16 ottobre, 2007
Il "giocattolo Italia" e il benessere. Che farebbe oggi la Destra al Governo?
Benessere? Noi non siamo gli americani, beati loro, che hanno la felicità nella Costituzione. La parola è osé in Italia: si trova solo nella réclame dei servizi igienici. Non per caso è pudicamente tradotta in "welfare" dai governanti provincialotti di Sinistra e Destra, gli stessi forse che di notte come secondo lavoro creano le famigerate insegne in inglese maccheronico sui negozi italiani. E dunque per pensionati umbri, borgatari romani, pescatori di Chioggia o mezzadri di Cerignola, pagare il "ticket" dovrebbe essere più leggero che pagare il biglietto.
Ma torniamo alla Destra che inveisce contro la Sinistra che non ha fatto niente. "Normalissimo", "fisiologico" per un viaggiatore disceso da Marte che ignora che fino all’anno scorso era la Destra a governare e la Sinistra a fare opposizione, sono io a provocare. Non sa il turista marziano che nella patria di Arlecchino e Pulcinella il teatrino della politica vuole che il pubblico sia smemorato, e i "rivali" in scena recitino a soggetto scambiandosi le parti. Gattopardismo bipartisan.
Sarà, però se qualcuno potesse scagliare la prima pietra - replica il prof - ad essere giustamente lapidato sarebbe l’attuale Governo, che in pieno Occidente, a diciotto anni dalla caduta del Muro di Berlino, ha il vezzo di avere al suo interno ben due partiti che millantano di essere nostalgici "comunisti" presso i propri elettori privilegiati e snob. In genere lavoratori statali, che finora hanno provato l’ebbrezza dell’eroica "alternativa al sistema" con i piedi bene al caldo: raccomandazioni, poco lavoro, nessun controllo di produttività, niente licenziamenti, pensione a 50 anni. Una pacchia: naturale che siano ultra-conservatori.
E poiché questi ridicoli avvantaggiati fuori tempo ricattano il Governo, ecco la vergognosa controriforma delle pensioni. In tutt’Europa si allunga l’età lavorativa, mentre in Italia si restringe ancora di più quella timida riforma fatta da Maroni.
Ma la Natura si vendica - è il mio turno sadico - e ora gli impiegati "de sinistra" più reazionari al mondo corrono il rischio di essere puniti, loro che non hanno mai fatto nulla in vita loro. Una nuova Thatcher? Magari. Sempre femmina è, ma è la Nèmesi. Prima ancora di epidemiologi e statistici, l’uomo della strada ha scoperto che chi va in pensione nella mezz’età ha più malattie e vive meno di chi lavora fino all’età avanzata. Ben gli sta.
Il prof vuole tornare all’economia, ai ripetuti tentativi di sabotare la legge Biagi, al famoso "tesoretto", la parte del gettito fiscale superiore alle previsioni. Qualunque massaia europea l’avrebbe destinato a ripianare i debiti, il deficit di bilancio, o almeno a spese per infrastrutture e investimenti solidi per favorire lo sviluppo economico. Macché. E non è un altro intollerabile scandalo?
Ma la domanda vera è un’altra ancora: che cosa farebbe la Destra, sì la Destra, se fosse oggi al Governo? Ce li vedete voi Storace, Fini e Bossi dire di sì a qualsivoglia taglio che non sia quello dei nastri inaugurali? Io no, e neanche l’amico professore.
Dopo aver cavalcato la sacrosanta protesta di tutte le categorie produttive del Paese contro una spremitura fiscale che non ha uguali in Europa, tenendo sopratutto conto del livello mediorientale dei servizi statali, che rotta intenderebbe veramente seguire un Governo di Destra?
Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe prima appurare se davvero la Destra ha o no il polso del Paese, cioè sente i borborigmi della pancia degli Italiani. Noi crediamo di sì, visto il favore che benzinai, tassisti, farmacisti e professionisti, vale a dire alcune categorie che hanno protestato anche perché potrebbero essere toccate dalle riforme, hanno dirottato verso di loro.
