi fermo qui. C’è però una stranezza che va rilevata. Il centrosinistra è per molti versi il partito degli intellettuali, degli accademici, dei tecnici. Presi cinque accademici a caso, è probabile che quattro votino centrosinistra. E allora come mai, tolti i soliti pochi che si esprimono a titolo individuale, tutti questi tecnici, studiosi, eccetera, tacciono? Come mai tutte queste intelligenze non hanno già chiesto pubblicamente al centrosinistra impegni precisi sui vari temi programmatici? Come mai non c’è una discussione pubblica che li veda coinvolte? Tacciono forse perché pensano che l’unica cosa che conta sia sconfiggere Berlusconi e di ciò che farà dopo il "loro" governo nulla importa né deve importare?" Certo, caro Panebianco, la risposta certa è "sì". Ce ne ricorderemo alle votazioni vere, quelle del 2006. (Terenzio Mamiani)
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PRIVILEGI INTOLLERABILI SECONDO IL LIBERALISMO
Le religioni? Libere, anzi "più libere" di tutti
In Italia, quando il legislatore o il Governo compie una sciocchezza, non fa quasi mai dietro-front, non chiede scusa, non dice "ci eravamo sbagliati". Ma che fa? Estende l’ingiustizia o il privilegio anche agli altri. Abitudine borbonica, spagnola, da Stato pontificio, da paese del Secondo Mondo. Dopo le proteste di laici e anche dei rappresentanti delle altre religioni, gli immobili ecclesiastici destinati ad attività commerciali saranno esentati dal pagamento dell’Ici, ma il privilegio verrà esteso agli analoghi edifici delle confessioni religiose con cui lo Stato ha stipulato "patti, accordi o intese". Nell’elenco figurano ebrei, valdesi, metodisti, luterani, evangelisti del settimo giorno, pentecostali e buddisti. L’idea ispirata alla "par condicio" tra le corporazioni privilegiati, è stata proposta dal senatore Lucio Malan di Forza Italia, che è di religione protestante, e accettata.
Ma perché questo privilegio medievale alla Chiesa prima e alle religioni poi? Perché una religione è più tutelabile, p.es., d’una associazione per la Ricerca scientifica, o contro il cancro, o anche d’un ente di beneficenza, perfino d’un club di atei, di appassionati di calcio o di nudisti? Che differenze ci sono – ci dicano politici e costituzionalisti: siamo tutti orecchie – sul piano dei diritti, delle libertà, della Costituzione? Ecco, questo è un punto sostanziale per noi liberali d’ogni tendenza, e a quanto pare né la Casa delle libertà (che l’ha solo esteso e ha avuto la furbizia-ingenuità di portarlo alla luce), né la Sinistra (che lo istituì, zitta zitta, come sempre… quand’era al governo) sono capaci di una visione liberale.
Non solo è anticostituzionale questa esenzione, ci scrive Giacomo Grippa del circolo Uaar di Lecce, ma è inquietante anche il trattamento di favore, come dire, "costituzionale", auspicato dal Presidente Pera (ormai definitivamente perso per noi liberali, NdR) nel convegno di Norcia sul tema: Libertà e Laicità, a commento d’una lettera inviatagli dal Papa. In essa possiamo cogliere una sottovalutazione dei valori costituzionali, perché si sostiene che la laicità, nel senso dello stato laico, deve garantire a tutti di "manifestare le proprie convinzioni religiose". Ma perché solo quelle? Lo Stato moderno, i sistemi democratici, la nostra Costituzione garantiscono già il diritto di manifestare il proprio pensiero, religioso, ateo o agnostico che sia. Perché questa curiosa attenzione in più, questa "zoomata" sugli interessi religiosi? E in quanto a Pera, Presidente si legga il vocabolario Gabrielli, secondo noi il più esauriente in Italia (v. articolo più avanti): solo in sacrestia "laico" vuol dire quello che dice Lei, ma per tutti gli altri "laico" in italiano vuole dire "laicista" . E basta perciò con questo imbroglio lessicale.
Quando invece il papa sostiene che "I diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono inscritti nella natura stessa della persona umana, e sono pertanto rinviabili al Creatore", noi non ci strapperemo i capelli: cristiani e cattolici lo hanno sempre detto in passato. Questo è il fondamento della religione cristiana, come riconosce don Baget Bozzo. Basta, aggiungiamo noi, non dargli importanza, far finta di niente. In passato queste non-notizie le scriveva neanche il Messaggero di S.Antonio, ma solo il giornaletto parrocchiale. Oggi le riporta con evidenza il Corriere della sera. Ecco la vera novità: oggi abbiamo politici, politicanti e giornali che amplificano e sottolineano queste dichiarazioni. Ne deriva per questo solo fatto uno scandalo, una questione politica. Solo questo è il problema. Certo che c’è un disegno, una sorta di complotto, ma questo è mediatico. Solo che, a forza di leggerle, queste sciocchezze, la gente ignorante finisce per crederci. Ecco qual'è lo scopo recondito: modificare la mentalità popolare, con la complicità di tv e giornali. (François Marie Arouet)
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AUMENTA IL FONDO RIMBORSI ELETTORALI
Una mano toglie, l’altra dà
Nell'annunciare la nuova legge finanziaria – scrive al Corriere Gianni Santi – il ministro Tremonti dice che tutti gli italiani devono fare sacrifici e fra i vari tagli annuncia che, per dare il buon esempio, propone di tagliare lo stipendio dei politici del 10 per cento (si risparmierebbero 23,4 milioni); peccato che non dia la stessa enfasi anche al fatto, riportato sul Corriere del 4 ottobre, che propone anche di aumentare il fondo rimborsi elettorali da 160 a 200 milioni (con un aumento di 40 milioni). Forse è per questo che non ho sentito nessun politico lamentarsi della riduzione del suo stipendio". Anche se l’aumento è modesto, è la tendenza che dà fastidio. Se la proposta è passata – lo sapremo nei prossimi giorni – si darebbe un pessimo esempio di incoerenza e doppiezza elettoralistica: togliere con una mano per dare con un’altra. Anche se i soggetti interessati (passivo nel primo caso, attivo nel secondo) sono diversi. Però sarebbe verosimile, in fondo "logico", cioè in ordine con la loro ratio legis, visto che la nuova legge elettorale toglie spese ai singoli candidati per addossarli ai partiti… (Ernesto Martini & Rossi)
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FAZIOSITA’ D'UNA CERTA SINISTRA
Più soldi alla ricerca, ma è vietato ringraziare
Il 5 per mille alla ricerca è stato inventato da Tremonti (evidentemente più fantasioso d’un Monti solo). Grazie. Ma come mai non è stata fatta pubblicità? La solita ottusità della Destra italiana, né capace, né intelligente in psicologia (la prima delle scienze per un politico), né liberale. Questo però non compensa l’errore grave dell’esenzione dell’8 per mille prima alla Chiesa e poi – dopo le proteste di noi laici – a tutte le Chiese riconosciute. Ad ogni modo, con tutti i tagli, è miracoloso che Tremonti e Storace siano riusciti a trovare 100 milioni in più per la scienza. Calcolo elettorale? E sia pure. Ma resta il fatto. E’ una cifra piccolissima, simbolica, ma dice tutto. Naturale che gli scienziati veri manifestassero il plauso "Siamo orgogliosi del ministro" si è lasciato scappare lo scienziato Veronesi, di sinistra. E anche la Levi Montalcini ha apprezzato. Risultato? Critiche durissime dall’Unione e da tutto il mondo di sinistra, dove la faziosità regna sovrana (ed è di gran lunga superiore a quella di destra). E’ saltata addirittura la candidatura a sindaco di Milano del bravo Veronesi. Davvero, pur con tutta la buona volonta, da liberali neutrali: questa sinistra ci fa paura, tanto è medievale, "etnica", fondata sull’odio, sull’antipatia personale, sul "noi" e "loro". Mai sui programmi, sulla ragione, sulle cose concrete. Come nei paesi arabi, e in Europa solo in Serbia, Croazia, Albania e Kossovo. Tutto ciò non è liberale, anzi, è agli antipodi. (Alessandro Volt-Ampere)
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TRAME E COMPLOTTI. ORA ANCHE LE TASSE
All’inferno i "clericali" per furbizia
Se fossero davvero convertiti, non avremmo nulla da ridire. Ci piacciono i penitenti e i morigerati, se non sono fanatici: lasciano più spazio ai nostri piaceri, ne accrescono per contrasto l’intensità, rafforzano per reazione immunitaria le nostre difese organiche. Insomma, ci fanno più laici e liberali. E poi, lo abbiamo già detto a proposito di Ratzinger, ci piace la gente con le idee forti, anche se queste dovessero essere diverse dalle nostre.
