16 marzo, 2009
Matamoros liberale dalla parola di fuoco, la spada di legno, il sangue di pomodoro
"La diarrea di Martino" era il titolo della satira apparsa in forma provvisoria su Facebook. Ma la satira è un genere difficile, tutto fondato sulla scrittura, e quindi sulla possibilità di correggersi: cosa impossibile su Facebook, rete pensata per banali chat e condivisioni di dischi e filmati, che né la bravura tecnica né l'intelligenza dei suoi utenti riuscirà mai a trasformare in una cosa seria. Come l'umorismo, la satira è un'arte troppo seria per lasciarla ai futili, ai quali basta il linguaggio serioso della vita quotidiana. Perciò la riscrivo del tutto, qui:
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L'ex ministro della Difesa e attualmente deputato di FI, il liberale Antonio Martino, non passa per essere un uomo coraggioso. Eppure quando prende la parola entusiasma i liberali giovani o ingenui: ha la voce roboante, la frase efficace, il concetto tagliente e ironico, l'humour suadente, il modo sicuro di sé e deciso. Deciso a che? Non si sa. Mi ricorda un vecchio pescatore dell'isola di Kos che guardava la gente e il Mondo con l'aria sempre sicura di sé, altezzosa e ironica, come di chi aveva visto, detto, letto, saputo e fatto tutto, e tutto avrebbe potuto e saputo fare in futuro. Poi, dopo aver dominato e zittito ogni interlocutore, intimorendo anche professori, giornalisti, commercianti e turisti, si rimetteva a sedere sulla sua sedia impagliata, all'angolo del porto, con lo sguardo perso all'orizzonte. E così viveva.
Come molti docenti universitari, anche il buon Martino a parole metterebbe a posto Belzebù in persona, tanto gliele conta chiare, ma poi di fronte al potente di turno - in questo caso Berlusconi - che critica ma appoggia, a cui è fedele e infedele al tempo stesso, ripiega su discorsi vaghi, teorici. Come? Parlando d’altro. Il mondo, dopotutto è pieno di cose, di argomenti, hai voglia a parlare, se sei bravo a parlare. Oppure non parlando affatto. Stavolta, l'ex-ministro Martino, pur di non spiegare all’uditorio del convegno di “Libertiamo” (organizzato sabato scorso dal deputato Della Vedova) che riuniva gli ultimi, pochi, liberali rimasti nel PDL, come mai continua ad essere accanto ai Quagliariello, Tremonti, Carfagna, Roccella, Sacconi e Brunetta, lui che si definisce liberale-liberista-libertario, anzi addirittura quasi anarchico, e vede giustamente autoritarismo e statalismo dappertutto, ha calciato il pallone in corner, rifugiandosi nella filosofia del 900 e prendendosela nientedimeno che con… Benedetto Croce. A suo dire colpevole di tutto. Tanto, conveniamone, che cosa avrebbe potuto fargli il filosofo di Pescasseroli: è morto!
Mentre perfino il tecnico dei microfoni e la donna delle pulizie ridevano, al risoluto e coraggioso Martino (che vedremmo bene come “Rolando in campo” nell'Opera dei Pupi), tutto preso dalla foga oratoria di siciliano sanguigno che, dietro le quinte brandeggia la spada di legno e fa un mare di sangue con la salsa di pomodoro, è scappato detto che ora il PDL «somiglia al colbertismo, al fascismo, al socialismo, ma non è liberalismo» (come ha riferito il Corriere.it). Bum!
Sùbito pentitosi, colto da leggero malore già mentre pronunciava la “o” finale di liberalismo, è stato prontamente soccorso dall’elettricista e dalla donna delle pulizie, che tra ospedale e toilette hanno saggiamente scelto quest’ultima. Il prof era affetto da una semplice, ma ricorrente, diarrea da paura.
La stessa che prendeva il nobilissimo antenato, l’austero, coltissimo, cattolicissimo, severissimo, implacabile, perfino crudele, principe Rolando "Matamoros" Martino Fonseca y Davila y Gutierrez, vice-sostituto “intendiente” di Sicilia per lo Rey d’Espana, ogni volta che arrivato per un madornale ritardo della sveglia a battaglia contro i Mori già conclusa, in alternativa veniva comandato dall'irato vicere-re di sorvegliare i braccianti scansafatiche e arroganti del feudo di Gibellina.
Se questi sono gli uomini della nostra rinascita liberale, stiamo freschi!
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