Allora, basta con la retorica della politica e spostiamoci sulla psico-sociologia: che cos’è veramente il Paese Italia? E’ migliore o peggiore della sua classe politica? Prodi dice che non è migliore, l’amico professore sostiene che Prodi ha torto, ma solo in parte. Io invece ho le prove che è uguale o peggiore della classe che lo rappresenta.
E qui, in piena sintonia con quanto enunciato nei 13 punti del programma di Decidere.net da Daniele Capezzone, vengono fuori le fondamentali differenze fra l'Italia e il mondo anglosassone. Vogliamo fare degli esempi?
Nella simulazione, ipotizzando il tipico comportamento dell'italiano di provincia e di ceto medio, si potrebbe delineare una crudele evoluzione, dice il professore. Il "modello Italia", pur arretrato, a suo modo era geniale e funzionava. Prima dell'integrazione europea era fondato sull'equazione: poche tasse e pochi servizi. Un modello borbonico, in cui lo Stato, malgrado la promulgazione di grida manzoniane, tollerava ogni forma di illegalità e spremeva chi gli capitava a tiro. Un modello in cui il cittadino, anzi il suddito, parafrasando Cartesio, afferma: "esisto, ergo lo Stato mi deve mantenere". Magari con una retribuzione da fame. L'esatto contrario di una moderna società, in cui il Contratto fra Stato e Cittadini, implica reciprochi diritti e doveri. Anche di contenuto e livello elevati.
Ma oggi? Il vecchio, borbonico, brasiliano "giocattolo Italia" comincia a scricchiolare, dice il professore. Con il processo di integrazione europea, il problema si traduce nell'equazione perversa nota come DEDI: Doveri Europei ma Diritti Italiani!
Da questa premessa seguono vari disastri. Una pressione fiscale intollerabile e crescente per chi le tassa già le paga (e che l'attuale governo continua a perseguitare con un accanimento da socialismo svedese da anni 50, senza però fornire i servizi svedesi), un dirottamento di risorse su categorie pesanti sul piano elettorale (numerose) e quindi tagli solo su comparti come la Ricerca. Inoltre totale assenza di una vera politica di sviluppo di servizi e infrastrutture, essenziali per la crescita del prodotto interno lordo. Per finire, l'estenuente trattativa fondata sulla concertazione con le "parti sociali" che altro non sono che i rappresentanti di alcune corporazioni (sindacati confederali e grande impresa) che ormai non rappresentano più la maggioranza degli italiani.
In fin dei conti, dopo questo impresentabile governo di Sinistra, siamo sicuri che la Destra - la stessa che ha appena finito di governare - riuscirà nell'impresa di realizzare finalmente un'autentica Rivoluzione Liberale? Oppure, l’eterna italica attitudine al "particulare" e al "cinismo", secondo una vulgata di Guicciardini e Machiavelli sunteggiata per le scuole serali, però tipica d’un popolo di "lazzaroni" senza senso dello Stato, continuera' anche col nuovo Governo? Forse la seconda, direbbe Guzzanti jr.
Vi siete chiesti come mai la Spagna, dopo decenni di franchismo e di sottosviluppo, sia riuscita dopo pochi decenni a compiere degli straordinari progressi economici e, addirittura, a superare l'Italia, malgrado partisse da condizioni di palese inferiorita' rispetto allo stivale. La risposta è semplice, il cittadino spagnolo, oltreché maggiore dignità e orgoglio, ha un maggiore senso dello Stato, proprio perchè ha secoli di tradizione unitaria e di identità nazionale. Non citiamo nemmeno Paesi di antica borghesia responsabilee dignitosa come la l'Inghilterra, la Francia e la Germania.
Come se non bastasse, ecco la folle politica dell'euro forte perseguita dalla BCE per favorire Germania e Francia (e il disegno discriminatorio è rivelato anche dalla nuova attribuzione dei seggi al Parlamento Europeo), che penalizza un Paese abituato alle periodiche svalutazioni della lira a fini di export. Poi c’è la sleale concorrenza cinese, grande "Paese copiatore" che ha colpito il piccolo "Paese copiatore" che era l’Italia. Infine una tardiva presa di coscienza da parte di tutti gli schieramenti politici del problema immigrazione. Tutti questi elementi stanno lesionando il "giocattolo Italia". Potra' la Destra ovviare con un poderoso scatto di reni che faccia pulizia al proprio interno dei settori parassitari e conservatori?