Peccato solo che in tutto quest’improvviso movimento neo-confessionale, animato da ex laici, ci sia, invece, il sospetto-certezza di trovarsi di fronte a imbroglioni, altro che "cattolici". E le alte sfere della Chiesa cominciano a rendersene conto. Tanto che, per risultare credibili, i separati, i divorziati, i conviventi, gli atei, i nichilisti, i razionalisti, gli illuministi, gli edonisti, i playboy della politica italiana che ora vorrebbero far vedere di essere diventati, se non credenti almeno "nuovi clericali", raddoppiano discorsi, zelo ed esternazioni confessionali. L’ultima? Perfino il catechismo or ora ha elogiato il presidente del Senato. Cosa su cui ridevano, quando eravamo ragazzi, gli stessi cattolici. E’ questo che preoccupa: non si rendono conto di essere ridicoli, poco credibili? Come è possibile che persone definite "intelligenti" non temano che quelle vecchie volpi della psicologia che sono i preti possano accorgersi delle loro "finte conversioni", del loro "confessionalismo per interesse"?
Ben altra cosa sono stati i liberali-cattolici, che spesso erano i più laici. Anzi, oggi dovremmo dire "laicisti", come suggeriscono all’unisono (e questo strano aggettivo, mai usato prima in Italia, è la prova che si erano messi d’accordo…) sia il noto teologo l’arcivescovo Casini, sia il famoso politico l’onorevole Ruini. Che tempi. Tanto che se il giurista cattolico Arturo Carlo Jemolo fosse ancora in vita e prendesse parte a Porta a Porta o Otto e mezzo o a TeleCamere, verrebbe ripreso dal teologo moralista e frate trappista Antonio Socci, quello dagli occhi febbricitanti e lo sguardo allucinato, come un pericoloso "laicista radicale". Bei tempi quando il super-cattolico De Gasperi non veniva ricevuto in Vaticano da papa Pio XII. Allora sì che per qualche mese vi fu davvero una qualche distinzione tra libera Chiesa e libero Stato
Neanche la Storia fiscale si fa con i "se", eppure siamo sicuri che i nostri Padri fondatori, gli Eroi e i politici del Risorgimento – molti dei quali certamente più cattolici dei politici clericali di oggi – la Chiesa l’avrebbero tassata, eccome. Anche con l’Ici, se ci fosse stata. Oggi, invece, i finti liberali e i finti cattolici che siedono in Parlamento, la vogliono addirittura esentare dalle tasse perfino se svolge attività imprenditoriale e fa concorrenza sleale ad alberghi, pensioni e ristoranti grazie a costi infinitamente minori, anche per il lavoro quasi gratuito di religiosi e volontari, questi ultimi spesso pagati dallo Stato..
Come mai, che cosa c’è sotto? E’ per caso un accordo elettorale? Una cosa sola si può escludere: la "conversione in massa" sulla via di Damasco di politici e giornalisti noti per essere gaudenti e libertini (peccato non anche libertari, liberali e liberisti… sarebbero perfetti) che nella Casa delle libertà, nell’Unione e nei giornali di destra e sinistra fanno il buono e il cattivo tempo. Fatto sta che in cambio di sperati favori elettorali, Governo e maggioranza procedono come la Panzerdivision di Rommel sulla via della clericalizzazione dell’Italia, con una strumentalizzazione e un cinismo così evidenti per qualunque liberale da risultare quasi più ridicoli dell’anacronistico clericalismo in sé.
Certo, il disegno che sta dietro questo "complotto da sacrestia" che farà perdere voti importanti alla Casa delle libertà (i voti dei veri liberali, molto sensibili da sempre a questi temi), è stato pensato da menti ordinarie come reazione casareccia e provinciale al fondamentalismo dell’Islam. Prova ne sia che coinvolge per lo più personalità mediocri, homines novi della politica e del giornalismo. Ma allarma i liberali d’ogni tendenza anche perché ha l’appoggio perfino di giornali un tempo laici e liberali, e addirittura dei presidenti delle Camere. Il che conferma l’ipotesi di un disegno concordato.
Peccato, però, questa architettura è destinata ad infrangersi contro la realtà sociologica italiana: la polverizzazione politica dei cattolici nell’Italia post-Dc, e poi lo scarso potere della Chiesa sui suoi aderenti. Anche se dobbiamo mettere nel conto la stranezza unica dei cattolici all’italiana: non praticano, sono incoerenti nella propria vita quotidiana, ma poi pretendono che lo Stato e gli altri cittadini, anche non credenti, tengano comportamenti che neanche loro riescono a tenere. Un esempio che riguarda quasi tutti: non seguono le funzioni in chiesa, non obbediscono alle regole severe della religione, anzi compiono scelte che la contraddicono. Però poi vogliono vedere il crocifisso ovunque – dai tribunali alle scuole – e guai a chi critica in tv e sulla stampa vescovi e papi. Un popolo di atei superstiziosi? E’, curiosamente, quello che in passato hanno lamentato proprio le alte cariche della Chiesa, che ora cominciano chiaramente a vedere in quest’inatteso appoggio dei più cinici marpioni del giornalismo e della politica un’ipocrita e truffaldina messinscena a scopo volgarmente materiale: le prossime elezioni. Ma sì, un’impronta diabolica. Noi non ci crediamo, ovviamente, e come il buon Voltaire ridiamo di queste fole infantili. Ma lo sanno i finti-cattolici che per questi scherzetti machiavellici ci sono, secondo la religione cattolica, l’obbligo della confessione e in prospettiva le fiamme dell’Inferno? (Bottino Ricasoli, l'astemio)
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EROICO ISRAELE. CHE SAREBBE SUCCESSO IN ITALIA?
Metti 26 mila attentati in Lombardia…
"E meno male ch’era la Terra promessa", direbbe col consueto humour auto-ironico il cittadino medio israeliano. Dal 29 settembre del 2000, data di inizio d’una vera e propria guerra contro Israele – fatta di ondate quotidiane di terrorismo – scatenata dal criminale Yasser Arafat, coccolato e accolto con onori militari e tappeto rosso da quasi tutti i governi d’Europa (ma il liberale Spadolini si rifiutò). Così – ricorda Deborah Fait su "Informazione corretta" – in cinque anni Israele ha subìto ben 26.259 attentati, ha avuto 1.060 morti ammazzati, per lo piu' civili, fatti esplodere negli autobus e nei bar o nei supermercati, e 6.089 feriti che stanno ancora soffrendo negli ospedali e nelle loro case e che non riavranno mai piu' indietro la loro vita. Uno stillicidio che avrebbe distrutto ogni convivenza civile. Figuriamoci in Italia.
Ma come, i cittadini israeliani non dovevano essere "molto emotivi", come amano rappresentarsi? Macché. Quale altra nazione, anche europea, avrebbe resistito con altrettanta dignità e compostezza? Sopravvivere a un attentato significa passare il resto della vita su una sedia a rotelle o essere sfigurati dal fuoco e dai chiodi che gli assassini mescolano ai candelotti. Significa comunque restare per sempre colpiti nell'anima e non riuscire più a pensare ad altro che alla paura e al passato perché il futuro non esiste più, bruciato dal fuoco della bomba umana. Un altro, piccolo Olocausto, altroché. E poi dicono che gli ebrei "si lamentano troppo", "non fanno che piangere". Ditemi voi se un’ondata così inumana di sangue e morte si fosse abbattuta su una delle grandi regioni italiane paragonabili ad Israele, mettiamo la Campania o la Lombardia. Che sarebbe successo? Siamo sicuri che stringendo i denti i campani o i lombardi avrebbero resistito allo choc, allo stress continuo, alla violenza barbarica, senza darsi per vinti, senza capitolare di fronte al terrorismo? Noi no (conoscendo la mollezza e la viltà di certi concittadini italici, soprattutto, ormai più Alberto Sordi che Pietro Micca…). E allora? Diciamo grazie all’eroico cittadino medio di Tel Aviv o Gerusalemme. Onore al grande popolo di Israele. (Sarah Veroli, commessa in via Ottaviano)
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REPUBBLICA: "SERVE UN NUOVO ILLUMINISTA"
Chierichetti di lotta e di governo
Il Tevere è più stretto: chi glielo dice ora in Purgatorio al buon Spadolini? Ma se volete farlo morire una seconda volta ditegli la verità, che cioè in Italia oggi, da quando se ne andato Lui, i baciapile di Sinistra, l’Unione, sono contro i baciapile di Destra, la Casa delle libertà. Già, ma perché sono contro? In fondo Berlusconi vanta addirittura una zia monaca. Anche se immaginiamo, lui, quanto possa essere credente… Insomma, chierichetti di lotta e di Governo. Rutelli, ex radicale, anticlericale e mangiapreti, si è sposato in chiesa, intrattiene rapporti stretti con papi e cardinali e ormai si manifesta come credente e a momenti perfino clericale. Non per caso è il leader della Margherita, uno degli spezzoni della diaspora Dc. Dove ci sono anche pochi liberali, come il giornalista liberal-conservatore Orlando, ma poi sono i Dc a dettare la linea. Buon per lui. Ci sono poi Prodi e Mastella, ça va sans dire. Anche Fassino, sorprendendo i suoi che mai lo avevano sospettato, ha confessato – forse per motivi elettorali – di essere credente.
