06 marzo, 2006

 

Manifesto dei Liberali. Per l'Occidente e la ragione, cioè le libertà

Il Manifesto di Pera "per l’Occidente", dopo una prima analisi condivisibile, non mette in guardia l’Italia e l’Europa dal copiare per reazione istintiva il fanatismo e il fondamentalismo orientali anti-liberali, ma anzi accusa il "laicismo" ("o il progressimo", aggiunge, mostrando di avere idee un po’ confuse) di rinnegare tradizioni millennarie. Quali tradizioni? Non certo quelle della Riforma, dell’Illuminismo e dei Risorgimenti nazionali che sono, accanto alla civiltà e al diritto di Roma, tra i fondamenti culturali dell’Italia e dell'Europa. Forse le tradizioni arcaiche? Come il Rex-pontifex maximus che da solo regnava, faceva le leggi, comandava l’esercito, costruiva ponti, parlava con gli Dei, dava le regole religiose (e sembra pure che, grazie a un passaggio segreto, "si facesse" jure regis le vergini vestali, cfr. Carandini). Sospettiamo, perciò, che si tratti d’un Manifesto elettorale, altrimenti dovremmo dubitare della preparazione storica e politologica del presidente del Senato.
In risposta abbiamo stilato un vero Manifesto liberale per l’Occidente. Abbiamo rielaborato un articolo programmatico che uscì nel I numero della news-letter del Salon Voltaire, nel gennaio del 2004, integrandolo con dichiarazioni successive e i suggerimenti di amici liberali, grazie ai quali abbiamo modificato la prima versione (ancora visibile nel I commento). E se questo nostro Manifesto, in confronto a quello sconclusionato di Pera, che pure ha dietro di sé un trust di cervelli, supponiamo ben pagati, dovesse sembrarvi più coerente e perfino scritto meglio, non lodateci troppo: più che nostro merito è demerito altrui. Diciamo che, almeno, il nostro passerebbe l’esame di maturità.

Siamo lontani dalle pazzie del mondo orientale, eppure il terrorismo ci tocca da vicino. E un po’ dell’anti-liberalismo e del fanatismo che si respira nel mondo è presente anche in Italia e in Europa.
Mentre le basi stesse del liberalismo, libertà delle idee (compresa la satira), libertà economica e concorrenza, Stato minimo (nella misura in cui serve per le libertà), giustizia neutrale, nuovi diritti, separazione tra Stato e Chiesa, uguaglianza delle fedi davanti alla legge, sono contestate da statalisti neomarxisti e no-global di sinistra o da statalisti protezionisti e neoclericali di destra, è ripresa la tentazione – forse per il cattivo esempio dell’Islam – di imporre i precetti di fede come leggi, i peccati come reati, i simboli come arredi pubblici obbligatori. Confermano questa tendenza i limiti alla ricerca medica e alla libertà di terapia, e il rifiuto di eliminare i finanziamenti di Stato dell’Otto per mille e quelli alla scuola "pubblica" della Chiesa.
E intanto l’antisemitismo riprende vigore, e ancor oggi gli ebrei devono difendersi. Ma stavolta con tanti e forti amici accanto. E l’ignoranza, l’irrazionalità, generano tra giovani, impiegati, popoli del Terzo Mondo, le più assurde leggende metropolitane. E ancora, la diffidenza pre-capitalistica per l’industria, la scienza, la tecnologia e le nuove fonti energetiche, sia dei finti ecologisti di sinistra, sia dei tradizionalisti di destra. E i residui di comunismo o fascismo, che sconfitti con vergogna dalla Storia, ancora sopravvivono negli animi, nei modi di vita, talvolta nelle rivendicazioni politiche.
Il liberalismo è attaccato da ogni lato, ma questo è normale visto che si nutre della lotta. Ed è perciò ancora tutto da costruire o rafforzare. L’Italia, l’Europa, l'Oriente e il Sud del Mondo, hanno, mai come oggi, bisogno del liberalismo. Ma la novità è che in Occidente tanti hanno imparato a definirsi "liberali", o per non esser criticati come conservatori, o per confondere nell’indifferenza generale la propria viltà, la propria mediocrità di moderati dell’intelligenza. Non sanno, però, che il liberalismo è una "ideologia" forte, e così si tradiscono. Perché la libertà, cioè la razionalità, è il valore supremo della vita, il solo per cui conviene combattere. Ma, come nel Risorgimento e nell’antica Roma, vuole gente forte e coraggiosa. Solo chi ama davvero la libertà è disposto a combattere per conservarla o conquistarla.


