13 febbraio, 2006

 

Ma chi sono i Radicali? Il pannellismo, variante "pietista" e anarcoide del liberal-socialismo.

Le spine della rosa, si sa, non feriscono chi la rosa porge, ma solo chi incautamente la riceve. Tanto più se era abituato, come accade a certa Sinistra, a stringere un po' troppo le dita, diciamo, per l'antico riflesso condizionato del pugno chiuso.
      I Radicali, ora che le loro proposte di rendere un po' più liberale la conservatrice Sinistra italiana vengono rifiutate, dopo il teatrale "strappo" della Bonino che esce sbattendo la porta dalla sede romana dell'Unione in piazza SS.Apostoli, sono visti come un corpo estraneo dai dirigenti dell'Unione. Unione che dietro la facciata dell'anti-berlusconismo nasconde il vuoto, cioè una sintesi impossibile tra il conservatorismo, ben pasciuto dalle banche, dei Ds, il clericalismo opportunista della Margherita, il nulla democristano del dossettiano statalista Prodi, le icone da "ultimi comunisti" di Cossutta e Bertinotti, il ribellismo populista-reazionario dei movimenti di base, dai girotondi ai no-global.
      Ma, insomma, vincono o perdono i Radicali, dopo questo strappo? Il loro è un bilancio positivo o negativo? Li si può criticare, certo (e loro stessi ce ne hanno offerto cento motivi, in passato), ma non gli si può negare il ruolo, ancora una volta, di protagonisti intelligenti, di santi provocatori, di inventori di nuove idee per la Destra e la Sinistra. Già, ma chi sono davvero i Radicali? Facciamo un passo indietro.
      I liberali dal Risorgimento ad oggi, e ora i radicali, sono accomunati da una paradossale analogia: entrambi nascono come movimento di giovani ma ora attirano solo i vecchi, per la disaffezione delle nuove generazioni dalla politica. Ed è un peccato in tutti e due i casi, un’ingiustizia della Storia. E, anzi, "grazie" alla strage selettiva di partiti fatta dall’inchiesta Mani pulite nei primi anni 90, oggi i Radicali si ritrovano ad essere curiosamente il "più vecchio partito italiano" tra quelli attivi senza soluzione di continuità.
       Ma i Radicali, per le proposte che fanno, restano di gran lunga i più giovani della politica in Italia. Di questo andrà fiero Marco Pannella, eterno giovane. Ora, poi, che da quando si è spostato al Centro-sinistra "sta sempre sui giornali e in tv", come ha osservato acidamente l’ex compagno radicale Calderisi dei Riformatori liberali (Centro-destra), ha modo di dimostrare con le sue invenzioni tattiche che a 76 anni, e dopo vari accidenti cardiaci, è rimasto il giovane creativo di sempre. Uno che conosce i segreti, la psicologia e le sfumature della politica italiana forse meglio di Andreotti. D’altra parte, e noi liberali lo sappiamo, che c’è di più giovane che fare politica liberale?
      Liberali? Be’, a leggere il bel Manifesto Laico con cui nel 1955 si ponevano le basi per il "Partito radicale dei liberali e dei democratici italiani", si direbbe che i radicali nascano come da Minerva dalla mente del filosofo Guido Calogero, oltreché dalla concretezza e grande cultura risorgimentale e crociana di Mario Pannunzio. Perciò, "liberali di sinistra" o liberal-socialisti. Anzi, dopo i fallimenti di Giustizia e libertà e del Partito d’Azione, e la giusta condanna teoretica da parte di Croce del disegno calogeriano del liberal-socialismo ("è un ircocervo", come a dire un animale fantastico, un mostro impossibile, per metà nobile cervo, per metà rozzo caprone), va a finire che il Partito Radicale pannunziano è stata la sola cosa funzionante e di successo di quell’utopia sbagliata.
      Successo? Calogero, se fosse dipeso da lui, quell'utopia l'avrebbe condannata al disastro dell'irrilevanza, al silenzio dell'inutilità. Invece, la nuova creatura ha funzionato, almeno nel senso della visibilità nelle cronache politiche, solo perché l'eclettico giovane Pannella, il Pierino discolo, il super-individualista dannunziano, abbandonato da tutti i fondatori, vi ha messo molto di suo, trasformando il radicalismo liberal-socialista in "pannellismo". Con tutti i pro e i contra. Gli ingredienti della sua fortunata ricetta? L’eterno movimentismo agitatorio, la specializzazione in alcuni temi (Stato-Chiesa, divorzio, aborto, diritti civili, gay, droghe, carceri ecc), l’utilitaristica ciclica oscillazione tra temi socialisti, anche con venatcristiane (antimilitarismo, fame nel mondo, amnistia, grazia, referendum ecc) e liberali (filo-occidentalismo, guerra ai dittatori, liberismo, meritocrazia, anti-sindacalismo ecc), tra l'altruismo pietistico da morale protestante e l'egoismo selettivo liberista da struggle for life.
