18 maggio, 2006

 

Liberali insieme arbitri e giocatori. Dal laicismo al relativismo. Perfino cristiano

No, non pensate allo scandalo del calcio all'italiana e agli arbitri di calcio corrotti. Ma i liberali hanno il privilegio unico di essere insieme arbitri (Stato liberale) e giocatori (partiti o movimenti liberali, cittadini liberali). Ecco l'origine di tanti equivoci e discussioni: si tratta di due piani del tutto diversi.
Lo Stato liberale è neutrale. Deve garantire la libertà delle idee del fascista e del comunista, dell'islamico e del cristiano. Senza parteggiare. Ma, attenzione, finché il gioco non si fa scorretto o la partita non si mette male per il liberalismo: in questo caso interviene, e pesantemente. E punisce il giocatore prepotente che impedisce all'altro di tirare in porta (cioè di manifestare o di realizzare le sue libertà). Perché le libertà vanno sempre salvate e devono sempre vincere, comunque vada la partita. Inutile che gli anti-liberali facciano i furbi: non si possono usare strumentalmente le libertà liberali per abbattere il liberalismo. Questo come Stato, come diritto, come società.
Ma i singoli liberali (e un partito liberale), altro che "neutrali": sono parzialissimi, e giocano anche duro la loro partita tra le altre squadre di avversari. E criticano e rompono le balle. E qualche calcetto negli stinchi lo tirano, eccome.
Ecco il bello, e il comodo, del liberalismo: giochiamo come giocatori e come arbitri. Ma su due piani diversi. E gli avversari - ma purtroppo anche tanti pseudo-liberali - non lo capiscono. E spesso confondono tra i due piani: di qui le tante diatribe, le molte polemiche. Stato liberale, cittadino liberale. Liberalismo come Governo e come regole. Liberalismo come ideologia o dottrina politica-economica-sociale.
Ripensavamo a queste fondamentali distinzioni leggendo l'articolo che Valerio Zanone ha scritto sull'Europa. Rieletto parlamentare dopo molti anni, la rielezione gli ha fatto bene: si è risvegliato dal suo lungo sonno. Speriamo che si ridestino anche le altre "brutte addormentate" (la venustà, ahimé, non è mai stata una caratteristica dei liberali, da Croce ad Altissimo...), cioè i tanti liberali del Centro-destra che viziati dalle poltrone sicure e dal carisma berlusconiano - e il carisma non è una virtù liberale - sembrano ormai persi per qualunque discorso sulla riunificazione dei liberali. Anzi, alcuni di loro sono stati retrocessi al rango di "ex liberali", e se continuano così sono destinati al girone infernale dei liberali "sedicenti".
Il redivivo Zanone, dunque, che più che un politico è un acuto intellettuale, col pretesto di intervenire sul futuribile "Partito Democratico" moderato del Centro-sinistra, pretendendo giustamente che accanto alle componenti socialdemocratiche e cattolico-democratiche sia presente anche quella liberaldemocratica, in realtà ha scritto sull'Europa un bell'articolo pieno di principi di base che si sovrappone perfettamente a quelli che da due anni il Salon Voltaire propone sull'argomento.
Il liberalismo - come Istituzioni, come Stato, specifichiamo - è soprattutto laicismo, cioè indipendenza dalle religioni e dalle filosofie, obiettività e neutralità attiva delle "regole del gioco". Ma è anche relativismo, cioè confronto dialettico e contemporanea presenza delle più diverse idee e Weltanschaungen. Questo come Stato liberale, insistiamo. Perché poi, come singoli cittadini, come individui pensanti, i liberali non devono essere nient'affatto relativisti. Ecco l'equivoco su cui cascano i tanti asini non liberali. Una "ideologia" ci deve essere, eccome. Anzi, i liberali tenderanno a realizzare con determinazione le riforme liberali nella politica, nell'economia, nella società. E avranno le loro idee forti su tutto. E saranno idee parziali, esclusive, perché per un liberale la vita è dialettica, lotta. E questo liberalismo come idea sarà il peso più importante sulla bilancia, vista la relativa scarsa importanza che lo Stato ha per i liberali.
Comunque, torniamo alla laicità e al relativismo della società e dello Stato liberale a cui si riferisce Zanone. Ecco perché gli anti-liberali e i finto-liberali che vergognandosi di definirsi reazionari o conservatori vogliono lucrare sulla bella parola, se la prendono tanto con questi due basilari fondamenti del liberalismo. Tolti i quali, aggiungiamo noi, che resterebbe? Individuo, Stato minimo e mercato: tre temi che se isolati non fanno il liberalismo, ma il conservatorismo.
Il relativismo - scrive in sostanza Zanone - non è indifferenza verso qualsiasi valore, ma apprezzamento in relazione all'evoluzione storica. La laicità dello Stato non è una scatola vuota ma si fonda sul valore della libertà di coscienza, valore fondativo del laicismo liberale.
La laicità è un muro maestro, così come il pluralismo, e non solo per un eventuale partito democratico ottenuto dalle più diverse esperienze. Una democrazia pluralista è per definizione una democrazia laica. La grande scommessa sta nell'intendere il pluralismo, culturale e quindi politico, non come diversità conflittuale ma come dialogo costruttivo.
I casi incoraggianti per il momento non sono molti. Il più autorevole fra i recenti viene dal cardinale Martini, che ha ammonito i credenti a rispettare la libertà di coscienza "anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare". Non a caso il cardinale Martini è fra i pochi che non scagliano anatemi contro il relativismo dell'etica civile, ed anzi riconosce la realtà storica del relativismo cristiano, nota Zanone.
La polemica contro il relativismo - continua l'articolo sull'Europa - è la prima questione sulla quale fra laici (anzi, laicisti) e cattolici ci si deve intendere. Nella cultura italiana il relativismo è una derivazione diretta dello storicismo. Non significa indifferenza verso qualsiasi valore, ma al contrario apprezzamento dei valori in relazione all'evoluzione storica. Quando durante il Giubileo la Chiesa ha chiesto perdono a se stessa ed al mondo per gli errori tragici compiuti nei duemila anni della sua storia, ha con ciò compiuto un atto di relativismo, nel senso che ha riconosciuto la variazione degli standard etici in relazione al momento storico.
Vi sono altre questioni su cui laìcisti e cattolici si devono intendere. La prima riguarda appunto la distinzione fra laicità (dello Stato) e laicismo (nelle coscienze individuali). La laicità dello Stato non è, come pretendono gli atei devoti, una scatola vuota. La laicità dello Stato si fonda sul valore della libertà di coscienza, che è il valore fondativo del laicismo liberale. Lo Stato laico è eticamente neutro ma non vuoto. La libertà individuale di coscienza forma la società pluralista, e il pluralismo etico della società civile deve essere garantito dalla neutralità etica dello Stato. La laicità dello Stato è la forma istituzionale del laicismo liberale, ossia del laicismo inteso non come ostilità verso la religione ma, come eguale libertà di tutte le confessioni religiose.
Ne consegue un'ulteriore questione circa lo spazio in cui si esprimono i valori religiosi. È sbagliato, e in Italia quasi assurdo, ritenere che il laicismo restringa i valori religiosi nella sola sfera privata. Il dialogo pluralista ed il reciproco ascolto presumono la presenza dei valori religiosi e delle organizzazioni cattoliche nello spazio pubblico. Ma lo spazio pubblico in cui le organizzazioni religiose fanno valere le proprie visioni è appunto quello della società pluralista, non quello dell'ordinamento normativo: pretendere che le convinzioni di fede si traducano in legge obbligatoria anche per non credenti o diversamente credenti, significa offendere la libertà di coscienza che è costituzionalmente protetta.
Il fatto nuovo rispetto a tali antiche questioni è l'irruzione, in una società ormai anche in Italia multietnica ed interculturale, degli atei devoti (in America protestanti, in Italia cattolici) di cui si occupa nel suo ultimo libro Massimo Teodori (I laici, ed. Marsilio). La loro pretesa di trasportare indebitamente i precetti della religione dentro i vincoli normativi prescinde dalla fede nella trascendenza e configura l'ennesima versione della religione utilizzata come instrumentum regni a scopi totalmente politici, nell'erroneo presupposto che ciò costituisca un antidoto al fondamentalismo islamico: che viceversa ha per nemico dichiarato proprio lo Stato laico derivante dal processo di secolarizzatone occidentale.
Di fronte all'offensiva degli atei devoti, è quanto meno ingeneroso il sospetto che il laicismo liberale sia trincerato negli steccati ottocenteschi della questione romana. Non si tratta di restare nei vecchi steccati, si tratta di evitare che se ne alzino di nuovi. Ma se è lecito un invito ai cattolici militanti, vorrei riprendere quanto ha scritto su Europa Andrea Bitetto: non è il caso di irridere alla tradizione risorgimentale in cui si formò l'unità della nazione e con essa la libertà dei cittadìni. L'anticlericalismo massonico della disputa fra Stato e Chiesa è consegnato alla storia - conclude Zanone giustamente storicizzando - ma i suoi eccessi risultano veniali rispetto all'enciclica Mirari Vos di Gregorio XVI che (lo ricorda Enzo Marzo nel libro Le voci del padrone, ed. Dedalo) condannava la libertà di coscienza come "errore velenosissimo".

