28 novembre, 2005

 

28. Newsletter del 21 settembre 2005

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Salon Voltaire
IL GIORNALE PARLATO LIBERALE
LETTERA QUINDICINALE DEL SALOTTO VOLTAIRE
GIORNALE LIBERALE DI ATTUALITÀ, SCIENZA, CULTURA, POLITICA E COSTUME
Lettera n.28 - 21 settembre 2005
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"Stress, ipertensione, colesterolo alto? Partecipa a un salotto liberale.
L’unico in cui il sedentarismo fa bene e stimola il cuore"
CARDIOLOGO ANONIMO
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Questo numero contiene:
XX SETTEMBRE. E Cavour fece un favore al papa…
INTERCETTAZIONI HARD. Sotto la Banca l’Italia crepa
CAMPAGNA ELETTORALE. "’A mossa, facite ‘a mossa…"
INGERENZE CLERICALI. Ruini? No, lo scandalo lo dà la Tv
CALCOLO O EVOLUZIONE Fini più liberale di Forza Italia?
UNA VITA PER LA MEMORIA. Il giusto che non sapeva dimenticare
CARRO DI TESPI. Appello alla Destra della Sinistra. O l’inverso?
ECONOMIA E POTERI FORTI. La Nomenklatura comanda in Italia
LIBERALI CHE VINCONO. Guido, il bislacco che piace ai Tedeschi
PANNELLA COME BUSH. Esportare il liberalismo a Sinistra
POLITICANTI ALL’ERTA. Se l’oratore è maschio e la folla femmina
EUROPA CONTRO ISRAELE. E un giudice vuole arrestare Sharon
UN RAPIMENTO "LIBERALE". Palestinesi, ribellatevi al fascismo
SALASSO DEI CETI MEDI. Il piano segreto di Regioni e Comuni
CORTE COSTITUZIONALE. Se Ciampi inciampa su Gifuni
CROCE "CRISTIANO"? La famosa frase finalmente spiegata
ERRORI E BUONSENSO. Viva Zapata o viva Zapatero?
RILANCIO D’UN CLUB GLORIOSO. L’Italia? Ora è più "Nostra"
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20 SETTEMBRE, UNICA VERA FESTA NAZIONALE
E Cavour fece un favore al Papa…
"Mentre cantavamo insieme l’inno di Mameli, il mio pensiero è corso alla data di oggi, 20 settembre. E ho ricordato che il 20 settembre 1870 Roma divenne capitale dell’Italia unita e fu il compimento del sogno risorgimentale". Così, con parole troppo scarne e troppo vaghe per un uomo che in gioventù fu azionista e che la stampa definisce tuttora "laico" e "risorgimentale", il presidente Ciampi ha ricordato quest’anno il 20 settembre 1870, la data fondamentale dell’unificazione d’Italia. Troviamo anche troppo gentile, perciò, pur se comprensibile in questi tempi di quotidiane "botte in testa" clericali, l’entusiasmo del bravissimo segretario radicale Capezzone. Da uno come Ciampi noi liberali dovremmo aspettarci di più, molto di più.
"Desidero esprimere il mio ringraziamento al Capo dello Stato – ha comunicato Capezzone – per le parole appropriate (e quanto attuali!) con cui ha ricordato il 20 settembre 1870, che mi hanno ricordato quelle (che mi parvero altrettanto opportune e benvenute) pronunciate nel corso dell'incontro tra lo stesso presidente Ciampi e papa Ratzinger nel giugno scorso. Quella data dovrebbe rappresentare un motivo di festa per tutti, e in primo luogo per i credenti, che videro la Chiesa finalmente alleggerita dal peso mondano del potere temporale. E quanti cattolici dovettero (e devono ancora?) subire l'angoscia, il dramma personale di voler partecipare alla creazione di uno stato, di uno stato liberale e laico, e di essere – invece – "compensati" con anatemi e scomuniche... Ed è quanto mai opportuno ricordare quella data proprio di questi tempi, mentre sembrano esservi ben più che nostalgie neotemporaliste da parte del clero conservatore, con le vere e proprie "condizioni" dettate dal cardinale Ruini su tutto, non solo sui Pacs, come un vero e proprio attore della politica italiana"
E ha fatto bene Capezzone a mettere in rilievo che dietro l’apparente azione giacobina e anti-clericale (blasfema per i cattolici reazionari, ma non certo per i tanti cattolici liberali che fecero il Risorgimento) di abbattere le mura del papa ponendo fine al suo assurdo potere temporale, si celava, come dire, quasi un "disegno della Provvidenza". Cavour e i liberali, insomma, hanno fatto un grande favore, se non all’ambiguo e autoritario Pio IX, almeno alla Chiesa universale. Perché da quel momento inizia la rinascita della sua missione spirituale nel mondo. E oggi, ahimé troppo tardi, lo riconoscono i cattolici moderni, facendo ammenda delle passate scomuniche inflitte ai liberali e perfino ai cattolicissimi Savoia.
La fine dello Stato pontificio ad opera dei risorgimentali segnò una svolta positiva non solo per l’Italia, ma anche per la religione cristiana e, nei paesi anglosassoni, per la credibilità della corrotta Chiesa cattolica (ancor oggi molto scarsa, figuriamoci ai tempi del Papa-Re), che non è certo stata fondata dall’ebreo dissidente Joshua per "regnare su questa Terra", ma che ai piaceri e ai poteri di questa Terra era ed è tuttora molto legata. Tanto che, perfino tra i giuristi internazionali, quel po’ di potere temporale che sopravvive nella Città del Vaticano, con l’unico capo d’una chiesa al mondo che è anche capo di Stato, rappresenta una curiosità eccentrica, oltre che un patente conflitto di interessi. Se ne rendono conto perfino i giornalisti, che non sanno mai a che titolo parlino papi e cardinali, se come singoli sacerdoti, come dirigenti d’una Chiesa o come rappresentanti d’uno Stato. Lo capiranno, questo, anche la Curia romana e il cardinal Camillo? (Bottino Ricasoli, l'astemio)
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FAZIO-FIORANI, INTERCETTAZIONI HARD
"A riccone, l’affare è sempre più grosso…"
Più che uno scandalo finanziario, le spiate dei magistrati milanesi sembrano la versione gay di un programma di "spy-tv" o di "cinema segreto". Baci sulla fronte, abbracci più che fraterni, brividi caldi, appuntamenti clandestini in via Nazionale. Insomma, una vera relazione adulterina fra il pio governatore di Bankitalia e l’aitante raider lombardo, come scrive Lia Celi su Bendix. Sullo sfondo, i torbidi traffici della tratta delle banche. Pur di compiacere il giovane e insaziabile partner, Fazio era disposto a procurargli l’Antonveneta, una procace padovana da un miliardo di euro a botta. Veramente, la Finno-romagnola costava meno, ma se l’era già fatta – ben prima della Falchi – il suo amico Ricucci.
Che tempi. Il buon liberale Quintino Sella si rivolta nella tomba. E rivuole indietro la sua scrivania all’ex ministero del Tesoro. Sarà pure di Alvito, rustico paesino della Ciociaria, terra – si sa – famosa per la testardaggine dei suoi abitanti, ma certo Fazio sta esagerando nel tenere incollati glutei così ingombranti e costosi per l’erario alla poltrona. Pensate, la massima autorità monetaria trasformata in un club privé. "Solo distintissimi, secondo piano, citofonare Tonino". Palazzo Koch? Palazzo Checca. Perfino gli inquirenti, gente dura, rotta ad ogni esperienza, uscivano nauseati dagli uffici investigativi: "Sapevamo che era un voyeur fin dai tempi di Cirio e Parmalat: migliaia di risparmiatori spogliati, e lui che stava a guardare. Ma non immaginavamo tanto".
E il Governo, che fa? In teoria sarebbe pronto a mollarlo: "Ci rompeva le balle con la sua noiosa relazione annuale, ma poi ci siamo accorti che le relazioni più divertenti le teneva per sé. Peccato che non possiamo cacciarlo", ha detto il sub-ministro dell’Economia. "Con quello che ci costa, tra stipendio d’oro, extra e indennità faraonica di buonuscita", ha aggiunto più saggiamente l’usciere della Ragioneria generale, che poi è l’unica che sa fare davvero i conti.
