27 dicembre, 2007
Difendo i “vu cumprà”. Da liberale. Hanno l’economia e il diritto dalla loro
Non solo chi è liberale, ma perfino uno studente al primo anno di economia e diritto, dovrebbe difendere i cosiddetti "venditori abusivi". Perché in realtà, a ben vedere, di abusiva c'è solo la repressione di questo piccolissimo reato o addirittura non-reato. Tanto patente è l'errore di chi con vasto e costoso spiegamento di forza pubblica, lo persegue.
Intanto, dovrebbero cessare le distinzioni tra commercio ufficiale riconosciuto e commercio libero (definito "abusivo" dalle corporazioni), come anche vessazioni, eccesso di regole e sospetti preconcetti sul commercio in genere. Chiunque dovrebbe poter vendere col minimo delle formalità. Sulla sua responsabilità personale, s'intende.
Ma sul tema del cosiddetto "abusivismo", la potente lobby dei commercianti o dei produttori, che in barba alla democrazia fa in Italia il bello e il cattivo tempo (mancano solo ristoratori, albergatori e armatori, e saremmo in Grecia), si permette di dare ordini alle forze di polizia, che distoglie dal perseguimento di interessi generali e reati gravi, e sembra quasi considerare al proprio particolare servizio, quasi dovesse risolverle i suoi problemi di marketing. E dire che per un nonnulla in altri campi si parla subito di interessi privati in atti d'ufficio.
E' una grande mistificazione anche nel nome. "Caccia all’abusivismo"? Quello vero, che fa danni gravi al cittadino e all'ambiente, cioè quello edilizio, in Italia non viene perseguito né dalla Sinistra né dalla Destra. Ma le vendite spontanee su strada fanno solo bene.
Eppure, ora il ventre molle da infilzare è il cosiddetto "abusivismo commerciale". Vigili urbani, polizia, carabinieri e finanza, che non riescono a fronteggiare la vera delinquenza, con azioni concertate degne di miglior causa, su "mandato" dei commercianti, che ormai sono le uniche autorità cittadine in Italia, stanno usando la mano pesante contro i venditori africani: li inseguono a piedi e in "gazzelle", li fanno sloggiare, li arrestano, li denunciano, gli sequestrano borse Vuitton e portafogli Valentino contraffati. Ci sono stati vigili e vigilesse accusati a loro volta di essersi impossessati delle borse "firmate" sequestrate come corpi di reato.
Ma tutta questa campagna è un grosso errore, e lo dimostriamo da liberali.
Innanzitutto l'ordine pubblico non è turbato. Gli africani hanno una compostezza che molti italiani non hanno. E in tempi di grande criminalità e terrorismo, la polizia, che non deve farsi esecutrice passiva dei voleri di una corporazione, ancor meno deve curarne i problemi economici, non può sprecare uomini e tempo in cose del genere. Quindi primo errore di Questure e Ministero dell’Interno.
Sul piano del diritto, poi, hanno stabilito tribunali e Cassazione, una borsa che imita una marca famosa, proprio perché costa molto meno e si vende per strada, mette sull'avviso chiunque, anche il più sprovveduto provinciale. Giuridicamente, perciò, è un bene molto diverso dall'originale. Anche se è ugualmente robusta e ben fatta: in casi limite è fabbricata dalle stesse ditte locali che lavorano per la grande marca.
Ma l'acquirente queste cose le sa, e vuole appunto comprare un'imitazione, non l'originale. Mai entrerebbe in un negozio. Dov'è dunque il danno commerciale ed economico per proprietari del marchio, produttori e commercianti? Dov'è la truffa? Tanto più, poi, che spesso il logo (disegno del marchio) è un po' diverso da quello originale.
Gli imitatori non fanno ricorso, ma quando lo hanno fatto sono stati spesso assolti. Giustamente. Il diritto al marchio (l'unica ragione valida), è un diritto minore, non è eterno e assoluto come, per esempio, la proprietà. Ma perfino nelle vertenze di confine o tra condomini non interviene la forza pubblica, ma si esperisce una causa civile. Le ditte hanno tutto il diritto di perseguire civilmente presso i Tribunali chi imita i loro prodotti. Ma che c'entra l'ordine pubblico e le retate di polizia con le beghe private tra la Vuitton o la famiglia Fendi, per esempio, e i "vu cumprà" del Senegal?
