18 maggio, 2006
Liberali insieme arbitri e giocatori. Dal laicismo al relativismo. Perfino cristiano
Il relativismo - scrive in sostanza Zanone - non è indifferenza verso qualsiasi valore, ma apprezzamento in relazione all'evoluzione storica. La laicità dello Stato non è una scatola vuota ma si fonda sul valore della libertà di coscienza, valore fondativo del laicismo liberale.
La laicità è un muro maestro, così come il pluralismo, e non solo per un eventuale partito democratico ottenuto dalle più diverse esperienze. Una democrazia pluralista è per definizione una democrazia laica. La grande scommessa sta nell'intendere il pluralismo, culturale e quindi politico, non come diversità conflittuale ma come dialogo costruttivo.
I casi incoraggianti per il momento non sono molti. Il più autorevole fra i recenti viene dal cardinale Martini, che ha ammonito i credenti a rispettare la libertà di coscienza "anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare". Non a caso il cardinale Martini è fra i pochi che non scagliano anatemi contro il relativismo dell'etica civile, ed anzi riconosce la realtà storica del relativismo cristiano, nota Zanone.
La polemica contro il relativismo - continua l'articolo sull'Europa - è la prima questione sulla quale fra laici (anzi, laicisti) e cattolici ci si deve intendere. Nella cultura italiana il relativismo è una derivazione diretta dello storicismo. Non significa indifferenza verso qualsiasi valore, ma al contrario apprezzamento dei valori in relazione all'evoluzione storica. Quando durante il Giubileo la Chiesa ha chiesto perdono a se stessa ed al mondo per gli errori tragici compiuti nei duemila anni della sua storia, ha con ciò compiuto un atto di relativismo, nel senso che ha riconosciuto la variazione degli standard etici in relazione al momento storico.
Vi sono altre questioni su cui laìcisti e cattolici si devono intendere. La prima riguarda appunto la distinzione fra laicità (dello Stato) e laicismo (nelle coscienze individuali). La laicità dello Stato non è, come pretendono gli atei devoti, una scatola vuota. La laicità dello Stato si fonda sul valore della libertà di coscienza, che è il valore fondativo del laicismo liberale. Lo Stato laico è eticamente neutro ma non vuoto. La libertà individuale di coscienza forma la società pluralista, e il pluralismo etico della società civile deve essere garantito dalla neutralità etica dello Stato. La laicità dello Stato è la forma istituzionale del laicismo liberale, ossia del laicismo inteso non come ostilità verso la religione ma, come eguale libertà di tutte le confessioni religiose.
Ne consegue un'ulteriore questione circa lo spazio in cui si esprimono i valori religiosi. È sbagliato, e in Italia quasi assurdo, ritenere che il laicismo restringa i valori religiosi nella sola sfera privata. Il dialogo pluralista ed il reciproco ascolto presumono la presenza dei valori religiosi e delle organizzazioni cattoliche nello spazio pubblico. Ma lo spazio pubblico in cui le organizzazioni religiose fanno valere le proprie visioni è appunto quello della società pluralista, non quello dell'ordinamento normativo: pretendere che le convinzioni di fede si traducano in legge obbligatoria anche per non credenti o diversamente credenti, significa offendere la libertà di coscienza che è costituzionalmente protetta.
Il fatto nuovo rispetto a tali antiche questioni è l'irruzione, in una società ormai anche in Italia multietnica ed interculturale, degli atei devoti (in America protestanti, in Italia cattolici) di cui si occupa nel suo ultimo libro Massimo Teodori (I laici, ed. Marsilio). La loro pretesa di trasportare indebitamente i precetti della religione dentro i vincoli normativi prescinde dalla fede nella trascendenza e configura l'ennesima versione della religione utilizzata come instrumentum regni a scopi totalmente politici, nell'erroneo presupposto che ciò costituisca un antidoto al fondamentalismo islamico: che viceversa ha per nemico dichiarato proprio lo Stato laico derivante dal processo di secolarizzatone occidentale.
Di fronte all'offensiva degli atei devoti, è quanto meno ingeneroso il sospetto che il laicismo liberale sia trincerato negli steccati ottocenteschi della questione romana. Non si tratta di restare nei vecchi steccati, si tratta di evitare che se ne alzino di nuovi. Ma se è lecito un invito ai cattolici militanti, vorrei riprendere quanto ha scritto su Europa Andrea Bitetto: non è il caso di irridere alla tradizione risorgimentale in cui si formò l'unità della nazione e con essa la libertà dei cittadìni. L'anticlericalismo massonico della disputa fra Stato e Chiesa è consegnato alla storia - conclude Zanone giustamente storicizzando - ma i suoi eccessi risultano veniali rispetto all'enciclica Mirari Vos di Gregorio XVI che (lo ricorda Enzo Marzo nel libro Le voci del padrone, ed. Dedalo) condannava la libertà di coscienza come "errore velenosissimo".
http://freealaa.blogspot.com/
dobbiamo fare una cosa del genere:
http://wellington.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=1008400
magari anche più breve ma bisogna farlo tutti, sennò niente visibilità su Google.
Bloggers italiani, diamoci da fare!
Il liberalismo, il libero pensiero, e altre categorie dell'epoca (1832), erano ideologie fortemente anti-cristiane ed anticattoliche. Certo se intendiamo "liberta' di coscienza" al di fuori di quel contesto storico l'affermazione risulta un'enormita'.
Come lo e' la un po' comica affermazione di inoffensivita' dell'anticlericalismo liberal-massonico. Visto che porto' alla guerra aperta, con l'espansione di uno stato, quello Piemontese, a spese di altri stati sovrani, e la sistematica repressione di moti popolari (poi definiti dai vincitori "brigantaggio"). Circostanze che il diritto internazionale condannerebbe senza alcun dubbio ai tempi nostri...
Per non parlare poi della repressione dei cattolici sotto i governi post-unitari. Sarebbe ora di demitizzare un po' anche i vostri santini laici cari miei. Ma vi vedo sempre un po' rigidini in materia, come tanti piccoli monumenti a Pisacane...
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