Ma, almeno i controllori del controllore avranno fatto qualcosa… Macché. Si giustifica il responsabile dell’organo di controllo sulle banche: "Alla mia età, che volete, non si ha più il pieno controllo degli organi, e se un membro non funziona…amen". Perciò sono stati estratti a sorte 20 italiani dall’elenco telefonico (si sa che in Italia, ogni 3 persone 2 si dicono "esperte di diritto") per una commissione "giuridica" d’inchiesta. Come in un condominio, i 20 italiani hanno prodotto 20 idee diverse. Dopo lunghe discussioni sono state scelte due opzioni di ricerca. La prima: si può essere governatori di Bankitalia a vita, cioè più a lungo d’un cardinale? (che volete, questa è la cultura dell’italiano medio). La seconda: si può essere sbattuti fuori dopo dodici anni per cattiva condotta? Indovinala grullo. Morale: non fidatevi del "made in China", non è così divertente. Più entusiasmante è il "made in Italy, bellezza. Vabbè che sopra la Banca la crapa canta (e Fazio, in quanto a crapa non scherza, ha cantato fin troppo). Ma, intanto, ahimé, sotto la Banca l’Italia crepa. (L’amante di Adam Smith)
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INIZIA LA CAMPAGNA ELETTORALE
Aiuto, siamo in mano al ragionier Esposito
" ’A mossa, facite ‘a mossa", urlava il militare di Napoli in grigio-verde dal loggione del romano Ambra Jovinelli alla grassa e ancheggiante soubrette del varietà d’anteguerra. E oggi "Ditece quarcosa de sinistra…" [o di centro, o di destra], grida al comizio col boccale di birra in mano il militante di sezione di Trastevere, di Ceppaloni o del Mugello. Niente concetti politici, beninteso. Tantomeno buonsenso, realismo, previsioni economiche, ragionevolezza, risoluzione dei problemi, confronto con i paesi occidentali, analisi delle cause (spesso "solo" psicologiche e sociologiche, e per di più secolari) dell’assurda e intollerabile diversità italiana. Macché, solo la primitiva appartenenza "etnica" al clan, alla squadra del cuore, il tifo. Il campanilismo italico di cui parlava già Dante (che non ne era certo immune…). E soprattutto, nel paese di Pulcinella e del teatro di strada, la Rappresentazione, la Scena. Che fa di ogni italiano un istintivo, e quindi mediocre, attore nato. Ecco da dove viene la potenza evocativa del gesto, il gusto dell’invettiva, la maschera, la beccata salace da loggione popolare, la risata grassa e liberatoria, perfino in politica, anche nel pubblico dei laureati e diplomati semplicioni e ignoranti che a Sinistra (come al Centro o a Destra) ci siamo allevati in Italia, per colpa dei mediocri tribuni della politica, come incredibile classe dirigente dei partiti. Nessuno escluso. (Madame de Stael)
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FINTI LAICI DIETRO LE INGERENZE DELLA CHIESA
Ruini? Macché, lo scandalo lo dà la tv
Del cardinale Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, diremo quello che abbiamo già scritto di papa Ratzinger. Ci batteremmo, se necessario, fino alla morte, da liberali, perché entrambi possano dire ciò che vogliono. Nel nostro interesse egoistico, s’intende: se no, vorrebbe dire che in Italia la tanto strombazzata libertà non sarebbe sorretta da facoltà vere, concrete. Compresa quella sacrosanta di "rompere le scatole", di "insistere", come sanno bene gli amici radicali.
Anzi, il Salon Voltaire ha fatto molto di più. E’ arrivato al punto, quando molti laici e liberali temevano il dottrinarismo severo del nuovo papa Benedetto XVI, di far notare l’assurdità di pretendere che preti e papi la pensino come noi. Anzi, curiosamente, sarebbe stato un bene per il liberalismo e il laicismo – perché avrebbe rafforzato i nostri naturali anticorpi – se parroci, vescovi, cardinali e papi fossero stati se stessi senza inibizioni e concessioni paternalistiche. Insomma, dei padri severi. La vita è lotta, dicevamo, e perfino la psicologia insegna che le libertà vanno conquistate e non ricevute come le costituzioni octroyées dei re del Settecento. Non siamo bambini stupidi, dobbiamo trovare in noi stessi la forza di reagire, di crescere e maturare. E di vincere. Del resto – concludevamo paradossalmente – noi liberali contro chi combatteremmo se all’improvviso la Chiesa, la cui dottrina si poggia da sempre sull’asservimento delle coscienze e l’annullamento delle libertà personali, diventasse liberale? Sarebbe una contraddizione in termini.
Ma ora ci accorgiamo che quei "bambini" che dovrebbero reagire, opporsi al padre severo, superare le proibizioni ottuse ma naturali, i famosi divieti del "perché no", non reagiscono, non replicano, non obiettano. Tantomeno disobbediscono, ora che si è scoperto addirittura che il "padre severo" non è il loro vero padre biologico ma un impostore, che non ha alcun titolo per vietargli alcunché. Anzi, ad occhi bassi e con la coda tra le gambe vanno in un cantuccio a bisbigliare "obbedisco". Vedi le vergognose reazioni sia della Casa delle libertà, sia di Rutelli, Prodi e di buona parte dell’Ulivo. E, quello che è ancora peggio, giornalisti e direttori di tv, anziché ignorare lo stravagante parere d’un prelato sulle proposte di legge del Parlamento e perfino sul diritto costituzionale, come avrebbero fatto in Gran Bretagna o in Francia, gli danno spazio, lo mettono in prima pagina con enfasi sospetta. Come se fosse il primo dei politici. Questo, solo questo, è il problema.
"Complotto clericale", "integralismo cattolico" simil-islamico? Sì, ma è tutt’una messinscena mediatica, come ha anche riconosciuto sul Corriere un vecchio ma non del tutto rimbambito don Franzoni (anche se è sulla via dell'Alzheimer, visto che partecipa ai campi "anti-imperialisti" con i "resistenti" iracheni, cioè gli amici dei terroristi...). E lo hanno commesso certi giornalisti e certi politici, non i preti, i quali ripetono le stesse sciocchezze da sempre. Hanno deciso di dare importanza scientemente alle prediche, legali, sì, ma politicamente abusive e assolutamente ininfluenti d’un prete non alla sua ristretta comunità ecclesiale, come dovrebbe essere – cioè al 20 per cento scarso degli italiani – ma ai politici, al popolo tutto, compresi i non praticanti, i non credenti, gli ebrei, i buddisti. Come se in pieno 2005 un messaggio urbi et orbi d’un pontefice cesaropapista del Medioevo cadesse in nome di Dio dal più alto dei cieli ai sovrani e ai popoli della Terra prostrati in terra. Storia antica. Sul piano sociologico è come se la morale, minoritaria, d’una delle tante religioni dovesse diventare ipso facto legge. Questo è il punto, solo questo.
Ruini ha tutto il diritto di parlare di cose di cui non è competente e per cui non ha titolo (cioè le leggi in Italia, dalle coppie di fatto alla fecondazione medica, all’aborto), rendendosi con ciò ridicolo. Ma i colpevoli sono coloro che ne mettono in risalto strumentalmente le parole per i loro giochi di potere. In fondo, per quanto politico furbo si ritenga egli stesso, Ruini è di fatto il soggetto passivo, quasi il mezzo, se non la "vittima", di questo imbroglio clericale e di potere tutto italiano, tutto laico (nel senso vero, di "non religioso"). Perché, sia chiaro, i preti sono il clero, ma i clericali sono altri: i finti laici, i falsi liberali, gli infiltrati nella Casa delle libertà che proprio le libertà negano, i falsi progressisti dell’Ulivo che perseguono la più ottusa reazione.