Sul piano economico e sociale, è da ottusi togliere una fonte di reddito onesto (senza virgolette) agli intelligenti immigrati africani, che così producono ricchezza, sono sottratti alla criminalità, tassabili, controllabili e censibili sul territorio. E che animano strade di solito vuote e squallide per la ben nota incapacità di parecchi commercianti italiani (numero eccessivo, scarsa concorrenza, articoli che non vanno, vetrine malfatte, alti prezzi, commesse maleducate ecc).
E in un'Italia in crisi, con milioni di cittadini impoveriti, il commercio parallelo o cinese (bancarelle) è un calmiere perfetto che compensa anni di trucchi con cui molti commercianti hanno abusivamente raddoppiato i prezzi (1000 lire = 1 euro) e dà respiro alle fasce deboli: donne, anziani, studenti, extracomunitari. E "fa bene" al commercio ufficiale, sì, perché lo pone finalmente di fronte a una vera concorrenza catartica. Non sleale, ma economica. Anche i commercianti potrebbero diversificarsi o ricaricare molto meno. E se non lo fanno è perché non lo sanno fare: o sono troppi o in zone sbagliate. E nel mercato, chi non ce la fa, deve fallire. E' un loro problema economico, non di ordine pubblico. Inutile chiamare la polizia. E il fatto stesso che la gente non voglia più entrare nei loro negozi e affolli supermercati e discount senza marche, la dice lunga sul bluff delle marche famose, i cui prodotti sono del tutto analoghi agli altri.
Andando di questo passo, con questo odioso precedente, dovremmo temere che Motta e Tre Marie, tanto per dire, denuncino i tanti anonimi panettoni, ottimi e spesso superiori per contenuto a quelli più costosi, addirittura con burro e uvetta titolati (cioè con le percentuali indicate in etichetta), che i supermercati discount vendono a poco più d'un euro? Anche i panettoni sono nati come "imitazione". Tanto è vero che in origine la ricetta era segreta. Che questo serva da lezione ai produttori e commercianti incapaci, non ai quasi incolpevoli "vu cumprà".
Infine, di che si lamentano i Grandi Marchi? Per loro è tutta pubblicità gratuita, altro che perdite. L'acquirente che indossa o espone in pubblico il berretto, la maglietta, la cintura, la borsa "di imitazione" in realtà fa un grosso favore alla marca famosa, perché svolge gratis il lavoro di donna o uomo-sandwich a tempo pieno. In pratica, l'esibizione d'un marchio troppo vistoso fa di ogni acquirente, legale o no, un vero testimonial vivente. Altro che "abusivo": chi acquista la finta borsa di marca anziché multato secondo una legge scandalosa dovrebbe essere pagato dalla marca famosa per l'enorme pubblicità che gli fa, per anni e anni. Le ditte, quindi, ci guadagnano anche sui "falsi". E anzi, forse anche questa insensata "campagna d'Italia" degna d'un Napoleone che ha bevuto troppo, è tutta un poderoso piano pubblicitario. E Comuni, Parlamento e Ministero dell'Interno ci sono cascati.
E poi, che faccia tosta: proprio noi italiani, per decenni imitatori dei prodotti stranieri, ci mettono ora - e pure con dubbia legalità e contro i principi del diritto e dell'economia - a sequestrare le imitazioni? Oltretutto spingendo alla disperazione, cioè al crimine, tanti intelligenti immigrati africani finora volonterosi, pieni di iniziativa e desiderosi di integrazione? Davvero non si capisce dove la stupidità degli Italiani possa arrivare.
Cari saluti e auguri.
(Voglio assolutamente riunire su questo blog e sul mio blog personale ("Nico Valerio") i link giusti, come una bella catena o network virtuale, di blog laicisti-liberali.
ciao e buon anno.
se la turbativa della concorrenza è il mancato pagamento di tasse di occupazione di suolo pubblico e licenze varie, giustamente li si faccia pagare. Li si consideri commercianti ambulanti. Loro stessi saranno ben lieti di pagare le tasse e di essere riconosciuti.
