28 giugno, 2006

 

Legge sul divorzio, grande vittoria dell’Italia laica e moderna sui clericali, a un secolo da Porta Pia.

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A UN SECOLO DALL’UNITÀ LA PRIMA RIFORMA PER LO STATO LAICO

di NICO VALERIO, Venticinque, dicembre 1970

L’Italia laica, l'Italia della Riforma, di Galileo e di Giordano Bruno ha tirato un respiro di sollievo. Si stenta quasi a crederlo. Nel paese che per secoli ha visto prevalere il più odioso spirito controriformistico, il clericalismo più ottuso e ipocrita, il più impudente strapotere etico e po­litico della Chiesa di Roma, final­mente una minoranza anticonfor­mista ha saputo lottare fino a diven­tare maggioranza (perfino in Parla­mento), conquistando la più bella vittoria laica del nuovo stato italiano. L'introduzione del nostro ordina­mento del principio del divorzio - anche se si tratta soltanto di un "piccolo divorzio" sottoposto a nu­merose e pesanti condizioni - deve segnare una svolta decisiva nel nostro costume nazionale. In altre parole dovrà mutare lo "spirito" dei rapporti umani, nella famiglia e nella società, se le giovani classi dirigenti che si affacciano ora alla soglia del­l'età matura vorranno davvero colma­re l'abisso che ci separa dalle più progredite democrazie europee, Sve­zia in testa.

I giovani, soprattutto i giovani lavora­tori che più risentono del nostro costume "ufficiale", della nostra vita politica e sociale, e in genere tutta la generazione di "nuovi italiani" che guarda all'Europa unita, non si rico­noscono più in una società falsa, levantina e gerontocratica come quel­la italiana e si aspettano che final­mente qualcosa cambi.

A cento anni da Porta Pia il nostro non è ancora uno Stato laico: nelle scuole si insegna obbligatoriamente la religione cattolica, lo Stato stipendia preti, e vescovi (questi ultimi in so­prannumero perfino rispetto alle nor­me del concordato), i comuni espro­priano aree fabbricabili per la costru­zione di chiese, che diventano pro­prietà del Vaticano (malgrado la scar­sissima partecipazione del pubblico alle funzioni), esistono ancora i cap­pellani militari, il Vaticano controlla gran parte della finanza e dell'indu­stria italiana, e specula – col migliore paleocapitalismo – sulle aree fabbri­cabili, sull'edilizia, sugli appalti, sulle "opere pie" e di beneficienza, sugli ospedali, perfino sugli alberghi di lusso.

E poi, soprattutto, ricordiamoci che esiste un "patto d'acciaio": quell'as­surdo concordato fascista del 29, con cui – incredibilmente – lo Stato italiano uscito dalle guerre di liberazione del Risorgimento ha tradito la tradizione laica e liberale dei Cavour e dei Cattaneo, e con l'ottusa acquie­scenza di una piccola borghesia rozza e ignorante ha abdicato alle proprie prerogative di Stato pienamente so­vrano, prestandosi a fare il braccio secolare della Chiesa.

Per questi motivi il divorzio non è che il primo gradino per la costru­zione di uno Stato effettivamente laico: ce n'est pas qu'un début, con­tinuons le débat.

Altre riforme del costume e dell'ordi­namento giuridico seguiranno, altre battaglie impegneranno tutti i "nuovi italiani" che hanno condotto e vinto la battaglia del divorzio.

Chi sono questi "nuovi italiani"? Vale la pena di ricordarli, perchè saranno presumibilmente i protago­nisti di “altre” appassionanti battaglie civili.

Innanzitutto l'agguerrita pattuglia dei radicali, con Marco Pannella (il vero grande stratega di questa logorante guerra di posizione) e l'avvocato Mauro Mellini, poi, in prima fila, i giovani liberali,. i.giovani socialisti, i giovani repubblicani e numerosi altri gruppi del dissenso, oltre naturalmen­te ai ben noti presentatori del proget­to di legge, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini. Quest'ultimo, subito dopo la conclu­sione dell'iter parlamentare della leg­ge, ha rilasciato a Venticinque la seguente dichiarazione. "L'approvazione definitiva della legge sul divorzio è una svolta storica del nostro paese, è una dichiarazione d'indipendenza dello Stato italiano nei confronti dell'influenza della Chiesa nella nostra vita politica, è una riaffermazione della sovranità e dell'autonomia del Parlamento, che assume un particolare significato a cento anni dall'unità italiana.

La battaglia divorzista ha evidenziato come l'attuale regime concordatario sia troppo limitativo della sovranità e dell'autonomia del nostro Stato, e quindi incompatibile con un sistema democratico che contempli – come noi vorremmo – una netta separa­zione tra Stato e Chiesa.

Celebriamo pertanto questa vittoria laica considerandola la prima tappa per arrivare attraverso l'abrogazione del concordato alla sempre valida formula cavourriana “Libera Chiesa in libero Stato”.


27 giugno, 2006

 

Dopo la vittoria del "no". Ora più spazio ai conservatori o ai riformatori?