Un complotto da operetta, certo, messo in atto da provinciali mezze calzette che devono quotidianamente combattere con la logica e con l’italiano: basta sentirli argomentare in televisione di recupero del "sacro" o di "radici cristiane dell’Europa" (basterebbe un Bignami), o di miracoli, come donnette d’un villaggio del Sud, per capire che si tratta di gente di modesto livello intellettuale. Compreso qualche professore. Che se avesse sostenuto le sciocchezze sottoculturali che dice oggi, col cavolo che avrebbe passato la licenza liceale. Da Roma in sù, sia chiaro. Ammesso e non concesso che l’abbia mai sostenuta: all’università ormai si può arrivare anche dalle scuole tecniche.
Però, se questi mediocri li lasciamo fare senza reagire (loro, non i preti, che paradossalmente non c’entrano niente), da "rivolta dei mediocri" di Forza Italia, Lega, Udc, Margherita, Udeur, e di qualche raccomandato sottogiornalista Tv e della carta stampata, questa messinscena rischia di diventare una cosa seria. Che ci coprirà di ridicolo agli occhi dell’Europa liberale. "Governati dai preti" era la classica battuta che ci indirizzavano inglesi un po’ alticci nei pub dietro il Covent Garden. Ma ora? Per la pizza e la pastasciutta si è già provveduto. A quando l’imbecille che ordinerà in tutte le scuole italiane "lo studio del mandolino"? (Camillo Benso di Latour)
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AMARE CONSTATAZIONI: EVOLUZIONE O CALCOLO?
Fini più liberale di Forza Italia?
Lo farà per machiavellico calcolo politico (per potersi eventualmente candidare con una faccia nuova e credibile, se necessario, come leader del nuovo Centro-destra), lo farà per una sua sincera e sofferta maturazione liberale e laica, lo farà, chissà, perfino per un passeggero flirt intellettual-sexy-ideologico con la ministra coscialunga Prestigiacomo. Resta comunque il fatto che Gianfranco Fini che, d’accordo, non fu mai davvero fascista, ma certo aveva espresso e incarnato per decenni l’archetipo del politico "di destra", anzi di una destra decisa e a tratti davvero reazionaria o superconservatrice, si sta rivelando "più liberale" di molti esponenti di Forza Italia e, a maggior ragione, di quelli di Udc e Lega, Margherita e Udeur. Sul voto, amministrativo, agli immigrati, sulla fecondazione medicalmente assistita (ha dichiarato che avrebbe votato tre sì), ora anche sui patti delle coppie di fatto, ha espresso posizioni che hanno fatto discutere per la loro apertura. Ed è divertente vedere che i suoi non lo seguano, o lo seguono barcollando e incespicando. Roba da Ridolini. (Goffredo di Bugliolo)
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DOPO LA SHOAH FU IL SIMBOLO D’UN INTERO POPOLO
Wiesenthal, il giusto che non sapeva dimenticare
Esistono uomini, per fortuna, che non riescono a sopportare l’ingiustizia. Wiesenthal fu uno di questi. Fin da giovanissimo ebbe tutti i parenti uccisi dalla follia nazista, egli stesso sopravvisse a stento al campo di sterminio. Ma una volta libero, a differenza di altri non volle o non seppe dimenticare. E così, l’architetto Simone Wiesenthal rinunciò ad una lucrosa professione e dedicò tutta la sua lunga vita, semplice e spartana come quella d’un monaco laico, al ristabilimento della verità storica e della giustizia. Il suo Centro a Vienna divenne la più famosa agenzia di indagini sui crimini contro il popolo ebraico. Indagò, persona per persona, spesso 50 anni dopo i fatti, sulle responsabilità dell’Olocausto, cercando tra vecchi documenti, microfilm rovinati, ricostruendo avventurosi percorsi, gettando se stesso e i suoi collaboratori in avventure degne del miglior film di spionaggio, scoprendo travestimenti e cambi di identità, magari in piccoli villaggi del Sud America, dove molti capi nazisti avevano trovato rifugio sotto falso nome. Grazie alla tenacia, alla memoria prodigiosa, al fiuto da investigatore, e soprattutto alla tempra morale (bisogna avere un’idea davvero eterna della giustizia per alimentare una missione del genere), riuscì a scoprire e a far catturare ben 1100 criminali nazisti, tra cui Eichmann e l’assassino di Anna Frank, Silberbauer. Ora che è scomparso, all’età di 96 anni, possiamo dire che se n’è andato l’ultimo dei giusti, l’uomo che da solo ha rappresentato le vittime dell’Olocausto e ha tenuto in vita per sessant’anni le memorie, il dolore e la coscienza non solo dell’intero popolo ebraico ma di tutti gli uomini liberi. (Sarah Veroli, commessa in via Ottaviano)
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IL "CARRO DI TESPI" DEI PROGRESSISTI-CONSERVATORI
Appello alla Destra della Sinistra. O l’inverso?
Cari amici della Sinistra, mandateci una cartolina da Rio de Janeiro. E sì, perché guardando sfilare il vostro carro dipinto di giallo viene in mente il Carnevale brasiliano. In peggio. Senza foga e senza figa, altro che "senza se e senza ma". E se Berlusconi eccede in barzellette (uniche sue invenzioni davvero geniali), Prodi neanche ride, e quando ci prova, fa piangere. In compenso fa ridere in bici, e anche quando se la fa sotto di fronte al cardinal Ruini (come un qualunque Udc, e allora che differenza c’è tra CdL e Ulivo?), figuriamoci che bel vedere quando appare in tanga e reggiseno sul "Carro di Tespi".
Che, a proposito, negli anni Trenta era mandato in giro per l’Italia dal Governo a diffondere spettacoli e consenso. Come fa oggi Veltroni, per essere rieletto, col bluff della "Notte bianca" (pubblicità, ressa, guadagni per albergatori e ristoratori, code interminabili: il Comune non dice che ogni evento in realtà è virtuale, solo per 30 persone…). Trucchi da registi mediocri: i politicanti. E anche allora gli attori, per mettersi in mostra di fronte ai burocrati e federali del Fascio, si beccavano senza pietà come nel teatrino di marionette. Eppure non arrivarono mai ai livelli di Bertinotti e Rutelli, Mastella e Pecoraro, Parisi e Diliberto. Uniti nella divisione su tutto tranne che sulla conservazione, sulla restaurazione, sulla reazione. Divisi nell’unità, cioè nella comune appartenenza ad una finta Sinistra virtuale, snob e di comodo. Tutto finto, come le feste di Veltroni.
E le maschere si sprecano anche nel giallo, prodiano, "Tir di Tespi". Come no, sono bravissimi. Travestimenti da progressisti, perizomi (per mostrare con pudore o nascondere senza pudore accordi sottobanco, retropensieri, trame e altarini), parrucche per coprire la calvizie ideologica, perfino seni e glutei finti per simulare quel sesso da baraccone che l’elettorato più becero pretende. Slogan, generici, vaghi. Che, se no, si scoprirebbe il disaccordo su tutto. E ci sono anche i burqa islamici che non lasciano intravvedere programmi o intenzioni politiche di Prodi, né le facce eternamente rosse di vergogna di Mastella e Rutelli.
Eccola la vera destra, più opportunistica e intelligente (ci vuol poco) della Destra. Ma molto più professionale ed esperta in comunicazione, altroché. Vedi la trovata delle false "primarie". Che a Destra sarebbero impensabili, visti il menefreghismo ottuso, l’assenteismo e l’ignoranza della pseudo-borghesia italiana. Così la Sinistra-Nuova Destra copre con un morbido, profumato, discretissimo manto di velluto rosso le varie puzzolenti e ispide Destre olivastre, tutte in competizione tra loro. C’è la destra reazionaria (ma con un debole per il business bio-eolico) dei Verdi-rossi di Pecoraro, quella dei moderati "di governo", i sensati Ds (dove c’è di tutto: vi si nascondono – è il caso di dirlo – perfino i galantuomini liberali Debenedetti, Morando e Turci, ma come faranno ad essere rieletti da quei beceri?). E, baciata dalle "primarie" (Vendola insegna), c’è infine la destra manieristica dei variopinti goliardi rossi facciatosta, i tribuni dell’unico vero snob della politica italiana, quel Bertinotti – mai stato comunista – che andrebbe salvato dal Wwf, se non altro perché è l’ultimo ad usare l’aristocratico tweed. Una stoffa che non si consuma mai e addirittura migliora col tempo, ruvida come un sindacalista della Cgil, pesante come un membro del Politburo sovietico, costosa come la burocrazia di Stato, irraggiungibile come un piano quinquennale, variegata con fili di colori contrastanti come i partiti dell’Ulivo.