Io ho i miei dubbi, perché vedo che ormai la Destra è un coacervo di interessi di potere che non ha nulla di ideale e neanche di ideologicio. Più probabile, invece, che abbia successo un grande schieramento trasversale che unisca tutte le forze liberali, liberiste e laiche del Paese, da qualunque parte provengano, mettendo insieme i Martino e i Debenedetti, i La Malfa e i Zanone, i Tabacci e i D’Amico. Quel che è certo è che il vasto e spezzettato mondo liberale è in gran fermento: negli ultimi mesi sono stati mesi in atto o annunciati ben tre processai di aggregazione liberale. Servono personalità forti, idee chiare e determinate, meglio se provenienti da persone credibili, non compromesse con le sconfitte della Sinistra e della Destra. Un suggerimento chiaro ci viene già dal programma di Capezzone. Ora staremo a vedere: tutto nella vita politica italiana sta per cambiare, e per sempre.
E' vero che Veltroni sta insegnando a Berlusconi quello che deve fare.
Se però Veltroni riesce a mettere in pratica il suo programma. E se Prodi-Parisi-Rutelli non...
beh... certo che se uno sostiene che in Italia quello che manca sono le polemiche... tanto vale che stia zitto!
Marilena, tu non puoi capire, ma certo, se è vero quello che adombra il maniaco per conto terzi Ivan, le prospettive politiche del Centro-destra cambiano da così a così. E proprio un altro punto di vista s'impone nel dibattito.
La libertà come unico antidoto contro la corruzione.
Nella graduatoria mondiale dei paesi meno corrotti stilata da Transparency, disponibile su http://www.transparency.org/policy_research/surveys_indices/cpi/2007, l'Italia occupa il quarantunesimo posto, dietro a paesi come Macao, Taiwan, Dominica, Botswana, e a pari livello con la Repubblica Ceka. Anche se quotidianamente ci scontriamo con gli effetti di tale crimine, parlare di corruzione sembra non essere più di moda, il che induce a riflettere su quanto sia sostanziale la libertà di stampa e di pensiero tanto formalmente sbandierata.
La corruzione è ovviamente un illecito penale, tuttavia occorre distinguere fra le diverse motivazioni che spingono il cittadino a pagare un funzionario pubblico per ottenere ciò che vuole. Nei casi in cui lo stato è uno strumento in mano a poche famiglie e viene da queste utilizzato per sottrarre ricchezza ai ceti produttivi, a coloro che lavorano e rischiano, l'ideologia, la redistribuzione del reddito, l'intervento dello stato contro il mercato sono le false giustificazioni di tale spoliazione. Una spoliazione organizzata in stato. Chi deve essere spogliato cerca di difendersi corrompendo i dipendenti delle famiglie della casta.
E' ovvio che la corruzione è il modo sbagliato per risolvere il problema del potere pubblico. Tuttavia, per fare due banali esempi, sotto il profilo assiologico vi è una differenza abissale tra la cosca mafiosa che paga il giudice affinché le discoteche della zona possano impunemente spacciare droga e sesso rendendo insonni interi quartieri, e il piccolo imprenditore che dà la mazzetta al finanziere perché, se pagasse tutte le tasse e gabelle impostegli, sarebbe costretto a chiudere bottega. Nel primo caso il fine è criminale, il reato è contro la comunità. Nel secondo caso il fine è la sopravvivenza della famiglia dell'artigiano, e il reato lede le famiglie padrone dello stato e del fisco. Sono loro e i loro clientes che vogliono i soldi di quell'artigiano. Io non li voglio: lasciateglieli, se li è guadagnati col suo onesto lavoro.