Secondo Luca Ricolfi, il referendum costituzionale aveva ad oggetto il dilemma se dire sì ad una riforma che non funzionerà (quella del Centro-destra), o tenerci una riforma che ha già dimostrato di non funzionare (quella del Centro-sinistra).
Avendo vinto i “no” i cittadini avrebbero deciso di tenersi una riforma, quella confermata dal referendum del 2001, che ha già dimostrato di non funzionare. Effettivamente il dilemma sembrava uno di quelli a cui, qualsiasi risposta si fosse data, non poteva che essere sbagliata.
Allora ci si è chiesto, al di là dell’ingegneria costituzionale, quali avrebbero potuto essere i possibili effetti politici? Nel caso della vittoria dei “no”, la piccola associazione Veneto liberale, ha sostenuto che il regime partitocratrico si sarebbe destabilizzato, perché avrebbe innescato una crisi dello schieramento di Centro-destra con un necessario riverbero nei confronti dello schieramento di Centro-sinistra. Inoltre la vittoria del “no” avrebbe scongiurato l’ingessatura del presente immobilismo ed avrebbe potuto innescare un processo costituente.
La sconfitta dei “si” ha già prodotto dichiarazioni dei massimalisti di ambedue gli schieramenti il che potrebbe essere un segnale che indica l’accentuazione del radicalismo nei due poli. Il che non è un buon viatico per la componente riformista-riformatrice presente nelle due aggregazioni. Forse quella componente potrebbe trovare il coraggio di liberarsi dalla presunta scelta imposta dal “realismo politico” di confondersi con gli uni o con gli altri. Potrebbe decidere di camminare sulle proprie gambe. Innescando, così, una crisi irreversibile dei poli.
Non è senza significato, inoltre, che da ambedue gli schieramenti si sono sentite delle voci in sostegno di una riforma per attualizzare la Costituzione del 1947. La componente riformista-riformatrice potrebbe trovare interessante innescare un processo costituente proprio per modernizzare la Carta Costituzionale.
Il processo costituente non può trovare, come protagonisti, i partiti di regime, altrimenti è solo un’operazione per “normalizzare” la situazione politica e non per “abbattere il regime”.
Allora diventa indispensabile agire sulla modifica della legge elettorale al fine di scompaginare le burocrazie partitiche esistenti. La componente riformista-riformatrice, ora prigioniera dei due poli, per camminare sulle proprie gambe avrà la necessità di una legge elettorale per avere uno spazio adeguato, di qui l’attenzione anche nei confronti di una possibile campagna di raccolta firme per un referendum abrogativo di parte dell’attuale “proporzionellum”.
Chi è fuori dei poli deve aspettare che la componente riformista-riformatrice si liberi soprattutto dalle proprie logiche da realpolitik? No di certo. Chi è fuori deve anticipare i tempi e realizzare se non proprio un contenitore per i riformisti ed i riformatori, almeno un Coordinamento tra coloro che sono convinti che in Italia non c’è una democrazia liberale o compiuta. L’importante è quello di aver ben chiari gli avversari: clericali e conservatori. Nulla da spartire con loro.
La vittoria del “no”, perciò, non è una banale vittoria dei conservatori, ma potrebbe (e da non determinista sottolineo il “potrebbe”) essere il primo segnale per la riscossa dei riformisti e dei riformatori.
BEPPI LAMEDICA, Veneto Liberale, Coordinamento Liberali Italiani

22 giugno, 2006

 

Il Manifesto coraggioso del Coordinamento dei Liberali Italiani

Dopo la fondazione del Coordinamento dei Liberali Italiani, il 10 giugno a Roma, ecco che finalmente prende corpo il lavoro faticoso di cucitura e di sintesi, in una stesura non ancora proprio definitiva e che potrà essere ancora leggermente modificata. Anche da chi aderisce ora, se gli altri saranno d'accordo. Uno Statuto orrmai delineato nella sua struttura, nei princìpi cardine e in quasi tutti i dettagli. Insomma, il grosso è fatto. Si è dimostrato che la sintesi tra i liberali è possibile. E il breve testo, nato come semplice Dichiarazione da firmare per poter aderire, è diventato un bel Manifesto adatto ai tempi, moderno e coraggioso. Niente di ottocentesco. Già ora possiamo pensare, in anteprima, alla presentazione al pubblico, ai Gruppi liberali, agli intellettuali, ai giovani e, perché no, anche agli amici blogger. (Nico Valerio).
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COORDINAMENTO DEI LIBERALI ITALIANI
Costituzione e Dichiarazione congiunta
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I liberali con i liberali: né conservatori, né socialisti, né clericali.
Tutti i liberali italiani in un movimento culturale e politico unitario
fondato su libertà, laicità, diritti civili, centralità del cittadino,
Stato minimo, libero mercato, lotta alle corporazioni, scienza libera.
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PREMESSA - Un movimento liberale rappresentativo è assente dal panorama politico italiano. Mentre le idee liberali sono lo spirito dell’Occidente, e alcuni loro aspetti come la libertà di mercato crescono perfino nei Paesi totalitari, in Italia i più diversi partiti e uomini politici si definiscono "liberali" senza fare nulla, o quasi, di politicamente liberale.
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FONDAZIONE – Noi liberali, perciò, in rappresentanza di associazioni, liste, movimenti, gruppi e sigle di varie regioni d’Italia, riuniti a Roma il 10 giugno, abbiamo avviato la costituzione del Coordinamento dei Liberali Italiani.
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SCOPI – Collegare e coordinare tra loro i gruppi, le associazioni e i movimenti della vasta e composita area di cultura politica liberale finora priva di voce a livello nazionale, per rappresentarli unitariamente.
Al compimento del percorso, quando la rappresentanza sarà sufficientemente estesa, il Coordinamento si trasformerà in Costituente dei liberali italiani, allo scopo di indire la grande assemblea costituente degli Stati Generali del liberalismo.
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NATURA – Nel frattempo, il Coordinamento non è e non vuole essere un nuovo partito o l’ennesima sigla che si aggiunge alle altre, ma un organo di consultazione permanente e di decisioni federative tra i gruppi liberali che nulla toglie alla loro autonomia.
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ADERENTI – Tutti i club, le associazioni, i movimenti e i gruppi politici liberali possono aderire al Coordinamento sottoscrivendo con la firma del responsabile la presente Dichiarazione, o una sua versione modificata di comune accordo. Aderiscono i gruppi, non gli individui, che potranno a loro volta iscriversi ai vari club liberali.
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LIBERALISMO – L'ispirazione comune è il Liberalismo, dalla tradizione italiana (da Cavour a Gobetti, da Croce a Einaudi) a quella moderna europea che vuol far crescere le libertà di ognuno non come diritto teorico ma effettiva condizione di vita, in una società pluralista e fondata sulle differenze individuali, multietnica e democraticamente conflittuale. Concezione che emerge anche dai Manifesti di Oxford e dall'Internazionale Liberale.
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RIFORME – I Gruppi che danno luogo al Coordinamento sono a favore delle grandi riforme liberali, a cominciare dagli Stati Uniti d’Europa eletti dai popoli:
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Legalità e Stato di diritto, libertà vecchie e nuove, laicità delle Istituzioni e libertà di religione (o di non religione), centralità del cittadino, Stato minimo (solo quanto serve alle libertà), divisione e bilanciamento tra i poteri, giustizia giusta (rapida ed esente da influenze politiche), meritocrazia, privatizzazioni, mercato libero, pluralità dei grandi soggetti economici e lotta ai monopoli, liberalizzazioni di enti e servizi, lotta alle corporazioni e ai privilegi, tutela del consumatore e ambiente, modernizzazione della burocrazia pubblica, mobilità sociale, libera ricerca scientifica, pari opportunità nelle elezioni.
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LIMITI - Non possono essere considerate liberali le posizioni conservatrici, clericali, socialiste; mentre i grandi nemici storici del liberalismo sono le posizioni fasciste, razziste, reazionarie, anarchiche, marxiste-leniniste e quelle del fondamentalismo religioso.
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IL QUADRO POLITICO OGGI - Di fronte al bipolarismo italiano, mero artificio elettoralistico che non fa emergere il reale conflitto tra le grandi opzioni politiche, e perciò resta chiuso al liberalismo, il Coordinamento è in posizione alternativa, che non vuol dire certo rinuncia alla lotta. Anzi, considera proprio il liberalismo politico lo stumento pratico più efficace per scegliere tra le due opzioni di sempre: libertà-nonlibertà.
Il Coordinamento auspica, infine, che accordi e alleanze tra liberali e altri soggetti siano possibili solo sulla base di indirizzi politici e programmi ragionevolmente coerenti con la presente Dichiarazione..
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22 giugno 2006