E allora, compagni dell’Ulivo (o come cavolo vi chiamate ora), stilate un programma, dite a noi liberali, come a tutti i cittadini italiani, che vorreste fare nel vostro eventuale Governo, perché anche noi possiamo scegliere con cognizione di causa e non per partito preso. Certo, il vostro ritardo è grave ed eloquente. E’ un silenzio che urla, il vostro. Ed è perfino più scandaloso, se possibile, delle tante parole velleitarie, contrastanti e clericali della Casa delle Libertà. Perché i tanti errori illiberali della Destra che straparla ormai li conosciamo. Ma quelli della Sinistra che non parla?
Attenti, perciò, compagni, perché se tra i qualunquisti e gli astensionisti dovesse prevalere la decisione di sostenere "il male minore", la Sinistra potrebbe perdere. E visto che si trincera furbescamente nel silenzio, sarebbe più che giusto. Lo diciamo da liberali puri, critici con chiunque. Ma in teoria sareste ancora in tempo a parlare. Con una voce sola e inequivocabile, s’intende.
Insomma datevi una mossa, cari compagni della vera Destra, insieme anti-liberale, snob e casinista, cari equilibristi del Circo Prodi, ma sì, l’oscuro manager, il politico dilettante che quando il vincitore finale sarà Veltroni, il candidato segreto, sarà ricordato con gratitudine nei necrologi politici del 2006 o del 2008 come "l’ascaro muto, modesto, paziente e volenteroso che condusse l’armata Brancaleone del popolo della Sinistra attraverso il deserto". Il conservatore cattolico – aggiungiamo noi – mai eletto in nessuna elezione, neanche circoscrizionale, neanche di condominio, che a forza di silenzi, rotti solo da sibilanti incomprensibili bisbigli, ingannò in un colpo solo l’ingenuo popolo dei Rossi, dei Verdi e dei Bianchi uniti nella Sinistra (ma non i furbissimi suoi leaders), dando a bere di voler sostituire con vantaggio per l’Italia, lui anti-liberale in teoria, la Destra anti-liberale nei fatti del Cavaliere alla guida del Governo nel 2006. La beffa, oltre il danno. (La badante russa di Cossiga)
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PAROLE FORTI D’UN LIBERALE CONTRO I POTERI FORTI
In Italia? Comanda la "nomenklatura"
Solo l’Italia, dopo la caduta del regime sovietico che ne aveva fatto il nucleo del potere – sostiene a ragione il liberale Ostellino sul Corriere – ha un Gotha economico-politico istituzionalizzato. Sì, insomma, una vera "Nomenklatura" di grand commis, alti dirigenti di Stato, finanzieri, imprenditori e membri del sottobosco economico-finanziario collegato alla politica in modo simbiontico o parassitario, che costituisce una vera e propria stanza di compensazione extra-mercato tra politica ed economia, e che ha costituito una capillare rete mafiosa di complicità che unisce il potere economico e il potere politico. Un tutt’uno molto stretto e solidale, a quanto pare, visti i favori reciproci che si fanno i loro membri, e la solidarietà che scatta alla minima difficoltà.
Questa mafia economica inattaccabile ha anche il suo vocabolario. Per esempio – prosegue con una bella sintesi paradossale Ostellino – il complesso di furbesche garanzie fiscali e economiche con cui in Italia la Nomenklatura si auto-protegge è chiamato "questione morale" quando le complicità riguardano chi ne sta fuori, ma "salvaguardia dell'occupazione" quando i favoritismi avvantaggiano chi ne sta dentro. In fondo, interpretiamo noi, Berlusconi è stato attaccato fin dall’inizio proprio perché, nonostante le sue ricchezze e i suoi successi, di questa Nomenklatura collettiva non faceva parte. E, se abbiamo capito bene, di questo Gotha non farebbero parte solo i finanzieri di Stato, ma anche parecchi privati. Anzi, i più grossi. Se questo è vero, va dato atto a Ostellino, visto il giornale su cui scrive, non lontano dalla Fiat (anche se non più vicinissimo), di aver implicitamente compreso nello schema anche i ripetuti favori pubblici (a suon di tasse per i cittadini) all’industria di Torino, spacciati per "problema sociale".
E la Sinistra? Non era "moralista" (anche troppo)? Non aveva fatto di "Mani pulite" la bandiera che la portò ad un’effimera riscossa nel ‘92-93? Macché, risponde l’intellettuale liberale. La Sinistra, ormai è chiaro, non fa eccezione a questa regola. E l’abbiamo potuto constatare anche quest’estate, assistendo al valzer di intrecci e scontri economico-politici tra banche, super-cooperative, organi di controllo che non controllano, e partiti politici. Anzi, vi dirò di più, avendo la Sinistra un personale politico-economico più intelligente della Destra, è lo schieramento che forse incarna meglio il corporativismo totalitario dei "poteri forti" che sono alla base del Gotha, o della Nomenklatura. (Gaetano Zitti & Mosca)
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LIBERALIZZAZIONI? CI VUOLE UN LEADER BISLACCO
Perché Guido, liberal-mondano, ha stravinto
Aveva definito il sindacalismo tedesco "piaga nazionale", e visto l’assistenzialismo costoso e deprimente voluto dai socialisti della SPD e dai sindacati, che ha messo in crisi perfino la laboriosa e ricca Germania, i fatti gli hanno dato ragione. Eterno ragazzo, gaudente, narciso, brillante, mondano, eccentrico, un po’ bislacco, però semplice e spontaneo, poco o nulla "politico", il liberale quarantenne Guido Westerwelle era stato accusato dagli avversari e da qualche vecchia cariatide liberale di essere "inconsistente", "privo di contenuti liberali", "poco serio e affidabile". E invece, ha saputo diventare personaggio e dare un volto – questo gli elettori liberali cercavano – alla rinascente FDP. E ha vinto. Anzi ha stravinto con quasi il 10 per cento, mentre le previsioni gli davano al massimo il 6 per cento. Morale della favola? Le riforme liberali, le liberalizzazioni, spesso severe dopo decenni di finanze allegre e Stato sociale dalle mani bucate, hanno bisogno almeno d’un leader simpatico e carismatico. Se no, sono condannate in partenza perfino nell’austera Germania. Figuriamoci nella levantina e spensierata Italia "modello Brasiliano". Ecco, questa ci sembra, a urne appena chiuse, la prima lezione di psicologia politica spicciola che possiamo trarre dalle votazioni tedesche.
Era dal 1990 che la FDP non otteneva un risultato così alto. E soltanto 3 anni fa, Westerwelle aveva pensato di ritirarsi dalla politica. Ora, è uno dei leader più acclamati, e potrebbe facilmente diventare vice-premier. "Siamo per il cambiamento, per il rinnovamento. Ma - ha ribadito - non siamo per un'alleanza con socialdemocratici e verdi", ha messo le mani avanti. In campagna elettorale, i liberali erano stati chiari: una coalizione di governo, per loro, sarebbe stata possibile solo con i cristiano democratici della Merkel, perché in sintonia sulle riforme liberali. "Perseguiremo la nostra linea politica - ha aggiunto Westerwelle – e se non potremo farlo al governo, lo faremo all'opposizione".