      E poi nei primi decenni si è rivelata indovinata, moderna, la struttura a fisarmonica del gruppo (di norma leggerissimo, ma capace nei momenti topici di moltiplicarsi in poche settimane, come i partiti negli Usa), l’imitazione delle battaglie da strada dei "liberal" inglesi e americani, cioè la sinistra liberale (contro-informazione, uomini-sandwich, tavoli, firme, megafoni, volantini distribuiti in modo liberale, cioè dati alla singola persona…), l’uso della non-violenza e della "insistenza" di Gandhi, con i suoi ricatti morali che funzionarono perché indirizzati ad una società cristiana, quella britannica (digiuni, interruzioni di cura, provocazioni, auto-denunce), la testimonianza personale, con il proprio corpo (l'uomo bendato, l'uomo che beve la sua urina, i dirigenti radicali nudi in un teatro), l'azione di lobbing paziente e tenace verso i parlamentari d’ogni tendenza, l’uso continuo, eccessivo per noi liberali, di strumenti eccezionali di democrazia diretta (referendum), il saper piegare tutta l'azione politica alle inesorabili necessità e tecniche della comunicazione, e non viceversa come fanno i soliti partiti.
      Tutti elementi che delineano un vero e proprio fenotipo nuovo e originale, che non ha più niente a che fare con i metodi e la prassi dei partiti liberali, socialisti, liberal-socialisti alla Blair, e neanche radicali; ma che, ripeto, è più corretto denominare "pannellismo".
      C’è chi ha accusato Pannella (e noi, tanti anni fa, all'interno del PR, fummo tra questi), di "non voler vincere", di non volere eletti in Parlamento per poter manovrare tatticamente meglio un movimento tenuto sempre sulla corda dell'emergenza, piuttosto che un partito di parlamentari stanchi e seduti. Ma bisogna riconoscere che le rappresentanze radicali in Parlamento sono ricordate ancor oggi come le più battagliere, e anche capaci di ottenere risultati.
      C’è chi lo ha accusato di "non aver mai imposto un tema davvero impopolare" (noi tra questi), ma di aver furbamente aspettato per combattere e vincere che il tema fosse ormai maturo, stramaturo, tra la gente. Come a dire: Pannella non è mai stato un vero utopista. Ma questa ci sembra ora, col senno di poi, proprio la sua genialità: la scelta dei tempi del bravo giocatore e psicologo politico. Il disegno dell'affresco, ma anche i conti con i colori a disposizione, con la realtà.
In molti, in passato, dentro o fuori dei Radicali, lo abbiamo criticato per il cocktail di temi e metodi tutto suo, unico al mondo, che in fondo umiliava la forma partito e smentiva anche i soliti riti mediatori della Politica (compresa la capacità di allearsi e proporre programmi comuni), una formula - accusavamo - spesso condita di un certo populismo, troppo dipendente dalla comunicazione, insomma "teatro" nel teatro della politica. Lo si è accusato, lo abbiamo accusato, perfino di creare, non volendo, una sorta di "sindacato di categorie" specializzate (donne, gay, tossicodipendenti, carcerati ecc), ignorando le maggioranze, la gente comune, il che farebbe a pugni con il compito d'una democrazia liberale: rivolgersi a tutti i cittadini.
      Ma lui ha saputo rispondere, dimostrando davanti ai giudici della Storia che quelle non erano, non sono, categorie privilegiate, ma minoranze oppresse nei loro diritti, e che su di loro innanzitutto bisognava concentrarsi per appianare le disuguaglianze dei punti di partenza. Una "filantropia" politica che curiosamente, come si accennava prima, fa pensare al "pietismo" attivistico dei riformati tedeschi tra '600 e '700. Insomma, c'è del cristiano in Pannella e nel pannellismo dei Radicali. Chi l'avrebbe detto?
      Per tutti questi motivi, va riconosciuto con onestà e col senno di poi, che poi è l'intelligenza delle persone mature, che se i Radicali fossero stati più simili agli altri partiti, sarebbero stati, sì, più accettati dalla classe politica, ma probabilmente sarebbero spariti da tempo, o si sarebbero ridotti a fare da inutili testimoni come corrente in un partito altrui.
      Non sappiamo come andrà a finire l'incontro-scontro tra i Radicali e l'Unione di Prodi. Non possiamo prevedere se Bonino, Pannella e Capezzone riusciranno a imporre temi liberali e liberisti alla Sinistra. Ci sembra difficile, visto che Prodi in fondo esprime il peggio delle vecchie tradizioni democristiane. Ma prima di dichiararli perdenti pensiamoci bene. Avranno vinto anche solo se la Sinistra si interrogherà sulla propria contorta identità. Del resto, l'inserimento o meno delle proposte radicali nelle 200 pagine del programma dell'Unione, dove c'è tutto e il contrario di tutto, non aggiungerebbe nulla alla storia del movimento di Pannella. Quel che è certo, è che perfino le ultime scelte - discutibili quanto si vuole - di quest'uomo nato nel 1930 che oggi sembra rinato, sono sufficienti per riconoscergli, nonostante i tantissimi errori, tra cui imperdonabile non aver capito che all'Italia debole in Liberalismo serviva urgentemente un grande, unico, nuovo Soggetto Liberale, il ruolo del politico più originale dell’Italia degli ultimi trent’anni. 
      Non c'è che dire, avrà pure tutti i difetti caratteriali che sappiamo e i ben noti disturbi della personalità (narcisismo, esibizionismo, autoreferenzialità ecc), ma dobbiamo ammetterlo: rispetto al cinismo conservatore dei suoi contemporanei Pannella, proprio perché "aveva torto" nel provocare di continuo e nel voler distruggere senza costruire, un po' di ragione l'aveva.