20 giugno, 2006

 

I mulini a vento e la "mafia dell'eolico". Da battuta a realtà

Si può ingaggiare una battaglia contro i mulini a vento? Si può e si deve. Ma a differenza di Don Chisciotte e Sancho Panza, stavolta le persone per bene devono vincere.
Un tempo c'era la "eco-mafia", ora la malavita si è specializzata e ha inventato la "eolo-mafia". Eolo, dio dei venti, vi suggerisce nulla? Ma sì, le truffe dell'energia eolica, la cui produzione è resa possibile in modo artificiale solo con gli antieconomici incentivi a fondo perduto dati ai Comuni, e gli alti prezzi ai quali gli Enti o lo Stato fingono di acquistare la poca energia realmente prodotta in un Paese povero di vento come il nostro. Senza contare le bustarelle e la ricaduta di corruzione in un'Italia già corrotta di suo. E il danno estetico grave e irreparabile alla skyline del paesaggio italiano, con altopiani e creste montuose devastate da centinaia di torri d'acciaio alte fino a 130 metri, dalle enorme pali rotanti che fanno strage di uccelli rari. Dobbiamo continuare? Basta così. Perfino nella ventosa Germania oggi si protesta contro l'uso industriale e massiccio di questa "energia alternativa", che noi ecologisti delle prima ora avevamo previsto - figuriamoci - solo per piccoli consumi di fattorie isolate. Un business altamente speculativo quello dell'eolico che col beneplacito dell'Unione Europea toglie a tutti per dar da mangiare a pochi privilegiati. E questi ultimi, per ulteriore beffa, condiscono il loro discorsi nei convegni con un'orgia d'insopportabile retorica da "sessantottini" fuori tempo massimo. Ma il risultato pratico è quello che conta. E senza neanche tener conto dell'incommensurabile danno estetico (che per il Bel Paese è un grave danno economico e culturale) i bilanci economici ed energetici sono e saranno sempre in rosso, come ha documentato un'accurata inchiesta di Der Spiegel. Ma ora sentite l'ultima, accaduta in Italia, secondo un comunicato di Italia Nostra (Nico Valerio).
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La notizia è di quelle ghiotte: il fatto, appurato dalla magistratura, che Cosa Nostra e ‘ndrangheta hanno scoperto l’affare nello sfruttamento delle energie rinnovabili come quella eolica. In Sicilia e Calabria coinvolti amministratori locali ed industrie tedesche. I casi finora accertati sono due, con amministrazioni locali e le grandi multinazionali straniere dell’ eolobusiness. Così, il piccolo comune di Vicari, 3200 anime in provincia di Palermo, ha il Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose, perché, si legge nel decreto di scioglimento del 25 ottobre 2005, "l’organo ispettivo ha evidenziato diverse incongruenze nella stipula della convenzione con la società prescelta dall’amministrazione comunale per la realizzazione di un impianto eolico". Ma è noto, business are business. Ancora.
Questa volta ci spostiamo nel crotonese nel comune di Isola Capo Rizzuto; un industria tedesca aveva chiesto l’autorizzazione a costruire un parco eolico ma, al momento di leggere i documenti, esce fuori che la proprietà dei terreni sui quali avrebbe dovuto essere costruito il "parco", era di proprietà di una sanguinaria cosca del luogo. Quindi, almeno per ora, affare sfumato per la ‘ndrangheta. Di fronte ad un caso così preoccupante, ci si sarebbe aspettati un risonanza della vicenda capace di aprire un dibattito critico tra amministratori della cosa pubblica, associazioni ambientaliste e forze produttive...invece niente.
"La notizia non mi sorprende più di tanto; neanche il silenzio assordante della stampa e delle altre associazioni ambientaliste", ha affermato il presidente di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana, "sono anni che il Comitato Nazionale del Paesaggio prima ed Italia Nostra poi, denunciano i rischi e le anomalie del business eolico in Italia. Sono anni che mettiamo in guardia, circa le pesanti anomalie generate dalla Legge Bersani sul mercato delle energie rinnovabili, tutto a favore dell’energia eolica a scapito del solare fotovoltaico, per un Paese, il nostro," conclude Ripa di Meana, "che ama fregiarsi dell’epiteto di ‘paese del sole’ ". I fatti sono allarmanti se pensiamo poi che la maggior parte delle torri installate in Italia, e da installare sono, situate proprio nel Mezzogiorno d’Italia.
Staremo a vedere. Quel che è sicuro, è che Italia Nostra non mancherà certo di far sentire forte e chiara la propria autorevole voce.
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E noi del Salon Voltaire siamo con Italia Nostra, ovviamente. Proprio perché qualche conoscenza di ecologia ce l'abbiamo...

19 giugno, 2006

 

