27 marzo, 2014

 

L’utopia della “democrazia diretta”. «Ma perché il cittadino che vota deve essere rappresentato?».

La Lega Nord, il Berlusconismo e ora anche il movimento di Grillo hanno prospettato la possibilità che i mali della Politica siano ascrivibili al sistema connaturato con la democrazia stessa, cioè alla rappresentanza politica e al voto indiretto delle elezioni. Naturalmente l’utopia della democrazia indiretta è una pericolosa illusione, cara ai Dittatori populisti e carismatici. Accade, perciò, in questi tempi di crisi economica, politica e morale, che si intreccino ogni giorno domande del genere, dando luogo a dialoghetti pedagogici elementari come questo che segue, ripreso pari pari dalla mia pagina di Facebook. All’obiezione, com’è ovvio per un mezzo così immediato ed effimero come Facebook, si è risposto senza citare alcun testo o opinione celebre, solo utilizzando il buon senso e la semplicità di esposizione d’un “maestro elementare”:

«Ma insomma – scrive Alessandro – la democrazia dovrebbe essere sovranità del popolo, o no? Ripeto: per quale assurda ragione devo farmi rappresentare da qualcuno che neppure conosco? Perché non posso votare io in prima persona?»

No, Alessandro, è una vecchissima questione che abbiamo già studiato a scuola media, al liceo classico e poi – alcuni – anche all'Università, e su cui esistono migliaia di libri. Ti pare che gli uomini (filosofi, giuristi, storici, politologi ecc.) dall'Antichità al secolo scorso non ci abbiano già pensato? Come puoi immaginare di essere il primo, originale, a porre il problema? L’ingenuità va bene, ma se protratta, no.

Le risposte possibili sono infinite, e vanno tutte in un senso. Intanto uno Stato moderno non è Atene né Roma, che avevano circa 1000 cittadini con diritto al voto. La democrazia, è vero, letteralmente vuole dire “Governo di Popolo”. Ma l’etimologia non basta: bisogna studiare la Storia e la storia delle Idee.

Che cosa intendevano per “popolo” gli Antichi? Non intendevano “tutti”, come noi oggi con la moderna democrazia liberale, ma solo i pater familias (quindi maschi maggiorenni) ricchi, in pratica i proprietari terrieri ecc. Ancora fino al primo 900 i senatori erano nominati così. Del resto le donne, e tutti gli uomini non ricchi non avevano diritto di voto neanche per la Camera.

Da giovane ho scritto un saggio sull’alternanza e le cooptazioni delle élites al Potere (“L’interpretazione democratica del concetto di élite politica”). La Democrazia è sempre stata un concetto di élites. Quella liberale vuole che le élites siano anche all’interno liberali e democratiche e che si alternino tra loro in modo da assicurare l’alternanza, e anche che qualunque cittadino possa inserirsi nelle élites grazie al merito, alla dedizione ecc. Le élites politiche sono i Partiti o gruppi analoghi.

Quindi tu puoi entrare in un partito, cercare di modificarlo – se vuoi – dall’interno, poi rappresentarlo al Parlamento e nel Paese, e puoi anche andare al Governo. Sei così nello stesso tempo cittadino che vota e che è votato, se vuoi.

Il Popolo inoltre può-deve non solo darsi da fare per conoscere, ma anche controllare giorno per giorno i suoi eletti, consigliarli, informarli e, se non li ritiene più adatti, revocargli la fiducia, cioè non votarli più. Come vedi, un lavoro molto più importante e soprattutto continuo (e gratuito: voglio vedere quanti artigiani del Veneto o avvocati della Campania o ingegneri della Lombardia troverebbero il tempo di assentarsi periodicamente per le continua assemblee su questo o su quello. Già gli Antichi protestavano.) del semplice voto delle assemblee dirette di 1000 maschi ricchi (il “Popolo”) che a Roma o Atene decidevano il sì o no a una guerra.

Quindi la Democrazia indiretta, rappresentativa, è molto più sofisticata ed efficace – a saperla usare – di quella rozza diretta. Oltretutto, tranne i Referendum su questioni molto elementari e di coscienza, non tecniche e complesse che passano attraverso i Partiti, come Monarchia-Repubblica o Divorzio Sì-No (e infatti i Radicali hanno sbagliato a non capire questo limite del referendum) la democrazia diretta non solo farebbe danni più gravi, ma renderebbe non amministrabile neanche un piccolo Comune, e a maggior ragione non è praticabile in Paesi moderni di milioni di cittadini. Infatti non esiste neanche a San Marino! Il fatto è, diciamolo anche se è “politically uncorrect”, che mentre i Governi e le Amministrazioni sono diventate sempre più sofisticate e tecnologiche, con necessità di conoscenze multidisciplinari, l’uomo, il cittadino medio, è rimasto sostanzialmente quello semplicione e diffidente dei tempi di Platone: brontola, straparla, vorrebbe fare, ma poi è impedito dal proprio egoismo o dai propri limiti. Quelle di cittadino semplice e di cittadino che si dedica alla Politica, o meglio al Governo della Polis, restano due “professioni” diverse e lontane.

