30 gennaio, 2009
«Israele invase lo Stato della Palestina nel 1948». L’incredibile ignoranza in storia degli Europei.
La mistificazione, anche storica, regna sovrana, specialmente quando si parla di ebrei o di Israele, trovando terreno fertile nell'antico e sempre presente antigiudaismo cattolico e poi nel diffuso antisemitismo strisciante di Destra e Sinistra. La controprova? Fino a tutti gli anni 80, gli unici partiti benevoli verso Israele e gli ebrei erano tre partitini ultra-minoritari che insieme non superavano il 5-7 per cento: i repubblicani, i liberali e i radicali. Tutti gli altri, cioè oltre il 90 per cento, erano più o meno contro. Ma torniamo al sondaggio.
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SONDAGGIO. Pubblicato dal Corriere della Sera, il sondaggio di Mannheimer rivelava che gli italiani credono innanzitutto che sia esistito uno "Stato palestinese", addirittura "prima" di Israele, e che poi gli israeliani ne abbiano "invaso" il territorio; che la città di Gerusalemme, prima dell’invasione israeliana degli ultimi anni, fosse una "città araba". E così via. Ma nulla di tutto ciò è vero.
Ne usciva un quadro sconfortante. In particolare, quasi la metà degli intervistati (il 47 per cento) era convinto che fu l’Onu nel 1947 a "dividere" la regione in due Stati, e fin qui tutto abbastanza bene. Ma poi i due terzi non erano al corrente della circostanza che furono gli Stati arabi a tentare di impedire la nascita di Israele, e non viceversa. La maggioranza credeva che le terre su cui era nato lo Stato di Israele fossero state conquistate con la forza dagli ebrei (che invece le avevano regolarmente comprate dai proprietari arabi).
La maggior parte degli italiani riteneva che il conflitto con i palestinesi fosse iniziato nel 1967 quando Israele occupò le loro terre (errore comprensibile per come la vicenda fu trattata dai media); e che - questo è clamoroso - uno Stato palestinese fosse già costituito nel 1948 quando gli israeliani ne "invasero" una parte. Anzi, su questo punto gli intervistati si dividevano tra quelli che pensavano che l’invasione israeliana dello Stato palestinese (il quale, come dovrebbe esser noto, non è mai esistito se non nella delibera dell’Onu del 1947, appunto, violata dai Paesi arabi) fosse avvenuta nel 1948, e quelli che la collocavano nel ’67, all’epoca della Guerra dei sei giorni.
Infine pochissimi degli interpellati sapevano che Gerusalemme nel 1880 era già abitata in maggioranza assoluta da israeliti. Quasi tutti credevano che gli ebrei non abitassero quelle terre da molti decenni (e una minoranza addirittura da secoli, cioè da sempre), ma che fossero giunti nella regione solo in seguito agli orrori della Seconda guerra mondiale.
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STORIA DEL VICINO ORIENTE IN BREVE. Un brevissimo sommario storico sui rapporti Israele-Palestinesi servirà a contrastare meglio leggende metropolitane di Internet e i soliti luoghi comuni della propaganda intrisa di antisemitismo (ringrazio Adriano Mordenti per avermi aiutato nella ricerca):
1. Non è vero che prima della fondazione di Israele (1948) o addirittura prima che la città fosse occupata dagli Israeliani (1967) ed eletta capitale (1980), Gerusalemme fosse una città solo “araba e cristiana”. Anzi, già nel 1880 Gerusalemme era una città in maggioranza assoluta ebraica (v. in Appendice l’evoluzione della sua composizione etnico-religiosa dal 1800 *).
3. Nel 1897 il giornalista ungherese Theodor Hertzl pubblica "Lo Stato ebraico", documento che segna la nascita del Sionismo politico. Ma gli ebrei di tutto il mondo già da decenni guardavano alla loro antica capitale perduta come alla nuova patria da raggiungere. E infatti fin dagli inizi dell’Ottocento, e forse anche prima, si registrano afflussi a Gerusalemme.
4. Non è vero che ci sia voluta la Shoà per permettere finalmente agli Ebrei di riavere la terra delle origini. Molto prima, già nel 1917, Balfour, primo ministro britannico, si dichiarava a favore della costituzione di uno Stato ebraico in Palestina. E’ un precursore. Ma intanto, che accadeva agli ebrei italiani? In quegli anni, curiosamente, centinaia erano gli ufficiali ebrei dell’esercito italiano (capitani, colonnelli e generali), e gli ebrei italiani erano stati tutti grandi patrioti e protagonisti del Risorgimento, che li aveva liberati dall’oppressione della Chiesa e dei vari regnanti e occupanti stranieri.