Verdi "rossi"? No, cattolici reazionari. E gli anti-verdi? Solo ottusi

Il giornale Libero ha pubblicato una breve intervista di Martino Cervo a Paul Riessen, un "ambientalista pentito" che ha appena pubblicato il solito libro anti-ecologista scritto per reazione ai reazionari e antimodernisti per definizione. Per la logica sarebbe lui il progressista, ma in realtà non è così. Ecco come si può andare contro i reazionari pur continuando ad essere reazionari.
Sarebbe, nientemeno "colpa dei verdi se il Terzo mondo è sottosviluppato". Il che, come minimo, ingigantisce il ruolo di quattro sfigati messi lì solo per fare carriera politica. Addirittura, sostiene l'ex ambientalista, "L'ideologia ecologista fa milioni di morti". Più di Hitler? Anche lui, aggiungiamo noi, ecologista e vegetariano...
Ma chè questo Paul Driessen? Ha 58 anni, laureato in geologia ed ecologia, ex membro di organizzazioni verdi, si è allontanato dopo aver preso atto di una "deriva ideologica" (che vuol dire? perché la stampa di destra scrive così male e per frasi fatte? Perché non cambia giornalisti e collaboratori?)
La tesi del libro "Ecoimperialismo" è che l'ideologia ambientalista è connivente nell'alimentare le condizioni di sottosviluppo delle zone povere del mondo. Secondo l'autore, all'ambientalismo estremista sono attribuibili 19 milioni di morti l'anno, tra tifo, malaria, dissenteria e altre malattie.
Per chiudere il suo libro-manifesto contro l'ideologia dell'ambientalismo estremo, Paul Riessen ha scelto una frase di Clive Staples Lewis: "Di tutte le tirannie quella esercitata per il bene delle sue vittime può essere la più oppressiva. Meglio vivere sotto i baroni ladri che sotto onnipotenti e moralisti ficcanaso: quelli che ci tormentano per il nostro bene lo faranno senza fine, perché lo faranno con l'approvazione della loro coscienza".
Verde pentito, Driessen lotta contro il fondamentalismo ambientalista. La sua tesi è che questa ideologia, di moda tra intellettuali, attori, politici, pur condita delle migliori intenzioni, produce tragedie, condanna al sottosviluppo gli stessi popoli di cui aspira a prendersi cura. Il suo libro, che ha creato un gran dibattito in America, ha tra i suoi bersagli la responsabilità sociale d’impresa (Rsi), che rischia di diventare un tranello attraverso cui i movimenti ambientalisti dirottano le politiche delle grandi aziende, ricattandole in cambio della loro compiacenza: "Anche alcune Organizzazioni non governative europee", spiega a Libero," si sono rese conto di come i gruppi di pressione possano ricavare benefici dalle varie Goldman Sachs, J.P.Morgan, Home Depot e tante altre". In altre parole, è come se dicessero: "Paga dazio: regalaci potere di veto sulle tue scelte, prometti il tuo appoggio alla legislazione sul riscaldamento globale, e noi allontaniamo "quei rumorosi contestatori...".
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Non abbiamo letto il libro di Riessen, ma conosciamo bene l'ecologia, l'ecologismo, i Verdi e gli anti-Verdi. E anche la Destra italiana, compresi i suoi giornali, che in genere non brillano per intelligenza.
Certo, ci sarà qualcosa di vero nella denuncia, ma come è stata riferita dal giornale è molto esagerata. L'autore (e anche Libero) così sembrano consegnare tutto l'ambiente e l'ecologismo alla Sinistra. Regalandole oltretutto l'appellativo di "fondamentalista". Proprio quello che la Sinistra vuole. Quando, invece, impersonando un potere politico, non scientifico, la Sinistra ecologista non ha princìpi, ma è portata togliattianamente a scendere a patti, a stipulare accordi con l'industria (vedi recente accordo tra i verdi e l'industria dell'eolico).
Ma si può essere più scemi? Così la Destra si dà la zappa sui piedi e dimostra tutta la sua ottusità. Troviamo quindi questa posizione sottoculturale. L'ecologismo non nasce a sinistra e ad Est, ma in Occidente e in ambiente liberale. Come ripensamento sui limiti e gli eccessi dello sviluppo. Limiti ed eccessi che oltretutto sono costi accessori per le imprese e perfino distorsioni della concorrenza. Un'azienda che inquina e non pulisce, infatti, ha costi minori e quindi concorre in modo illecito con i concorrenti, che infatti protestano. Così nacque il problema. In regime di concorrenza gli imprenditori sono i primi ad accorgersi di ciò che non va. Insomma, una cosa molto liberale, di pari opportunità e di eguaglianza nei punti di partenza.
Del resto la Natura, la salute e il bello del Paesaggio piacciono a tutti. Anzi, ai nostri amici più conservatori che liberali basterebbe ragionare: dal punto di vista concettuale semantico "conservare" la natura semmai è un gesto conservatore, non progressista. Stalin voleva l'elettrificazione e l'industria pesante (altamente inquinante in URSS), altro che natura. E negli anni 70 i comunisti polemizzavano con noi primi ecologisti obiettando che "è l'uomo l'animale più braccato del Parco d'Abruzzo, non l'orso". Tipica posizione marxista.
Se oggi la pensano diversamente è perché la Sinistra, in crisi mortale, ha perso i suoi connotati ed è diventata pietistica e... cattolica. I Verdi infatti sono il rifiuto cattolico, il pauperismo rinunciatario e ascetico, fatti politica. Bianchi, altro che rossi, dal punto di vista psico-ideologico. Marxisti solo perché utilizzano politicamente e cinicamente i dati (spesso alterati o parziali) della scienza a scopo di polemica e battaglia politica. Tutto qui.
Non capisco, perciò, questa ottusità dei conservatori e perfino di molti liberali. Forse è solo una questione d'ignoranza. Non sanno che fu Croce a fondare il primo Parco in Italia, e che furono alcuni liberali (la figlia di Croce e Umberto Zanotti Bianco) i fondatori di Italia Nostra. Lo stesso per i grandi club ecologici in tutto il mondo. Che nacquero da personalità liberali nel mondo anglosassone, non certo in Unione Sovietica, dove anzi l'ecologia fu vietata fino all'ultimo.
Non possiamo per far dispetto alla Sinistra, che si è limitata ad occupare uno spazio vuoto stupidamente lasciato libero dai liberali negli anni 70, danneggiare noi stessi.
C'è un solo modo di criticare i finti-Verdi: far notare che la loro non è scienza ma politica. E che la scienza dell'ecologia (talvolta) dice cose diverse da quelle propagandate dai finti ecologisti politici, specialmente quelli seduti in Parlamento. Che però, attenzione, spesso dicono cose vere, verissime. E la Destra farebbe bene a metterselo in testa.
Ecco, allora teorizziamo un po': l'ecologia liberale è proprio la scienza, lo stato dell'arte delle ricerche umane, di per sé neutrale. Ma, attenzione, non significa che la scienza accademica sia più moderata dei Verdi politici. Talvolta, anzi, può essere più rigorosa e severa. Non usiamo, perciò, i rosso-Verdi come alibi per il nostro (vostro) non-fare. E' un tipico processo logico ottuso, prima che reazionario. Come il tizio di quella storiella: "Non lo faccio, perché lo fanno i miei avversari", disse quel tale al quale gli amici buontemponi avevano messo una bella ragazza nuda nel letto... La Destra italiana è così: pur di far dispetto alla Sinistra, danneggia se stessa. E il Paese. Vedi la legge Urbani sull'Ambiente e la legge sulla caccia di Matteoli.
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NICO VALERIO
liberale, fondatore del primo club ecologista in Italia (1975) e promotore del I Referendum anti-caccia