Sulla Repubblica il commentatore Pirani auspica – era ora – un Nuovo Illuminismo. E azzarda anche qualche indicazione per creare un identikit credibile d’un Nuovo Illuminista di sinistra. Pirani nota con ironia che ormai anche l’Unione è retta da leader tutti, più o meno, dichiaratisi "cattolici", credenti o almeno "sensibili al problema di Dio", perfino il furbo, sfaccettato e mondanissimo Bertinotti. Come sono lontani i tempi dell’ateismo di Stato in Urss. Ma già allora c’era il quasi cristiano Berlinguer. Oggi, chissà, sarà rimasto mangiapreti e ateista (Casini e Pera, fateci una bella relazione sulla differenza tra "ateo" e "ateista"…) solo il vecchio comunista Cossutta, già stalinista doc e primo dei corrieri di fiducia dei dollari (non rubli, sia chiaro) che l’Unione Sovietica inviava in Italia per finanziare partiti, sindacati, giornali e spie. Ma se pecunia non olet, figuriamoci l’acqua santa. (Salvador de Madariaga)
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UNA GENIALE AZIONE A TENAGLIA
Giano radicale: due spine nei fianchi
Un marziano li potrebbe scambiare per un piccolo e sprovveduto movimento d’opinione. Poveretto: dimostrerebbe di non aver capito nulla. E’ bene che riporti su Marte almeno qualche concetto aggiornato sulla doppia "svolta" operativa che i radicali hanno compiuto rivolgendosi all’Unione e, dopo tanti rifiuti ottusamente ricevuti contro i suoi stessi interessi dalla Casa delle Libertà, da ultimo alla stessa Forza Italia, sotto forma di proposta autonoma d’un piccolo gruppo "dissidente". Certo, le trattative con l’Unione sono ancora in corso, e non è detto che si concludano come sperano in via di Torre Argentina. Il basso ventre clericale della coalizione retta da Prodi sta facendo sentire i suoi cupi e sonori borborigmi. Colon irritabile? Di sicuro Mastella e mezza Margherita, per tacere del silenzioso "pesce in barile" Prodi (Franco Ricardo Levi deve avergli spiegato che per ogni parola che soffia se ne vanno 100 mila voti), hanno già programmato di mettersi di traverso quando, dopo le primarie, i nodi ultimi della proposta di coalizione verranno al pettine.
Ma intanto un primo risultato psicologico e politico i radicali lo stanno già ottenendo: la maggiore attenzione che i temi della laicità dello Stato e delle libertà individuali ricevono ora, visibilmente, presso i socialisti e un po’ in tutta la coalizione dell’Unione. Anzi, la vicinanza di giovani laici così adrenalinici, sta rivitalizzando anche il tono cardiaco dello Sdi e ridando coraggio al mite Boselli, che finora non avevano brillato per presenza programmatica e politica.
E una mano al bravo segretario Capezzone, paradossalmente, la sta dando proprio l’amico Della Vedova, che con Taradash e Calderisi hanno stipulato, in apparente vistosa controtendenza con la linea Pannella (ma senza deflettere d’un grado dalla classica linea riformatrice e laica dei radicali), un accordo con la Casa della Libertà, di cui è garante addirittura Berlusconi in persona tramite il fido Bondi. E’ presumibile – si è visto nella conferenza stampa – che in questo caso i temi più utilizzati della tavolozza radicale saranno quelli di economia e di politica estera. Così come, si ritiene che nei patti con l’Unione finiscano per prevalere i diritti civili. Ad ogni modo, sondaggi segreti devono aver rivelato al finora scettico Berlusconi che una parte consistente della variegata base elettorale radicale (forse la metà dello "zoccolo duro"?) potrebbe seguire al momento del voto la frazione dei cosiddetti "radicali di destra" – una definizione politicamente stupida, visto che non esistono né radicali "di destra" né radicali "di sinistra", e il partito non si è affatto spaccato sui grandi temi politici o tantomeno ideologici.
Ma perché l’accordo Della Vedova-Berlusconi "rischia" di favorire anche Capezzone e tutta la linea "maggioritaria" di via di Torre Argentina? Non dovrebbe essere il contrario? No, perché è un precedente che brucia, come una lozione al peperoncino, sul sedere di Prodi. La dimostrazione visiva e mediatica che, mentre l’accordo Unione-radicali è fermo dopo l’abbrivio iniziale nella melma compatta delle pretesche o corporative resistenze passive della coalizione di sinistra, ecco che "gli altri", gli avversari della Destra, riescono in quattro e quattr’otto ad anticipare i prodiani sul filo di lana. Uno schiaffo. E anche un precedente esemplare. La dimostrazione di un’efficienza nel fare accordi (in quanto poi al mantenerli, vedremo) che all’Unione si sognano, divisi come sono in regni, potentati, castelli e bande di Ghino di Tacco. E dunque, anche se Prodi non li ama, sa bene, a differenza di Mastella e di molti altri, gelosi dei monopoli di posizione acquisiti (pensiamo, perché no, anche ai Verdi e a Rifondazione, e a certi settori degli stessi Ds…), che senza i rompiscatole radicali quei pochi ma sicuri punti di percentuale in meno ci saranno tutti all’indomani della fatidica domenica del maggio 2006. Lo stesso pensano ormai nel Centro-destra, lontani i tempi dei veti ottusi, preoccupati come sono solo della "riduzione del danno" elettorale. Anzi, l’esternatore Berlusconi lo ha detto chiaramente: spetterà a Della Vedova e Taradash anche il ruolo di efficaci e credibili altoparlanti televisivi. Naturalmente ci auguriamo che anche al segretario Capezzone, ancora più bravo degli amici concorrenti in questo ruolo, sia data la possibilità di parlare in televisione.
In queste settimane i radicali, col loro pessimismo della ragione che mette un freno talvolta all’ottimismo della volontà, passano alternativamente dallo scoramento alla speranza, dall’eccitazione alla delusione. Eppure, si consolino, perché visti da fuori appaiono geniali tessitori d’una raffinata trama di tattica liberale. Loro - li conosciamo - negheranno, cascheranno dalle nuvole, diranno che è tutto frutto del caso, anzi "è colpa" di questo o di quello. Ma se lo lascino dire: comunque vada la loro arrischiata e geniale "partita doppia" o "operazione a tenaglia" verso una Destra ormai clericale e una Sinistra ancora anti-liberale, con quel tanto di pepe di spregiudicatezza alla Cavour che noi liberali storici apprezziamo, la loro proposta ci sembra capace di portare a galla contraddizioni stridenti in entrambi i fittizi schieramenti (in realtà molto simili tra loro), e ci pare la più creativa in questa fase politica pre-elettorale. E se, per insipienza personale e ottusità politica, certi liberali di nostra conoscenza non hanno voluto né saputo rifondarsi in modo credibile, bene, cari amici radicali, sarete voi a rappresentarci. (Felice Cavallotti)
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TORINO 2006: OLIMPIADI INVERNALI
"Neve", lo sport più rischioso
I battutisti hanno dato il meglio di sé nei bar dei Lungo Dora a Torino, tra il cornetto e il caffè delle 7.30. Il giovane Elkan era ancora in "coma farmacologico" da eccesso di coca (ma i medici erano titubanti: conoscono il detto veneto "Non svegliare Elkan che dorme"), dopo una notte passata con vecchi, tragici, transessuali, al suo confronto saggi come eroi d’Omero, e già il cinico rag.Carcano della Direzione marketing della Sub-Alpina, addentando un tramezzino al formaggio, sfornava battute al vetriolo, tutte di ambiente Fiat. Lui però lo faceva solo per far colpo sulla bruna Pamela, della "Fiori e Piante Marchisio". Poi a raccogliere e riorganizzare la vox populi in pagine coerenti ricche di foto, ci hanno pensato i barzellettieri satirici di internet, come ha documentato la torinese Simonetta, sempre sul punto di essere licenziata, da quando il capo ha scoperto sul suo pc aziendale la più completa raccolta al mondo di barzellette porno.