Le leggi che coercitivamente, in modo sanzionatorio, vogliono attuare i diktat dell'una o dell'altra ideologia, trasfondendoli nei loro precetti, hanno il solo effetto, una volta varate, di costringere i destinatari di esse a corrompere quegli organi dello stato che hanno istituzionalmente il compito di attuare, applicare e far rispettare le leggi medesime. La corruzione serve quindi anche ad evitare la concretizzazione di quei precetti contra naturam et contra realitatem. La gente comune giunge ad apprezzare il funzionario che si lascia corrompere perché la lascia vivere. Se le leggi in cui sono trasfuse le ideologie venissero pedissequamente attuate la libertà mancherebbe come l'aria che respiriamo, la vita sarebbe un tormento impossibile, una rapina organizzata. Tormento, perché vi sarebbe una violazione di quel diritto naturale, anteriore a qualsiasi legge, a qualsiasi legislatore, per cui ciò che è frutto del mio lavoro è mio, ciò che mi ha lasciato mio padre è mio, la mia terra è solo mia e su quel pezzo di terra ci faccio ciò che voglio io e non ciò che vuole il padrone dello stato, senza chiedere a costui alcun permesso, autorizzazione, concessione, licenza o quant'altro. Anche perché gli interessi delle famiglie padrone del comune, della provincia, della regione, dello stato sono potenzialmente e naturalmente confliggenti con gli interessi della mia famiglia. In un regime di tirannia oligarchica travestita da democrazia formale delegata, quel mio diritto naturale lo riacquisto corrompendo il funzionario, il quale ha la stessa natura dei padroni dello stato: l'infedeltà menzognera, il non rispetto dei patti.
Le ideologie, le conseguenze delle ideologie, non sono volute proprio da coloro che si spacciano per seguaci delle ideologie stesse. Il comunista non vuole cedere i suoi beni o la sua donna a chi ha meno di lui, così come il fascista non ha alcuna voglia di andare in guerra a morire per una Patria non sua ma degli odiati padroni, il democratico non ha alcuna voglia di rispettare le decisioni della maggioranza che lo danneggiano né di consentire a chiunque di controllare il suo pubblico ufficio. La gente è ideologizzata a chiacchiere, così come si è tifosi di una squadra di calcio; il paragone non è casuale, sia l'ideologia che il calcio distolgono l'attenzione della massa dal vero problema: poche famiglie, col loro stuolo di clientes (politici, assessori, burocrati, appaltatori...) utilizzano la gestione della cosa pubblica e il fisco per spogliare i ceti produttivi della ricchezza prodotta. La stragrande maggioranza dei cittadini che col loro lavoro producono ricchezza non ha alcun potere e alcun controllo sulla gestione della cosa pubblica e sul livello di imposizione fiscale.
A quanto appena esposto, a questo vero grande problema, il popolo non deve pensare. Il pensiero autonomo, indipendente, personale, è un reato non codificato. Deve essere quindi imposto un pensiero dipendente, canalizzato, che si struttura in due direzioni: 1) non pensare al vero problema della gestione della cosa pubblica, ma pensare ad altro: al calcio, alle offerte dei centri commerciali, al pub e alla discoteca, alla mina del sabato sera, ai problemi del terzo mondo, al festival di San Remo, al mostro in prima pagina, o a qualsiasi scemenza, del tutto irrilevante per la qualità della vita, che distolga l'attenzione; 2) se a qualcuno viene in mente di pensare allo stato, deve pensarci in modo preconfezionato, canalizzato, ovverosia in termini di ideologie, di partiti politici, di sindacati, in termini cioè che nulla hanno a che fare con la reale strutturazione del potere. Il gioco dei canalizzatori del pensiero è identico a quello dei prestigiatori, i quali attirano l'attenzione sulla mano che fa dei gesti inutili per non far osservare l'altra mano che attua il trucco. Politici amministratori siedono su poltrone lautamente retribuite ma di finto potere, poltrone sulle quali li hanno posti le famiglie che realmente hanno il potere affinché eseguano i loro ordini. Sfido qualsiasi cittadino a elencarmi le venti famiglie che hanno più potere in Italia. Verranno in mente quattro o cinque padroni di multinazionali, tre o quattro uomini d'affari che in realtà riciclano denaro altrui, qualche capocosca. E poi? Nulla. Non si sa nulla. La condizione del potere oggi è l'invisibilità. La gente a malapena sa quale famiglia o gruppo di famiglie coalizzate controlla il proprio comune. Eppure le famiglie al potere determinano la vita e la qualità di vita di tutti i residenti in quel territorio.