17 giugno, 2006

 

Contro la bioetica clericale serve un'alleanza laica trasversale

Il voto positivo dell’Europarlamento a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali è un passo avanti importante. Ma la questione, soprattutto in Italia, resta aperta. Non solo perché la legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita vieta questo tipo di ricerca, ma anche perché sulle questioni che attengono vita, morte e scelte individuali lo scontro diventa di ora in ora sempre più forte. Il fronte cattolico fondamentalista, nonostostante i dissidi a cui deve far fronte all’interno del neo nato Intergruppo parlamentare “Persona e Bene Comune”, va avanti nella difesa senza tentennamenti della normativa. Si sono impegnati perché la legge venisse approvata, si sono battuti contro il referendum che ne modificava i punti più caratterizzanti, oggi - giustamente dal loro punto di vista - fanno politica a partire da quella legge e dalla difesa della vita dell’embrione che è il suo nucleo giuridico e simbolico.
Chi sorprende non sono loro, ma l’incertezza delle forze laiche dei due schieramenti, a partire da quelle che fanno parte della coalizione che è andata al governo e che si è proposta agli italiani come alternativa alla Casa delle libertà. I segnali che vengono - su questo terreno - non sono molto incoraggianti. Probabilmente vanno interpetati come frutto del timore di Prodi - o di una parte dell’Unione - di calpestare i piedi al Vaticano.
Il ministro per l’Università e la Ricerca scientifica, Fabio Mussi - dopo aver fatto scoppiare lo scandalo ritirando l’appoggio al documento europeo contro la ricerca sulle staminali embrionali - ha dovuto frenare un po’ le polemiche. Davanti alle commissioni Sanità e Istruzione del Senato ha detto che il governo rispetterà la legge 40 e ha però lasciato aperta la porta rinviando la questione della modifica direttamente al Parlamento, che è giustamente il luogo deputato a discutere e a legiferare in materie così delicate. Il pressing di queste settimane, soprattutto attraverso la commissione interministeriale guidata da Giuliano Amato, qualche effetto lo ha avuto. Ingessare il dibattito, non creare allarmismo tra una parte dei cattolici. Non cascare in un voto che al Senato è fortemente a rischio.
Per fortuna Mussi ci offre una carta da non perdere. «Nel programma dell’Unione - ha detto esattamente - non è prevista una iniziativa di modifica di questo provvedimento, ma il Parlamento è sovrano a prescindere dalle mie idee». E’ importante che fin da subito vengano presentate proposte di modifica che vedano impegnati tutti i laici, donne e uomini dei due schieramenti convinti che la legge, così com’è, sia pessima. Al fronte cattolico, integralista, rispondiamo con un fronte laico che respinga il carattere fondamentalista della legge 40.
Finché l’Italia avrà una normativa che dichiara l’embrione soggetto di diritto (articolo 1) non potrà dirsi un paese civile. Quella norma impone a tutti e tutte una idea della vita - una idea che appartiene solo ad alcuni - che lede la libertà di scelta delle donne, limita la ricerca sulla cura di malattie gravi, cioè danneggia la vita concreta di tante persone. Non è una legge qualsiasi. E’ una legge simbolo. Simbolo di un governo e di una idea della società che critichiamo quando è proposta da religioni come quella islamica. Per questo è importante non cedere alle minacce vaticane. Il governo Prodi non deve dar conto del suo operato alle gerarchie cattoliche e ai loro rappresentanti parlamentari. Piuttosto deve dar conto alla metà della popolazione italiana, cioè alle donne, che di questa legge 40 sono le vittime.
P.S. Le donne di “Usciamo dal silenzio” (quelle scese in piazza in duecentocinquantamila il 14 gennaio per l’autodeterminazione e per la laicità dello Stato), si sono date appuntamento domani (dal pomeriggio) e domenica (tutto il giorno) alla Casa internazionale delle donne di Roma per dettare la loro agenda politica. Speriamo che l’Unione sappia tenerne conto (Angela Azzaro, Liberazione 16 giugno 2006).

15 giugno, 2006

 

"Quella cinghia di trasmissione tra Vaticano e politica..."

«Può darsi che qualcuno non abbia gradito...». Dopo la lunga, severa lettera con la quale il vicepresidente al Senato Gavino Angius ha richiamato i senatori dell’Ulivo e i capigruppo dell’Unione ai valori della laicità, l’esponente ds ritorna sul tema. E fa sua una battaglia da paladino delle libertà individuali contro l’ingerenza della Chiesa nella politica.
Lei si è detto preoccupato per l’arretramento politico e culturale di cui vede i segni nel dibattito sulla bioetica, anche all’interno dell’Ulivo.
«Un arretramento devastante su tutti i temi etici, unioni di fatto, fecondazione, sfera morale e sessuale, uso delle droghe, legge 194. Io mi domando: perché deve essere considerata superiore un’etica che viene da una verità rivelata e inferiore quella che non deriva dalla religione?».
Teme che deflagri lo scontro tra laici e cattolici?
«Lo scontro c’è già ed è il grande tema delle democrazie. La Chiesa supplisce alla crisi di valori della politica con un nuovo ruolo, pervasivo e invasivo nella sfera pubblica. E il rischio che vedo all’orizzonte è che una democrazia se non è laica è teocrazia. Mi colpisce non positivamente l’insistenza che parte delle gerarchie cattoliche mette su questi temi e che questa missione possa essere raccolta tanto convintamente da una parte e trasformata in iniziativa politica, come se vi fosse una cinghia di trasmissione di antica memoria...».
Una cinghia di trasmissione tra il Vaticano e la politica. Pensa alla Margherita?
«Basti guardare ad alcuni settori di Forza Italia, come ai pronunciamenti dell’Udc e di parte della Margherita, o ancora al filone clerical reazionario che c’è dentro An».
La sua chiamata a lle armi del fronte laico è una critica ai vertici dell’Unione?
«Non è una chiamata alle armi. Osservo solo la timidezza, la sottovalutazione culturale e ideale molto pericolosa di uno dei temi che dobbiamo assolutamente discutere in vista del partito democratico».
Nascerà mai il partito democratico da due forze in aperto dissidio su questi temi?
«Questo blocco di problemi attraversa tutte le forze politiche, anche Ds e Margherita al loro interno. Ogni volta che si mette in contatto la vita delle persone con la legge dello Stato rischia di esplodere il finimondo. Eludendo il problema, l’incontro tra le forze del riformismo rischia di non avvenire mai». Cosa pensa della «lobby» cattolica dei senatori Bobba e Binetti?
«Che è una iniziativa non giusta. Prima di andare a cercare quelle alleanze sarebbe stato più produttivo e utile rivolgere i loro sforzi all’interno dell’Ulivo, sempre che non abbiano altri scopi e finalità che io non conosco».
Si aspetta un intervento di Prodi su questi temi?
«Il rischio è che si torni indietro rispetto al punto di mediazione raggiunto dal programma dell’Unione». (Monica Guerzoni, Corriere della Sera, 15 giugno 2006).