Così, detto tra di noi, i loro prodotti aumenteranno di prezzo e si farà minore la differenza con i negozi.
Ma ti assicuro che all'inizio anche gli attuali commercianti erano al posto dei vu cumprà. Leggi eccessive e regolamenti capestro sono venuti solo di recente. E i liberali non amano le retrizioni. Ognunoi faccia quel che vuole se la cosa non lede i diritti altrui. E qui nessuno lede i diritti dei commercianti: i vu cumprà vendono "altri" prodotti, dichiaratamente di imitazione. Quindi di che si lamentano i commercianti delle corporazioni? Credono che i consumatori possano prendere per originali le borse Fendi a 30 euro? Se pensano questo, o non hanno educato bene i loro clienti o essi stessi non credono alla qualità. Se un commerciante di negozio protesta per la concorrenza non-concorrenza vuol dire che per lui la borsa Fendi da 200 euro equivale ad una falsa da 30.
No, è solo difesa di privilegi corporativi. Nessuno "ha diritto" al posto di lavoro o all'avviamento commerciale. In realtà in Italia ci sono troppi commercianti, un caso unico in Europa. E' fisiologico che molti siano fuori mercato e debbano chiudere.
Ma poi tollerare un lavoro abbastanza onesto per gli immigrati significa sottrarli alla criminalità? Preferisci che vendano borse imitate a poco, facendo pure un favore ai consumatori, o che entrino nelle case per rubare?
Visti dall'Europa, dove si meravigliano del suk italiano di negozietti, i veri vu cumprà sono i nostri piccoli esercizi commerciali...
Meglio, molto meglio, i due lati estremi del commercio: i supermercati "senza marca", cioè i discount (Todis e simili), che hanno prodotti assolutamente analoghi a quelli di marca, ma a metà prezzo, e le bancarelle di prodotti cinesi o di imitazione (i cosiddetti vu cumprà africani). Un paio di scarpe di pelle, fabbricati in Cina, e acquistati a Livorno a 20 euro, sono durati 4 anni con uso intenso. Se le scarpe fossero state italiane, anche spendendo tre volte tanto, sarebbero durate un anno.
I miei secoli preferiti, a parte quelli dell'antica Roma (repubblica) sono 700 (Illuminismo) e 800 (Risorgimento).
In più il blog è dedicato ad un celebre polemista.
In un giornale, certo, sarei molto più sfumato, senza tradire le mie idee. Tieni conto che in un articolo professionale io rivedo più volte anche le virgole, qui quasi neanche rileggo. Ma qui in un blog lancio idee e provocazioni che il conformismo generale rende necessarie, utilissime.
Non ho astio verso i commercianti, figùrati: fecero la libertà in Olanda, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Ma in Italia?
Questo è il punto: sono corporativi e poco competitivi. E non si adeguano ai mutamenti. Ma vi si oppongono.
Quello che non afferri è che io non li accuso di essere troppo capitalisti, ma poco. Cioè di non trarre conclusioni quando il mercato non va, di fare prezzi fuori mercato, di non offrire abbastanza prodotti e soluzioni di fantasia (hai visto nei voli il low-cost?), di essere medievali e reazionari contro i supermercati, di mandare la finanza o i vigili a sequestrare le bancarelle, insomma di cercare di vivere di rendita non di profitto.
A proposito, anche stamattina, nella mia camminata veloce verso Villa Pamphili, all'altezza di S.Pietro, mi sono trovato accanto a poliziotti (mi sembra quelli "di quartiere") che correvano a perdifiato per acchiappare degli africani che fuggivano con le borse a tracolla. E davanti ai Musei Vaticani una auto della Finanza faceva la posta ai venditori di portafogli e cinte aqquattati dietro l'angolo. Roba da piccola "guerriglia urbana". Incredibile. Gli Italiani forse non sanno quello che accade ogni giorno a Roma, specialmente attorno a S.Pietro.