Ora, viste le difficoltà di varare una maggioranza, cambierà schieramento, rispondendo al canto della sirena SPD? In politica tutto è possibile, ma certo una "coalizione semaforo" rosso-giallo-verde (il giallo è tradizionalmente il colore liberale), cioè l'alleanza tra il Governo uscente e i liberali, sarebbe una novità quasi patologica. Avrebbe sì i numeri per essere approvata in Parlamento, ma non potrebbe funzionare per la profonda differenza di obiettivi politici. Basti pensare, ha fatto notare il consulente politico Roland Berger a Marika de Feo (Corriere) che un futuro governo d’ispirazione liberale dovrebbe promuovere la flessibilità del mercato tedesco ("meno Stato, più responsabilità dei privati"), privatizzare le 100 mila aziende e banche pubbliche, puntare su settori innovativi come l’energia nucleare e le biotecnologie. Se pure l’SPD dovesse dire di sì alla metà di questo programma, vi si opporrebbero i Gruenen. In ogni caso, molti auguri e rallegramenti al liberale Westerwelle. (Piero von Gobetti)
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PANNELLA COME BUSH: "ESPORTARE IL LIBERALISMO A SINISTRA"
Marco chiede i "pacs" per Diliberto e Mastella
Su di lui c’è il veto del Vaticano. Pannella, secondo Ruini e la Curia, non dovrebbe entrare né nella Destra né nella Sinistra. Se ne stia a urlare nella sua gabbia, isolato, e non rompa le sacre sfere. E lui, invece, il Pico della Mirandola del liberalismo d’azione, proprio questo vuole fare: scimmiottando il Bush migliore, quello idealista, vuole esportare sia a Destra che a Sinistra il suo liberalismo estremo. In fondo, anche lui è un missionario. Ora "tocca" alla Sinistra. Poveretti, come soffriranno. A Destra sono meravigliati e incazzati. Il gesto di Marco lo considerano un tradimento. Ma loro che hanno fatto per trattenerlo? Nulla. E poi a Destra, si sa, sono un po’ ottusi: tutti presi a far soldi, hanno poco tempo per le buone letture e le analisi psicologiche. Perciò non capiscono mai nulla al volo. Tanto meno i tipi geniali. Specie ora che hanno deciso a freddo, stupidamente, di appiattirsi sulla Conferenza episcopale italiana. E così perderanno voti, molti voti. E non avranno nessuna gratitudine. La Chiesa prende, ma non ringrazia.
Ma in realtà quei rompiballe dei Radicali danno fastidio – paradossalmente – più a Sinistra che a Destra. Per accoglierli davvero e non per finta, come sono abituati a fare tra loro, i soci della società a irresponsabilità illimitata dell’Ulivo dovrebbero avere idee limpide e chiare, saper scegliere, dire le cose apertamente, stilare un programma, assumersi delle responsabilità, insomma rischiare. Senza i silenzi ambigui con cui si propongono di raccattare i voti di cani e porci, dai Bianchi veri ai falsi Verdi, ai Rossi con la coda di paglia – in realtà tutti neri – della Sinistra illiberale e reazionaria, "virtuosa" solo perché non sta al Governo. Da quella con la testa in aria dei Bertinotti e Pecoraro (e quindi vera Destra della Sinistra), alla Destra illiberale e conservatrice con la testa sotto la sabbia dei Mastella e Rutelli (e quindi vera Destra del Centro).
Ci meravigliano, piuttosto, i distinguo e le resistenze sotterranee alle pungenti iniezioni liberali di Pannella della terza Sinistra, quella "moderata", "di governo", "con la testa sulle spalle", per certi aspetti perfino liberale, dei Ds. La chiameremo la Sinistra della Destra. Ma davvero, per Fassino & C., gente come Diliberto e Mastella è meglio, anzi "più de sinistra" di Pannella? D’accordo, Marco sarà pure il Fregoli dei prestigiatori politici, il James Bond dei provocatori, ma non capiscono i Ds che la levata di scudi o peggio le riserve mentali contro l’accordo Psi-Pr in realtà hanno poco a vedere con i "problemi del socialismo", e molto invece con il ricatto clericale di Udeur e Margherita a tutto l’Ulivo, con le rendite parassitarie dei finto-Verdi, perfino con le contraddizioni irrisolte dentro i Ds, insomma con l’autodifesa a riccio contro la modernizzazione liberale della Sinistra? (Ernesto Martini & Rossi)
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I POLITICANTI, ATTORI ALLO SBARAGLIO
Se l’oratore è maschio e la folla femmina
"Oddio, è cominciata la campagna elettorale e non ho niente da mettermi". Il candidato poco candido è davanti allo specchio. Per essere credibile dovrebbe essere nudo. Eccoli i nostri politicanti: sembrano rappresentanti di commercio al bar. Come i diplomati alla Scuola Radio-Elettra, per darsi importanza parlano burocratico e "colto" (in realtà sbagliato), dicono "problematiche", "trattasi" e "mass-midia", e scrivono "out-out", facendo giocare a tennis il filosofo Kirkegaard. Eloquio affettato e parole antiche o latine usate a sproposito, proprio come la piccola borghesia di paese. Per fortuna è la consecutio temporum e la povertà di linguaggio che li frega. E li rivela.
Perché non esiste lingua come l’italiano, capace di dirci tutto, ma proprio tutto della persona. Anche perché l’italiano è difficile, ed è sempre un’altra lingua per un popolo che non legge. E se legge, legge giornali sportivi, riviste femminili e romanzi. Perché, si sa, in una certa provincia si parla come scriverebbe, e male, il professore di latino, non si scrive come parla la portiera, Come accade in Gran Bretagna. Vecchia diatriba che impegnò gli intellettuali liberali nell’Ottocento. I nostri intellettuali scelsero di parlare scrivendo e non di scrivere parlando. E poi, col distacco che c’è tra eletti ed elettori, che figura ci farebbe il politico "venuto da Roma" se si facesse capire dal commerciante di S.Agata dei Goti?
Per fortuna la lingua e il soma sono rivelatori: pesanti accenti regionali, tic, movimenti impacciati. Tutto denota nel politicante italiano medio il rozzo e ignorante provinciale raccomandato, che non sa fare nulla nella vita, ma che è desideroso solo di potere. E che dire dei modi rozzi e volgari spacciati per decisionismo, per spirito pratico? Mi vengono in mente i vigili urbani ("né vigili, né urbani") di Roma, che parlano quasi tutti con insistito accento romanesco, mentre quasi nessuno ormai parla più così nella capitale. Perché lo fanno? Per denotare il potere. L’accento romanesco marcato, in tempi moderni, era una caratteristica degli immigrati recenti e della malavita di borgata: voleva dire rapido inserimento sociale (Pasolini), forza, potere. Ma penso anche a quelle donne borghesi un po’ stupide che la danno al muratore che parla sboccato, pensando che sia più virile. Ecco, per certi politicanti, è ancora così. Ma sì, "Passami lo stecchino", è la politica, la politica dei cafoni, bellezza".
E poi facce, facce, facce. Untuose, mal rasate, con i peli al naso, banali, furbe, disarmoniche. Perché se non hanno un grave difetto fisico, si sa, loro non fanno i politici. E manacce grosse, e gambe corte, e sederi bassi, e ventri prominenti, e – se va bene – cravatte troppo larghe, come i boss napoletani alle nozze. Camicie e cravatte che non vanno d’accordo né col vestito né con se stesse (e io mai darei un seggio o un ministero a chi neanche è capace di risolvere questo piccolo problema di estetica, comunicazione e psicologia). E pantaloni che cadono sulle scarpe, all’irachena. Meglio, allora, i venditori di enciclopedie a domicilio. Meglio i testimoni di Geova che suonano al citofono, i tassisti, il fornaio all’angolo e i poliziotti di quartiere. Meglio la faccia incolpevolmente lombrosiana di Lupis, buonanima, ricordate? A noi Libano, Egitto e Siria ci fanno un baffo: siamo già da anni un paese arabo. In cui i veri immigrati sono certi italiani. Del resto è ormai noto che una badante ucraina, filippina o rumena è in media molto più colta, intelligente e perbene dell’anziano italico che accudisce. E un qualunque immigrato, ci vuol poco, è più intelligente o colto di certi deputati della Casa delle libertà. E mi fanno rabbia vigili e carabinieri con la scuola dell’obbligo che arrestano i laureati del Ghana o del Senegal che vendono, legittimamente, borse contraffatte in modo evidente.