 

Ricerca. Sì dell'Euro-parlamento alle staminali embrionali

Il Parlamento europeo riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha votato a favore del finanziamento Ue della ricerca sulle cellule staminali embrionali, senza limitazioni riguardo alla data in cui gli embrioni sono stati prodotti. Lo ha fatto con un emendamento al settimo programma quadro di ricerca, che era già stato adottato dalla commissione europarlamentare Itre (Industria, trasporti ricerca ed energia), passato con 284 voti favorevoli, 249 contrari e 32 astensioni.
IL DOCUMENTO - L’emendamento recita: "La ricerca sull’utilizzazione delle cellule staminali umane, sia allo stato adulto che embrionale, può essere finanziata, in funzione sia dei contenuti della proposta scientifica, che del contesto giuridico esistente nello Stato membro o negli Stati membri interessati". La richiesta di finanziamento deve comprendere "i dettagli sulle misure adottate in materia di licenza e di controllo da parte delle autorità competenti degli Stati membri".
CLONAZIONE VIETATA - "Per quanto concerne l’uso di cellule staminali embrionali umane - continua il testo - le istituzioni, gli organismi e i ricercatori, devono essere soggetti a un regime rigoroso in materia di licenze e di controllo, conformemente al quadro giuridico dello Stato membro o degli Stati membri interessati". E’ vietato il finanziamento con fondi Ue delle "attività di ricerca volte alla clonazione umana a fini riproduttivi", delle attività "volte a modificare il patrimonio genetico degli esseri umani che potrebbero rendere ereditabili tali modifiche", e infine di quelle "volte acreare embrioni umani esclusivamente a fini di ricerca o per l’approvvigionamento di cellule staminali, anche mediante il trasferimento di nuclei di cellule somatiche". (Corriere della Sera, 15 giugno 2006).

09 giugno, 2006

 

Etica di Stato. Commissione Amato poco amata dai liberali

E` necessario che il Governo chiarisca la natura della Commissione di bioetica affidata alla guida del Ministro Amato. Si tratta, come qualcuno dice, di una sorta di commissione interna di garanzia e vigilanza che avrebbe solo lo scopo di prevenire episodi che potrebbero risultare sgraditi ai gendarmi che il cardinal Ruini ha piazzato in Parlamento per difendere la legge 40/2004, e impedire l’approvazione dei PACS e di una legge civile sul testamento biologico e l’eutanasia? Oppure, come alcuni sostengono, la commissione avrà il compito di promuovere il confronto tra le diversi posizioni e quindi istruire la politica del governo in materia di bioetica?
Entrambe le ipotesi sono allarmanti. Intanto perché esiste il Comitato Nazionale per la Bioetica che ha il mandato di promuovere un confronto, anche se purtroppo si è soprattutto prestato per fare da megafono alle posizioni vaticane. Proprio con le nuove nomine e magari attraverso una riforma che definisca meglio e in senso operativo, le funzioni del CNB il Governo Prodi ha un'occasione di discontinuità con il passato. Se invece si vuole una commissione governativa di bioetica per tranquillizzare il cardinal Ruini, e disinnescare la miccia della sfiducia contro Mussi, si tratterebbe ugualmente di un pessimo segnale. Sarebbe l’ennesima dimostrazione che l’Italia è diventato un Paese a sovranità limitata, dove cioè sulle materie che riguardano i diritti della persona è il Vaticano che stabilisce cosa è consentito fare e cosa no.
Il trasferimento di funzioni di confronto sulla bioetica a livello governativo sarebbe un’anomalia nel quadro di una democrazia liberale: non esiste al mondo un governo democratico che si assume il compito di istruire un dibattito sulle dimensioni etiche di qualsivoglia argomento, dato che non è questo un compito costituzionalmente affidato all’esecutivo. E’ vero che in Italia si sta perdendo il senso funzionale della laicità dello Stato, ma che dopo le "leggi etiche" ci tocchi di subire anche la formalizzazione del "governo etico" (seppure sotto forma di etica "concertata") sarebbe davvero troppo.
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GILBERTO CORBELLINI, Co-Presidente dell'Associazione Coscioni, membro della Direzione Nazionale della Rosa nel Pugno (Notizie Radicali, 7 giugno)

08 giugno, 2006

 

Liberali e socialisti oggi: dall'ircocervo alle strade parallele. Ma solo se...