E poi oggi le cose sono molto complesse, tecnologiche. L’arte del Governo è cosa altamente professionale e abbisogna di molte competenze. Però è vero che anche questa Democrazia rappresentativa – l’unica possibile - vuole in teoria cittadini molto colti e informati, addirittura eruditi in varie materie poco amate dalla gente (diritto costituzionale, scienza delle finanze, economia politica, diritto privato, perfino filosofia del diritto ecc.). In mancanza di queste capacità, che pochissimi hanno, i cittadini che parlano di politica fanno la figura (e io li tratto, giustamente) da avventori di bar, parrucchieri e auto-officine. Del resto, si vede che non abiti, beato te, in un condominio: lì vedresti come l’ignoranza media dei Condòmini si unisce alla loro prosopopea e sicurezza in sé, oltre al polemismo gratuito.


03 marzo, 2014

 

La democrazia non basta se mancano cultura e spirito critico. Cinque populismi in soli 90 anni.

Che la massa sia spesso stupida, conservatrice, reazionaria, emotiva, irrazionale e pronta a essere sedotta da uomini furbi, simpatici e spregiudicati (che giornalisti, politologi e psicologi definiscono “carismatici”), l'abbiamo sempre saputo, detto e scritto. Quando non si poteva dirlo senza essere definiti anti-democratici.

Il che non solo è vero, ma molto preoccupante in Italia, il Paese tra quelli sviluppati che ha la classe media (la famigerata “gente”) e perfino la alta borghesia dell’industria, della politica, della pubblica amministrazione e delle professioni più ignoranti e meno educate allo spirito critico e alla buone regole di una corretta società liberale.

Per colpa di chi? Per colpa propria, cioè dei cittadini stessi. Certo, le scuse storiche sono tante e pesanti, e le conosciamo fin troppo bene: Stato della Chiesa e Principati vari che hanno per secoli tarpato le ali alla libertà e al libero pensiero, fino a gran parte dell’Ottocento, cioè appena 150 anni fa. Ma, una volta ritrovata l’Unità e la Libertà, come mai i cittadini – guarda caso dopo il famigerato Patto Gentiloni – hanno a poco a poco abbandonato il Liberalismo per affidarsi agli arruffapopolo di Destra e di Sinistra, cioè di nuovo agli antichi Dittatori a cui erano abituati da secoli?

Fatto sta che appena hanno potuto esprimere la propria vera natura, gli Italiani tutti (altro che le raffinate, colte e coraggiose élites liberali dell’Ottocento!), grazie al voto “democratico” di massa, hanno eletto sempre i peggiori. Basta ricordare che in appena 91 anni di storia, i beceri Italiani hanno votato per ben cinque populismi diversi:: Mussolini, Uomo Qualunque, Lega Nord, Berlusconi, Grillo). Una ricorrenza inquietante, unica in Europa.

Perché? Si sa fin troppo bene: ce lo hanno spiegato i grandi storici e pensatori democratici e liberali, da Croce a Salvemini. Perché il Risorgimento e il Liberalismo (quello vero) sono durati troppo poco, hanno coinvolto e interessato troppo poche persone, e quindi – nonostante i grandi sforzi fatti con la scuola, i giornali e la diffusione delle idee – non hanno insegnato alle generazioni a pensare in modo nuovo e a fondarsi sul giudizio critico. Il Fascismo, seguito dal rigurgito del Clericalismo e dall’illusione del Comunismo – tutte e tre, guarda caso, disastrose tendenze anti-liberali, hanno distrutto quel poco di laico, europeo, moderno e dignitoso che l’Italia era riuscita a realizzare, sia coi fatti sia nelle coscienze.

La Democrazia è in crisi? Certo, e ne approfittò anche Mussolini. Ma è in crisi da sempre perché la Democrazia non basta, è solo un metodo, non un fine. Ecco l’equivoco in cui cadono tutti.

E noi che siamo insieme democratici e liberali, oltreché ambientalisti e molte altre cose, sappiamo bene fin dall’adolescenza, per averlo studiato sui libri di liceo, che la Democrazia in un grande e moderno Paese, a differenza della polis di Atene di mille cittadini o della Roma repubblicana con 5000 cives, è solo un metodo di votazione, cioè si risolve purtroppo solo nelle elezioni. La Democrazia non dà idee, intelligenza, onestà, competenza, a chi non le ha.

E allora? Serve un'intera generazione di persone, disinteressate, eroiche, ma molto intelligenti e colte, che non vogliano fondare partiti (attenzione: i dittatori si presentano sempre come salvatori della Patria), né essere elette o guadagnare, ma che insegnino di nuovo a pensare. E nel pensiero è compresa la psicologia: il capire da segni precisi, codificati, quali sono i furbi che ci stanno per turlupinare.

«Un tale, accortosi che i cretini erano la maggioranza, pensò di fondare il Partito dei Cretini. Ma nessuno lo seguì. Allora cambiò nome al partito e lo chiamò Partito degli Intelligenti. E tutti i cretini lo seguirono». (Dino Risi, I miei mostri, Mondadori 2008).


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