18 dicembre, 2007

 

Regno di Sardegna contro Italia. Quant’era liberale e laicista la Destra Storica

Nel Museo del Risorgimento al Vittoriano è ospitata una bella mostra dedicata ai 200 anni di Giuseppe Garibaldi, il vero eroe dell’Unità d’Italia. Papa Pio IX, senza neanche sapere che l’Eroe dei due Mondi aveva scritto una singolare "preghiera dell’ateo", lo considerava comunque alla stregua d’un bandito.
Si è appena celebrato il grande sindaco Nathan, esempio di rettitudine e di iniziativa liberale, che smentisce chi ritiene che il liberalismo debba essere sempre e solo "laissez faire". Il suo bel Centenario (1907) si situa proprio a metà tra Garibaldi (1807) e noi. Ma mentre l’attivismo dei due grandi libertari, così diversi e incomparabili tra loro, ricorda l’Europa e la modernità, la passività, il comportamento vile dei Governi italiani di oggi riporta ai "secoli bui" della nostra storia.
Ebbene – come cambia il mondo – appena cinque generazioni più tardi dalla presa di Porta Pia ad opera del generale Cadorna, ultracattolico ma liberale, i rapporti tra Stato e Chiesa in Italia, e solo in Italia nel continente europeo, si sono capovolti. Ora la gerarchia tra i Poteri potrebbe essere efficacemente rappresentata da un "santino" poco edificante dipinto con spreco di rosso porpora e nero (il Potere reale), e tutti i toni del grigio (il Potere formale, destinato a soccombere). Una Nemesi reazionaria e neo-temporalista che ricorda una piccola Canossa.
Perciò è stato davvero un triste spettacolo vedere il sindaco della Capitale d’Italia, segretario del Partito Democratico e potenziale futuro Capo di Governo, genuflesso davanti al Segretario di Stato del Vaticano che lo aveva chiamato a rapporto per un futile motivo: sventare un progetto di riconoscimento, peraltro solo amministrativo, alle Unioni Civili. E se la Chiesa si muove con tale sicurezza anche sulle questioni marginali, un significato ci deve essere.
Stato e Chiesa in Italia, un confronto antico ma ancora attualissimo. Come coniugare il rispetto delle idee religiose, che nessuno contesta e ha mai contestato, dalla Destra estrema all’estrema Sinistra, con la tutela dei diritti di libertà, vecchi e nuovi, e con l’indipendenza dello Stato dalle filosofie o alle fedi, due fondamenti dello Stato liberale? E ci sono anche i diritti dei non credenti, che devono avere pari dignità dei credenti.
Questo, ora che il liberalismo economico – a parole – è fatto proprio anche dagli ultra-conservatori e dai post-comunisti, è il problema del Liberalismo oggi nella Penisola: coniugare i diritti civili, tutelare la pari dignità di ogni idea filosofica, politica e religiosa. Che non vuol dire, beninteso, che per un liberale tutte le idee siano uguali, ma solo che hanno tutte diritto ad un uguale rispetto formale.
In mancanza, non dovremo chiederci "come" ma addirittura "se" lo Stato italiano possa essere liberale. Un problema arretrato che è già una vergogna di fronte all’Europa, perché è lo stesso che fu già risolto dai nostri Padri Fondatori nell’Ottocento. Ed è ormai, nella disattenzione dei Governi, un problema di cultura e sensibilità popolare, più che di leggi o di alleanze politiche.
Il liberalismo non è solo mercato. Un’economia più o meno libera, ma senza il terreno fecondo di idee di libertà, senza garanzie, può esistere perfino nella Cina comunista o nel Cile fascista. Ma l’uguaglianza nei diritti di libertà, no: può esistere solo in uno Stato davvero liberale. Siamo "crociani anziché einaudiani"? No, siamo orgogliosamente "crociani e einaudiani", anzi, per far arrabbiare gli stupidi, diremo addirittura "cavourriani con un pizzico di pepe pannelliano", come tutti i veri liberali. Perché anche il conte di Cavour ebbe Garibaldi, il "generale in blue jeans", come lo abbiamo definito. E che dignità, che coraggio, la "Destra storica" liberale. Ben altra cosa, addirittura agli antipodi, la Destra italiana d’oggi, che è in sostanza anti-liberale.
E allora, guardiamo alla Storia meno nota. Per i tanti conservatori travestiti da "liberali" o "liberisti"; per i molti liberali senza coraggio (una contraddizione in termini, visto che i Padri del Liberalismo ripetono che la libertà non è conquistata una volta per tutte, ma va difesa ogni giorno); per chi, visto quanto sopra, parla male di tutti i liberali, quelli di ieri e di oggi; per i soliti revisionisti reazionari e clerico-borbonici che stanno coi briganti e i Sanfedisti contro il Risorgimento, contro la "Italietta", la Grande piccola Italia dell’Ottocento e del primo Novecento, contro il "provinciale" Regno di Sardegna, contro i Savoia dell’altroieri, per la ineffabile on.Bertolini, sempre zelante con la Chiesa e sempre contro le vecchie e nuove libertà, pur vantando nella biografia di essere stata addirittura nella Gioventù Liberale, ecco qualche ricordo illuminante. Ripassare i "bigini" di scuola della storia della Patria - scusate la maiuscola - farà bene a tutti.
