24 novembre, 2006

 

"Alla corte di D’Alema ora anche una trasformista Sinistra liberale"

"Venghino, siori, venghino…" Che tristezza il vecchio ammaccato megafono di cartone del venditore ambulante di "stracci, pentole, rimedi e unguenti". Nella grande fiera felliniana delle ideuzze furbe, delle parole travisate, dei trucchi e mezzucci con cui prima a Destra e ora a Sinistra si sta cercando di approfittare del bisogno urgente di liberalismo che c’è in Italia, si deve aggiungere l'ultima trovata: quelli che potremmo chiamare - scusate, mi s’inceppano i tasti - "liberali dalemiani".
Ma, che immaginate, non i Morando e i Franco Debenedetti, ché quelli sono spesso più liberali di certi - non ho detto tutti - amici di casa nostra, che magari conservano ancora la tessera del PLI, e così, solo per questo, credono di essersi assicurati il Paradiso laico dell’Aldilà, in cui sperano di scoparsi le 100 vergini liberali-liberiste-libertarie, molto libertarie. No, parliamo di altri, contro cui Enzo Marzo, critico leader di Critica Liberale, si è espresso duramente.
Dietro il palco del Teatro Capranica, lunedi 20, per la presentazione della nuova formazione "Sinistra liberale", nientemeno, il fondale era bello e credibile: c’erano i ritratti, disegnati con forte chiaro-scuro, di Einaudi, Gobetti, Ernesto Rossi e Bobbio, numi tutelari d’un liberalismo progressista che arriva al liberal-socialismo, Con qualche contraddizione. Per esempio, unendo il liberista anti-nazionalizzazioni e il suo allievo che, sia pure contro i monopoli, le nazionalizzazioni le voleva, eccome.
Ma il liberalismo era tutto lì, messo al muro. In sala ce n’era ben poco, ha detto Marzo a Radio Radicale. E il simbolo d’un macilento stilizzato gabbiano blu che vede le stelle (le perversioni dei grafici sono seconde solo a quelle dei politici: entrambi senza la minima psicologia) era messo accanto ai ben più corposi, coloriti e terragni simboli del potere della Sinistra: la Quercia e l’Ulivo.
Valerio Zanone e Cinzia Dato hanno portato il loro saluto, ma non preoccupatevi, non si muoveranno dal loro partito, la Margherita.
Intervistato da Radio Radicale, Enzo Marzo, teorico in Italia della Sinistra liberale, ma che non ha niente a che fare con questa "operazione di tipo trasformistico", come ha detto, è stato impietoso. Dopo aver ironizzato sui pretenziosi "quadri appesi alle pareti" a cui non corrispondeva in platea un’adeguata rappresentanza liberale, ha derubricato l’evento a "piccolo episodio, gonfiato dalla presenza di Fassino". Perché la sostanza è chiara: si tratta di "quattro ragazzotti che vogliono entrare nei Ds". Cioè in un partito, ha accusato Marzo, che vivacchia nelle alleanze di potere più disomogenee ("nell'attuale maggioranza tra Mastella e Diliberto non c’è nulla in comune") praticando una politica che è l’esatto riflesso della politica del Centro-destra, che non fa le riforme profonde che sarebbero necessarie, neanche la legge sul conflitto d'interessi, e che cade negli stessi errori del populismo e del berlusconismo. Senza contare - ha aggiunto - che i Ds vedono nel proprio futuro un Partito Democratico che dovrà aderire all’Internazionale Socialista, come hanno ripetuto più volte D’Alema e Fassino.
Ma se il crudele Marzo, con quel "ragazzotti", è stato anagraficamente gentile, dato che in platea non mancavano i sessantenni, ha dovuto poi dolersi che l’amico Zanone si sia prestato ad avallare questa operazione di basso profilo. Una persona per bene, ha detto in sostanza Marzo, ma è ormai come un notabile del vecchio liberalismo, a suo modo nobile, che non ha ancora deciso che fare e dove andare. Come Dio "non sta da nessuna parte e sta in ogni luogo". Lui e la Dato, tanto per dirne una, come faranno a far parte della Margherita di Rutelli, erede della Democrazia Cristiana?
E anche la figura del portavoce è singolare. Il coordinatore della nuova sigla "Sinistra liberale" , ha detto Marzo, sarà Gianfranco Passalacqua, altra vecchia conoscenza di Critica, la cui "mobilità" politica, solo a voler parlare dell’ultimo anno, è davvero eccessiva, quasi da film muto. La sua parabola politica, comunque, guardando agli anni scorsi, lo ha portato dalla Gioventù liberale a Critica, da Critica alla Margherita, e di qui ai Ds. Ma io non mi meraviglio troppo, ha aggiunto Marzo: "Il trasformismo è nato con Depretis, e ha ormai 130 anni".
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Ma perché, secondo voi, D'Alema e Fassino avrebbero inventato questa operazione? Una prima supposizione è avanzata sul sito gemello Liberali Italiani.

Comments:
Post eccezionale!
 
Ottimo. Tra te che sei una vipera,
e Marzo che va giù di roncola, li avete sistemati. Solo mi chiedo perché. Qual è il motivo. Nè tu, né Marzo lo dite.
ciao
 
Vedere Einaudi in mezzo a Rossi e Gobetti fa venire il voltastomaco. Rossi e Gobetti incarnano la mutazione genetica del liberalismo italiano, il motivo profondo della sua profonda crisi.
 