Comments:
Credo di condividere in larga misura il senso complessivo del tuo discorso, ma con qualche precisazione da aggiungere per rifinirlo (sempre dal mio personale punto di vista, s’intende). Anch’io, infatti, ritengo che la biforcazione tra “metodo” (architettura istituzionale) e “merito” (contenuto politico variamente aggregato) sia da sempre foriera di grossi equivoci dentro e fuori l’agone dialettico liberale. Però è vitale sottolineare che il primo è condizione necessaria alla fattibilità di qualcosa che somigli pur lontanamente al secondo. Senza assetti liberali dello Stato, infatti, non esiste alcuna possibilità di codificare un’idea di liberalismo per come ce la possiamo figurare dopo 2500 anni di elaborazione etico-filosofica. Ecco, inoltre, come mai mi mette angoscia l’uso del termine “ideologia” applicato ad una qualsivoglia visione liberale della vita (semplificando molto: autodeterminazione della conciliazione tra il “dentro” e il “fuori” la coscienza singola): non esistono idee-cardine di un modello sociopolitico immutabile e valido per tutti, ma “solo” la continua ricerca di un equilibrio tra le pulsioni individuali e le sollecitazioni provenienti da un universo relazionale che, per quanto comprimibile, riguarda chiunque. Hai ragione quando sostieni che la liberalità non implica alcun “pensiero debole”; molto meno quando, implicitamente, sembri voler promuovere la tua personale opzione politica d’insieme a “canone unificante” del vero e unico Verbo liberale. Ogni volta che qualcuno ci prova, spuntano obiezioni di sorta (io, per esempio, mi discosto molto da quanti esaltano l’aborto come “diritto civile”: da mercatista, faccio una gran fatica a considerare bilaterale la rescissione di un ipotetico “contratto di concepimento”). Lo confesso: tra i due versanti – sociale ed economico – del liberalismo, mi trovo più a mio agio col trinomio mercato-stato minimo-individuo, perché getta le basi per svincolare il “non luogo a procedere” su molti ambiti eticamente sensibili dal giogo dell’assistenzialismo. Sui PACS, ad esempio, sono d’accordo, purché non si tratti di un espediente statalista per allargare ingiustificatamente la platea previdenziale. Già queste considerazioni, magari, ci divideranno sul “cosa”. Ma è il “come” a dover essere difeso più strenuamente tra i due avverbi, specie coi tempi che corrono. E si tratta, naturalmente, di un “come” pluralista (e non certo “lassista”). Mi ritiro e chiedo venia per la prolissità!
 