Le Leggi Siccardi non furono opera di quel mangiapreti di Felice Cavallotti (liberal-radicale) o dei socialisti rivoluzionari del biennio rosso, ma un testo legislativo approvato nel 1850 a Torino nell'allora quieto e moderatissimo Regno di Sardegna. Con l'appoggio di Vittorio Emanuele II, il governo del benpensante Massimo D'Azeglio (oggi lo definiremmo "liberale di destra"), cattolico e ultra-legalitario, nemico di carbonari, mazziniani e liberali accesi, attuò un programma di riforme con il proposito di liberare il Regno di Sardegna dallo stampo feudale ancora presente negli istituti giuridici, e per concretizzare le innovazioni promesse e proclamate nel 1848. E i deputati piemontesi premevano, anzi erano più decisi di D’Azeglio. Si trattavano di modernizzare, europeizzare il Piemonte, portarlo fuori dal Medioevo, farne uno Stato moderno che potesse presentarsi alla pari con gli altri Stati liberali, prima tra tutti l’Inghilterra.
Questo è lo sfondo su cui si muove il guardasigilli Giuseppe Siccardi quando propone su mandato del Governo le leggi che da lui presero nome (1850), subito approvate a gran maggioranza dalla Camera, malgrado le resistenze dei conservatori più legati alla Chiesa cattolica. Resistenze dovute soprattutto all'abolizione di tre grandi privilegi che il clero godeva nel Regno. Tali privilegi erano il foro ecclesiastico, un tribunale che sottraeva alla giustizia laica gli uomini di Chiesa, il diritto di asilo, ovvero l'impunità giuridica di coloro che chiedevano rifugio nelle chiese, e la manomorta, l'inalienabilità dei possedimenti ecclesiastici.
La resistenza a queste leggi continuò anche a seguito della loro promulgazione e sfociò con l'arresto dell'arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni, che venne processato e condannato ad un mese di carcere dopo aver invitato il clero a disobbedire a tali provvedimenti.
Inutile dire che oggi (2007, a 157 anni di distanza) tutto questo sarebbe impensabile. E se per ipotesi un magistrato facesse arrestare un religioso cattolico per uno dei tanti reati che cardinali, vescovi e preti commettono abitualmente, in Italia ci sarebbe una specie di rivoluzione. E oggi, a differenza di ieri, i politici italiani si dicono tutti o "di sinistra" o "liberali".
Le Leggi Siccardi segnano l'inizio di un lungo attrito tra il regno dei Savoia ed il Papato, attrito che si acuisce nel '52 con il progetto di legge sul matrimonio civile e, poi, con la cosiddetta Crisi Calabiana.
Nel 1855, il nuovo Presidente del Consiglio, Camillo Benso conte di Cavour, decise, in deroga al principio "Libera Chiesa in libero Stato" (come poi osservarono retrospettivamente alcuni suoi critici conservatori), di colpire, per motivi di interesse generale (economia e ordine pubblico), la struttura organizzativa della Chiesa Cattolica in Piemonte che ostacolava l’evoluzione in senso moderno ed europeo del Regno. Il progetto di legge prevedeva la soppressione dei soli ordini religiosi marginali, mendicanti e contemplativi, non caratterizzati, secondo la legge, da alcuna utilità sociale.
Si fece subito sentire la condanna del papa Pio IX. In Parlamento sabaudo la polemica fu capitanata da una singolare figura di vescovo-senatore, Luigi Nazari di Calabiana, capo della diocesi di Casale Monferrato, il quale, coinvolse, a sostegno delle tesi della destra conservatrice, attraverso la regina, lo stesso Vittorio Emanuele II, mettendo in grave imbarazzo Cavour e provocando la caduta del suo Governo (26 aprile 1855). Ma poiché furono inutili i tentativi per approvare soluzioni diverse in Parlamento, data la decisione mostrata dai deputati, il Sovrano dovette nuovamente rivolgersi a Cavour per riaffidargli l’incarico di Presidente del Consiglio.
Fu così che Cavour, battuta l’opposizione in Parlamento, varò la tanto osteggiata legge il 23 maggio, che portò alla soppressione di 334 conventi, che ospitavano più di 5000 frati. Ci furono proteste aizzate dal clero, e alcuni preti facinorosi, come si diceva allora, che avevano esortato dal pulpito i parrocchiani a disobbedire alle leggi furono arrestati. Ma in carcere trovarono i cappellani per i conforti religiosi. Sarà stato pure piccolo e provinciale, ma il Regno di Sardegna studiava da grande Stato e cominciava ad apprendere dal liberale Regno Unito a trattare allo stesso modo i cittadini, qualunque fosse il grado o il ceto. Iniziava così la politica dei piccoli passi che portò il piccolo, bilingue e transalpino Regno di Sardegna a diventare in poco più di dieci anni uno Stato moderno, e poi un grande Stato europeo.