Alla vigilia dell’incontro con amici liberali a Roma il 10 giugno e in risposta al cortese invito di altri amici a partecipare alla costituzione di un polo di liberali e socialisti a Firenze il 17 giugno, ritengo opportuno precisare alcune questioni.
Innanzi tutto non ritengo il liberalsocialismo un “ircocervo” come veniva bollato da Benedetto Croce. Il liberalsocialismo può far parte a pieno titolo della famiglia “liberale”, se si ritiene la libertà individuale il fondamento anche della giustizia. Ossia a condizione di scegliere la prassi liberale indipendentemente dalle proprie opzioni ideologiche.
Né ritengo incompatibile una collaborazione tra liberali e socialisti per combattere clericali e conservatori. Non per nulla Veneto liberale, di cui mi onoro di esserne attualmente segretario, nel 2001 ha partecipato con il Nuovo PSI, il PRI, il PLI e i Radicali di Vicenza con una lista, denominata “Unione Laica”, alle elezioni provinciali.
Occorre, inoltre premettere che i liberali cui si fa riferimento sono coloro che dichiarandosi tali, sono convinti che la libertà politica, quella economica e quella civile vivono o muoiono assieme. Ossia hanno la consapevolezza dell’assenza nel nostro paese della Democrazia liberale e, quindi, della necessità
a) della radicale alternativa liberale al regime partitocratrico perché è l’unica soluzione all’immobilismo conservatore esistente - detta “alternativa” (e non semplice alternanza) consiste in modernizzazioni politiche, economiche e civili rappresentate da istituzioni liberali, liberiste e libertarie che oggi sono deficitarie in questa Italia;
b) della riforma elettorale maggioritaria “all’inglese”, unitamente alla forma di governo presidenziale e a quella dello stato federale; c) della centralità del “mercato”, osteggiata dalle “lobby” corporative (che costituiscono il “partito conservatore”);
e) dell’antiproibizionismo non solo sulle droghe ma anche sulla libertà di ricerca scientifica.
Alcuni di questi liberali si sono riuniti nell’associazione Veneto liberale e, assieme ad altri sodalizi, costituiscono il “tavolo dei liberali veneti” che ha come minimo comun denominatore 1. il modello di organizzazione federale, come strumento per il nuovo soggetto politico nazionale; 2. la modifica del sistema elettorale in senso maggioritario, all’inglese; 3. l'assemblea costituente per le riforme istituzionali; 4. la "europeizzazione" dei cittadini.
Occorre a questo punto un salto di qualità. Ossia occorre passare da una collaborazione a livello regionale ad una collaborazione a livello nazionale.
Ci si offrono due opportunità: la prima è un incontro tra liberali a Roma sabato 10 giugno, e la seconda è un appuntamento per la costituzione del polo laico, ossia dei liberali e dei socialisti a Firenze sabato 17 giugno. Questi due appuntamenti hanno in comune la scelta dell’alternativa ai conservatori rappresentati dal polo sé dicente anticomunista e da quello sé dicente antiberlusconiano.
E’ allettante la costituzione del polo laico. Da quello che ho capito si vorrebbe costituire un polo di liberali e socialisti come stanno tentando di fare i radicali di Pannella e i socialdemocratici di Boselli. L’unica differenza sembra la volontà a non confondersi con questo centrosinistra. E non è una differenza da poco.
Il tentativo di Pannella e Boselli sembra naufragare per la troppa diversità tra i soggetti che si vorrebbero fondere. Infatti di recente si è svolta una riunione di radicali (dal 2 al 4 giugno) a Roma ed un’altra di socialisti a Firenze (5 giugno). Le riunioni non potevano dare una rappresentazione più chiara della diversità esistente tra gli attivisti dei due gruppi. Diversità già ampiamente rilevata alle riunioni recenti degli organi direttivi. Mentre i radicali utilizzano addirittura la radio per diffondere la formazione delle decisioni, i socialisti procedono a porte chiuse occultando il processo formativo delle decisioni. Quindi l’unico risultato possibile è stato il cartello elettorale che è servito agli uni e agli altri per ottenere qualche deputato in Parlamento e uno spazio nel Governo. Ma è la stessa ragion d’essere dei due gruppi a renderli incompatibili. Mentre i radicali di Pannella hanno sbandierato la strumentalizzazione dell’alternanza per giungere all’alternativa, i socialisti di Boselli sul punto sono stati completamente in silenzio. Di qui la loro richiesta di tentare di amalgamare il movimentismo radicale con il governismo dei socialisti. Si sentono incompatibili perché lo sono.
A mio avviso per evitare questi gravi disagi occorre prima dar vita a due soggetti politici compatibili e poi tentare una collaborazione.
E la compatibilità può sussistere se entrambi i gruppi, liberali da una parte socialisti dall’altra, abbiano la consapevolezza che in Italia non vi è una democrazia (“compiuta” per i socialisti, “liberale” per i liberali) ma un regime partitocratrico, sindacatocratico e burocratico conseguente ad un sistema elettorale e ad un sistema di finanziamento pubblico che dovrebbe essere radicalmente modificato.
A queste condizioni liberali e socialisti potranno essere compatibili ed efficacemente potranno contrastare l’immobilismo conservatore e l’oscurantismo clericale.
Personalmente mi adopererò a costituire il soggetto “di” liberali che ha la predetta consapevolezza. Mi auguro che anche tra i socialisti vi sia chi intraprende il medesimo percorso.
Comunque, non perdiamoci di vista.
BEPI LAMEDICA

06 giugno, 2006

 

Taxi e aspirina: da qui inizierà la prossima Rivoluzione liberale?

Se la rivoluzione liberale americana iniziò dalle casse di tè, e il nostro Risorgimento dallo sciopero del tabacco, perché la prossima rivoluzione liberale non potrebbe partire dall'aspirina e dai taxi?
Vi ricordate quando nella cosiddetta Casa delle Libertà, che secondo certi blogger ignoranti di Tocqueville sarebbe composta di tutti "liberali", il ministro Alemanno (prima Movimento sociale, poi Destra sociale, in pratica nazionalista e socialista: che brutto abbinamento) assicurò la piccola e coriacea corporazione dei tassisti che mai e poi mai il governo avrebbe liberalizzato il servizio? E pensare che la CdL aveva preso i nostri voti dicendo che avrebbe fatto un partito liberale di massa. E in Parlamento aveva una maggioranza enorme, che nessun schieramento avrà mai più in futuro. Un'occasione persa per sempre.
Ma ora voglio ricordare un'altra tipica chiusura, un'altro dei tanti divieti di quello che ancor oggi qualche nostalgico definisce come uno schieramento aperto e liberale: il no deciso del ministro Storace (altro nazionalista sociale) alla vendita dei farmaci nei supermercati. Si arrabbiò molto della proposta, ricordo. Si sa, la lobby dei farmacisti è molto potente. Era la Destra "tassinara" (aggettivo e sostantivo inventati a Roma) e farmaceutica.
Ora come meravigliarsi, dopo i sinistrismi conservatori e illiberali della Destra, che la Sinistra, illiberale per definizione (tranne, ovvio, i bravissimi amici radicali), sia per conservare i favori alle lobbies e quindi anche alle farmacie? La ministra della Sanità Livia Turco vuole impedire che i farmaci da banco - perfino quelli - siano venduti nei supermercati affinché «le farmacie rimangano il miglior presidio per la salute e la sicurezza dei cittadini». Evidentemente in quei Paesi dove si vendono nei supermercati (Usa, Australia, Austria, Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Olanda, Spagna, Portogallo) la salute dei cittadini è a rischio. E poi si scopre che un'aspirina in Italia costa 28 volte di più che in America", nota con amarezza Luciano Caldirola sul Corriere della Sera (lettere). Dalla padella alla brace. Ecco la Sinistra farmaceutica.
E a proposito di farmaci per questo sistema politico ed elettorale malato. A quando un grande Terzo Polo liberale? Se togliesse, per ipotesi, naturalmente dopo un'implacabile "campagna verità" condotta alla radicale, i tanti elettori liberali alla Destra e i pochi alla Sinistra, avrebbe qualcosa come il 20-30 per cento di tutti i voti. Vi rendete conto? Dentro ci starebbero i radicali da soli, più tutti i liberali e repubblicani sparsi nel Parlamento e nel Paese. Diventerebbe il vero centro motore della politica italiana. Basta volerlo. Del resto, fin d'ora, i deputati liberali potrebbero costituire un gruppo alla camera.
Certo, non sarebbe facilissimo far capire la novità ai tanti italiani non esperti di politica e di ideologie, essendo stati diseducati da anni dai cretini della Destra e della Sinistra che "ormai le idee non contano", ma contano gli schieramenti, cioè le cordate di amici, le oligarchie mafiose fatte solo per il Potere.
E peccato che gli Italiani - così immaturi perché hanno una classe dirigente corrotta e immatura - non votino con la testa, cioè seguendo la ragione, le idee e i propri interessi, ma con altri organi irriferibili. Quelli che presiedono alla simpatia e all'antipatia, ai noi e ai loro, al clan e alle raccomandazioni, insomma al tifo. Ma le cose stanno cambiando...