5. “Palestina” era stato il nome inventato dagli antichi Romani per designare una provincia dell’Impero Romano dopo la loro conquista e la disgregazione del popolo di Israele che vi abitava da millenni. Col ripristino del nome a opera degli Inglesi, anche gli Ebrei del luogo e quelli che man mano vi si insediavano si riferivano comunemente alla "Palestina". Tanto che il locale giornale ebraico si chiamava Palestine Post (v. immagine). Quindi deve essere considerato un termine geo-politico neutro che comprende sia Ebrei che Arabi (v. Paganoni, oltre).
6. Nell’edizione del 1910 dell’Enciclopedia Britannica sotto la voce “Palestina” c’era scritto: “Palestina: nome usato per il territorio che nel Vecchio Testamento era stato dato in eredità agli ebrei (…). Si può descrivere la Palestina come una striscia di terra che si estende lungo la costa orientale del Mediterraneo. Verso est non c’è un confine definito, sebbene il fiume Giordano segni una linea di separazione tra Palestina orientale e occidentale; ma è praticamente impossibile stabilire dove questa terra finisca e inizi il deserto dell’Arabia…”
7. Dopo la disfatta ottomana, ai primi del Novecento la Palestina era un territorio semidesertico amministrato come Protettorato dalla Gran Bretagna, per decisione della Lega delle Nazioni. Gli Inglesi ressero il territorio fino al 1948. Dal 1926 al 1936 si contarono varie rivolte dei palestinesi contro gli inglesi.
8. Nel 1922 la Lega delle Nazioni (antenata dell’ONU) riconobbe che Giudea, Samaria e distretto di Gaza erano parte integrante del “focolare nazionale ebraico”.
9. Nel frattempo in Palestina comunità ebraiche continuavano a convivere con gli arabi. L’unico rilievo internazionale di quest’ultima comunità si ebbe nel 1936 quando si costituì un Alto Comitato Arabo sotto la presidenza del Muftì di Gerusalemme. Più tardi, allo scoppio della seconda Guerra Mondiale, il Muftì si alleò con Hitler.
10. La fondazione dello Stato di Israele non è avvenuta con la forza, ma in seguito ad una precisa risoluzione internazionale. La risoluzione n.181 dell’ONU nel 1947 divideva l’intera regione Palestina in due Stati sovrani e indipendenti: uno ebraico e l’altro arabo. Più una zona internazionale (Gerusalemme e Betlemme). Gli ebrei, per opera di Ben Gurion, dettero sùbito seguito alla risoluzione dell’ONU e fondarono lo Stato di Israele nel maggio 1948, unificando le terre già regolarmente acquistate.
11. Al contrario, furono i Palestinesi a essere inadempienti: non fondarono il loro Stato, come prevedeva l’ONU. Come mai? Perché i potenti Stati Arabi circostanti (Giordania, Egitto, Libano, Siria) – tutti monarchici e autoritari – si opposero alla creazione nella zona di un nuovo Stato arabo indipendente, che oltretutto sarebbe stato sicuramente repubblicano, e in mano a quelle “teste calde” dei Palestinesi, che ai loro occhi apparivano pericolosi estremisti o anarchici, come avevano visto nelle rivolte anti-inglesi, capaci di esportare il malcontento nei loro Stati tranquilli e tradizionalisti. Perciò, gli Stati Arabi si opposero anche alla fondazione di uno Stato ebraico, convinti che la risoluzione ONU li considerasse in bilanciamento tra loro. Ma l’errore mortale degli Stati Arabi fu un altro. Quando nel 1948 attaccarono militarmente lo Stato israeliano appena fondato, pensando a torto di averne facilmente ragione, convinsero i Palestinesi ad abbandonare le loro case e a fuggire, consentendo così agli israeliani di conquistare nuovi territori, e creando in tal modo, un modo del tutto artificiale, il fenomeno sociale dei “profughi palestinesi”.
12. Sono stati gli Stati Arabi a volere per decenni che i profughi palestinesi restassero in accampamenti provvisori e in condizioni inumane, senza patria e senza territorio. Un po’ per tenerli lontani dai propri Paesi tradizionalisti, e un po’ per usarli come arma di ricatto nella contesa con Israele e le Potenze occidentali. Ecco perché i profughi palestinesi furono sempre mal sopportati o mal trattati dagli Arabi (Giordania, Egitto, Libano, Siria) a causa della loro indipendenza e del carattere ritenuto "rivoluzionario". Ma in seguito gli Arabi si resero conto che i campi profughi palestinesi erano per i loro Paesi una “spina nel fianco”, e in seguito a episodi di attentati e terrorismo arrivarono addirittura a far eliminare gli abitanti di alcuni campi (Strage di Sabra e Chatila, il 14 settembre 1982, ad opera di miliziani cristiani libanesi e giordani.