La prima a meravigliarsi era stata la Protezione civile: "Ma come, fa ancora caldo, le Olimpiadi invernali del 2006 devono ancora cominciare e già ci sono i primi incidenti per "neve" a Torino?" Ha fatto bene Tremonti nella Finanziaria a ridurre i finanziamenti al Piemonte: la "neve" artificiale oggi costa troppo, non possiamo permettercela. "Che facciano i Giochi con la marijuana…Si risparmia" Il Comitato Olimpico torinese, dopo aver ricordato Pablo Escobar del Cartello di Medellin, ha cooptato come "esperti" l’indossatrice Kate Moss, l’attore Calissano e l’ex giocatore Maradona, detto il "Botticello" per il caratteristico profilo. Ma invano: il problema dei costi della neve persisteva. Per fortuna la vicenda ha avuto un risvolto positivo: i giornalisti dell’auto hanno finalmente scoperto che è vera la sparata pubblicitaria ("La Nuova Punto? Alle altre fa mangiare la polvere..."). Già, ma stavolta la polvere è per quelli della Fiat. Non a caso, dopo che Lapo Elkan ha avuto responsabilità operative, la Fiat ha deciso di produrre con la Ford il veicolo commerciale "Ford Trans". "Ecco come mai – hanno esclamato i pubblicitari – l’aggettivo più usato per propagandare la Grande Punto è stato "Stupefacente". (Silvio Bernasconi, il calzolaio di Arco)
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COME "MIGLIORARE" LA CLASSE POLITICA
Una ricetta ci sarebbe, ed efficacissima…
Troppi politici e troppo pagati? Guai a dirlo in Italia: si tocca un nervo scoperto. I "beneficiati" ricorrono a tutte le frecce della loro faretra. Con il linguaggio forbito di umanisti di provincia, con la voce acuta da insegnanti di scuole medie, con la retorica, i trucchi logici e i sottili distinguo da avvocaticchi che pur cambiando opinione "la sanno sempre più degli altri" (la tanto disprezzata "gente comune"), i politici italiani ci vogliono convincere che è "qualunquistico", "da bar", cioè da "persone ignoranti" e "senza cultura politica", se non addirittura "di Destra", detto come offesa, lamentarsi dell’enorme numero di membri della classe politica e ancor più dei loro stipendi. Due elementi, sia chiaro, solo italiani, che sicuramente aiutano a spiegare l’arroganza, la prosopopea, l’autoritarismo, la madornale inefficienza, l’arretratezza, la complicazione levantina, e la corruzione della politica italiana.. Che fare? Una propostina che a 18 anni, quando eravamo spocchiosi e snob, non avremmo mai fatto in Gioventù Liberale. Ma che secondo noi funzionerebbe, eccome. Sarebbe sufficiente subito dimezzare o dividere per quattro gli stipendi del personale politico e amministrativo locale più elevato, compresi i gradi più alti della magistatura (perché a questi i deputati fanno riferimento per legge) e dei managers di Stato. Tutto qui? Sì tutto qui. Come? "Sarebbe piaciuto a Giannini dell’Uomo qualunque", "La Lega, oggi, sarebbe entusiasta"? A parte che sulla Lega non sappiamo, anche Hitler amava la cioccolata: dovremmo vietarla? Basterebbe una sola conseguenza psicologica sicura: gli arrivisti, i professionisti del guadagno a spese di tutti, quelli che non sanno fare niente nella vita e "perciò" fanno politica, quelli che amano il potere perché godono nel comandare, insomma gli uomini più inutilmente decisi e arroganti, in pratica i peggiori, non sceglierebbero più la carriera politica, gli Enti o la gestione delle Regioni o delle Asl. Provare per credere. Vi sembra poco? (La badante russa di Cossiga)
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SERVE UNA COMPONENTE LIBERALE NELLA SINISTRA
Morelli: l’Unione deve essere più liberale
Le primarie si sono concluse e Raffaello Morelli, della Federazione dei liberali, che aveva invitato a votare (come anche Critica liberale di Enzo Marzo, che si era espressa per Prodi), ne sarà certamente contento. Perché in realtà il primo obiettivo era quello di "mandare a casa il Governo". Ma Morelli ha motivato in modo critico, con la consueta pignoleria laica, il "sì" dei liberali di sinistra all’Unione di Prodi. Inutile nascondersi – dice – che il progetto dell'Unione è ancora assai generico. Sopravvivono l'indulgenza verso i richiami statalisti e una cautela eccessiva nel mettere in primo piano le questioni di libertà. E poi, spesso nel Centro-sinistra prevale l'inclinazione autolesionista a non riconoscere o a sottovalutare la capacità attrattiva di Berlusconi. Non si può battere il Centro-destra affrontandolo sul terreno delle capacità mediatiche del capo o puntando solo sulla sua demonizzazione, senza preoccuparsi di essere convincenti sulla propria proposta di governo e sul fare squadra.
Saranno considerati i "valori liberali" nell’Unione? Morelli appare preoccupato su questo punto sostanziale. Per noi liberali - dice - un’indicazione è divenuta essenziale: la laicità delle istituzioni come garanzia della separazione delle scelte politiche dalle questioni religiose, che è la strada maestra per contrastare efficacemente l'attuale drammatica sfida dei fondamentalismi, ogni giorno favorita dalla baldanza e dal machiavellismo dei cosiddetti "atei devoti" e delle tesi neo-clericali enunciate da sedicenti laici in carriera. Per i liberali – conclude Morelli – le Primarie sono il primo passo per ampliare la coalizione dell'Unione in modo che comprenda formalmente i liberali in quanto tali. Questa, del resto, è da tempo la nostra convinzione. La nuova legge elettorale, che al contrario di quanto si dice è "maggioritaria" (e sì, perché, al di là della propaganda, di questo si tratta), rende questa riconosciuta presenza liberale perfino una necessità, come dire, "tecnico-elettorale" e quindi politica, per accreditare la coalizione presso quei cittadini "laici e critici" che vogliono qualcosa di più dell'antiberlusconismo, e chiedono più attenzione alle questioni di libertà. A Raffaello Morelli e alle sue speranze di rendere un po’ più liberale la coalizione dell’Unione, i più sinceri auguri del Salon Voltaire. (L'amante brasiliana di Piero Gobetti)
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IL GOVERNO DEL SOR TENTENNA
Si pronuncia "mercato", ma c’è scritto "Stato"
E’ proprio vero, un uomo trova sempre la donna meno adatta. Una nuova "legge di Peter"? No, ma se al posto dell’uomo metti il Governo questa è la realtà dei governi all’italiana. Non trovano mai gli elettori giusti. Prendi un Governo che avrebbe voluto essere "liberale e liberista". Una volta tanto. Figùrati noi, contentissimi. Ma che s’inventa la malasorte? Lo fa votare in massa da milioni di casalinghe, pensionati e impiegati del Sud. Tutta gente sbagliata, diciamolo. Abituata nella bambagia del protezionismo, dello statalismo più interventista e assistenziale. Che odia il rischio. Che se ne frega del merito. Che vuole solo lavori facili assicurati a vita, ben pagati, e pensioni alte per tutti. Ah, dimenticavo: anche medicine gratis. Anche i farmaci da banco. Che al momento del cambio lira-euro, anziché controllare i prezzi dei commercianti e, semmai, cambiare fornitore, continuava a ripetere "Ma che fa il Governo? Dovrebbe bloccare i prezzi…" E intanto, come babbioni, aprivano il borsellino e si facevano depredare. A questo popolino di Centro-destra si sono aggiunti i ricatti di banche, assicurazioni, gruppi di pressione e Poteri forti. Insomma, un disastro. Ma sì, ‘sto Governo si meritava le trasparenti lobbies anglosassoni, quelle che hanno addirittura gli uffici in Parlamento, e soprattutto un elettorato svedese, tutt’al più svizzero, al limite padano (del Nord, però, perché c’è anche la Padania del Sud, un po’ terrona e protezionista).
A questo punto che fa il Governo? Tiene fermi i princìpi, i sacri programmi elettorali, o cerca di non dispiacere troppo ai futuri elettori che ora lo aspettano al varco vendicativi? Tenta di fare l’uno e l’altro. Ma è impossibile. Per questo – e si tratta di amici – lo chiamano "il Governo del sor Tentenna". Figurati i nemici. Fanno notare che non è vero che Tremonti è liberista, ma uno statalista nascosto, semmai un interventista maniaco delle regole e dei divieti, imitatore di Colbert. Del resto fu collaboratore di ministri socialisti. E altro che liberismo selvaggio, come alcuni – i soliti privilegiati "fancazzisti" (termine tratto dal neo-romano impiegatizio di oggi) – temevano nel 2001. A poco a poco sta tornando lo statalismo, come denuncia l’amministrativista Sabino Cassese. Che è bravissimo e "coraggioso", ora che tutti sparano sul Governo. Possiamo sbagliarci, ma non ricordiamo che abbia protestato quando il famigerato Governo Amato prelevò nottetempo e nel week-end, a banche chiuse ("vi, clam, noctuque" dicevao i giuristi romani), una tassa stalinista direttamente dai conti in banca degli italiani. Tutti zitti, mi pare.
Cassese si è divertito a prender nota solo degli ultimi provvedimenti governativi. E che ha trovato? Un decreto legge pubblicato il 3 ottobre scorso sopprime l'affidamento in concessione della riscossione delle entrate e prevede la creazione di una società a partecipazione statale (sì, avete letto bene). Questa, a sua volta, potrà acquistare le partecipazioni di maggioranza delle attuali società concessionarie. Dunque, un'attività finora affidata a privati viene assunta in gestione da parte di una società pubblica, messa a capo di un vero e proprio gruppo. Il disegno della legge finanziaria prevede l'istituzione di una banca pubblica per il Sud, con statuto "ispirato ai princìpi già contenuti negli statuti dei banchi meridionali e insulari" e "privilegio patrimoniale per i vecchi soci dei banchi meridionali". Dunque, viene istituita per legge una nuova banca, che deve ispirarsi ai princìpi che regolavano le vecchie banche pubbliche, tra cui principale la commistione tra funzioni pubbliche e attività imprenditoriale. E così via. Ma non doveva essere la legislatura "liberista"? (La cuoca di Pareto)
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TORNA L’EFFICIENTE "ITALIETTA"
"Il mio nome è Bondi, Enrico Bondi…"
Abbiamo deciso: faremo una buona azione. Per evitare l’inferno, che sempre incombe su noi onesti laicisti, chiederemo una volta tanto un "favore"…democristiano. Ma sì, una pensione d’oro. Ma non per noi. Per chi con efficienza d’altri tempi, onestà e rapidità ha rimesso su strada la disastratissima Parmalat. E’ un uomo, un uomo solo al comando. Da solo contro tutti. "Mi chiamo Bondi, Enrico Bondi…" aveva detto a mezza voce, senza neanche pensare all’assonanza col cinematografico Bond. Tutt’altra pasta, questo discreto, efficiente "aggiustatore geniale di società". Grazie, Bondi, a nome di tutti i liberali. Ci ricordi un poco certi personaggi commoventi, cari alla nostra "Italietta" liberale d'un tempo. (Quintino Sella & Mosca)
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BARUFFA TRA BELARDELLI. E CRITICA
Ma ‘sti liberali sono "di Destra" o no?