Almeno spero che le grandi marche e le associazioni dei negozianti, difese in modo da sembrare quasi "privato" dalle Forze dell'Ordine, facciamo cospicue donazioni (alla luce del sole, però) alle vedove dei Finanzieri, Poliziotti e Carabinieri morti in servizio.
Dopotutto il mercato si fa con l'incontro di domanda e offerta, non solo con l'offerta. E il vero prezzo finale è quello accettato dai consumatori, non quello "proposto" dai produttori.
Se il capitalismo è una parafrasi dello Stato, allora i consumatori sono il "popolo". Schumpeter diceva che al supermercato il consumatore "vota" un detersivo o un formaggio proprio come nella cabina elettorale un elettore "compra" un partito. Uguale. In entrambi i casi, attenti alle scritte piccolissime sull'etichetta (nei partiti è il programma...)
In Italia — e soprattutto per opera di una Sinistra patetica e mammona — c'è sempre stata una forma di ingiustificato ipergarantismo nei confronti degli immigrati (specialmente se clandestini).
Una prova?
Ogni tanto qualche incivile parcheggia la sua auto debordando vergognosamente sul passo carraio della mia abitazione. Chiamo i vigili, questi arrivano — con comodo! — col loro antiquato carrattrezzi, fanno una contravvenzione e rimuovono l'auto. È il copione.
Quando lo scorso mese s'è ripetuta la stessa storia, ho chiamato i vigili, sono arrivati col carrattrezzi, ma stavolta (guarda caso!) niente multa, né contravvenzione.
Perché?
Semplice, i proprietari erano dei marocchini che durante il mercato rionale del Giovedì sono soliti piantare l'auto ovunque!
Allora come la mettiamo? La legge non è uguale per tutti?
È sacrosanto che le Forze dell'Ordine debbano perseguire i veri criminali (cosa che non fanno mai); ma essere così condiscendenti con gli extracomunitari abusivi perché "altrimenti potrebbero diventarlo" mi sembra proprio un calare le brache e issare la bandiera dell'impotenza.
Siamo nel privilegio.
Da noi uno qualunque diventa commerciante, si iscrive nel registro, paga le tasse e impedisce agli altri di fare lo stesso. Certo, sono d'accordo, questi commercianti-selvaggi paghino le tasse e mettano sù almeno un abbozzo di bancarella. Ma che c'entra che sono extracomunitari? Non ricordiamo i nostri tanti bravissimi commercianti ebrei, praticamente i migliori, che hanno dato lustro all'economia in tutta Europa? E proprio dalle bancarelle di tracci hanno costruito fortune formando una grande e colta e liberale borghesia? Anche loro erano extracomunitari, avversati o malamente tollerati.
Lo so che è difficile essere liberali in tutto e per davvero, ma io almeno ci provo. Se questi negri, spesso colti, che vendono borsette, si vogliono integrare nell'economia, e costituire una loro borghesia, perché glielo vuoi impedire e vuoi ricacciarli nella marginalità crimonogena? Ma allora, scusa, come si fa a diventare borghesi? Rispondimi. Bisogna chiedere permesso alla Confedesercenti?
Einaudi mi darebbe ragione.
(ps. non è che hai un negozio?....:-))
In linea di principio non ho nulla contro gli extracomunitari in quanto tali; anzi, sono sempre stato a favore dell'integrazione razziale. Ma sono sempre stato contrario al multiculturalismo, inteso nel senso di trasformare l'Italia in una confederazione di enclavi ciascuna delle quale conserva lingua, usi, costumi e tradizioni propri. Chi emigra in uno Stato con intenzioni oneste ha il sacrosanto dovere di adeguarsi alle leggi a ai costumi di quello Stato, mantenendo nella sfera strettamente privata tutto ciò che concerne la propria religione o la tradizione di origine (è il motivo per cui sono contrario all'estradizione: se uno delinque in uno Stato deve essere processato e condannato secondo le leggi di quello Stato)
In Italia, invece, si nota — soprattutto nella Sinistra Estrema — una forma di radicata e scontata condiscendenza verso i crimini commessi da certe categorie di persone che, guarda caso, sono quasi sempre straniere. Ti faccio un solo esempio. Se, una volta compiuto il 6° anno d'età, avessi mandato mia figlia a fare l'accattona per la strada, invece di mandarla a scuola come prevede la legge, il giorno dopo sarei già finito dietro le sbarre! Perché, allora, si dà per scontato che i figli dei rom possano farlo impunemente? Perché la loro tradizione così vuole? Tornino in Romania, allora! In Italia certe azioni sono considerate reati e chiunque le commette deve essere perseguito senza distinguo.