AGGIORNATO IL 17 GENNAIO 2019

Comments:
Io penso invece che Pannella sia un politico mediocre, un oratore logorroico e noioso, un opportunista dell'ultimo treno.
Di sicuro non è liberale: è, invece, libertario, cioè portatore di un pasticcio sincretistico che unisce scientismo, civismo giacobino-massonico, nichilismo, ideologia della laicità (trasferita dalle istituzioni agli individui), rozzezza consequenzialista di un'etica che confonde la libertà con l'esercizio della pura volontà (insipiente) e che pensa di cancellare il problema della liceità morale enfatizzando smisuratamente la legittimità e il suo corollario, la legalità.
In sostanza un uomo in bilico tra l'800 e il narcisismo mediatico postmoderno: un autentico disastro.
Quanto al liberismo, poi, basterebbe la posizione assunta in materia di scuola pubblica per definirlo: scuola di stato? e perché? solo per poter fare un po' di guerra ai valori cristiani trasmessi dalle famiglie ai propri figli? ma un liberista non è per la concorrenza? un liberista non crede che la competizione migliori la prestazione, la qualità del servizio, i suoi costi? un liberista non pensa che il mercato sia il modo migliore per garantire trasparenza e libertà?
Siamo seri: altro che innovazioni, queste sono battaglie di retroguardia, antiliberiste e illiberali, che hanno come unico, vero contenuto la volontà di eliminare la religione dalla vita pubblica per sostituirla con un'etica di stato (un vecchio sogno giacobino e socialista, tanto per restare in tema di novità liberali).

Bernardo
 
Un post bello ma degno di miglior causa e che parte da presupposti tutti falsati da un immaginario collettivo nel quale anche tu sei immerso.
Non c’é nulla di nobile nel gesto della Bonino. C’P solo il calcolo astuto di come conquistare visibilità nei media.
Tutto é stato concordato con gli alleati che si sono prestati al gioco. Nulla di più efficace di una finta rottura con l’Unione per far passare ancora una volta il messaggio “rosa nel pugno”.
Dieci minuti dopo che le agenzie avevano battuto la piccantissima notizia della rottura, la Bonino era già al teatro Flaminio alla manifestazione contro il concordato (bella mossa attaccare la chiesa proprio oggi che sta subendo quello che subisce e non dire neppure una parola contro il fondamentalismo islamico, anzi in un passaggio del suo intervento capezzone non ha fatto differenza tra Roma e Teheran!) e dal teatro si é sbrodolata in amorosi sensi nei confronti di Prodi: “Prodi é il nostro programma” ha detto.