L'ideologia è la scusa, la giustificazione della spoliazione. La gente dentro di sé lo sa. Il comunista è dispostissimo a dare la mazzetta all'assessore affinché nel piano regolatore il suo terreno diventi area fabbricabile e non parco pubblico, perché proprio non gliene importa nulla se il parco dà l'aria buona per i bambini degli operai; il fascista dà la mazzetta al giudice affinché il suo pub notturno pieno di spaccio, prostituzione e immigrati possa impunemente togliere il sonno al quartiere, perché proprio non gliene importa nulla dell'ordine pubblico. Questa doppiezza, questa falsità, questo predicare bene e razzolare male, questa schizofrenia, minano la fiducia in se stessi, la propria autocredibilità, e di conseguenza la fiducia nella possibilità di costruire una struttura sociale migliore, nella quale ciascuno veda riconosciuti i propri diritti naturali e abbia la reale possibilità di gestire la cosa pubblica o di controllarne la gestione.
Nel momento in cui l'ideologia viene giuridicamente trasfusa in leggi coercizzanti la spoliazione non siamo più nel limbo delle chiacchiere. E allora il cittadino paga il servo del padrone più di quello che lo paga il padrone, e la legge il padrone se la tiene per sé, perché il suo servo a quel cittadino non la applica.
Abbiamo detto che il ricorrere alla corruzione, anche quando giustificato sotto il profilo assiologico, è intrinsecamente e funzionalmente sbagliato. La corruzione è inaccettabile in una comunità libera. Essa è un reato spregevole contro il merito, contro i sentimenti di equità insiti nella natura di ogni uomo. Per difenderci dalla corruzione dobbiamo ridare valore esclusivo allo ius naturalis, al diritto di natura, ai suoi capisaldi, primi fra tutti la difesa della proprietà privata e del libero mercato. E' la mia proprietà che deve tutelarmi, e non lo stato. E' il mercato che stabilisce la grandezza della mia proprietà in base ai miei meriti, alla mia capacità di agire sul mercato stesso rischiando e producendo ricchezza, per me e per la comunità. I ceti parassitari, dalle famiglie della grande impresa sovvenzionata a quella parte più inutile dell'apparato politico-burocratico, se vogliono soldi, se li vadano a guadagnare sul mercato, col lavoro, col rischio, con l'impegno.
Se nessun apparato statale attacca la mia proprietà, se sono perfettamente libero di agire e combattere sul mercato, non sentirò mai il bisogno di corrompere nessuno. Basta che mi si lasci produrre ricchezza in pace.
Avv. Filippo Matteucci
Libertà vs corruzione.
La libertà come unico antidoto contro la corruzione.
Nella graduatoria mondiale dei paesi meno corrotti stilata da Transparency, disponibile su http://www.transparency.org/policy_research/surveys_indices/cpi/2007, l'Italia occupa il quarantunesimo posto, dietro a paesi come Macao, Taiwan, Dominica, Botswana, e a pari livello con la Repubblica Ceka. Anche se quotidianamente ci scontriamo con gli effetti di tale crimine, parlare di corruzione sembra non essere più di moda, il che induce a riflettere su quanto sia sostanziale la libertà di stampa e di pensiero tanto formalmente sbandierata.
La corruzione è ovviamente un illecito penale, tuttavia occorre distinguere fra le diverse motivazioni che spingono il cittadino a pagare un funzionario pubblico per ottenere ciò che vuole. Nei casi in cui lo stato è uno strumento in mano a poche famiglie e viene da queste utilizzato per sottrarre ricchezza ai ceti produttivi, a coloro che lavorano e rischiano, l'ideologia, la redistribuzione del reddito, l'intervento dello stato contro il mercato sono le false giustificazioni di tale spoliazione. Una spoliazione organizzata in stato. Chi deve essere spogliato cerca di difendersi corrompendo i dipendenti delle famiglie della casta.