Non ci meraviglia che nella carenza di cultura liberale e nell’assenza totale di politica laica, il vuoto venga riempito randomly, casualmente, in modo confuso e contraddittorio. Talvolta con una rissa. Ma sì, un pugno sul naso quando l’arbitro era voltato. Vabbè, liberalismo è lotta, diceva Gobetti, però… Stavolta un commentatore del Corriere, il giornalista e intellettuale Giovanni Belardelli, studioso di liberalismo, prende per le orecchie Mauro Barberis che su Critica liberale, polemica rivista della sinistra liberale fondata da Enzo Marzo (parentesi intrigante: redattore del Corriere…) aveva recensito favorevolmente, quasi meravigliandosene egli stesso, "Due buoni libri di destra" (questo il titolo del suo articolo), cioè un saggio di Bruno Leoni Il diritto come pretesa (Liberilibri) e il libro di Angelo Panebianco (altro corrierista, la cosa si fa piccante…) Il potere, lo stato, la libertà (Il Mulino).
Panebianco "di destra"? Lui ci ha riso sopra, temendo solo per le vendite del libro: si sa che è per lo più la Sinistra che compra libri. Ma Belardelli si è inalberato per la qualifica "di destra" appiccicata a due liberali. Quasi che esistesse un "liberalismo di Destra" e un "liberalismo di Sinistra", cosa contraddetta non solo da Croce – aggiungiamo noi – ma dalla gran parte degli studiosi di liberalismo e, in fin dei conti, anche dalla realtà politica dei più diversi Paesi europei. Anche volendo, infatti, in che modo i liberali inglesi sarebbero, secondo questo schema, "di destra" rispetto a un Blair "di sinistra"? Oddio, il Barberis, in quanto "marziano" (dal genius loci della rivista) un po’ se l’è cercata. Ma il bello è che, scoppiata la bagarre, lo stesso autore ha precisato in un successivo articolo, a propria "difesa", senza rendersi conto di aggravare la gaffe, che "la tesi di fondo dell’articolo era (…) che finalmente si vedevano due bei libri di destra". Apriti cielo. Intanto al Belardelli non doveva essere andato giù proprio il fatto che due buoni libri liberali fossero definiti "di destra". Ma avrebbe protestato anche se fossero stati definiti "di sinistra". "Mi pare si tratti – ha scritto – dell’ennesima manifestazione di un male antico della cultura italiana, che consiste nel ragionare sempre – e non dinanzi a un’urna elettorale, ciò che sarebbe normalissimo, ma nella discussione intellettuale – in termini di "noi" e "loro ", "sinistra" e "destra"".
Destra-Sinistra? Piuttosto Milan-Inter. L’esigenza di schierarsi a tutti i costi, in modo così semplicistico, manicheo, personalistico, non è un vero scegliere, non ha niente a che fare con l’obbligo delle scelte ideali forti e significative per un liberale (v. oltre), quando si scopre che tra le cosiddette Destra e Sinistra attuali, unitariamente intese, non ci sono differenze ideologiche di alcun tipo. E allora? Lo schierarsi "a squadra" anche quando non serve (p.es. negli studi politologici, nelle dottrine politiche, in filosofia del diritto, nella storia ecc) pensando meschinamente alle elezioni di oggi, be’, è cosa che non riguarda Constant, Einaudi o Gobetti (v. oltre) ma piuttosto lo psicologo, perché rivela una tendenza infantile, adolescenziale. Si deve ancora crescere. Infatti, il senso di appartenenza a una squadra, a un gruppo di amici, è rassicurante. Se siamo deboli, insicuri, depressi, se abbiamo – sotto sotto – una scarsa considerazione di noi stessi (perfino Kafka nelle crisi depressive tipiche degli intellettuali, era convinto di essere un imbecille, un fallito…), invocando spesso il gruppo, i membri del clan, il partito, il sindacato, la mafia, anche a sproposito, insomma perdendo l’individualità e ricollegandoci al collettivo, ci sentiamo meno soli e indifesi. Per alcuni, il binomio Destra-Sinistra è una medicina, un Prozac. Anche perché, come nei film western, "i Nostri", quando arriveranno, come le suoneranno a quei cattivoni lì…
Come se non bastasse, l’attributo "di destra" in Italia, in Europa, non vale semanticamente come quello "di Sinistra". Ha ormai una connotazione negativa, spregevole, per colpa della sottocultura e propaganda comunista. Che ha sempre considerato "di Destra", amici di Critica, tutto il liberalismo in quanto tale. Anche solo per questo, caro Barberis, usare da liberali contro altri liberali questo epiteto è doppiamente di cattivo gusto, quasi un tradimento.
E poi, sul piano psicologico, sappiamo bene, da liberali, quanto dia fastidio ricevere queste condanne lessicali dai tifosi della politica, un po’ in stile Roma-Lazio. Al mercato del Trionfale, a Roma, il romanista sfegatato che vende la frutta usa l’aggettivo "laziale" o "juventino" solo come epiteti offensivi. Bisogna conoscere i linguaggi. Per decenni i comunisti, maestri di faziosità, ci hanno abituato ad interpretare l’attributo "di destra" da loro buttato tra le gambe dell’avversario quando non avevano argomenti, come sintesi d’ogni possibile schifo morale e intellettuale. Esiste anche un uso psicologico e terribilmente rivelatore delle parole, caro Barberis. Valga la modesta esperienza di chi scrive, se può interessare. Quando mi sono affacciato da liberale a Destra, sono stato – talvolta – bollato come "di sinistra", (e volevano dire "radicale"). Ma quando le stesse tesi le ho esposte a Sinistra sono stato – sempre – accusato di essere "di destra". Sbagliavano loro, naturalmente. E avevo ragione io. La faziosità, il gioco dei Bianchi e dei Neri, non è liberale. Tipica virtù del liberalismo è riconoscere anche solo un po’ di ragione nell’avversario. Che non è mai un nemico, come nel comunismo o nel fascismo. Proprio per questo, forse, il liberalismo appare diverso, lontano, estraneo, alieno, marziano (stavolta in senso vero…) ai non liberali o ai poco liberali. Un po’ come capitava al glorioso popolo dei Rasenna. Visti dai popoli vicini, gli Umbri, i Rasenna erano, non a caso, "quelli di fuori", "gli altri" (Etr-ot-ursko"). Ecco perché gli Etruschi stavano un po’ sulle balle a tutti ("la maledizione dei Lucumoni").
E poi "Destra-Sinistra" potrebbe diventare anche un bel gioco di società, più serio di quelli di D’Agostino ("il bagno è di destra, la doccia di sinistra"…), più logico di quelli di Moretti ("la Sachertorte è di sinistra" come la Vespa e la Nutella, solo perché piacciono a lui). E allora lo sciopero dei mezzi pubblici che colpisce i cittadini meno abbienti, non è di fatto una serrata di estrema "destra"? E, per i più giovani: qual è più "di destra", la musica classica, che si suona in abito scuro e cravatta, oppure il rock, semplificazione commerciale del rock’n roll, a sua volta imitazione bianca del rhythm & blues nero, inventato per far ballare gli afro-americani adattando lo stile jazz di Kansas City? Ricchi premi a chi indovina.
Peccato, però. Senza questo inutile uppercut pugilistico "Destra-Sinistra" che non ci azzeccava nulla, l’articolo di Barberis sui due liberali è molto bello e condivisibile. D’ora in poi leggeremo tutti i suoi articoli - se ce li manderà - e ci permetteremo di riprenderli. E’ bella anche la sua replica laddove cita Constant che esorta i liberali a "non essere neutrali", ma ad "essere parziali per la libertà". E le libertà liberali essendo negative (libertà da) devono essere completate dalle corrispondenti libertà positive (libertà di). Di qui l’esigenza dell’intervento, del fare, dello scegliere per un vero liberale. Che non può limitarsi a guardare o a regolare il traffico. Il liberalismo, quindi, vuole attivismo e coraggio: tutto il contrario di quanto pensano molti pseudo-liberali all’acqua di rose. Insomma, non solo le forme, ma anche i contenuti devono essere liberali. Concetti che ha completato in un successivo articolo Sergio Luzzatto col riconoscimento che il liberalismo divide, e vive di lotte e di discordia (Einaudi, Bobbio).
