02 maggio, 2006

 

Cisnetto: i filo-occidentali da una parte, gli anti dall'altra. Per governare

Aderiamo, come Salon Voltaire e anche personalmente, all'idea avanzata da Società Aperta di una Assemblea Costituente come palingenesi di una Nuova Repubblica. In risposta al nostro precedente articolo sulla tesi di S.A., in cui in sostanza appoggiamo la riaggregazione dei partiti e l'esclusione delle estreme, ma facciamo notare che nell'auspicato Grande Centro ci sarebbero di nuovo tutti, dai cattolici di destra ai laici liberali, in una difficile coabitazione, Enrico Cisnetto ha la gentilezza di replicare. Però, non avendo letto gli articoli precedenti di Salon Voltaire, non sa quanto anche a noi diano fastidio le "categorie del Novecento" Destra-Sinistra, che usiamo solo in tono polemico o per farci capire da un'Italia ormai drogata dal tifo da stadio portato da questo bipolarismo ottuso.
E', anzi, il nostro leit-motiv ricorrente: basta con Destra e Sinistra che dicono poco o nulla e ben poco si differenziano tra loro. Ma noi lo diciamo anche in quanto liberali. E' vero, ha ragione Cisnetto, per essere giornalisti, categoria geneticamente senza ideologia, siamo troppo liberali, troppo ideologizzati. Ce li abbiamo tutti gli aggettivi: liberali, liberisti, laici. Ma tenga conto che lo scopo del Salon Voltaire, nato come newsletter (che a lui, credo, arriva fin dal primo numero del 2004), era ed è proprio quello di rinvigorire e riaggregare culturalmente i liberali italiani. Noi e Società Aperta, pur vicini e alleati, abbiamo fini ultimi diversi: loro (e anche noi), se posso semplificare, la razionalizzazione della politica e la governabilità in Italia, noi la presenza dei liberali nella società e nel Governo. E per evitare trasformismi all'italiana, ribaltoni e "inciuci", auspichiamo tre raggruppamenti chiari e limpidi, secondo le rispettive "idee": cattolici-consrvatori, liberali, socialisti. Socialisti, Cisnetto, non "progressisti". Figuriamoci: i progressisti siamo noi liberali. Non sarebbe più razionale, più anglosassone, cioè più onesto, anziché questi raggruppamenti italiani di puro potere, incapaci ma capaci di tutto, proprio perché senza idee?
Ah, dimenticavo, caro Cisnetto, il "liberal" che ti è scappato (un errore di battitura?). A quella "e" mancante ci teniamo. Salon Voltaire è e vuole essere liberale della più bell'acqua, e si rivolge a "tutti i liberali" secondo la nobile tradizione liberale europea e italiana, da Locke a Stuart Mill, da Cavour a Einaudi, da Croce a Hayek e a von Mises, da Tocqueville a Popper e a Gobetti. Tutti i "parenti", nessuno escluso, pur con le loro diverse idee, sono presenti nell'album di famiglia liberale. Pensa che perfino sull'attuale tessera del PLI, che finora ha appoggiato la CdL - forse per iniziativa del vice-segretario Savino Melillo, gobettiano - ci sono otto ritratti di liberali italiani del 900, tra cui Croce, Amendola e Gobetti. Perché tutti i liberali, se sono veri liberali, pur essendo in polemica tra loro, hanno in comune le libertà, i diritti del cittadino, lo Stato minimo, la laicità, il mercato. Perciò il liberalismo è vasto e vincente: ha le teorie pronte e gli intellettuali giusti per qualunque problema. (Nico Valerio).
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Leggo con piacere che Nico Valerio apprezza le tesi di Società Aperta, almeno in termini di analisi. Ma avanza alcune obiezioni circa il che fare, cui ho piacere di rispondere per chiarire a quel mondo liberal che Salon-Voltaire rappresenta, le strategie di un movimento (non un club) come Società Aperta che intende incidere sulle scelte politiche del Paese e non semplicemente “testimoniare” una qualche linea culturale. Ecco le mie risposte, schematicamente.