come di consueto sottoscrivo e ringrazio
 
Ciao Nico, mi permetto di tornare a romperti solo perché mi hai invitato tu a leggere questo post (con la tua newsletter). Mi sembra che i tuoi blog languano: perché non posti il mio articolo sulla definizione di liberalismo oppure precisi tu quale sia la tua definizione? Dire "individuo, stato minimo, mercato" non mi sembra troppo chiaro....
 
[OT] APPELLO:Per aiutare il blogger egiziano incarcerato per reati d'opinione

http://freealaa.blogspot.com/

dobbiamo fare una cosa del genere:

http://wellington.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=1008400

magari anche più breve ma bisogna farlo tutti, sennò niente visibilità su Google.

Bloggers italiani, diamoci da fare!
 
Nico, come ogni documento, anche la Mirari Vos dovrebbe essere collocata nel suo contesto storico.
Il liberalismo, il libero pensiero, e altre categorie dell'epoca (1832), erano ideologie fortemente anti-cristiane ed anticattoliche. Certo se intendiamo "liberta' di coscienza" al di fuori di quel contesto storico l'affermazione risulta un'enormita'.
Come lo e' la un po' comica affermazione di inoffensivita' dell'anticlericalismo liberal-massonico. Visto che porto' alla guerra aperta, con l'espansione di uno stato, quello Piemontese, a spese di altri stati sovrani, e la sistematica repressione di moti popolari (poi definiti dai vincitori "brigantaggio"). Circostanze che il diritto internazionale condannerebbe senza alcun dubbio ai tempi nostri...
Per non parlare poi della repressione dei cattolici sotto i governi post-unitari. Sarebbe ora di demitizzare un po' anche i vostri santini laici cari miei. Ma vi vedo sempre un po' rigidini in materia, come tanti piccoli monumenti a Pisacane...
 
"O tempora, o mores", "la società moderna è decadente e senza fede, troppo licenziosa", "le nostre donne sono troppo licenziose", "la scienza è una deificazione dell'umanità", "si sono persi i Valori, Dio, Patria e Famiglia". Idee rispettabili, ma ANTILIBERALI. Scherzi a parte, ciò che mi dà fastidio è la pretesa di questi imbroglioni di presentarsi come "nuovi laici" solo per mascherare il loro totale allontanamento dai principi del liberalismo. I loro modelli di "liberali"? De Maistre, Evola, Schmitt, Strauss, Del Noce, Spengler, Maurras......
 
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