Peggio per noi, noi pochi liberali, voglio dire, che abbiamo un’idea alta, ideologica, della politica. Sta arrivando con una troppo precoce campagna elettorale la politica peggiore, la giostra dei mediocri. Parole, parole, parole. False, falsissime. Recitate, urlate, assonanti, erronee, mistificatorie, incomprensibili. Ma seduttive. La folla è femmina, emotiva, si sa. Per antonomasia meridionale (ve l’immaginate a Malmö una folla in tumulto, sia pure catodico?) E vuole il crucifige, la semplificazione rozza, oppure il verso beneaugurante, apotropaico. Prima si eccita poi si placa soddisfatta. L’antiberlusconismo (l’anti-craxismo, l’anti-andreottismo, l’anti-leonismo, l’anti-conservatorismo, l’anti-fascismo, l’anti-comunismo ecc) come manìa oratoria era illogico ma fisiologico, seguiva insomma una parabola "naturale". Dopo l’invettiva sanguinosa, al colmo dell’eccitazione, subentrava come una pace dei sensi, un piacevole sfinimento dell’anima e del corpo. Pensate allora ai satiri di professione (Grillo, Luttazzi, Fazio, Guzzanti, Benigni ecc): sempre "coitus ininterruptus". E le parole politiche urlate in collettivo, cioè nei comizi o in tv? Un’orgia, è evidente. Del resto, è noto agli psicologi che, anche senza considerare l’abusato Hitler, l’assemblea, l’adunata oceanica, il comizio, il corteo, la raffica di slogan, perfino il "girotondo" politico, sono come un prolungato atto sessuale. Sesso, sesso puro. E i grandi attori, parlatori, rappresentanti, docenti, penalisti e politici lo sanno. Grillo (ma anche Pannella) si scopa la folla, e si vede. Odi et amo. Testosterone e adrenalina a fiotti. Poi, dopo l’acme, arriva la curva discendente con tanta, tanta serotonina. E si dorme. Che bella la "politica". Insieme eccitante e calmante. Per disintossicarsi basterà il metadone? (La callista di Minghetti)
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NOVITA’: UN RAPIMENTO "LIBERALE"
La democrazia in Palestina: un tabù
Avete per caso incontrato cortei, in Italia, in Europa, con o senza le bandiere arcobaleno della pace, sullo stato della democrazia liberale in Palestina? Noi no. Vi è forse accaduto di ascoltare nei telegiornali Rai-Mediaset – che ormai sono la stessa cosa – che i Palestinesi, liberi come sono sempre stati al loro interno, si reggono con un regime non democratico, anzi teocratico-fascista? E questo nonostante che dopo la morte di Arafat, siano stati fatti alcuni timidi progressi nella leadership palestinese. Ma intanto nessun giornalista fa notare al largo pubblico che di fronte alla lenta evoluzione verso la democrazia di Iraq e Afghanistan (non è pochissimo, anche sul piano del costume sociale: le bozze delle nuove Costituzioni garantiscono anche alle donne, agli atei, agli ebrei e ai cristiani di non essere discriminati), la Palestina resta un’isola di ottusità autoritaria e di violenza tribale, dove i princìpi del liberalismo sono ancora lontanissimi, anzi sono visti come una bestemmia. Eppure, a pochi chilometri di distanza troviamo uno Stato di normale democrazia liberale, Israele, in cui vivono felicemente e votano anche molti cittadini arabi.
Perciò, una volta tanto, pur condannando il gesto in sé (ha spaventato l’opinione pubblica e la vittima, sia pure per poche ore, e all’inizio ha favorito gli equivoci), siamo però d’accordo con le motivazioni – nobili questa volta – dei rapitori del giornalista italiano Lorenzo Cremonesi: attirare l’attenzione sul deficit di libertà che i palestinesi subiscono a casa propria. Ha scritto bene Ostellino: il rapimento di Cremonesi getta una luce nuova sulla questione mediorientale. I rapitori volevano attirare l'attenzione del mondo non sul conflitto con Israele, ma sulla situazione interna dei territori amministrati dall'Autorità palestinese. Per segnalare che cosa? Che se il popolo palestinese, a distanza di cinquantotto anni dalla risoluzione dell'Onu che sanzionava la spartizione della Palestina, vive ancora in condizioni di precarietà politica, economica e sociale, la responsabilità non è israeliana, ma della sua stessa dirigenza, da Arafat ad Abu Mazen. Ben detto. Ma oltre che da Ostellino sul Corriere, da quale altro giornalista o telegiornalista avete ascoltato parole così precise e pungenti sull’argomento? Tantomeno sui soliti giornali della Sinistra conformista, protestataria a senso unico.
"Di carenza di democrazia, di corruzione, di sottosviluppo in casa propria – ha scritto il bravo Ostellino – hanno parlato i rapitori di Cremonesi. E' un episodio sul quale dovrebbe riflettere la sinistra internazionale che ha costantemente ignorato l'altra faccia della questione mediorientale, il mondo palestinese, e se ne è occupata solo quando si è trattato di mettere sotto accusa Israele. Che il mondo arabo e la stessa classe dirigente locale non abbiano fatto nulla per facilitare la nascita di uno Stato accanto a quello ebraico o, quanto meno, per promuovere l'emancipazione democratica e sociale del popolo palestinese è un dato di fatto che sarebbe difficile negare. Anzi, è un altro dato di fatto che lo si è lasciato nello squallore dei cosiddetti "campi profughi" proprio come elemento di pressione e di propaganda nei confronti dell'opinione pubblica mondiale".
Un "rapimento" liberale, allora? Un’azione alla Sogno, finalmente, dirà qualcuno. Certo, un’azione del genere l’avremmo fatta (l’abbiamo fatta) anche noi nell’Ottocento, quando eravamo teste calde. Per tacere della Resistenza liberale, una delle più eroiche e giuste, priva del minimo eccesso. E, perché no, la faremmo anche oggi. Perché il gesto e le motivazioni sono stati commoventi. Anche perché i nostri filosofi ci autorizzano. Col motto: tutto è lecito, con la minore violenza possibile, per difendere la libertà, nulla invece deve essere consentito, perfino se è legale, a chi vuole instaurare la dittatura. Contrariamente a quello che pensano i non liberali, o certi finto-liberali, quel che conta nel liberalismo sono i risultati. E il famoso "metodo"? Vale, certo, ma quando non c’è pericolo immediato per il liberalismo. Amen. (L’attendente di Edgardo Sogno)
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TASSE. ATTENTI A REGIONI E GOVERNO (IL PROSSIMO)
Se il salasso è indiretto, si salvi chi può
Tutti presi dalle dimissioni del ministro Siniscalco, che era ormai il curatore fallimentare del Governo, pochi giornalisti hanno prestato attenzione alle misure che il ministero di via XX Settembre si apprestava a prendere, e che il redivivo ministro Tremonti in gran parte confermerà, se non altro per non creare ulteriori problemi. E altro che "pacs" o convivenze difficili. Quella tra un ministro "delle tasse" e il tartassato Italiano Medio (d’ora in poi, I.M.) è sempre stata, e lo sarà ancor più in futuro, quasi impossibile. In Italia un "povero" ministro (ma l’aggettivo meglio si adatterebbe a I.M.) che presenta la Finanziaria ha sempre lo sguardo basso e sfuggente. E' l'unico che non tenta neanche di sorridere stupidamente come fanno tutti. Sembra uno che è sul punto di versare cianuro nell’acquedotto, e sa che sta per uccidere molti uomini in una volta sola. Un Churchill, molto in piccolo, che annuncia "lacrime e sangue" agli Inglesi. Solo che I.M, tutto è tranne che inglese – ad eccezione delle scarpe e delle insegne dei negozi – e ai sacrifici straordinari non è abituato, bastandogli quelli ordinari.