E noi risorgimentali, oltretutto, queste cose dovremmo saperle. Parole che ci emozionano anche perché rappresentano concetti che sono lo spirito del Salon Voltaire. La ragione vera per cui siamo scesi in campo, per quel po’ che possiamo fare, contro i fanatismi, l’intolleranza, i fondamentalismi, i totalitarismi, l’irrazionalità. Per dimostrare a noi stessi che un liberalismo coraggioso è possibile, che un liberale senza scelte forti non solo non è un liberale ma non è neanche intelligente. Tutto bene, insomma, tranne questa buccia di banana della stantia antitesi "Destra-Sinistra" da Bar dello Sport, che oltretutto non ha alcun valore scientifico. Possibile che ci siano ancora persone di cultura che credono alle fate e al diavolo? E che non capiscono che i pericoli per il liberalismo vengono da entrambe le parti, che sono ormai la stessa cosa? E che le vere divisioni – le scelte liberali – queste sedicenti "Destra" e "Sinistra" non le escludono alternativamente, ma le attraversano entrambe? (Peppino de Condorcet)
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REALE: "LA CHIESA PARLI, MA NON FACCIA POLITICA"
"Giovinastri? Colpa dell’Illuminismo…"
La discesa in campo della Chiesa, il Vaticano come un partito, sono prospettive che non piacciono al professor Giovanni Reale, famoso filosofo cattolico, uno dei maggiori studiosi di Platone e anche curatore delle opere di papa Giovanni Paolo II. "Con un’impostazione politica, come quella che sembra voler percorrere la Chiesa oggi, non si dà risposte a temi molto più ampi", ammette. In che senso, professore? gli chiede Dino Messina sul Corriere. "La Chiesa ha una natura meta-politica. Il messaggio di Cristo non può rientrare in categorie politiche. La Chiesa ha il dovere di dire quel che va contro il cristianesimo, guai se tacesse. Però deve parlare sempre in modo propositivo, mai impositivo". "La Chiesa è discutibile se sanziona ma non si può negarle il diritto di dire ciò che cristiano non è. Non si può toglierle la funzione di indicare il cammino in una società come la nostra che sta vivendo il fallimento del modello illuminista". Ma, scusi – chiede l’attonito Messina – che cosa c’entra l’Illuminismo? "C’entra, eccome. Una volta l’ormai centenario filosofo Gadamer mi confessò: ciò che mi colpisce nei giovani oggi è il predominio dello scetticismo, del nichilismo. Io aggiungo: della mancanza di prospettiva cui porta un’impostazione di vita che ha come parola d’ordine "godersela". E’ una prospettiva animalesca, una mancanza di valori che deriva anche dalla sconfitta della scienza e della tecnica che non sanno dare più risposte ai bisogni dell’uomo e soprattutto dei giovani".
Ah, ecco, volevamo ben dire. Questo mondo è fatto per soffrire, non per godere. E’ noto, infatti, che la vita ci è stata data solo per prepararci a poco a poco alla morte. E chi, nonostante tutti i mali e le disgrazie, cerca di godere, "è un animale", dice il filosofo più amato da Paolo VI. Eppure, guardiamoci tutt’intorno, la cronaca di Tv e giornali è rivelatrice. Non vi sembra che i giovani d’oggi godano tutto sommato pochino? Confondono la vita con la sofferenza, la libertà e la naturale voglia di vivere che hanno – da che mondo è mondo – i giovani, con "l’edonismo". L’illuminismo, poi, è considerato poco meno che una serata passata tra amici a iniettarsi eroina
Quanti errori, prof. Reale. E lei sarebbe un docente di filosofia? Ma lo sa che non passerebbe l’esame di liceo? La vedo già davanti al tavolo fatidico della licenza liceale: "Mi parli dell’Illuminismo". E lei: "Ma quale illuminismo, suvvia, ma se lo sanno tutti, professore, che viviamo in un mondo di tenebre…Lo dice anche la mi’ mamma…" Ma non dia la colpa all’Illuminismo se non le piacciono l’abulia e l’apatia esistenziale di molti giovani d’oggi. In loro non c’è ombra di filosofia. E se ce n’è un barlume, ci creda, a vedere certo spiritualismo diffuso nelle menti più deboli e in crisi, sarà più la sua filosofia che la nostra
Ma, poi, è sicuro che gli animali godano davvero, cioé perseguano volontariamente una condotta di vita edonistica? Da dilettanti di etologia, ne dubitiamo fortemente. Che si sappia, è l’uomo l’unico animale capace di finalità edonistiche consapevoli. Quindi avrebbe dovuto dire, semmai: "Guarda lì che maiali, quegli animali: godono come uomini…" Ma i preti l’avrebbero guardata storto. E lei si sarebbe prima perso nel bisticcio e poi sarebbe morto dalla vergogna. Forse è lei, professore, che ha perso, non la scienza. (Don Minzione)
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MADE IN ITALY O MADE IN CHINA?
Acquisti col cuore o col cervello
Il presidente Ciampi – lamenta Donato Rana - invita gli italiani a comprare "made in Italy". Penso che gli italiani non comprino tenendo presente dove un oggetto sia prodotto, ma valutando il miglior rapporto di qualità e prezzo. Ciampi avrebbe fatto meglio a sollecitare le aziende di produzione e servizi a far di meglio e a prezzi più bassi. (Sciura Egle di Porta Tosa)
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LIBERALIZZAZIONI ALL’ESTERO
"Idea: spostiamo i Fondi e l’aspirina…"
Non è difficile liberalizzare. Alle volte provvedimenti modesti o settoriali hanno un effetto ampio e benefico sull’intera economia. Un caso limite è quello accaduto in Cile, quando il Governo ha finalmente consentito ai supermercati e discount di vendere in appositi stand tutti i farmaci da banco delle farmacie. Be’, ci credereste? Noi no, se non lo avesse scritto Francesco Giavazzi. L'effetto di questa piccola liberalizzazione sui prezzi fu straordinario: l'inflazione, che correva al 4 per cento l'anno, in pochi mesi si arrestò. All'inizio del 2004 i prezzi scendevano e anche la crescita dei salari si era arrestata, ma non il loro potere di acquisto che grazie alla caduta dei prezzi aumentò. Con salari fermi migliorò anche la competitività delle imprese cilene, e con essa esportazioni e investimenti. Alla fine ci guadagnarono tutti, consumatori, imprese, lavoratori. Tutti tranne quei ricchi farmacisti e negozianti che videro svanire le loro rendite. Anche la gestione più liberale del mercato bancario in Israele (dove si lamentano gli stessi vizi italiani) sta dando frutti insperati. Il nuovo governatore della banca centrale Fischer (nientemeno, ex vice del Fondo monetario internazionale), arrivato a Gerusalemme da pochi mesi, ha obbligato le banche a vendere i loro fondi. Le banche in Israele hanno molti dei difetti delle banche italiane: sono poche, con poca concorrenza e controllano il risparmio delle famiglie poiché possiedono tutti i fondi di investimento in circolazione. La scarsa concorrenza bancaria e finanziaria danneggia le imprese e i clienti delle banche (che sono anche risparmiatori), come da noi hanno insegnato i casi Cirio e Parmalat. Le banche hanno protestato, ma per fortuna Sharon ha sostenuto il Governatore, contro le banche. Risultato? Oggi le imprese e i risparmiatori israeliani sono più tutelati, e le banche hanno perso un po’ delle loro ricche rendite di posizione. Ce l’avessimo noi in Italia un governatore come Fischer al posto di Fazio. (La serva scialacquona di Adam Smith)
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PER I GIOVANI. SCUOLA DI LIBERALISMO 2005-2006
Come diventare liberali in 21 mosse
Formula che vince non si cambia, deve essersi detto Enrico Morbelli che da tanti anni cura la Scuola di Liberalismo di Roma, ormai giunta – sembra incredibile – alla sua 33a edizione. Anche quest’anno, insieme a Nicola Iannello, dirige il Corso trimestrale di formazione politica organizzato dalla Fondazione Einaudi e dall’Istituto Leoni, che si terrà dal 10 novembre al 9 febbraio 2006. La formula è quella vincente degli ultimi anni, attenta sia ai relatori famosi, sia alle personalità emergenti e ai giovani intellettuali che l’attualità culturale e politica ha messo in luce. La Scuola di Liberalismo alterna come relatori i migliori esperti del liberalismo italiano. I giovani che si iscriveranno (costa pochissimo) alla Scuola di Liberalismo faranno così un doppio affare: apprenderanno direttamente dalla voce di famosi intellettuali le ultime tendenze degli studi sui vari aspetti del liberalismo, e nello stesso tempo avranno modo di "fare gruppo", cioè di incontrare finalmente dei giovani come loro, uniti dalla comune esigenza di approfondire la dottrina che ha cambiato il mondo.
Un intelligente percorso didattico porterà, in 21 lezioni monotematiche, a toccare da vicino i temi e i termini di cui parlano spesso solo saggisti, giornalisti e commentatori famosi nei giornali: il protezionismo economico, il proibizionismo, i lati oscuri del mercato e della concorrenza, i paradossi della globalizzazione, la bioetica liberale, la dialettica moderatismo-radicalismo, le tesi eccentriche di Bruno Leoni, perfino i lati meno conosciuti della galassia liberale. Come lo strano clan dei "libertarian" americani che si definisce "anarco-capitalista", gente così liberale da apparire a noi europei quasi rivoluzionaria. Ma sbagliereste a considerarli degli eccentrici "hippies barboni dotati d’un conto in banca miliardario". Per saperne di più, venite al Corso.