Comments:
Nico, quella sul Risorgimento e' una favola propagandistica. La famosa manomorta ecclesiastica fu una brutale statalizzazione delle proprieta', legalmente acquisite in secoli, degli istituti religiosi, un vero e proprio abuso.
La liberta' fisica, di parola, riunione, pensiero di privati ed istituzioni fu conculcata per il vantaggio di una classe dirigente gia' allora mangiona, elitista ed immanicata.
Lo stato sabaudo chiuse scuole ed ospedali religiosi cui i poveri avevano accesso, senza offrire paragonabili alternative. Manomorta e' l'etichetta propagandistica che ha storicamente imbellettato queste azioni che tutto sono fuorche' liberali.
Che l'Italia sia stata unita e' un bene. Che lo sia stata sotto i Savoia lo e' gia' molto meno. Che lo sia stata passando sulle teste del popolo e della Chiesa e' un fatto che si e' pagato culturalmente a lungo, per esempio qualificando come banditismo e sanfedismo quello che avvenne in un mezzogiorno trattato come colonia.
Poi Dio scrive dritto sulle righe storte e Garibaldi e' finito a Caprera preconizzando i suoi propri bronzi a prendere cacche di piccione nelle piazze, i Savoia sono finiti a sparare ai turisti in Corsica e i vari massoncelli come al solito a giocare a monopoli coi soldi degli altri (solida tradizione italica dagli scandali della Banca Romana in poi).
 
Questi uomini di grandi ideali ci traghettarono dal medioevo, all'era moderna, i privilegi della chiesa, acquisiti in secoli di brutale teocrazia, dovevano essere cancellati e lo furono, i beni della chiesa in particolare grondavano sangue, il sangue di famiglie intere di "eretici" infatti i beni di chi veniva accusato di eresia stregoneria etc. venivano incamerati dalla chiesa, per una non affatto "strana" coincidenza, oggi in Iran capita la stessa cosa, i beni "degl'immorali" vengono confiscati e dati agl'inquisitori islamici, i quali sono così molto motivati a trovare nuovi "eretici". I nostri padri fondatori, ci insegnano e ci hanno dimostrato che la battaglia contro il totalitarismo clericale si può vincere, (le stesse armi dell'illuminismo e del liberalismo dovrebbero essere usate contro le teocrazie islamiche) purtroppo oggi pur con una chiesa cattolica morente, senza fedeli, con chiese e seminari vuoti, abbiamo dei politicanti inetti e parassiti, che invece di pensare al bene dalla nazione, pensano alla loro autoconservazione come casta e seguendo lo sciagurato esempio di mussolini, ricercano l'appoggio vaticano per restare al potere. Ma oggi le cose sono molto cambiate, l'Italia non è più timorosa delle superstizioni cattoliche, il papa può "tuonare" ciò che vuole ma nemmeno i giovani papa-boys gli danno retta (ricordo le montagne di preservativi, usati, che lasciarono i giovani cattolici ad un "evento") per non parlare dei politicanti cattolici divorziati. Oggi anche senza un Cavour, la storia va avanti, anche se l'Italia resta sempre un po' indietro, il potere clericale è finito, potrà avere dei rabbiosi colpi di coda, ma sono quelli di una belva morente, come si dice in Piemonte "al tira i sgambiett"
 