E' ovvio che la corruzione è il modo sbagliato per risolvere il problema del potere pubblico. Tuttavia, per fare due banali esempi, sotto il profilo assiologico vi è una differenza abissale tra la cosca mafiosa che paga il giudice affinché le discoteche della zona possano impunemente spacciare droga e sesso rendendo insonni interi quartieri, e il piccolo imprenditore che dà la mazzetta al finanziere perché, se pagasse tutte le tasse e gabelle impostegli, sarebbe costretto a chiudere bottega. Nel primo caso il fine è criminale, il reato è contro la comunità. Nel secondo caso il fine è la sopravvivenza della famiglia dell'artigiano, e il reato lede le famiglie padrone dello stato e del fisco. Sono loro e i loro clientes che vogliono i soldi di quell'artigiano. Io non li voglio: lasciateglieli, se li è guadagnati col suo onesto lavoro.
Le leggi che coercitivamente, in modo sanzionatorio, vogliono attuare i diktat dell'una o dell'altra ideologia, trasfondendoli nei loro precetti, hanno il solo effetto, una volta varate, di costringere i destinatari di esse a corrompere quegli organi dello stato che hanno istituzionalmente il compito di attuare, applicare e far rispettare le leggi medesime. La corruzione serve quindi anche ad evitare la concretizzazione di quei precetti contra naturam et contra realitatem. La gente comune giunge ad apprezzare il funzionario che si lascia corrompere perché la lascia vivere. Se le leggi in cui sono trasfuse le ideologie venissero pedissequamente attuate la libertà mancherebbe come l'aria che respiriamo, la vita sarebbe un tormento impossibile, una rapina organizzata. Tormento, perché vi sarebbe una violazione di quel diritto naturale, anteriore a qualsiasi legge, a qualsiasi legislatore, per cui ciò che è frutto del mio lavoro è mio, ciò che mi ha lasciato mio padre è mio, la mia terra è solo mia e su quel pezzo di terra ci faccio ciò che voglio io e non ciò che vuole il padrone dello stato, senza chiedere a costui alcun permesso, autorizzazione, concessione, licenza o quant'altro. Anche perché gli interessi delle famiglie padrone del comune, della provincia, della regione, dello stato sono potenzialmente e naturalmente confliggenti con gli interessi della mia famiglia. In un regime di tirannia oligarchica travestita da democrazia formale delegata, quel mio diritto naturale lo riacquisto corrompendo il funzionario, il quale ha la stessa natura dei padroni dello stato: l'infedeltà menzognera, il non rispetto dei patti.
Le ideologie, le conseguenze delle ideologie, non sono volute proprio da coloro che si spacciano per seguaci delle ideologie stesse. Il comunista non vuole cedere i suoi beni o la sua donna a chi ha meno di lui, così come il fascista non ha alcuna voglia di andare in guerra a morire per una Patria non sua ma degli odiati padroni, il democratico non ha alcuna voglia di rispettare le decisioni della maggioranza che lo danneggiano né di consentire a chiunque di controllare il suo pubblico ufficio. La gente è ideologizzata a chiacchiere, così come si è tifosi di una squadra di calcio; il paragone non è casuale, sia l'ideologia che il calcio distolgono l'attenzione della massa dal vero problema: poche famiglie, col loro stuolo di clientes (politici, assessori, burocrati, appaltatori...) utilizzano la gestione della cosa pubblica e il fisco per spogliare i ceti produttivi della ricchezza prodotta. La stragrande maggioranza dei cittadini che col loro lavoro producono ricchezza non ha alcun potere e alcun controllo sulla gestione della cosa pubblica e sul livello di imposizione fiscale.