13. Nel 1956 Israele partecipa alla guerra di Gran Bretagna e Francia contro l’Egitto (che aveva chiuso il canale di Suez agli stranieri) e conquista il Sinai e Gaza. L’ONU ordina il ritiro dai territori occupati.
14. Il 6 giugno 1967 scoppia la "guerra dei sei giorni". Israele occupa la striscia di Gaza, il Sinai e le alture del Golan (da cui i cannoni arabi sparavano facilmente sui territori israeliani). L’ONU (risoluzione 242) chiede il ritiro dai territori occupati. Israele, anni dopo, si ritira solo dal Sinai.
15. Il 6 ottobre 1973 Egitto e Siria attaccano Israele: è la guerra del Kippur.
16. Nel 1982 Israele lancia un’offensiva militare contro Libano e Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina).
17. Scoppia la prima Intifada (lotta dei palestinesi con lancio di pietre ecc).
18. Il resto, come la seconda e terza Intifada, la creazione dell'ANP o Autorità Nazionale Palestinese, la discussa leadership e la morte di Arafat, i vari "cessate il fuoco", tra cui l'ultimo interrotto per mesi dai razzi di Hamas, e la conseguente reazione israeliana, la costruzione del Muro divisorio (grazie al quale cessano o si riducono drasticamente infiltrazioni e attentati ad opera di terroristi palestinesi) sono fatti recenti.
"PALESTINA"? PALESTINESI EBREI E PALESTINESI ARABI. «Si rilegga la Risoluzione Onu 181 del 29 novembre 1947 - scrive Marco Paganoni in un commento su Informazione corretta (" I due popoli palestinesi") - : essa parla esplicitamente dei “due popoli palestinesi” (“two Palestinian peoples”) ai quali raccomanda la creazione di due Stati indipendenti, uno arabo e uno ebraico (“Arab and Jewish States”)». Solo che gli Ebrei accettarono, gli Arabi, no. E questo, ammette oggi un arabo che vive in Canada, fu il primo di una lunga serie di errori da parte degli Arabi verso gli Ebrei e Israele.
QUANDO PALESTINESI ERANO (ANCHE) GLI EBREI. «Fino a pochi decenni fa il termine "palestinese" non era affatto sinonimo di arabo-palestinese, ma era un aggettivo neutro, e gli ebrei di Palestina (o Terra d’Israele) si potevano a buon diritto fregiare del titolo di "palestinesi". Non suscitava nessuna sorpresa definire "palestinese" il Talmud Yerushalmì redatto a Tiberiade tra il IV e il VI secolo (in quanto distinto dal Talmud Bavlì redatto in Babilonia tra il V e il VII secolo). Pareva perfettamente logico intitolare Palestine Post un quotidiano fondato nel 1932 da ebrei del Mandato Britannico (oggi Jerusalem Post). Era del tutto naturale chiamare palestinesi gli ebrei del Mandato Britannico arruolati volontari nella Brigata Ebraica che parteciparono con le forze alleate alla guerra in Italia contro i nazi-fascisti» (Paganoni, cit.).
ebrei erano 40.000 su 60.000 circa.
(**) UN ATTO DI VENDITA OTTOMANO-EBRAICO. Il documento mostra un atto notarile ottomano (chiamato ‘Kushan’), concesso nel 1909 ad una delle prime 66 famiglie fondatrici di Tel Aviv. Si trova alla Stanford University Library (Stanford, California)”
http://en.wikipedia.org/wiki/Jerusalem
http://tinyurl.com/9qb6uu
http://www.linformale.eu/3943-2/
AGGIORNATO L'11 OTTOBRE 2023
14 gennaio, 2009
Radicali. Le decisioni del Comitato sono forse l’inizio d’una nuova strategia
Peccato solo che i Radicali trovino sempre meno giovani. Il loro politicismo esasperato - ormai sono gli ultimi in Italia a fare la Politica pura e a tempo pieno, in mezzo a partiti che fanno solo affari - e i comportamenti "eroici" che chiedono agli iscritti, a cominciare dalle quote di iscrizione, le più alte al mondo, oltre al ben noto disinteresse per la politica, spaventano molti giovani.