L’intervento sarà pesante, ben 21 miliardi di euro, pari a circa 40 mila miliardi di vecchie lire, commenta l’amico prof. S.F. dell’Università di Roma II Tor Vergata. La motivazione dell'ulteriore salasso è la solita: il rientro, o meglio la prima fase del rientro, nel parametro di Maastricht del rapporto deficit-PIL. Con la finanziaria 2005-2006 il parametro dovrebbe scendere dal valore tendenziale del 4.6% al 3.8%. Naturalmente, poiché il valore "teologico" richiesto dai banchieri europei per rientrare nella ortodossia è il 3%, vi sarà un ulteriore salasso da somministrare per il 2006-2007, probabilmente con un pesante intervento delle novelle e più specializzate sanguisughe sinistresi di fresca elezione (Visco si sta già riscaldando famelico ai bordi del campo…).
Il buonsenso non è servito a nulla. Siniscalco ha avuto un bel far notare all'Ecofin che in un paese praticamente in recessione (per l'Italia il tasso previsto di crescita è intorno allo 0.2-0.3 %) le manovre restrittive hanno lo stesso effetto di un salasso in un paziente in collasso cardio-circolatorio. L’unico risultato che ha ottenuto dagli ineffabili "imam" della Bce è stata la possibilità d’un rientro nel valore "coranico" del 3% diluito in due anni, cioè entro il 2008. Dunque, ennesima manovra, costi quello che costi, per raschiare oltre il fondo del barile l'ultimo frammento di legno fradicio.
Per i cultori di acrobazie sarà bello scoprire che, ufficialmente, la manovra non conterrà nuove tasse. Anzi, in virtu' di una specifica e perentoria richiesta europea, si provvederà ad un primo taglio dell'Irap, che la UE ha già tacciato di incostituzionalità. Peggio di peggio per il "povero" Siniscalco. Che fare? L’unica è tagliare i trasferimenti alle regioni ed ai comuni. Che, è vero, sprecano e dilapidano in modo sfacciato, ma devono assicurare anche, ogni tanto, magari per sbaglio, qualche servizio essenziale.
Ora che succederà? si chiede l’amico docente. Regioni e comuni che, conoscendoli un poco, sembra non aspettino altro, non si faranno pregare di usare questa stretta di cinghia come scusa formidabile con i propri concittadini. "Vedete? Non è colpa nostra, ma del Governo di Roma: ci hanno tolto i finanziamenti, quei ladri…" E così, non c’è bisogno di guardare nella sfera di vetro. Per far fronte alla diminuzione di entrate locali senza diminuire il livello di spese burocratiche inutili (pensiamo p.es. alla Sicilia e agli stipendi dei suoi tanti funzionari), regioni e comuni aumenteranno l’imposizione locale (ICI, nettezza urbana, addizionali regionali e comunali ecc).
E che accade in un’economia depressa che sta per compiere i primi timidi passi di ripresa, ad un ulteriore aumento delle tasse, sia pure locali? Anche Pierino potrebbe rispondere: una mazzata che la stende definitivamente. Con quale logica fiscale, poi? Nel breve termine il gettito calerà inesorabilmente, in una spirale perversa che non promette niente di buono per l’economia italiana. Elementare, Watson.
Solo, non si capisce la reazione d’una certa Sinistra, quella meno liberale (che è la maggioranza). Sta già protestando, stracciandosi le vesti e cercando di acuire demagogicamente le proteste della gente della strada, ignara di cose economiche e finanziarie. Ma è tutta colpa del Governo attuale? E, invece, che cosa farebbe al posto suo un prossimo Governo di Centro-sinistra? Vediamo. Intanto va detto che, essendo meno euroscettico di quello attuale, il probabile Governo Prodi (o Veltroni) sarebbe ancora più pronto ad eseguire passivamente "perinde ac cadaver" i dettami – spesso interessati – degli gnomi di Bruxelles, che certo hanno più a cuore gli interessi di Germania e Francia che quelli dell’Italia. Perciò, senza essere troppo pessimisti, dobbiamo aspettarci un’obbedienza così cieca ai "guardiani della rivoluzione euro-komeinista" da mettere in conto addirittura un aumento delle aliquote dell'imposta sulle persone fisiche Irpef, se non addirittura – dipende dal peso che Rifondazione comunista, sinistra Ds e Verdi avranno nel Governo – la tentazione di fare cassa brutalmente con una drastica e super-socialista imposta patrimoniale sugli immobili (o sulle società).
Naturalmente, la misura punitiva, anche per ragioni di target elettorale, non toccherà né i poveracci con redditi di poche decine di migliaia di euro, né la grande finanza della Nomenklatura (o Gotha, v. articolo sopra) alleata e finanziatrice principe della Sinistra al Governo), che continuerà a vedere tassate le proprie plusvalenze solo del 12.5%. E chi pagherà, allora, il "pizzo" all’Eurolandia? Pagheranno i ceti medi, naturalmente. Ma sì, il solito, povero I.M., conclude l’amico prof. S.F. Elementare, Watson. (Il fattore di Luigi Einaudi a Dogliani)
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FILOSOFIA. LA FAMOSA FRASE DI CROCE
La balla del "Non possiamo non dirci…"
Erano anni che leggeva quello sfondone filosofico. E quando è troppo è troppo. Perfino i geometri, i giornalisti e i medici delle Asl (non parliamo dei preti) – deve essersi detto il colto Vincenzo Moraro, studioso di filosofia di Avezzano – ripetono a pappagallo la famosa frasetta di Croce per cui "saremmo tutti cristiani". Ora basta. Ed è sbottato. Così invia due note al Corriere. "Leggo frequenti riferimenti al "Perché non possiamo non dirci cristiani" di Benedetto Croce che mi inducono a pensare che questo libriccino sia più citato che letto", ha scritto a Sergio Romano. "Forse per il potere di suggestione del titolo, che promette quel che poi non mantiene, si pensa a un’apologia delle "radici cristiane".
In realtà, il testo, sulla scia della filosofia della religione di Hegel, sostiene che siamo "cristiani", sì, ma solo in senso storico-filosofico, in quanto cioè la religione cristiana viene vista da Croce come nient’altro che la massima realizzazione dello sviluppo della "idea" filosofica di Dio, insomma la conciliazione del divino e dell’umano tramite il concetto dell’incarnazione con tutte le "mitologie" a essa collegate. "Mitologie", appunto. Ma ora, attenzione, tali mitologie sono superate dalla riflessione filosofica. Precisa Croce: Il Dio cristiano è ancora il nostro, certo, ma le nostre affinate filosofie (tie’, béccati questa, card. Ruini) oggi lo chiamano Spirito, che sempre ci supera e sempre è in noi stessi. Insomma, per spiegarci terra-terra: tante grazie al Cristianesimo per averci portati fin qui. Cioè alla vera filosofia. Ma ora Dio si faccia da parte e lasci lo spazio allo Spirito, che è il vero sbocco finale dello sviluppo storico della religione, insomma il vero Dio. E lo Spirito, vero Dio laico, è in tutti noi. E quindi, in fondo, siamo noi il vero Dio.
Insomma, per chi dovesse d’ora in poi, al bar o in un articolo di fondo, citare ancora quel mal citato e abusato titoletto di Croce, sarebbe una sanguinosa vittoria di Pirro, anzi una zappa sui piedi. Un "riconoscimento" che si conclude con una negazione, se non altro con un superamento della divinità trascendente. "Anzi – commenta Moraro – sarebbe un’ottima base filosofica a sostegno delle tesi laiciste, non certo il contrario".
"Lei ha perfettamente ragione", risponde Romano. "Ne è prova l’estrema diffidenza con cui la Chiesa ha sempre giudicato lo spiritualismo immanentista di Croce e Gentile. A chi volesse reclutare Croce [notoriamente non credente, NdR] fra i convertiti, sarebbe bene ricordare le parole con cui commentò al Senato i Patti Lateranensi nel 1929: "Accanto o di fronte agli uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri pei quali l’ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza". (Peppino de Condorcet)
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IL POTENTE GIFUNI GIUDICE COSTITUZIONALE?