Il corso avrà inizio giovedì 10 novembre alle 18 con l'intervento di Oscar Giannino. La lezione d'apertura si svolgerà nella bellissima Sacrestia di Sant'Agnese in Agone (via S.Maria dell’Anima, 30/A, dietro Piazza Navona). Tra i docenti spiccano personalità note agli studiosi, ai lettori di giornali e in certi casi anche ai telespettatori, come Benedetto Della Vedova, Oscar Giannino, Salvatore Carrubba, Giovanni Orsina, Angelo Maria Petroni, Cinzia Caporale, Fausto Carioti, Raimondo Cubeddu, Ernesto Felli, Giorgio Ferrari, Valerio Filoso, Ettore Gotti Tedeschi, Cesare Imbriani, Lorenzo Infantino, Carlo Lottieri, Antonio Masala, Alberto Mingardi, Gaetano Pecora, Carlo Stagnaro, Vincenzo Zeno-Zencovich e Valerio Zanone.
Le iscrizioni e il contributo per le spese (30 euro, comprensivi del testo delle precedenti lezioni della Scuola) si ricevono presso la Fondazione Einaudi in largo dei Fiorentini 1 - 00186 Roma - tel. 06.6871005 - dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 18. Informazioni anche con email: feinaudi@flashnet.it. Gli iscritti di età inferiore ai 30 anni potranno concorrere a 4 borse di studio del valore di € 1.000 messe in palio dall'Istituto Bruno Leoni e dalle fondazioni intitolate ad Aldo Bozzi, Luigi Einaudi e Salvatore Valitutti. Gli allievi migliori verranno segnalati all'Institute of Economic Studies di Parigi e all'Université d'été de la nouvelle économie di Aix-en-Provence per essere inviati ai loro seminari estivi (www.ieseurope.asso.fr). Le lezioni di questa 33a edizione - coordinate da Federica Fabrizzi - si svolgeranno il lunedì e il giovedì dalle 18 alle 20 nella sede romana di Rubbettino Editore in lungotevere Sanzio, 9. Come prologo al corso, gli ex allievi della Scuola, riuniti nel Laboratorio Liberale diretto da Elvira Cerritelli, consegneranno il premio a Salvatore Carrubba per il libro L'arte della libertà e per l'opera di divulgatore del pensiero liberale. L'incontro-dibattito avrà luogo martedì 8 novembre alle ore 18 nella Sacrestia di Sant'Agnese in Agone (con ingresso da via S. Maria dell'Anima, 30/A). (Madame de Stael, citofonare al n.3)
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INCHIESTA. NE UCCIDE DI PIU’ IL "CRETINO LIBERALE"
2. Nuovi liberali, vecchi eremiti e gaffes
Mannheimer e Piepoli, dove state? Ora tocca a voi, ai grandi rilevatori di sondaggi. Noi di Salon Voltaire riceviamo adesioni da centinaia di club e singole personalità liberali d’ogni tendenza (finora, sfioriamo quota 3000). Perciò siamo convinti dell’urgenza d’una grande rilevaziona nazionale su "I Nuovi Liberali". Basterebbe che nei test demoscopici un gruppo di ricercatori intelligenti, motivati da una "ipotesi di lavoro" ben strutturata, si degnasse non di chiedere "Voteresti un rinato Partito Liberale?", che è domanda vecchia, nostalgica e perdente, ma di porre un centinaio di quesiti specifici e significativi sui singoli temi liberali che contano, dalle libertà individuali al rapporto cittadino-Stato, dalla libertà di ricerca e cura all’indipendenza dalle religioni, dalla concorrenza alle privatizzazioni, dai privilegi dei sindacati alla tutela dei cittadini consumatori, e così via. Avremmo una valanga di identikit liberali al 100 per cento. Forze nuove, giovani, studenti, donne, titolari di nuove "partite Iva", magari gente che prima era comunista, democristiana o fascista o non votava, e poi finalmente ha aperto gli occhi. Ma ora sono liberali veri. Certamente più di alcuni cosiddetti "vecchi liberali", che se vai a guardare come rispondono sui vari temi, scopri magari che sono solo conservatori, o gente senza idee, generici moderati, clericali, reazionari, socialisti ecc.
E questa nuova leva di milioni di italiani, liberali magari senza saperlo, sparpagliati negli 8000 comuni da Cormons a Caltabellotta – caro Savino Melillo che come un uomo del ‘700 chiedevi "Ma dove li vedete tutti questi liberali?" – potrebbe essere raggiunta con un grande appello nazionale (il manifesto e le altre spese potrebbero essere pagati dai tanti industriali che aspettano da anni un nuovo soggetto politico del genere), e poi con centinaia di assemblee locali in contemporanea. Allora sì che quegli svogliati e diffidenti dei "professori", i tanti giornalisti e intellettuali, gli industriali e professionisti liberali, uscirebbero dagli studi e dalle case, per aderire ad un credibile e vincente nuovo gruppo che si porrebbe al centro dell’agone politico: i "Liberali italiani". E facciamola finita, almeno nella sigla e nei poster, con la vecchia denominazione "partito", nome autoritario che non a caso conservano solo i comunisti.
Ma se non si trova un committente del sondaggio – obietterebbero a ragione Mannheimer e Piepoli – la possibilità concreta, o meglio il valore politico (la vendibilità) d’un sondaggio del genere sarebbe quasi zero. Proprio perché, come abbiamo detto sopra, per la maggior parte siamo "liberali culturali" e non amiamo la politica pratica, anzi, addirittura "la gente". In Italia è tipicamente "liberale" criticare la politica. E perfino i pochi che la frequentano hanno un’aria da "politici part time", da commentatori "da bar". Qualche prova? Avendo poco il senso di partito, i liberali parlano sempre "a titolo personale". E in politica, si sa, questo può produrre guai. Accade perciò che dicano tutto e il contrario di tutto, disorientando l’opinione pubblica italiana che invece avrebbe bisogno di essere educata. Insomma, non "comunicano", ma parlano troppo. Si sono fatti notare in questo vizio da sala da biliardo i liberali di F.I.: Martino, Urbani, Biondi e Pera (se è ancora liberale…). Il primo, ad esempio, è arrivato a dire che la legge che tutela i non-fumatori è "una legge illiberale". Non solo è vero il contrario, ma è proprio la critica di Martino ad essere anti-liberale, perché privilegia i diritti di alcuni, pochi (i fumatori), ai danni degli altri, molti (i non fumatori). Secondo questa tesi bislacca, la prevenzione medico-igienica avanzata sarebbe tutta illiberale. In realtà è nel fascismo e nel comunismo che i diritti di alcuni (pochi) sono garantiti più di quelli degli altri (i molti). E ancora, Urbani, da ministro della cultura, non ha fatto "scelte liberali", ma è stato solo il classico moderato senza idee, equidistante e neutrale. Come se ogni liberale dovesse limitarsi a fare il vigile urbano, il giudice, il presidente della Repubblica, e non fosse invece una parte in causa che deve lottare duramente contro i nemici del liberalismo. Inutile, poi, ricordare i discorsi pieni di macroscopici "non sense" e gaffes del presidente Pera, secondo cui uno Stato per essere davvero laico dovrebbe far proprie le norme della Chiesa cattolica e del Catechismo.
Se questi sono i politici "liberali" da vetrina, è evidente che il popolo italiano non sa che cosa voglia dire questa bella parola. Nel frattempo, urge un cambio di uomini e di generazione. Per fortuna, i giovani cugini radicali si sono comportati molto meglio dei vecchi liberali. Capezzone e Della Vedova, hanno rivelato ben altra pasta e professionalità, Perfino perseguendo ipotesi di lavoro divergenti tra loro, hanno conservato una linea liberale coerente, con grande dignità. Il primo puntando sui tanti diritti civili, il secondo su economia e politica estera. Salon Voltaire ha passato al microscopio le loro dichiarazioni, senza trovare le sciocchezze abituali di molti liberali storici di Destra e Sinistra. Per la loro coerenza e la loro combattività, i radicali, sarebbero perfetti per rifondare o egemonizzare una coalizione liberale in Italia. Ma hanno – e come gli si può dar torto? – un pregiudizio negativo verso i cosiddetti liberal-moderati di entrambi gli schieramenti, spesso solo moderati. Pregiudizio contraccambiato dai tanti mediocri nascosti sotto la comoda etichetta "liberale".