Stefano, cerca di capire: senza strappi non si fanno le rivoluzioni. Viste col senno di prima furono "cose ingiuste", ma col senno di poi cose giustissime, sia per "noi" che per "voi". La Rivoluzione Liberale (scusa le maiuscole), cioè la modernizzazione, doveva andare avanti. Cavour voleva che anche le istituzioni pubbliche o parapubbliche (come la Chiesa, e mi darai atto che sono l'unico anticlericale che usa la maiuscola, per rispetto, anche della grammatica) assomigliassero a quelle dell'Europa avanzata e liberale. E ho ricordato l'episodio proprio perché strano, inusuale, addirittura improponibile oggi. Il cammino delle idee liberali è fatto di strappi, di colpi nello stomaco, di qualche arresto, ma poco o niente spargimento di sangue per fortuna. Vero che la Chiesa aveva assolto all'assistenza sociale, a modo suo, ma è anche vero che questo portava a distorsioni, aleatorietà e favoritismi. Pensi che un fedele delle numerosa comunità protestante ed ebrea del Piemonte sarebbe stato istruito, soccorso e curato dagli ospedali o dalle scuole cattoliche? Mettiti nei panni dei liberali d'allora: se uno Stato liberale non cura scuole e ospedali, che fa? Il privatismo estremo è una eresia liberale modernissima. Che oggi, dopo tanto, troppo Stato, ci appare giusta per reazione. Ma noi liberali, non dimentichiamolo mai, abbiamo costruito dal nulla gli Stati europei. E la Chiesa si opponeva a tutto, e a suon di scomuniche in capo a regnanti e popolo era sempre per l'Ancien regime, sempre con l'autoritarismo. Era vista come il nemico n.1, giustamente, anche dagli stessi cattolici liberali moderati. Pensa che doveva essere... In quanto ai Savoia, dopo il tentennante Carlo Alberto e prima della macchietta senza personalità Vittorio Emanuele III, il rustico e sanguigno Vittorio Emanuele II fu insolitamente coraggioso e innovatore, primo anche in battaglia. E scelse sempre Cavour, pur tirato per la giacchetta da moglie e prelati di Corte. Perché tirare in ballo genericamente "i Savoia"? Quello che fece l'Italia fu uno solo: il Re Galantuomo. Quello, solo quello, a noi liberali piace. E credimi, i revisionismi storici sul nostro Risorgimento sono ridicoli, tutti storicamente infondati. Il degrado economico, morale, spirituale, scientifico a cui la Chiesa di Roma aveva portato l'Italia era uno scandalo per tutta l'Europa. Solo dopo, molto dopo, veniva l'ottusità reazionaria e il capriccio dispotico dei Borboni, che lasciava le plebi del Sud nella miseria morale ed economica tramite i baroni e i loro capibamda (da cui nasce la Mafia), come ha testimoniato un aristocratico palermitano arrestato e caduto in disgrazia perché liberale, il Palmieri di Micciché (bella la sua avventurosa autobiografia, pubblicata da Sellerio). Altro che colonia: le popolazioni meridionali, tranne i pochi napoletani e palermitani erano al Medioevo, e a prestar loro ascolto neanche avrebbero voluto la libertà.
Ma tu non eri con noi quando eravamo d'accordo con Bush e la Bonino per esportare libertà e democrazia in Iraq e nei Paesi arabi?
Credimi, non c'è niente da rimpiangere o da rivangare. E anzi, un cattolico credente vero, che non voglia fare solo politica ma religione, dovrebbe ringraziare i liberali italiani che costrinsero la Chiesa a occuparsi finalmente delle questioni dello Spirito. La Chiesa aveva dimenticato Dio e lo Spirito da secoli. E te lo dice un non-credente. Quindi, come Porta Pia, così le leggi Siccardi "aiutarono" la Chiesa a rientrare in sé.
Tu invece confondi sempre la Religione con la politica reazionaria da Ancien Regime.
 
Crispi, per molto meno, sollevò dall'incarico l'allora predecessore di Wuolterrrr .... figuriamoci se oggi il mortadella ....
 