A quanto appena esposto, a questo vero grande problema, il popolo non deve pensare. Il pensiero autonomo, indipendente, personale, è un reato non codificato. Deve essere quindi imposto un pensiero dipendente, canalizzato, che si struttura in due direzioni: 1) non pensare al vero problema della gestione della cosa pubblica, ma pensare ad altro: al calcio, alle offerte dei centri commerciali, al pub e alla discoteca, alla mina del sabato sera, ai problemi del terzo mondo, al festival di San Remo, al mostro in prima pagina, o a qualsiasi scemenza, del tutto irrilevante per la qualità della vita, che distolga l'attenzione; 2) se a qualcuno viene in mente di pensare allo stato, deve pensarci in modo preconfezionato, canalizzato, ovverosia in termini di ideologie, di partiti politici, di sindacati, in termini cioè che nulla hanno a che fare con la reale strutturazione del potere. Il gioco dei canalizzatori del pensiero è identico a quello dei prestigiatori, i quali attirano l'attenzione sulla mano che fa dei gesti inutili per non far osservare l'altra mano che attua il trucco. Politici amministratori siedono su poltrone lautamente retribuite ma di finto potere, poltrone sulle quali li hanno posti le famiglie che realmente hanno il potere affinché eseguano i loro ordini. Sfido qualsiasi cittadino a elencarmi le venti famiglie che hanno più potere in Italia. Verranno in mente quattro o cinque padroni di multinazionali, tre o quattro uomini d'affari che in realtà riciclano denaro altrui, qualche capocosca. E poi? Nulla. Non si sa nulla. La condizione del potere oggi è l'invisibilità. La gente a malapena sa quale famiglia o gruppo di famiglie coalizzate controlla il proprio comune. Eppure le famiglie al potere determinano la vita e la qualità di vita di tutti i residenti in quel territorio.
L'ideologia è la scusa, la giustificazione della spoliazione. La gente dentro di sé lo sa. Il comunista è dispostissimo a dare la mazzetta all'assessore affinché nel piano regolatore il suo terreno diventi area fabbricabile e non parco pubblico, perché proprio non gliene importa nulla se il parco dà l'aria buona per i bambini degli operai; il fascista dà la mazzetta al giudice affinché il suo pub notturno pieno di spaccio, prostituzione e immigrati possa impunemente togliere il sonno al quartiere, perché proprio non gliene importa nulla dell'ordine pubblico. Questa doppiezza, questa falsità, questo predicare bene e razzolare male, questa schizofrenia, minano la fiducia in se stessi, la propria autocredibilità, e di conseguenza la fiducia nella possibilità di costruire una struttura sociale migliore, nella quale ciascuno veda riconosciuti i propri diritti naturali e abbia la reale possibilità di gestire la cosa pubblica o di controllarne la gestione.
Nel momento in cui l'ideologia viene giuridicamente trasfusa in leggi coercizzanti la spoliazione non siamo più nel limbo delle chiacchiere. E allora il cittadino paga il servo del padrone più di quello che lo paga il padrone, e la legge il padrone se la tiene per sé, perché il suo servo a quel cittadino non la applica.
Abbiamo detto che il ricorrere alla corruzione, anche quando giustificato sotto il profilo assiologico, è intrinsecamente e funzionalmente sbagliato. La corruzione è inaccettabile in una comunità libera. Essa è un reato spregevole contro il merito, contro i sentimenti di equità insiti nella natura di ogni uomo. Per difenderci dalla corruzione dobbiamo ridare valore esclusivo allo ius naturalis, al diritto di natura, ai suoi capisaldi, primi fra tutti la difesa della proprietà privata e del libero mercato. E' la mia proprietà che deve tutelarmi, e non lo stato. E' il mercato che stabilisce la grandezza della mia proprietà in base ai miei meriti, alla mia capacità di agire sul mercato stesso rischiando e producendo ricchezza, per me e per la comunità. I ceti parassitari, dalle famiglie della grande impresa sovvenzionata a quella parte più inutile dell'apparato politico-burocratico, se vogliono soldi, se li vadano a guadagnare sul mercato, col lavoro, col rischio, con l'impegno.
Se nessun apparato statale attacca la mia proprietà, se sono perfettamente libero di agire e combattere sul mercato, non sentirò mai il bisogno di corrompere nessuno. Basta che mi si lasci produrre ricchezza in pace.
Avv. Filippo Matteucci
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