I pannelliani sanno che non possono e non devono cambiare nulla di quel programma che hanno condiviso nel momento stesso in cui si sono alleati coi social-comunisti.
Il resto é bassa bottega fatta di posti da garantirsi e rimborsi per ripianare la voragine debitoria del partito.
La storia di Pannella si ferma alla legge sull’aborto il resto é un susseguirsi di fallimenti che ne hanno, nonostante questo, favorito la mitizzazione.

Ciao :-)
Perla
 
ma stai elencando i soliti vizi dei politici, che io tanti anni fa, ingenuamente (come scrivo nell'articolo) attribuivo solo agli amici radicali.
Il teatro della politica.
Anche per questo me ne andai.
Ma siamo onesti: lo fanno tutti, ma proprio tutti. Almeno i radicali lo sanno fare. Gli altri sono pessimi attori (e io me ne intendo: ho fatto anche il critico teatrale):-))
E poi, scusa, con sistemi chiusi come quello italiano. dove non c'è concorrenza e merito neanche in politica, come si fa a bucare lo schermo e ad uscire sui giornali? Dimmelo.
Lascia stare la dannata antipatia che appesantisce questa Italia di antipatizzanti nati, cerca di ragionare freddamente, fingi di essere inglese...
L'aborto andava bene (perché serviva a te, o perché sei donna?)
ma il resto no? Ti rendi contro che è tutto collegato?
Per quanto mi riguarda, poi, essendo poco italiano, cioè immune da antipatia-simpatia, sono convinto di aver fatto un ritratto super-obiettivo dei radicali (con tutto che me ne fecero qualcuna, e neanche di poco conto....)
D'altra parte chi altro abbiamo di liberale in Italia? (e dire che i liberali dovrebbero essere oltre il 30 % della popolazione...)
 
a bernardo voglio dire che sul sincretismo di pannella, che io chiamo eclettismo, mi dilungo per metà articolo. ma non capisci che quel mix è unico al mondo? di mediocri politici ce ne sono migliaia: come mai nessuno ha quel mix particolare che ha pannella? la cosa si chiama genialità. può piacere o non piacere. io l'ho anche contestato, ma devo riconoscergli il genio. un genio fa anche errori, come dico.
solo che anche tu sei il solito italiano che antipatizza...
che fa il tifo, irrazionalmente come tutti. devo ancora trovarlo un italiano immune da simpatia-antipatia, disprezzo e odio immotivati... Lo diceva già Dante, e lui poi era il primo...
una persona onesta e razionale in italia "deve" essere - in questo senso - "anti-italiano"
 
dimenticavo un'ultima considerazione, che appunto qui, anche per me, come in un bloc notes.
In genere si giudicano i radicali, pannella ecc, non in base alle regole della politica ma con altre regole (che so, estetica, morale, letteratura, diritto ecc). Sbagliato: ogni attività umana va giudicata in base alle sue stesse regole. Ebbene giudicati in base alle regole della comunicazione politica radicali e pannella sono perfetti. fanno quello che tutti dovrebbero fare (in politica)
Forse sono gli unici politici puri o, se non piace l'espressione: puri politici
invece che accade? che ne parlano male i tanti che...odiano la politica. Grazie tante...
 
La tua apologia di Pannella non ha nulla di obiettivo e poco di razionale ha pure la tua reazione al mio commento.
Trovi che sia da liberale assolvere gli errori di un politico solo per il fatto che secondo te li ha commessi con miglior stile? Giustificare quello che l’astuzia (che non é sinonimo di intelligenza) della Bonino e compagni che finge una rottura che non c’é nella consapevolezza che questo le farà conquistare le prime pagine dei giornali, contraddice il finale del tuo post.
Fare dei riferimenti alla mia vita privata, poi mi pare sgradevole, non credi?
Il mio riferimento all’aborto é puramente temporale.
Analizza la storia degli ex radicali ed ex liberali con gli occhi della politica e trova i risultati pratici di questi anni di esibizionismi pannelliani.
Nico, possiamo lasciare Gandhi lontano da questa storia?