Eppure i Radicali sono nati giovani. Ma per loro e nostra fortuna, il tasso d’intelligenza per metro quadrato in via di Torre Argentina è tale da rasentare la creatività.
Qual è il dilemma? Chiudere per la cronica mancanza di mezzi finanziari? Questo preoccupa gravemente anche gli ascoltatori di Radio Radicale, che corre sempre il rischio di non essere più incaricata di trasmettere le sedute parlamentari perdendo fior di euro. E i Radicali senza Radio Radicale sarebbero morti.
Ma soprattutto chiudere per l’esiguità dei loro militanti (anche questa un fattore cronico), proprio ora che le loro battaglie sono diventate popolari e condivise dalla maggioranza degli Italiani (cfr. indagini demoscopiche, da quella sul problema "fine vita" in poi).
Oppure, rilanciarsi in grande come partito autonomo, staccandosi dal finissimo cordone ombelicale che formalmente li lega al Partito Democratico, grazie proprio all’inusitata forza parlamentare che oggi hanno: ben 9 parlamentari nel Parlamento italiano e 2 in quello europeo. Perdendo però, una volta dichiaratisi ufficialmente concorrenti, anche i tenui appoggi nella Sinistra, dopo aver già da tempo rotto i ponti con la Destra. E così tradendo ancora una volta il proprio elettorato, che non ha fatto in tempo a riaversi dalla "botta Capezzone", una separazione traumatica che è costata tanti voti a destra.
Ora, si interrogano alcuni militanti di base, se cambiano di nuovo, non rischiano di perderne anche a sinistra, senza riguadagnarne dall’altra parte perché ormai i Radicali sono ridiventati – dice qualcuno – i lib-lab d’un tempo?
Ora o mai più, devono aver pensato in molti durante i lavori dell’ultimo Comitato Nazionale del 9 e 10 gennaio. Ma i Guicciardini sono tanti a via di Torre Argentina, e spesso si trovano davanti altrettanti Machiavelli. Dunque, ne è uscita una mozione problematica, poco esplicita, che lascia aperte parecchie strade, un "ibis redibis" da Sibilla su cui i commentatori politici potranno esercitarsi.
06 gennaio, 2009
Ma Hamas e Israele non sono in guerra. E’ che l’uno fa il terrorista e l'altro risponde.
Ecco, è proprio quello che i soliti ipocriti in Europa stanno suggerendo, dopo che Israele, che ha sopportato a lungo lo stillicidio di razzi inviati quotidianamente da Hamas sulla popolazione civile inerme (e prima dell'erezione del provvidenziale muro, anche i più sanguinosi attentati diretti, con i terribili uomini-kamikaze), ha deciso di attaccare finalmente con aerei e carri armati i siti di Gaza dove si nascondono i terroristi. Siti che - si noti il disumano cinismo dei terroristi palestinesi - sono stati scelti oculatamente da Hamas: scuole, asili, collegi, ospedali, comunità, ospizi di anziani, case private con donne e bambini.
I morti innocenti nella presunta "scuola dell'ONU"? Provocati da Hamas che da lì sparava razzi contro gli israeliani. Nell'edificio, non più scuola da anni ma ricovero per sfollati, sono stati trovati i corpi di due miliziani. Israele ha diffuso nomi e foto. Le falsità della disinformazione palestinese sono senza fine. E i tanti giornalisti europei antisemiti fanno finta di cascarci.
Insomma, il proprio stesso popolo usato come "scudo umano", in modo da incolpare di genocidio ogni eventuale reazione israeliana. La peggiore abiezione, il peggiore crimine contro l'umanità. Questo è il partito militare di Hamas, questo il terrorismo palestinese. Che non ha molto a che fare col popolo palestinese, la vera vittima dei suoi fascisti e corrotti dominatori, da Arafat in poi.
Non è certo contro il popolo palestinese che Israele indirizza la sua dura reazione. E infatti l'altro importante partito palestinese, Al Fatah, e lo stesso leader dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, questo lo hanno capito, non intervenendo nella contesa. Hamas, va ricordato, è avversato da Al Fatah e da gran parte del popolo palestinese, che come tutti i popoli vuole solo vivere in pace e nella libertà, e che è la prima vittima dei terroristi islamici.
