02 maggio, 2006
Cisnetto: i filo-occidentali da una parte, gli anti dall'altra. Per governare
1) Valerio usa categorie del Novecento, come destra-sinistra, moderati-progressisti, che francamente ritengo superate. Non in nome di un generico pragmatismo, di cui pure faccio uso senza reticenze, ma perché mi sembrano superate. Forse servono per intendersi nel dibattito, ma rischiano seriamente di portare fuori strada. Io, per esempio, sono liberale (non liberista), ma considero questa definizione più un abito mentale, un ancoraggio valoriale, che non un sistema di pensiero onnicomprensivo. Insomma, per essere schietti, Valerio a me pare mostri un approccio un troppo ideologico alle cose. Dal quale io rifuggo.
2) Da laico, credo che la distinzione tra laici e cattolici abbia senso solo su alcune questioni che potremmo definire di coscienza e che ad essa vorrei lasciare. Intendo dire che i cosiddetti “diritti civili”, per i quali mi sono sempre battuto, non possono essere il fulcro di intese programmatiche, ma devono invece far parte di quel confronto parlamentare di cui abbiamo perso l’abitudine e al quale tutti devono poter accedere secondo le loro convinzioni e non per scelte di partito.
3) Fatte queste premesse, può apparire più chiaro perché non temo di affermare che - in questa fase, e sottolineo questa - occorre smontare le attuali coalizioni, premessa indispensabile per la governabilità effettiva del Paese. Laddove per governabilità s’intende non solo la possibilità di vincere le elezioni, di formare una maggioranza e un governo e di farli durare nel tempo, ma anche e soprattutto la capacità-possibilità di prendere decisioni. In queste ultime due legislature, cioè nell’intera Seconda Repubblica, abbiamo avuto la governabilità formale, e persino l’alternanza, ma non la governabilità sostanziale. Ed è quella che conta. Smontare e rimontare le alleanze, cioè riformare il sistema politico: è questo l’obiettivo di Società Aperta oggi. Per dare quella governabilità al Paese che sola può consentirgli di combattere e vincere il declino in cui è immerso.
4) Per ottenere questo risultato occorre fare una prima fondamentale distinzione nella rappresentanza dei cittadini: i democratici, occidentali, moderni, garantisti, da una parte, gli anti-democratici, anti-occidentali, giustizialisti, teorici del “no a tutto”, populisti, dall’altra. Li vogliamo chiamare moderati ed estremisti? Mi va bene, non ne faccio una questione lessicale. Ma credo che sia un discrimine indispensabile. E non si tratta di fare un’ammucchiata centrista o di ricostruire la Dc: non usiamo categorie e soggetti del passato, è il futuro che dobbiamo costruire.
5) Certo, so bene che nel recinto dei cosiddetti moderati ci sono i laici e i cattolici, i conservatori e i riformisti, i liberali e gli statalisti. E so che sarebbe bene che queste differenze non fossero cancellate. D’accordo. Ma prima l’insieme di questi italiani - la grande maggioranza - deve servire a isolare politicamente gli estremisti, cioè a non far entrare in alcun governo le forze politiche che li rappresentano. E solo dopo, l’articolazione delle forze che rappresentano quei due terzi di italiani potrà produrre anche contrapposizioni elettorali. C’è un rischio in tutto questo? Sì, ma preferisco correre questo rischio piuttosto che avere la certezza - come oggi ho - di veder naufragare il Paese. Di eccesso di pragmatismo non è mai morto nessuno, di rigidità ideologiche sì.
Concludo con un appello: se siete d’accordo sulla proposta di Assemblea Costituente che Società Aperta sta lanciando, uniamo le forze per centrare questo obiettivo. Anche qui: prima dobbiamo convergere per fare in modo che il paese volti pagina, poi per distinguerci ci sarà tempo e spazio.
ENRICO CISNETTO