Mio caro Nico, ti diro' che il tuo bisogno di strappi puo' purtroppo funzionare da giustificazione di tante di quelle infamie che sarebbe impossibile numerare qui.
La ricerca dell'uomo nuovo ha sempre portato in dote un sincero disprezzo per l'uomo cosi' com'e'...
E' poi singolare che tu sia cosi' pronto a transigere sui "difettucci" dei "liberali" ottocenteschi, ma molto pronto a cogliere quelli della Chiesa, che peraltro ha dovuto superare un paio di millenni dove i Garibaldi o Filippi Belli o gli Enrichi VIII sono molti di piu' di quelli che vanno (a calci) a Canossa.
Le tue ricostruzioni storiche sono schiacciate sulla situazione italiana e pure li' con gravi dimenticanze. La pia balla che la disunita' d'Italia sia dovuta alla Chiesa e' ancora una volta il portato di una storiografia che e' ferma alle idee di Gibbon, appena ristuccate un po'.
Stati ed imperi sono sempre stati piu' potenti sul piano terreno della Chiesa. Il potere temporale dei papi e' stato piu' una ricerca di garanzia contro gli interventi dei monarchi che cercavano di usare la Chiesa come instrumentum regni. La Chiesa ebbe il sopravvento relativo e breve solo tra la fine dell'undicesimo e l'inizio del tredicesimo secolo. Da Gregorio VII a Innocenzo IV direi. Sara' un caso ma quello fu anche il periodo di piu' intensa partecipazione democratica nella storia (comuni e citta' libere) prima delle moderne democrazie. Dopo arrivano le signorie e gli stati nazionali, ove le scomuniche, nonostante le vulgate storiche prevalenti in campo laico di destra o sinistra, funzionavano solo quando faceva comodo al re o al suo primo ministro.
L'espressione "degrado cui la Chiesa aveva portato l'Italia" - fosse pur vera - non tiene conto del piccolo dettaglio per cui la Chiesa amministrava meno di un quinto del territorio italiano, e che tale territorio fosse male amministrato e' ancora una volta propaganda. Ma che ci vogliamo fare? Siamo tutti garibbaldini come abbiamo tutti fatto la marcia su Roma, come tutti abbiam fatto la resistenza ed il sessantotto in Italia. Nico fattene una ragione, il Risorgimento, come ci e' stato raccontato non e' storia, ma mito (se non si vuol dire propaganda).
Questa storia dell'oscurantismo e dell'opposizione al progresso della Chiesa nella modernita' e' l'alibi dei rivoluzionari per farsi la villa in campagna a spese dei monaci. Fu cosi' in Inghilterra, poi in Francia, poi in Italia. Altro che.
Ti consiglio un libro di un sociologo e storico delle religioni americano: Rodney Stark, the Victory of Reason (non e' nemmeno cattolico).
Quanto all'anonimo qui sopra ed alle solite balle su inquisizione ed eretici:
1) che palle
2) tutt'ora (secolo venunesimo) gran parte delle nazioni del mondo hanno procedure penali e garanzie assai inferiori a quelle dei tribunali dell'Inquisizione, ottocento anni fa.
3) Togliere di mezzo gente come i catari, con le loro simpatiche manie suicide, il loro orrore per la sessualita' e la riproduzione, e il loro disprezzo per le istituzioni (per esempio i giuramenti, in una societa' basata su di essi) e' uno di quegli "strappi" che le menti illuminate giudicano necessari no? O qui gia' non vale piu'?
 
Caro tenace avversario Stefano, ovviamente condivido poco o nulla ma apprezzo l'ironia e la voglia di dibattere. E preferisco mille volte avere un contraddittore implacabile ma colto ad un compagno di strada senza idee e personalità.
Dimentichi, però, che "noi" abbiamo combattuto anche per le "vostre" libertà. Come capirono bene il papalino gen.Cadorna di Porta Pia, e tutti i cattolici liberali del Risorgimento. Movimento che, ripeto, non avrebbe potuto esistere senza i cattolici liberali. C'erano perfino dei preti sulle barricate, con l'alibi - e non so se questo li salvò dalla scomunica - che Gesù "si era battuto per la libertà dell'uomo" anche in questo Mondo. Anche questi erano artefici d'una retorica mitomane e di parte?
Prendila con altrettanta ironia se ti invio gli auguri per la Festa della Luce, che in questi giorni l'Uomo ha sempre celebrato fin dalla notte dei tempi, nella speranza di un nuovo anno migliore.
E la Chiesa fu buona opportunista nell'utilizzare un rituale già consolidato: segno che il Papato era già allora retto da fini psicologi sociali e efficaci comunicatori, diremmo oggi...:-)
 
Et nubes pluant Justum, caro Nico.
La festa della luce a me sa tanto di scadenza della bolletta Enel (c'e' ancora? O se lo sono impapocchiata come Telecom?).
Io preferisco fare incazzare le maestre "laiche" che sgridano i bambini perche' non sono politically correct: duemila e sette anni fa e' nato Gesu' e io ne sono molto contento.
Buon Natale, caro Nico. O merry Christmas, come si dice qui (e a Milano in piazza san Babila).
 
Cosa intendi con "preghiera dell'ateo"??
 
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