28 giugno, 2006
Legge sul divorzio, grande vittoria dell’Italia laica e moderna sui clericali, a un secolo da Porta Pia.
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A UN SECOLO DALL’UNITÀ LA PRIMA RIFORMA PER LO STATO LAICO
di NICO VALERIO, Venticinque, dicembre 1970
L’Italia laica, l'Italia della Riforma, di Galileo e di Giordano Bruno ha tirato un respiro di sollievo. Si stenta quasi a crederlo. Nel paese che per secoli ha visto prevalere il più odioso spirito controriformistico, il clericalismo più ottuso e ipocrita, il più impudente strapotere etico e politico della Chiesa di Roma, finalmente una minoranza anticonformista ha saputo lottare fino a diventare maggioranza (perfino in Parlamento), conquistando la più bella vittoria laica del nuovo stato italiano. L'introduzione del nostro ordinamento del principio del divorzio - anche se si tratta soltanto di un "piccolo divorzio" sottoposto a numerose e pesanti condizioni - deve segnare una svolta decisiva nel nostro costume nazionale. In altre parole dovrà mutare lo "spirito" dei rapporti umani, nella famiglia e nella società, se le giovani classi dirigenti che si affacciano ora alla soglia dell'età matura vorranno davvero colmare l'abisso che ci separa dalle più progredite democrazie europee, Svezia in testa.
I giovani, soprattutto i giovani lavoratori che più risentono del nostro costume "ufficiale", della nostra vita politica e sociale, e in genere tutta la generazione di "nuovi italiani" che guarda all'Europa unita, non si riconoscono più in una società falsa, levantina e gerontocratica come quella italiana e si aspettano che finalmente qualcosa cambi.
A cento anni da Porta Pia il nostro non è ancora uno Stato laico: nelle scuole si insegna obbligatoriamente la religione cattolica, lo Stato stipendia preti, e vescovi (questi ultimi in soprannumero perfino rispetto alle norme del concordato), i comuni espropriano aree fabbricabili per la costruzione di chiese, che diventano proprietà del Vaticano (malgrado la scarsissima partecipazione del pubblico alle funzioni), esistono ancora i cappellani militari, il Vaticano controlla gran parte della finanza e dell'industria italiana, e specula – col migliore paleocapitalismo – sulle aree fabbricabili, sull'edilizia, sugli appalti, sulle "opere pie" e di beneficienza, sugli ospedali, perfino sugli alberghi di lusso.
E poi, soprattutto, ricordiamoci che esiste un "patto d'acciaio": quell'assurdo concordato fascista del 29, con cui – incredibilmente – lo Stato italiano uscito dalle guerre di liberazione del Risorgimento ha tradito la tradizione laica e liberale dei Cavour e dei Cattaneo, e con l'ottusa acquiescenza di una piccola borghesia rozza e ignorante ha abdicato alle proprie prerogative di Stato pienamente sovrano, prestandosi a fare il braccio secolare della Chiesa.
Per questi motivi il divorzio non è che il primo gradino per la costruzione di uno Stato effettivamente laico: ce n'est pas qu'un début, continuons le débat.
Altre riforme del costume e dell'ordinamento giuridico seguiranno, altre battaglie impegneranno tutti i "nuovi italiani" che hanno condotto e vinto la battaglia del divorzio.
Chi sono questi "nuovi italiani"? Vale la pena di ricordarli, perchè saranno presumibilmente i protagonisti di “altre” appassionanti battaglie civili.
Innanzitutto l'agguerrita pattuglia dei radicali, con Marco Pannella (il vero grande stratega di questa logorante guerra di posizione) e l'avvocato Mauro Mellini, poi, in prima fila, i giovani liberali,. i.giovani socialisti, i giovani repubblicani e numerosi altri gruppi del dissenso, oltre naturalmente ai ben noti presentatori del progetto di legge, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini. Quest'ultimo, subito dopo la conclusione dell'iter parlamentare della legge, ha rilasciato a Venticinque la seguente dichiarazione. "L'approvazione definitiva della legge sul divorzio è una svolta storica del nostro paese, è una dichiarazione d'indipendenza dello Stato italiano nei confronti dell'influenza della Chiesa nella nostra vita politica, è una riaffermazione della sovranità e dell'autonomia del Parlamento, che assume un particolare significato a cento anni dall'unità italiana.
La battaglia divorzista ha evidenziato come l'attuale regime concordatario sia troppo limitativo della sovranità e dell'autonomia del nostro Stato, e quindi incompatibile con un sistema democratico che contempli – come noi vorremmo – una netta separazione tra Stato e Chiesa.
Celebriamo pertanto questa vittoria laica considerandola la prima tappa per arrivare attraverso l'abrogazione del concordato alla sempre valida formula cavourriana “Libera Chiesa in libero Stato”.