Comments:
Riporto qui la vecchia versione del Manifesto


marzo 3, 2006

Anche noi abbiamo il nostro bel Manifesto liberale. Abbiamo rielaborato il programma-manifesto con cui uscì il I numero della news-letter del Salon Voltaire, nel gennaio del 2004, integrandolo con dichiarazioni successive. E se permettete è molto più coerente, fondato storicamente e filosoficamente, e meglio scritto di quello di Pera. Molto risorgimentale, forse un po' romantico e gobettiano, ma almeno questo passerebbe l’esame di maturità.

"Siamo lontani dalle pazzie del mondo orientale, eppure la guerra dei vigliacchi, il terrorismo, ci tocca da vicino. E un réfolo del fondamentalismo e fanatismo che si respira nel mondo è tornato, per emulazione tra religioni, anche da noi. E infatti è ripreso il clericalismo, la tentazione di imporre la Chiesa come potere politico, le norme religiose come leggi, i peccati come reati, anche a chi non è credente. E noi Italiani, poi, abbiamo il Vaticano in casa. E intanto l’ideologia degli stupidi, l’antisemitismo, riprende vigore, e ancor oggi gli ebrei devono difendersi. Ma stavolta con tanti e forti amici accanto. E l’ignoranza e l’irrazionalità popolare generano tra giovani, impiegati, popoli del Terzo Mondo, le più balorde leggende metropolitane. E, ancora, la diffidenza pre-capitalistica per l’industria e l’odio contadino-pretesco per la scienza, la medicina e la tecnologia, sia dei finti ecologisti di Sinistra, sia dei tradizionalisti di Destra. E così, in pieno Duemila, siamo ancora alle prese con l’eterna emotività e ottusità dell’uomo, specialmente italico. E il comunismo e il fascismo, sconfitti con vergogna dalla Storia, ancora sopravvivono negli animi, nei modi di vita, talvolta nelle rivendicazioni politiche. E, certo, ci vorrebbe il liberalismo laico e tollerante, ma tanti furbi hanno imparato a definirsi "liberali" per non essere criticati, per confondere nell’indifferenza generale la propria mediocrità di moderati non di idee ma di intelligenza. Insomma, il liberalismo, simbolo dell'Occidente, attaccato da ogni lato dentro e fuori dell'Europa, è ancora tutto da costruire e rafforzare. E il nuovo Risorgimento vuole gente forte e coraggiosa come gli antichi Romani. La libertà, cioè la razionalità, è il valore supremo della vita, il solo per cui conviene combattere. E come gli antichi Romani e i moderni Anglosassoni loro veri eredi, noi liberali non siamo abituati a perdere: una volta che siamo in guerra possiamo solo vincere". (Salon Voltaire, 3 marzo 2006)


# posted by Nico Valerio @ 12:12
 
Camillo Dejak aveva commentato sotto la prima versione (che poi abbiamo emendato accogliendo anche i suoi suggerimenti):

Cari amici,
vorrei ricordare agli amici, come liberale militante da 60 (!) anni, il bel manifesto dell'internazionale liberale del 1948, forse utile ad essere riletto oggi in quanto forse più moderno di quanto oggigiorno si
scrive, spesso con finalità contingenti e non sopranazionali.
Consiglierei solo di depurare il testo sottopostomi,
e che condivido,
da tutti gli aggettivi insultanti, in quanto non consoni alla
tradizione liberale.
Con i miei migliori saluti ed auguri di successo bipartisan
Vostro
Camillo Dejak

marzo 03, 2006 9:07 PM
 
Daniele Capezzone aveva detto sotto la prima versione del manifesto:

dove (e come) si aderisce?
grazie mille!
d.

marzo 03, 2006 9:08 PM
 
Nico Valerio aveva detto...

Dejak, docente universitario a Venezia, è una delle personalità più importanti del liberalismno italiano. Quando noi, da adolescenti, timidamente ci affacciammo alla Gioventù liberale,
lui era già un nome del PLI.
E lo vediamo ancora oggi, con i suoi capelli bianchi e la voce battagliera, ai Consigli nazionali e ai Congressi dell'onorato partito, ormai ridotto a realtà poco più che virtuale (0,4% gli assegnano Mannheimer e gli altri rilevatori pre-elettorali), tanto che col suo segretario De Luca si presenterà con Forza Italia.
Grazie dell'adesione ideale, amico
Dejak.
 
Nico Valerio aveva detto...