A Mary the Red, una prima ipotetica risposta la tento sul sito Liberali Italiani
http://liberali-italiani.blogspot.com/2006/11/che-servono-quegli-strani-liberali.html
 
A Falkenberg che ha tante granitiche certezze: Einaudi è considerato anche dalla Sinistra per via delle sue Lezioni di politica sociale. Un bel libro. Lo hai letto? Guarda che Ernesto Rossi, il maggiore ispiratore del primo Pannella, era l'allievo prediletto di Einaudi. Nel Manifesto di Ventotene - ispirato ad un socialismo più liberale - e anche più tardi auspica massicce nazionalizzazioni.
Però la situazione era diversa da oggi: allora in Italia c'erano molti monopoli, che se è per questo sono ancora meno liberali delle nazionalizzazioni, tant'è vero che le Ferrovie dello Stato e altri Enti di Stato furono create dai governi liberali.
Oggi sicuramente Ernesto Rossi sarebbe un liberista in tutto.
In quanto a Gobetti ogni liberale la pensa a modo suo: è stato un grande e geniale intellettuale, ha commesso qualche errore di valutazione (troppo giovane e privo di notizie, p.es. dalla Russia bolscevica), ma ormai fa parte del nostro patrimonio ideale. Noi liberali veri non ci mettiamo più a sindacare questo o quel liberale, ma li accogliamo tutti nel nostro Pantheon supermarket, dove siamo liberi di attingere. Perciò siamo grandi e vincenti: abbiamo di tutto e possiamo rispondere a qualunque problema.
Quello che ti sfugge, da buon conservatore-liberale è che il liberalismo non è solo un'ideologia politica ma anche una cultura.
A 20 anni lo lessi tutto, apprezzandolo come giovane genio, ma non riuscii mai a condividere tutto di lui. Poi ho imparato: bisogna storicizzarlo, come Croce, Einaudi, Cavour ecc. Tutti i grandi personaggi vanno rapportati al loro tempo, e non vanno mai portati ai nostri giorni.
Se no, i grandi antichi Romani sarebbero criminali schiavisti.
Prima di stroncare del tutto Gobetti senza conoscerlo, ti consiglio di leggere almeno la Rivoluzione Liberale (un volumetto agile) e poi qualche articolo sul sito web dedicato alla rivista con lo stesso nome
http://www.erasmo.it/liberale/
 
E certo, Nico, bisogna "storicizzare" i profili intellettuali, "contestualizzare" gli apporti culturali e "rapportare al loro tempo" le tesi di questo o quel pensatore. Certo, figuriamoci. Aspetto con ansia di vederti applicare con un minimo di coerenza questo paradigma anche - che so - alle personalità ecclesistiche. Le quali bruciavano Giordano Bruno quando il rogo era pena (capitale) assolutamente ben accetta (e severamente comminata!) anche presso i tribunali laici.
Continuo a rifiutare l'idea di unità liberale: da buon liberalconservatore (esclusivismo per esclusivismo, l'unico tipo di liberale possibile), amo Bruno Leoni, Jefferson, Von Mises (un contemporaneo di Rossi, Salvemini e Croce: dai, storicizziamolo!) e Von Hayek, ma lascio volentieri agli amanti dell'ibridazione chimerica Stuart Mill, Gobetti, Rawls e, con loro, tutti quei "liberali" troppo propensi a "storicizzare" e "relativizzare" i punti fermi (libertà d'intrapresa e principi fondamentali di sussistenza individuale) e ad assolutizzare i relativi storici (vedi anche alla voce "diritti civili" o "nuovi diritti").
Questione, presumo, di punti di vista opposti e legittimi, no?
 
Gobetti e Rawls non sono essenziali al liberalismo, ma vi aggiungono del pepe. Il liberalismo storico è entusiasmante proprio per la varietà degli apporti. Direi che merita di essere letto tutto il firmamento liberale. Non siamo al supermercato in cui uno prfende questo e scarta quello. Il pensiero umano è la sintesi di tutto.
 
Sarà.
Ma a me l'operazione Sinistra Liberale mi ha convinto.

Dopo oltre un decennio è la prima volta che liberali scelgono, rischiano, propongono.

Il resto mi pare un onanistico rituale di autoaffermazione, sempre meno frequentato. Peraltro.
 
Sì, è vero, Anonimo, l'onanismo liberale e anche l'invidia per chi fa, sono ormai entrati nella letteratura. Io non li sopporto più. E in questo ti dò ragione. Anche perché so che i caratteriali abbondano nella nostra area e quindi qualche avversione potrebbe essere dettata solo dal classico ragionamento invidioso: ma come, io non ci sono riuscito, e adesso ci riesci tu? No, adesso ti distruggo.
La Sinistra Liberale vuol dire una scelta, certo. Ma sembra una scelta etnica, istintiva, non ragionata. Quindi vecchia.
Ma proprio ora, dovevano aderire gli amici dell'attivissimo Passalacqua, sant'iddio, proprio ora che le acque sono torbide e non si vede il fondo, ora che tutto è in evoluzione, che non si sa come e dove andrà a finire il Partito Democratico, che Prodi si regge per un pelo, che il bipolarismo è diventato tifo da stadio, che entrambi gli schieramenti non manifestano né realizzano nessun programma liberale, che anzi i liberali in ogni schieramento sono emarginati?
Con chi faranno gioco di sponda gli amici di Sinistra liberale? Ci sono i Radicali (finché ci saranno). E allora, non è un andare al buio, anziché scegliere, o peggio tollerare di essere strumentalizzati dai furbi D'Alema e Fassino?
Ti faccio una domandina crudele: come mai i pochi "liberal" dei Ds, i Franco Debenedetti, i Morando, i Turci ecc, non hanno aderito?
 
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