Per ritornare in tema: i vu' cumpra' regolarizzino prima la loro posizione di fronte alla legge e poi vendano pure quello che vogliono (e se danno via una borsa contraffatta a soli 20 Euro meglio per chi acquista, visti i prezzi assurdi di certi articoli!)
P.S.
No, non posseggo un negozio, faccio il musicista (non ambulante :-))
ti impongono i loro usi e costumi e la loro religione e tu... sei ospite a casa tua!
quindi "fuori dalle balle!"
Da tempo ero interessato alla diatriba tra commercianti proprietari di negozi e gestori di mercatini più o meno organizzati, i quali negli ultimi tempi, segnati da una galoppante crisi economica, hanno visto aumentare vertiginosamente la loro clientela.
Le accuse sono precise e circostanziate: merci scadenti, spesso contraffatte, evasione fiscale, igiene ai limiti della decenza. A fronte di queste contestazioni innegabile è la possibilità di avere gli stessi prodotti a prezzi decisamente inferiori, una circostanza non trascurabile, che permette a moltissime famiglie di continuare a sopravvivere.
Fino ad ora la mia conoscenza del problema era basata sulla sporadica frequentazione del “mercatino dei vip”, come suole essere denominato il disordinato assembramento di bancarelle che ogni giovedì mattina prende possesso dei vialoni di accesso del Parco delle Rimembranze a Napoli, un gioiello di verde regalato alla città da un celebre cavaliere, senza macchia e senza paura. Attenzione non si tratta del rampante Berlusconi, ma del ben più carismatico Mussolini.
In questo allegro bazar di sapore medio orientale, allietato dalle stridule voci dei venditori, che rimembrano le antiche voci degli ambulanti partenopei, si vende di tutto ad eccezione degli alimentari, con la presunzione di inseguire le griffe alla moda imitate in maniera prodigiosa e spacciate per vere.
Il mercatino è frequentato da una folla allegra e ciarliera nella quale si distinguono le signore e signorine bene della città alla ricerca spasmodica del capo di moda firmato, poco conta se apocrifo, perpetuando con l’aiuto del falso l’antica abitudine di vestire all’ultimo grido.
Sono naturalmente finte signore dalle labbra rifatte e dalle movenze sguaiate, inconsapevoli protagoniste di un doloroso quanto irrefrenabile epicedio: il malinconico tramonto di una classe borghese che per secoli ha comandato ed oggi è sostituita da una casta prepotente e camorristica, volgare e sfacciata.
Amare circostanze della vita mi hanno condotto in una città del nord, dove in compagnia di Tania, un’affascinante fanciulla ucraina grande appassionata di shopping economico, ho avuto modo di frequentare numerosi mercatini, improvvisati da gente di colore o efficacemente organizzati con in vendita ogni genere di mercanzia. Ho avuto così modo di constatare l’estrema convenienza di alcuni prodotti. Ho visto gli shampoo di primarie marche offerti ad un euro, gli stessi in vendita, anche nei discount, ad una cifra 3 – 4 volte superiore. Camicette e magliette alla page, con impercettibili errori di manifattura quasi regalate, senza parlare degli alimentari e dei detersivi acquistabili da tutti.
Naturalmente questi prezzi stracciati, stupefacenti, sono dovuti all’assenza di spese di fitto, tasse e gabelle varie, ma soprattutto da una ridotta esosità da parte del venditore, che vuole vivere, non arricchirsi.
Benedetti mercatini siete l’ultimo baluardo contro la globalizzazione, un’isola felice lontana dall’egoismo e dalla frenesia del guadagno.
Grazie a nome di tante famiglie che sarebbero altrimeti ridotte alla fame.
Achille della Ragione
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