Caro Daniele, hai già aderito: è sufficiente. Io e gli amici della Newsletter siamo onoratissimi della tua attenzione. Come sai, il Salon Voltaire in quanto tale non parteggia alle elezioni, perché viene inviato a 3000 personalità e simpatizzanti liberali (prigionieri) dei più diversi partiti, e non vogliamo creare imbarazzi a nessuno. E poi perché davvero il Salon Voltaire, finché non ci sarà un unico super-soggetto liberale da 30 per cento (possibilissimo) ha finalità politiche liberali ma rigorosamente pre-partitiche. Ma gli uomini e le donne in carne e ossa che vi collaborano andranno pure a votare, no? E gli amici radicali, di Destra e Sinistra, insieme a pochi altri candidati sicuramente liberali che dobbiamo ancora individuare, sono per noi in pool position.
Molti auguri per la raccolta firme, la campagna elettorale e le elezioni.
Ah, dimenticavo: la Newsletter del Salon Voltaire finirà per eleggerti prima o poi come "il segretario politico più informato e più informatico d'Italia".

marzo 03, 2006 9:58 PM
 
liberaliperisraele aveva detto...

Ciao salon Voltaire sempre al top

marzo 04, 2006 12:03 AM
 
Caro Nico,

preferisco l'ultima versione. A presto risentirci

Livio
Ghersi
 
Caro Nico, sottoscrivo tutt'e due. La nuova mi sembra più politically correct, ma in questo caso non è una critica. Bisogna pur tentare di tenere la barra al centro, una volta che si è individuata la strada. Perciò ti dico Bravo!
Un abbraccio
Carmine Monaco
 
Il secondo manifesto è migliore del primo. Faccio però due osservazioni:

1. Perché la frase “ E l’ignoranza, l’irrazionalità, generano tra giovani, impiegati, popoli del Terzo Mondo, le più assurde leggende metropolitane”? Forse nello scriverla avevi in mente qualcosa di specifico ma a chi legge non penso che dica molto. Meglio eliminare.

2. Per l’affermazione “ è ripresa la tentazione – forse per il cattivo esempio dell’Islam – di imporre i precetti di fede come leggi, i peccati come reati ..” il discorso è più complesso. Le leggi vengono imposte in base alla diffusa opinione che siano corrette e legittimate dal comune sentire che siano “giuste” (tralasciamo casi particolari ed aberrazioni); ora accusare il credente di una qualsiasi religione – ovviamente quando la pensa in modo diverso da noi - di voler imporre leggi che trasformino i peccati in reati non mi sembra “simpatico”; mi sembra una specie di ricatto morale che tenda, pur in buona fede, a tappare la bocca all’avversario ricorrendo al “trucco” del “tu pensi quello che pensi perché sei…”; e dopo quel “sei” possiamo aggiungere qualsiasi cosa: perché sei cattolico, perché sei settentrionale, perché sei meridionale, perché sei stato a scuola da…, perché sei vissuto tanto tempo in … ; in pratica si dice: ”pensi quello che pensi perché sei eterodiretto, perché non pensi con la tua testa e perché sei stato ammaestrato, non hai opinioni e quello che pensi o dice non conta nulla” (tra parentesi: quante volte al liberale nullatenente è stato detto dal socialista moltotenente: tu sei liberale perché hai i soldi?”). E’ chiaro che ognuno di noi ha il suo retroterra sociale e culturale e che tutte le nostre opinioni risentono di questo; ma non mi sembra che tutti i retroterra siano accettabili tranne quello del credente di una qualsiasi religione. Ce la sentiremmo di dire che le leggi che contrastano furti, rapine e assassinii siano leggi di chi ha voluto trasformare in reati quelli che sono dei semplici comandamenti religiosi? Potremmo benissimo affermare che in fondo i furti non sono che metodi come altri per la redistribuzione del reddito e che anzi premiano l’iniziativa individuale e che solo dei biechi clericali possono fare leggi che trasformino in reato quel semplice peccato del furto (o dell’assassinio).
Saluti. Guido
 
Il secondo manifesto è migliore del primo. Faccio però due osservazioni:

1. Perché la frase “ E l’ignoranza, l’irrazionalità, generano tra giovani, impiegati, popoli del Terzo Mondo, le più assurde leggende metropolitane”? Forse nello scriverla avevi in mente qualcosa di specifico ma a chi legge non penso che dica molto. Meglio eliminare.