04 giugno, 2006

 

Torri gemelle. Il "complotto" nella disinformacjia di sinistra e destra

Chissà se Gore Vidal, campione della gauche-caviar e dei lobster liberals, raggiungerà questo weekend i suoi amici americani che si riuniscono a Chicago per dimostrare che le Torri Gemelle sono state abbattute l'11 settembre da un complotto della Cia, oppure si ricongiungerà con l'allegra brigata dei complottomani italiani, emuli dei loro cugini americani nel sostenere che l'America mente anche oggi come ha spesso fatto nella sua storia.
È illuminante andare a vedere chi sono i firmatari della lettera preparata da Giulietto Chiesa per smantellare, finalmente, le bugie americane sull'11 settembre e contribuire decisamente a «salvare la democrazia e la pace che corre un grave pericolo fino a che non si riuscirà a fare luce sulle responsabilità con cui gli attentati terroristici dell'11 settembre furono compiuti». Il promotore dell'iniziativa, l'onorevole Chiesa appunto, prima di essere eurodeputato con Tonino Di Pietro, ha a lungo praticato da corrispondente dell' Unità l'Unione Sovietica e le sue strutture di potere, il Pcus e il Kgb, dove ha rifinito quella particolare cultura che gli fa pensare che dietro ogni avvenimento c'è il complotto di un servizio segreto.
Insieme a lui non poteva mancare Gianni Minà, noto internazionalmente per l'appassionata esaltazione del dittatore Fidel Castro, che così si era guadagnato la candidatura a ministro della Repubblica italiana, in quota del Partito dei comunisti italiani di quel Diliberto distintosi per avere dichiarato che le mani di Bush grondano di sangue.Ma i due campioni del comunismo cubano non sono stati lasciati soli.
Sono stati raggiunti dal professore Franco Cardini, singolare replicante dello sdoppiato Doctor Jekyll e Mister Hyde. Per un verso si presenta nei circoli accademici come un serioso storico dell'Islam, e per un altro accusa con rara tenacia le nefandezze dell'Occidente, in specie dell'America e di Israele, al punto tale da non esitare ad accompagnarsi spesso e volentieri, lui ultrà clericofascista, con i picchiatori no-global con i quali vorrebbe fare un partito.
Ma non finisce qui la formazione che è stata innalzata al blog di Beppe Grillo. Essa gode della solidarietà di Oliviero Beha, un amico irregolare a tutto tondo e quindi degno della massima simpatia, a cui prudenza avrebbe però consigliato di restare sul terreno nazionale invece che slanciarsi negli intrighi internazionali di cui forse ha minore conoscenza rispetto agli imbrogli del pallone di cui è sicuramente maestro. E, ancora, tra i candidati a salvare dalla perdizione i bravi americani, spiccano per acutezza Roberto Morrione, direttore uscente di Rai news24, e il suo fedele braccio destro Sigfrido Ranucci, i quali sono recentemente assorti a notorietà per avere ideato e trasmesso dal servizio pubblico uno pseudo-documentario sulle nefandezze dei marines, ritenuto falsificato dalla stessa stampa americana come il New Yok Times e dallo stesso testimone-reduce dall'Irak, chiamati a testimoniare della veridicità dei documenti.
Chiude l'elenco dei redentori dell'America la scrittrice Lidia Ravera che, dedicandosi alla sobria scrittura fin dalla giovane età quando pubblicò Porci con le ali, scrive oggi fantasiosi romanzi per i quali cerca ispirazione nel megacomplotto dell'11 settembre.
Se questi sono i protagonisti, ci si deve chiedere che cos'è che accomuna tanti e tali ingegni creativi. Dietro la visione dell'11 settembre come un grande complotto della Cia e dell'internazionale ebraica, c'è l'idea populista che il mondo è mosso da poche persone, potentissime, ricchissime e sommamente malvagie che fanno la storia a proprio vantaggio, ordendo a più non posso cospirazioni sulla testa dei poveri cittadini del mondo.
Gli studiosi indicano che questa vera e propria malattia psicologica ha il suo profeta nel gesuita Augustin Barruel che, ai tempi della rivoluzione francese, lanciò la «teoria del complotto». È del resto ben noto che all'inizio del Novecento la polizia zarista antisemita, precorritrice degli attuali anti-israeliani, confezionò il famoso falso de Il protocollo dei Savi di Sion per scatenare il pogrom contro gli ebrei, allo stesso modo in cui oggi si vuole scatenare il pogrom contro gli americani e gli israeliani.
L'antiamericanismo accoppiato all'anti-israelismo (interfaccia dell'antisemitismo) è l'altro pilastro che coagula i complottomani i quali, al di là e al di qua dell'Atlantico, cercano di rilanciare l'interpretazione dell'11 settembre come cospirazione della Cia sulla scorta delle fantasie di un miliardario americano che tempo fa girava il mondo per smascherare Bush. Il gioviale tycoon che aveva trovato il modo di impiegare le sue copiose finanze, giunse anche in Italia sponsorizzato da un giornalista dalle impenitenti idee clericofasciste, Maurizio Blondet, autore di libri come 11 settembre: colpo di Stato in Usa e Chi comanda in America, secondo il quale «tutte le associazioni massoniche devono alla Cabala ebraica i propri simboli e i propri segreti». Le sue opere, che sono forse pregevoli nella bibliografia del complottismo, non hanno però trovato molto apprezzamento dal pubblico italiano.
MASSIMO TEODORI (Il Giornale)

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