1) Valerio usa categorie del Novecento, come destra-sinistra, moderati-progressisti, che francamente ritengo superate. Non in nome di un generico pragmatismo, di cui pure faccio uso senza reticenze, ma perché mi sembrano superate. Forse servono per intendersi nel dibattito, ma rischiano seriamente di portare fuori strada. Io, per esempio, sono liberale (non liberista), ma considero questa definizione più un abito mentale, un ancoraggio valoriale, che non un sistema di pensiero onnicomprensivo. Insomma, per essere schietti, Valerio a me pare mostri un approccio un troppo ideologico alle cose. Dal quale io rifuggo.
2) Da laico, credo che la distinzione tra laici e cattolici abbia senso solo su alcune questioni che potremmo definire di coscienza e che ad essa vorrei lasciare. Intendo dire che i cosiddetti “diritti civili”, per i quali mi sono sempre battuto, non possono essere il fulcro di intese programmatiche, ma devono invece far parte di quel confronto parlamentare di cui abbiamo perso l’abitudine e al quale tutti devono poter accedere secondo le loro convinzioni e non per scelte di partito.
3) Fatte queste premesse, può apparire più chiaro perché non temo di affermare che - in questa fase, e sottolineo questa - occorre smontare le attuali coalizioni, premessa indispensabile per la governabilità effettiva del Paese. Laddove per governabilità s’intende non solo la possibilità di vincere le elezioni, di formare una maggioranza e un governo e di farli durare nel tempo, ma anche e soprattutto la capacità-possibilità di prendere decisioni. In queste ultime due legislature, cioè nell’intera Seconda Repubblica, abbiamo avuto la governabilità formale, e persino l’alternanza, ma non la governabilità sostanziale. Ed è quella che conta. Smontare e rimontare le alleanze, cioè riformare il sistema politico: è questo l’obiettivo di Società Aperta oggi. Per dare quella governabilità al Paese che sola può consentirgli di combattere e vincere il declino in cui è immerso.
4) Per ottenere questo risultato occorre fare una prima fondamentale distinzione nella rappresentanza dei cittadini: i democratici, occidentali, moderni, garantisti, da una parte, gli anti-democratici, anti-occidentali, giustizialisti, teorici del “no a tutto”, populisti, dall’altra. Li vogliamo chiamare moderati ed estremisti? Mi va bene, non ne faccio una questione lessicale. Ma credo che sia un discrimine indispensabile. E non si tratta di fare un’ammucchiata centrista o di ricostruire la Dc: non usiamo categorie e soggetti del passato, è il futuro che dobbiamo costruire.
5) Certo, so bene che nel recinto dei cosiddetti moderati ci sono i laici e i cattolici, i conservatori e i riformisti, i liberali e gli statalisti. E so che sarebbe bene che queste differenze non fossero cancellate. D’accordo. Ma prima l’insieme di questi italiani - la grande maggioranza - deve servire a isolare politicamente gli estremisti, cioè a non far entrare in alcun governo le forze politiche che li rappresentano. E solo dopo, l’articolazione delle forze che rappresentano quei due terzi di italiani potrà produrre anche contrapposizioni elettorali. C’è un rischio in tutto questo? Sì, ma preferisco correre questo rischio piuttosto che avere la certezza - come oggi ho - di veder naufragare il Paese. Di eccesso di pragmatismo non è mai morto nessuno, di rigidità ideologiche sì.
Concludo con un appello: se siete d’accordo sulla proposta di Assemblea Costituente che Società Aperta sta lanciando, uniamo le forze per centrare questo obiettivo. Anche qui: prima dobbiamo convergere per fare in modo che il paese volti pagina, poi per distinguerci ci sarà tempo e spazio.
ENRICO CISNETTO

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