Non si tratta, dunque, di una "guerra" tra Stati, tra soggetti legittimi e in qualche modo paritari, ma di un attacco asimmetrico: Hamas contro Israele. Il terrorismo contro uno Stato e un popolo. Al terrorismo segue ora una giusta rappresaglia che mira a distruggere la logistica e i capi dell'organizzazione terroristica che ha nel proprio statuto l'eliminazione dalla faccia della terra di Israele e di tutti i suoi abitanti.
Tante cose si possono pensare sul "perché proprio ora" gli israeliani abbiano deciso l'azione. Certo, sono alla vigilia di elezioni, e la mano ferma sulla sicurezza del fronte esterno può giovare (anche se in Israele se ci sono state proteste e cortei contro la guerra, e perfino cortei di arabi israeliani, tutte opposizioni impensabili a Gaza e nei Paesi arabi). Certo, a giorni sta per entrare alla Casa Bianca il nuovo presidente Obama, probabilmente un po' meno amico di Israele del presidente Bush. Tutti fattori che hanno spinto ad agire ora.
Ma resta il fatto che si tratta di una guerra asimmetrica che lo Stato ebraico ha subìto per tanti anni, e a cui vuole mettere un freno.
Israele non odia gli arabi, non odia i palestinesi. Anzi, vorrebbe come la manna nel deserto uno Stato indipendente, democratico e autorevole di Palestina. Sono i Paesi arabi, tutti autoritari, che non lo vogliono. Come non lo vollero negli anni 50. Per lo sarebbe una pietra di paragone, una serpe democratica in seno. E al suo interno Israele dà diritto di voto e rappresentanza politica ai cittadini arabi. Mentre nessun Paese arabo tollera al proprio interno la presenza degli ebrei (l'unica eccezione è stata il più liberale Egitto, prima che il fanatismo islamico vi penetrasse).
Israele è accerchiata da Stati ostili e da numerose organizzazioni terroristiche che, finanziate e aizzate da Iran e Siria, hanno giurato la morte degli ebrei con un fanatismo certamente superiore a quello del Nazismo. Lo Stato di Gerusalemme, perciò, a differenza dei suoi nemici che lo stringono d'assedio, vive sempre la sua ultima e definitiva battaglia tra la vita e la morte. E pur essendo nato pacifista, pur vivendo ogni guerra come un dramma, una contraddizione insostenibile con la propria natura, ora non può permettersi di perdere.
Se negli scontri degli anni passati, tanto criticati dalle solite ciniche anime belle, avesse perso, Israele oggi non esisterebbe più. E' questo che vogliono gli ipocriti che auspicano che aggrediti e aggressori "facciano la pace", costringendo perciò gli ingiustamente aggrediti da 50 anni a riconoscere gli stessi torti dei loro fanatici e violenti nemici? La scheda sotto riportata mostra chiaramente di chi sono le responsabilità (*).
Perciò, ha ragione da vendere Federico Punzi quando nel suo blog dice chiaramente che i terroristi di Hamas devono essere distrutti e basta, altro che "tregua tra belligeranti" vergognosamente chiesta dalla solita, vile, Europa. O vogliamo un secondo, definitivo Olocausto, per poi far finta di "onorare" gli ebrei come vittime ingiuste nei secoli avvenire?
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* SCHEDA
- In 2005, Israel withdrew all settlers and soldiers from Gaza, in a specific attempt to reduce violence and improve relations between the citizens of Gaza and Israel.
- Hamas responded with over 6000 missiles launched from Gaza into Israel, at civilian targets.
- During a six month truce negotiated with Egyptian assistance, Hamas repeatedly violated the truce by launching rockets into Israel. Hamas then declined to continue the truce once the six month term expired.
The current violence is a direct response to Hamas' actions, not an overall attack on the Palestinian people. - Israel's stated policy is a two-state solution with separate Jewish and Palestinian homelands. To this end, Israel continues negotiations and improved relations with Palestinians in the West Bank, which is ruled by the more moderate Fatah party.
- Notwithstanding Israel's commitment to a two state solution, the official position of Hamas is that Israel should be eliminated.
- Israel works to reduce civilian casualties as much as possible. Israel is targeting specific Hamas command centers, security installations and rocket launching sites. Unfortunately, Hamas locates these sites in areas with large civilian populations, in order to make it more difficult for Israel to strike these sites without involving civilians and to ensure that civilian casualties more likely.
- Israel is working closely with the United Nations, Red Cross, and World Health Organization to ensure that humanitarian assistance continues in Gaza, including 140 truckloads of humanitarian aid and 105.000 gallons of fuel into Gaza.
- Hamas is designated a terrorist organization by the United States and by the European Union.