Io ho troppo rispetto per la politica e per quella liberale in assoluto e non confondo un movimento fondato sul culto della personalità del leader con un movimento liberale, appunto.
Chiunque abbia fatto parte di quello che fu il partito radicale (parlo di nomi pesanti) é dovuto andarsene, pena rimanere nel ruolo dello yesman di Pannella. Di tutti c’é rimasta solo la Bonino.
Ri-ciao

Perla
 
insisto, ero tanto d'accordo con te che...me ne andai vencicinque anni fa. Perché da liberale non sopportavo che....
e già, ma poi ho visto (si cresce)
che quelli che ritenevo difetti dei radicali, compreso il culto della personalità, sono più o meno di tutti. L'ho già detto.
E allora, odiando in fondo il teatrino e le psicopatologie dei politici, tanto vale scegliere tra i tanti pazzi quelli dall'ideologia più vicina.
Oppure tu, voteresti per uno solo perché è meno matto degli altri? E mica siamo la Asl... A noi in politica interessano le idee, non i caratteri. Tu invece (se sei di Centro-destra non puoi obiettare col polkiticamente corretto....), femminilmente mescoli i 2 piani o i 3 piani (psiche, idee, morale).
Ad un liberale, razionale, devono interessare solo le idee. Le idee.
Le idee, le idee. Non il carattere, l'antipatia, quanto mi sta sul cavolo quello, quello è uno str.... quell'altro recita, quell'altro è un dittatore, quello è un montato... Non c'entra con la politica.
Basta: è così che gli italiani dimostrano a Ds e Sx si essere immaturi. "Anche" nelle scelte politiche. Perché, concedimi un'ultima stoccata: se siamo a questo punto la colpa non è nè di Berlusconi, né di Prodi, ma della gente, che in Italia non s ragionare, è troppo emotiva (vedi aviaria oggi...), troppo irrazionale, troppo femminile.

Non ritirerò mai questo concetto degli italiani, che in me è radicatissimo dall'adolescenza.

BASTA, TORNIAMO ALLE IDEE, VERE, VISSUTE, RECITATE, FALSE, MA IDEE anche se le esprime Hitler o Landru
scusa lo sfogo
 
Certo, un mix unico al mondo, sulla cui genialità e originalità avrei però molto da eccepire. Il problema non è il metodo - il mix - ma il merito - le cose che lo compongono (che sono vecchie, nonché semplificazioni paurose). Anche il circo Medrano è un mix spettacolare ma, appunto, è un circo.
Quanto alla critica degli italiani, io ho una formazione logica, razionalistica. La mia valutazione è assolutamente priva di elementi emotivi e si fonda su una documentata storia di riflessioni storiche, politiche e filosofiche. Nulla a che vedere con quello che dici, quindi.

Bernardo
 
L'ho scritto anche in altri miei blog: Marco ha l'intransigenza moralistica e purificatrice dei primi protestanti. Ecco perché divenne allievo di Capitini, cattolico, però eterodosso. O forse fu proprio la sua influenza... Però poi è anche un giocatore di scacchi sullo scacchiere della politica, un abile machiavellico di stampo cavouriano (e il mio Cavour è stato il massimo nell'intrigo, sia pure "a fin di bene"...). E poi c'è la terza colonna: l'esibizionismo, il gioco solitario sotto i riflettori. Ci sarebbe pure una quarta colonna: l'essere eternamente mobile, giovane, recettore del nuovo e del diverso ovunque si manifesti, l'imparare subito ecc. Quattro colonne fondamentali per comprendere (che dico: tentare di comprendere) il fenomeno Pannella...
 
Per onestà intellettuale, devo ammettere che tornato casualmente su questo articolo a distanza di 13 anni solo per correggere qualche errore di battitura, non l'ho più riconosciuto come davvero "mio". Il fatto è che La figura di Pannella si è molto deteriorata nell'ultima parte della sua vita, e così dopo la sua morte e visto come i suoi eredi politici si sono spartiti le sue spoglie, è profondamente cambiata ai miei occhi. Ora, sono molto più vicino alle obiezioni di Bernardo e di Perla. Ma non ci sono arrivato solo oggi: già diversi altri miei articoli più recenti su Pannella e i Radicali (su questo o altri miei blog) mostrano questa profonda modifica del mio pensiero sui Radicali. Sentivo il dovere di dirlo.
 
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