Cari amici, prima o poi doveva accadere. Hanno così esagerato i teo-con, che la reazione è già cominciata, e potrebbe anche danneggiare seriamente la Casa delle libertà. Perché ormai è chiaro: solo i liberali faranno la differenza tra i due schieramenti assai poco liberali, passando dall'uno all'altro, cioè votando all'ultimo "il meno peggio". Questo lo avevano messo nel conto gli intelligentoni della Destra? Gente che non ha il polso della situazione.
Noi invece lo capimmo dopo le esequie per Calipari, quando un amico liberale di formazione cristiana protestò con una lettera al Comando dell'Arma, perché sulla scalinata dell'Altare della Patria aveva ricevuto da un carabiniere seduto dietro un tavolino un "santino" religioso. E il Comando rispose, gentilmente, dandogli ragione.
La novità è che stanno venendo fuori, come nel Risorgimento (in cui ci furono addirittura dei preti che si batterono da liberali), tanti veri cattolici, tanti credenti, sì, ma veri liberali, che non vogliono né sentire né vedere mischiare la religione allo Stato, la Fede al Potere. Oltretutto, certi teocon sono così cretini o poco rispettosi (per forza: ex marxisti) che non si rendono conto di svilire, di secolarizzare la stessa Fede. Cosa che non dovrebbe certo piacere al colto teologo Ratzinger. Comunque, per noi liberali, nient'affatto giacobini (sono i teocon ad esserlo stati...) è davvero il momento di dire basta.
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Ecco l'email che ci è appena arrivata da parte di un intellettuale liberale e cattolico, ricercatore all'Università di Heidelberg. "Caro Salon Voltaire, mi permetto di segnalare questo mio piccolo articolo sull'Opinione. Mi piacerebbe poter aprire un dibattito sull'argomento. Cordiali saluti, Paolo Di Muccio.
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"Ho letto con piacere le lettere di Giovanni Schiavin e di Claudio Tomassini sui laici del polo. Anche a me dà fastidio che un laico in Italia debba allinearsi con Ruini, se non vuole esser tacciato di anti-religiosità. E anche a me piacerebbero una forza autonoma laica nel Polo e una rubrica curata da Marco Taradash su questo giornale. Personalmente, sono così laicista che più laicista non si può: vorrei eliminare le croci dagli edifici pubblici, abolire l’ora di religione dalle scuole non private, istituire i pacs tra omosessuali e perfino la poligamia musulmana. Non parliamo poi dei privilegi della Chiesa. Ma rivendico il diritto di essere anche cristiano. Perché essere cristiani non vuol dire necessariamente promuovere per legge i valori cristiani e censurare i costumi altrui. Noi cristiani liberali e libertari sappiamo di non avere il diritto di forzare chicchessia ad accettare in alcun modo la cristianità. E pensiamo che solo chi non è tenuto ad accettarla possa sceglierla liberamente. Distinguiamo la giustizia dall’etica, ciò che è di Cesare da ciò che è di Dio. Parafrasando a sproposito Croce, mi sembra addirittura che i liberali in generale (di tradizione empirista, illuminista e individualista) non possano non dirsi cristiani. Infatti, la legge naturale di Locke è legge divina, mentre la legge morale di Kant è la legge morale di Cristo. Che ironia: Giuliano Ferrara e Marcello Pera sono atei clericalisti, noi invece siamo cristiani laicisti. E diciamo: Volete fare i teo-con alla papalina? Fatelo. Ma smettete di far finta di parlare a nome di tutti i cristiani."
PAOLO DI MUCCIO
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Bravo, caro Di Muccio. Se al prof. Giavazzi hanno dato il premio "Liberale dell'Anno 2005", a te daremo quello di "Liberale del Mese", e ti candideremo per l'edizione "Liberale dell'Anno 2006". Nella tua lettera ci riconosciamo tutti, noi liberali, credenti o atei, cristiani o ebrei, animisti o islamici. Noi che, da liberali, ci battiamo perché un prete possa dire messa anche dove gli è vietato, sapessi come ci arrabbiamo per le cose assurde che ci è toccato sentire e vedere in questi ultimi anni sulle due rive del Tevere, con la religione diventata pretesto per la politica, instrumentum Regni.
Buona idea quella d'una rubrica laicista sull'Opinione, ma visto che nostri articoli sull'argomento non sempre sono stati pubblicati, sono sicuro che il direttore Diaconale non la permetterebbe, e che l'amico Taradash la rifiuterebbe: sul tema Stato-Chiesa sono molto più moderati di Marco Cappato, Maurizio Turco e Nico Valerio.
Chi è che diceva che il crocifisso deve stare nei cuori dei credenti e non sui muri, esposto agli sguardi dei miscredenti? Leggendo la tua anticonformistica lettera, tipicamente liberale, ci hai fatto venire in mente le vette delle montagne italiane. Ma sì, durante le escursioni in montagna, che ribollire di adrenalina ogni volta che sulle vette delle montagne appaiono quelle enormi, antiestetiche e abusivissime croci, che modificano il profilo e deturpano la Natura distruggendo il concetto della purezza della wilderness, il selvaggio, che per noi amanti dell'ambiente incontaminato è un valore altissimo. Devozione popolare? Fanatismo di pochi montanari che senza chiedere permessi decidono di testa loro? Certo. Ma in realtà, con la religione, che è un fatto spirituale e intimo, non hanno nulla a che fare. Sono un simbolo di potere. I montanari e i buoni parroci di montagna non lo sanno, ma a livello subconscio, sono state messe lì solo per "marcare il territorio" conquistato, per fare violenza morale e psicologica agli altri, che credenti o cristiani non sono. Simboli di una religione - che per la democrazia liberale può esistere solo in quanto personale e privata - che sono ostentati e resi obbligatori alla vista, come deterrente o segno di forza. Perché loro, si sa, fanno quello che vogliono: nessuno osa dirgli nulla, dai Carabinieri alle Guardie Forestali, dai Comuni alle Regioni, dal Wwf al Club Alpinio. Immaginate se al posto della croce ci fosse un traliccio telefonico alto la metà: Polizia, Regione e comitati valligiani farebbero un '48.
Abbiamo raccontato questo esempio di piccolo clericalismo psicologico-ambientale diffuso, proprio perché appare minimo, quasi senza importanza. Ma che ben rappresenta la situazione italiana. Se al posto della croce obbligatoria ci mettiamo tutti i doveri "morali" o "spirituali" cattolici imposti per legge o regolamento a tutti i cittadini, cattolici o no, si capisce quanto sia indicativo. Forse è proprio vero che oggi non dalle grandi ideologie, ma dalle grandi religioni interpretate come strumenti di potere da politici cinici (non a caso molti sono ex-marxisti), vengono i pericoli più gravi per le libertà dei cittadini. A cominciare dalla piccola, subdola, violenza psicologica. Che a qualche ex-stalinista, convertito teocon, appare normale, ma che a un liberale, e vero cristiano per giunta, non verrebbe mai in mente.
# Nico Valerio 17:22