Questione morale: se Ciampi inciampa…
Piccolo di statura, un caratterino tutto spigoli, un eloquio forbito, ricorda un poco il vecchio giudice d’un tempo, magari anglosassone e tutto d’un pezzo, l’ex ministro della giustizia Filippo Mancuso. In un’intervista a Radio Radicale trasmessa la mattina di sabato 17 settembre, ha messo in guardia – un vero e proprio "caveat" – il presidente Ciampi dal nominare, come purtroppo le solite malelingue vociferano, ai primi di ottobre nella tornata dedicata alla scelta dei nuovi giudici costituzionali, il potentissimo dott.Gifuni, segretario generale ed eminenza grigia della Presidenza, molto criticato per il potere che si è creato all’ombra del Presidente, e per alcune scelte procedurali e politiche (discorsi presidenziali compresi) che avrebbero condizionato pesantemente – a dire di Pannella e di molti altri politici – le presidenze Scalfaro e Ciampi. Ma a parte qualsiasi valutazione sul funzionario e sull’uomo Gifuni, anche la semplice circostanza che Ciampi nomini giudice costituzionale un suo stretto collaboratore assomiglia tanto, a nostro parere, un conflitto di interessi. "E’ inutile che Ciampi ci venga a fare la morale con tanti bei discorsi, per far vedere quanto è perbene", ha concluso Mancuso a Radio Radicale. "Se nomina davvero Gifuni tutti i suoi discorsetti saranno stati inutili". (Il barbiere di D’Azeglio)
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EUROPA ANTISEMITA, GIUDICI FILOPALESTINESI
E un giudice vuole arrestare Sharon?
Sta destando scalpore in ambienti ebraici e grande scandalo tra tutti i liberali la notizia, finora sottaciuta, che non solo il generale israeliano Doran Almog ma forse lo stesso premier Sharon sarebbero a rischio di arresto se mettessero piede in Gran Bretagna. Possibile? Eppure lo rivela il quotidiano Il Mattino (18 settembre, pag.7), come se fosse la cosa più normale del mondo, nota l’agenzia web "Informazione corretta". I "reati" contestati ad Almog su denuncia d’una organizzazione "pacifista" filopalestinese sarebbero presunti "crimini di guerra": in pratica aver ordinato la demolizione di case di palestinesi dediti al terrorismo. Terrorismo che – non dimentichiamolo – è finalizzato all’omicidio deliberato di civili inermi, e quindi è un crimine contro l’umanità.
Secondo Il Times – e Il Mattino sembra intingerci il pane – Sharon, saputo quello che per un pelo non era capitato ad Almog, avrebbe addirittura paura di recarsi in Gran Bretagna, come lo stesso premier israeliano avrebbe rivelato ad un costernato Tony Blair che lo aveva invitato a Londra ignaro dell’assurda decisione dei giudici inglesi. Sharon, infatti, avrebbe appreso dal servizio segreto che Almog la scorsa settimana ha evitato in extremis l’arresto all'aeroporto di Heathrow. Avrebbe rinunciato a sbarcare dal Boeing 747 della El-Al atterrato nello scalo londinese dopo che gli era stato comunicato che Scotland Yard lo stava aspettando per metterlo in stato di fermo. Sulla base d’una denuncia che evidentemente un giudice non ha ritenuto manifestamente infondata.
E’ una vera vergogna per l’Europa, a parole liberale ma in realtà attraversata da una vena di antisemitismo o di opposizione preconcetta ad Israele. Chissà se lo stesso giudice avrebbe mai perseguito per il reato di strage le centinaia di terroristi palestinesi che hanno ucciso bambini e donne innocenti e comunque decine di civili inermi sui bus, nelle sale da ballo e nei ristoranti d’Israele. Visto il precedente, Sharon ha risposto a Blair con un certo humour ebraico: "Caro amico, mi piacerebbe molto visitare la Gran Bretagna, ma come Almog anch'io sono stato generale nell'esercito israeliano… Sai com’è, caro Blair, voi in Regno Unito avete delle prigioni molto dure. Non mi piacerebbe provarle…" Ben dito, amico Sharon, ben dito, direbbe il mio amico Bepi, pescatore di Chioggia. (Il parente povero dei Rothschild)
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ECCESSI E BUONSENSO NEL LEADER SPAGNOLO
Viva Zapata o viva Zapatero?
In Italia la Sinistra estrema e utopista – che non ne azzecca mai una – lo ha mitizzato, mentre la Destra clericale e nazionalista – famosa per la sua ottusità – lo vede come il fumo negli occhi. Noi liberali, invece, siamo un po’ più raffinati ed esigenti, e meno estremisti, e infatti scorgiamo nell’azione di governo del primo ministro spagnolo, il socialista José Luis Rodriguez Zapatero, per quanto ne sappiamo, sia cose buone sia cose meno buone. Dopo le prime sciocchezze (per esempio ritirare subito il contingente militare dall’Iraq, una vera vigliaccheria contro gli americani, anzi un tradimento), un certo laicismo old style del governo Zapatero contro i privilegi della Chiesa ricorda piacevolmente i primi governi liberali nell’Italia unita di fine Ottocento, più che i programmi socialisti – sempre arruffoni e sbagliati in economia – a cui siamo abituati in Italia.
E c’è una novità. In Zapatero pare che l’opera riformatrice si focalizzi soprattutto sul codice civile e sul diritto di famiglia, identificandosi nella modernizzazione del costume e della vita civile. Insomma, come dire, una sorta di liberalismo di sinistra (in Italia diremmo "radicale") che ci è in qualche modo familiare. Mentre in economia, cosa rassicurante trattandosi di un socialista purosangue, il leader spagnolo non va oltre il liberismo moderato e il mercato protetto "all’europea" già impostato dal centrista Aznar e praticato dalla Ue. Del resto, la Spagna non è per fortuna il Brasile di Lula, e la nomina del socialista spagnolo Solbes alla cruciale carica di commissario dell’economia nella Commissione Ue presieduta da Prodi dimostrò a suo tempo quanto si siano integrati in una economia liberale di mercato anche i focosi socialisti spagnoli.
Ora, dopo l’estensione della liberalizzazione dei matrimoni civili alle coppie di fatto (che è stata merito del cattolico-liberale Aznar, si noti bene), alle coppie dello stesso sesso, e l’abbreviazione del periodo di attesa per l’ottenimento del divorzio, il Governo Zapatero sembra concentrarsi sugli spinosi rapporti Stato-Chiesa, che in Spagna hanno una storia drammatica. Il prossimo obiettivo del Governo è la cancellazione dell’obbligatorietà dell’insegnamento della religione nelle scuole, mentre resterà in funzione il meccanismo di finanziamento della Chiesa cattolica spagnola da parte dello Stato, come assicurato dagli accordi del 1979. (La nipote di Salvador de Madariaga)
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RILANCIO DEL CLUB FONDATO DA ZANOTTI BIANCO E CROCE
L’Italia? Ora è più "Nostra"
Aveva vivacchiato tra crisi di dirigenti e di iscritti, spese pazze, deficit paurosi, sinistrismi d’ogni sorta e molto, molto snobismo, la gloriosa associazione per la difesa del patrimonio artistico e ambientale Italia Nostra, che a noi del Salon Voltaire sta a cuore doppiamente: perché siamo da sempre tra i più strenui difensori della natura e dell’arte, senza compromessi, e anche perché I.N. fu fondata da intellettuali liberali e riformisti del calibro d’un Umberto Zanotti Bianco e di Alda Croce, figlia del nostro amato filosofo (che da parte sua si fece promotore del primo parco protetto in Italia, il Parco Nazionale d’Abruzzo).
Ora, finalmente, si è trovato un presidente all’altezza del compito, quel Carlo Ripa di Meana che è stato un esponente di spicco dei Verdi (poi uscito per contrasti politici) e ministro dell’Ambiente, e che negli ultimi anni con il Comitato Nazionale del Paesaggio aveva condotto una dura e anticonformistica campagna di informazione sul grave danno estetico al bellissimo paesaggio italiano provocato dalle migliaia di torri eoliche imposte dai Verdi e da Legambiente, l’associazione degli ecologisti di sinistra, rivelando gli altarini di certo finto moralismo in realtà compromesso col business sinistrese delle "fonti rinnovabili". Al presidente Ripa di Meana e a tutta Italia Nostra vanno gli auguri sinceri di buon lavoro del SalonVoltaire. (Thoreau, il guardiano della capanna)


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