La nuova legge elettorale proporzionale, pur con i suoi limiti, potrebbe in teoria addirittura favorire un grande Polo liberale dopo il 2006. Fino a quel momento, il colloquio tra i pochi liberali in Parlamento sarà difficile perché dovrà tener conto di partiti e schieramenti opposti: Radicali, Forza Italia, Margherita, Lega, Ds, An ecc. E, anzi, per paradosso, sono proprio questi pochi liberali politicamente impegnati il principale scoglio sulla rotta della riunificazione. Mentre per i disimpegnati, un’eventuale convergenza sarebbe più appetibile. Ad una terza frangia, quella degli intellettuali – chiamiamoli, per scherzare con l’idealismo crociano, i "liberali sotto Spirito" – di unificare i distinti non gliene può fregare di meno. Molti di loro sono ancora convinti che il liberalismo sia una filosofia e basta. E che un liberale non è mai né di Destra né di Sinistra, né di Centro. Il che è vero sul piano dei tradizionali schieramenti politico-filosofici, ma come l’interpretano loro vuol dire non poter mettere bocca su nulla: il mutismo, l’irrilevanza politica. Il puro meta-partito. Così, certi studiosi liberali sono ancora più individualisti e anarcoidi dei politici. Figuriamoci che effetto gli fanno, chiusi come sono nei loro studi o nelle Università, la scelta tra maggioritario e proporzionale, i programmi di Prodi e Berlusconi, il card. Ruini, la legge finanziaria, le elezioni primarie e secondarie, la nuova opzione dei radicali, l’unione dei socialisti. Stanno nell’empireo, e ci stanno bene. Li chiamiamo i "liberali eremiti".
Nell’indirizzario del Salon Voltaire, tra le migliaia di personalità e intellettuali liberali di qualunque tendenza, si contano centinaia di club e realtà locali liberali. Alcune di esse, però, non si fanno pubblicità a livello nazionale, non sanno o non vogliono collegarsi tra loro. Spesso neanche rispondono ai messaggi, non diffondono telefoni e email, non suggeriscono a Salon Voltaire idee o polemiche, non inviano notizie, disdegnano o usano male computer e internet. Insomma, un’ottusità e un’antipatia comunicativa davvero unica, che si spiega psicologicamente in un solo modo: la volontà sottaciuta di essere in pochi. Come meravigliarsi, poi, se queste "monadi liberali" in fatto di politica pratica (Parlamento, Sindaci, Regioni, referendum) agiscono in modo contrastante? Proprio per questo è nato il Salon Voltaire, per offrire un servizio di collegamento, commento e discussione culturale e politica a tutta la vasta area.
Però, una scusante dobbiamo concederla a quei liberali che come Celestino V e don Abbondio "il coraggio non se lo possono dare". In terra italica infuria una ridicola "battaglia tra rane e topi", una farsesca batracomachia tra due grandi partiti: gli Ottusi e i Faziosi (stavolta il governatore Fazio non c’entra, stranamente). Una Destra finto-liberale e una Sinistra anti-liberale. Con un risorgente Centro clericale ancora più illiberale. In queste condizioni, come, che cosa scegliere? Tanto più che, dentro gli schieramenti e i partiti, s’avanza un neo-confessionalismo trasversale mai visto prima (perfino De Gasperi lo combatté), usato come passe-partout per vendicarsi del Risorgimento e del 20 settembre, e scardinare Stato e società liberale. Ma alcuni cinici finti "laici" vi si accodano per fare carriera, avere favori personali o addirittura essere presenti nel futuro organigramma.
Che fare? Sporgendosi da una torre d’avorio degna di Montaigne, i professori liberali vedono con apprensione (se la vedono) una nuova ubiqua Democrazia Cristiana moltiplicata per quattro: a Destra, a Sinistra, al Centro e soprattutto in Alto, molto in Alto. Insomma sono refrattari alle normali (be’ "normali", proprio…) vicende d’ogni giorno, come le fastidiose, volgari scelte che la bassa politica, in mancanza della Storia, impone. "Quisquilie, pinzillacchere", per dirla con un altro sublime mistificatore, il principe attore De Curtis.
Che dicono Croce e Einaudi al riguardo? E Smith, Hayek, Gobetti? Piuttosto serve lo psicologo. Ah, se lo snobissimo liberalismo ci esentasse per un miracolo laico dallo sporcarci le mani, dalle scelte faticose e inutili (Destra o Sinistra, Follini o Mastella, Letta o Letta?), e difendesse i liberali almeno dalle mine anti-uomo disseminate solo per loro. Che bello se il liberalismo lo si potesse sperimentare al computer nei laboratori delle Università. E invece per tentare di realizzarlo in Italia servono studi clinici, esperimenti sull’uomo. E a quei poveri prof., i goffi coltissimi abbeverati nella penombra delle biblioteche alle parole dei Maestri di Libertà, toccherebbe la Nemesi di frequentare politici arroganti e cafoni in abito blu. A cui della libertà – tranne la propria – non gliene frega niente. Morirebbero i liberali snob dalla erre moscia tra la folla rozza e vociante di questuanti, portaborse, arrivisti e raccomandati senza idee, clonati insieme al telefonino, tra ingegneri da barzelletta che dicono che è tutta questione di "tennica", avvocati da pochade che parlano senza dire niente – perché è vero tutto e il contrario di tutto – sindaci, ministri e sotto-ministri di Governo e Opposizione con la faccia da duro, la grossa cravatta a mezz’asta, l’orologio d’oro che occhieggia dai polsini, le scarpe traforate, i peli al naso e sullo stomaco. Il potere, altro che le libertà. Perciò deliberano, decidono, fanno, disfano come dicono loro. In realtà, come le casalinghe, i caporali, i portieri e gli usceri, amano dare ordini. Contraddittori, effimeri, esagerati, spesso insensati. Ma ordini. E’ questo che li rivela piccoli. E se è vero che "comandare è meglio che fottere", tutto il popolo sottoculturale della politica all’italiana dovrebbe lasciare dietro di sé migliaia di mogli e amanti insoddisfatte. "E con questa gente dovremmo parlare di liberalismo?" lamentano i saggi liberali che se gli parli di Riunificazione liberale da 30 per cento "si astengono", "si chiamano fuori", salendo a due a due i gradini elicoidali della torre d’avorio. Meglio starsene lassù nell’eremo a leggersi un buon libro.
Eppure questa è la politica, bellezza. Come sanno bene i liberali più realisti e – se non fosse una contraddizione – conservatori. E con questa politica si sporcarono le mani anche quel geniale furbo di tre cotte d’un Cavour, quel maninpasta d’un Giolitti, quel cinico d’un Tocqueville. Come credete, o anime pure e caste, che sia stata fondata la democrazia liberale americana? Come pensate venisse (venga) affrontata la politica estera? Come ritenete che sia stata fatta l’unità d’Italia? In che modo immaginate che siano state composte le spinte centrifughe dell’Italia prima e dopo la Grande Guerra? Ma sì, diciamola tutta, una pratica, quella politica, che scandalizza molti liberali "sulle nuvole" Che perciò spesso se ne astengono, in favore delle professioni. Perché spesso la politica si fa tra liquidi e liquami organici d’ogni genere. Che, volgarità per volgarità, il socialista barese Rino Formica durante il craxismo rampante sintetizzò col crudo realismo che sarebbe piaciuto a un infermiere di Bari vecchia: "sangue e merda".
Oddio, "un altro Beppe Grillo", dirà qualcuno. No, non dite così. Per una volta che la satira politica e di costume è liberale, e anzi sfiora l’autocritica… Sì, perché tra i bersagli non ci sono solo Sinistra, Centro e Destra, ma anche tutta quella rinunciataria ed elitaria "intellighentzia" lib-lib-lib che come massimo impegno si allena piegando le dita. Ma sì, non fate gli gnorri, si tratta dei "finger-liberal", "i liberali del dito, unica parte del corpo davvero attiva e mobile nei tanti intellettuali, pensatori, attivisti e agitatori che scrivono libri, saggi, articoli, discorsi, relazioni, newsletters, web-siti e blog. In cui magistralmente – i liberali amano pensarsi come maledettamente intelligenti – spiegano, anzi insegnano "agli altri", che cosa "gli altri", i volgari esecutori materiali del liberalismo, dovrebbero o non dovrebbero fare, affinché il Paradiso d’ovatta di Bonolis e Laurenti, con tanto di caffè, si possa instaurare su questa Terra. Avete presente il bar del Giuanin in via di Porta Vigentina? Tra un tramezzino e un amaro tanti voli pindarici. Tutti strateghi, tutte menti, tutti allenatori della Nazionale. D’accordo, ma chi segna i gol? La cassiera, quando batte lo scontrino.
Vostro Onore, lo confessiamo: in teoria dentro l’impietoso identikit di chi predica bene e razzola male (o non razzola affatto), potremmo esserci anche noi di Salon Voltaire, e fino al collo. Per fortuna ci siamo cautelati, e ad ogni bivio importante della politica, dell’economia, della cultura e del costume, abbiamo sempre scelto una strada. In modo deciso e forte. Spesso, anzi, menando botte da orbi, perché fosse sempre chiaro da che parte intellettuale stavamo. Anche per evitare che il moderatismo di idee venga preso per mancanza di idee, afasia, rifiuto dell’azione, insomma moderatismo dell’intelligenza. Ma oggi, nella pratica politica, ditemi voi come ci si può entusiasmare. Un mare magnum di mediocrità senza idee e senza fantasia. Spesso, che è più grave, senza psicologia. Che pesci prendere? A noi sembrano tutti uguali. Tanti merluzzi. Se glielo diciamo si seccano? Lasciamoli seccare: diventeranno (se non lo sono già) tanti baccalà. (Camillo Benso di Latour)


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