2. Per l’affermazione “ è ripresa la tentazione – forse per il cattivo esempio dell’Islam – di imporre i precetti di fede come leggi, i peccati come reati ..” il discorso è più complesso. Le leggi vengono imposte in base alla diffusa opinione che siano corrette e legittimate dal comune sentire che siano “giuste” (tralasciamo casi particolari ed aberrazioni); ora accusare il credente di una qualsiasi religione – ovviamente quando la pensa in modo diverso da noi - di voler imporre leggi che trasformino i peccati in reati non mi sembra “simpatico”; mi sembra una specie di ricatto morale che tenda, pur in buona fede, a tappare la bocca all’avversario ricorrendo al “trucco” del “tu pensi quello che pensi perché sei…”; e dopo quel “sei” possiamo aggiungere qualsiasi cosa: perché sei cattolico, perché sei settentrionale, perché sei meridionale, perché sei stato a scuola da…, perché sei vissuto tanto tempo in … ; in pratica si dice: ”pensi quello che pensi perché sei eterodiretto, perché non pensi con la tua testa e perché sei stato ammaestrato, non hai opinioni e quello che pensi o dice non conta nulla” (tra parentesi: quante volte al liberale nullatenente è stato detto dal socialista moltotenente: tu sei liberale perché hai i soldi?”). E’ chiaro che ognuno di noi ha il suo retroterra sociale e culturale e che tutte le nostre opinioni risentono di questo; ma non mi sembra che tutti i retroterra siano accettabili tranne quello del credente di una qualsiasi religione. Ce la sentiremmo di dire che le leggi che contrastano furti, rapine e assassinii siano leggi di chi ha voluto trasformare in reati quelli che sono dei semplici comandamenti religiosi? Potremmo benissimo affermare che in fondo i furti non sono che metodi come altri per la redistribuzione del reddito e che anzi premiano l’iniziativa individuale e che solo dei biechi clericali possono fare leggi che trasformino in reato quel semplice peccato del furto (o dell’assassinio).
Saluti. Guido
 
Guido, la velocità delle comunicazioni oggi facilita la diffusione di notizie antiscientifiche ma "verosimili"
(leggende metropolitane) in tutti i campi, a denotare l'assoluta mancanza di spirito critico delle fasce più deboli già dette. E' collegato alla diffidenza verso la scienza. Ma come dato di costume.

Le leggi scritte sotto dettatura. Le idee personali non c'entrano. Magari. Ci sono state indicazioni precise di cardinali e vescovi e papi, dopodiché sono state fatte le leggi ad hoc, o i regolamenti.
E' questo il problema.
Prima, ai tempi della Dc, i democristiani non tenevano in alcun conto le indicazioni "politiche" dei vescovi o dei papi, perché dicevano che erano loro i mediatori e interpreti tra cattolicesimo e Stato. Ma oggi nella concorrenza all'ultimo voto tra ex atei ed ex dc di Destra e Sinistra, è diverso: tutti fanno mostra - senza avere idee personali coerenti (v. i 2 matrimoni di Casini, a cui è negata la comunione, e di Berlusconi)- di essere dei fedeli esecutori delle direttive della Chiesa. E' tutto finto, puro teatro della politica, quello che disgusta persone come te e me.
Ma politicamente è una cosa mai accaduta in passato, del tutto nuova, a cui non si può rispondere come se niente fosse. Ripeto, è una novità, e questo la dice lunga sulla laicità dello Stato, cioè sulla mera separazione.
Sintetizzo: come dicevi tu nel commenti alla I bozza (che mi appresto a cancellare: vedi di salvarlo) la Chiesa è quella che ha meno colpe: dice più o meno le cose di sempre. Sono i politici "in nome della C.": i colpevoli di questo nuovo strano neo-clericalismo.

Tutte sottigliezze che appesantirebbero un manifesto che deve essere breve e sintetico, ed andare per "concetti grossi"
 
Mi riferisco all'ultima versione. Mi pare che affronti, dal punto di vista liberale e in modo
chiaro, un nodo , forse il principale, dell'attuale quadro politico.
In ogni modo qualche ulteriore limatura, all'insegna della pignoleria liberale, potrebbe essere fatta. Nell'ordine di testo:

2° capoverso: invece che "stato minimo", scriverei "stato nella
misura che serve alla libertà", per evitare l'idea sbagliata (e
soprattutto spiazzante operativamente) che il liberalismo sia contro lo stato dei cittadini mentre ne è stato l'ideatore moderno. Invece che "cattivo esempio dell'Islam", scriverei "cattivo esempio dell'uso
della religione islamica come strumento di lotta politica", per
evitare di trovarsi ad imboccare la strada clericale della religione
"civilmente migliore".

3° capoverso: invece di "irrazionali leggende", scriverei "farneticanti leggende", anche per evitare una ripetizione di parole con la stessa radice.

4° capoverso: invece di "mediocrità di moderati non delle idee ma dell’intelligenza", scriverei "mediocrità di moderati attenti solo alle grette convenienze e preoccupati di schivare la passione e
l'intelligenza civile". L'inciso " attaccato da ogni lato" lo
toglierei del tutto oppure lo cambierei in " come si conviene al
metodo politico che teorizza senso critico e conflitto democratico" e
questo per una considerazione: l'essere attaccato da ogni lato è per il liberalismo, specie nei paesi latini, una condizione normale e chiudere gli occhi su questo spinge a snaturare il tutto ( vedi Pera che si è inventato il liberalismo come armonia).
 
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