08 maggio, 2008

 

Grazie, Israele, esempio di tolleranza per l’Oriente, e anche per l’Europa

Lo Stato d’Israele compie 60 anni. E oggi a Torino si apre con la presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il Salone Internazionale del Libro, quest’anno dedicato proprio al sessantennale.
E’ una data che emoziona perché carica di significati simbolici. Si tratta dei primi sessant’anni travagliati ed eroici dalla "palingenesi", cioè dal ritorno a nuova vita del popolo ebraico, che per la prima volta nella sua storia ha interrotto, anzi ha invertito la diaspora, e ha ritrovato finalmente la Terra dei Padri. Sono gli anni tumultuosi della nuova storia di Israele-Stato e non più soltanto popolo, quelli che ci separano dal 1948.
Auguri, Israele, e che tu possa vivere almeno altri 6000 anni.
Ma implicitamente la ricorrenza diventa occasione per denunciare all’Italia e al Mondo la vergogna dell’antisemitismo, spesso nascosto e mascherato da "anti-sionismo" o camuffato da apparentemente democratiche "critiche al Governo israeliano".
Anche oggi i giornali dell’ultra-sinistra, col pretesto di difendere il diritto alla patria e alla libertà dei Palestinesi, che nessuno al mondo – tantomeno israeliani ed ebrei – contesta, e che anzi tutti appoggiano, si esercitano in penosi e imbarazzanti distinguo tra antisemitismo e antisionismo. Che vergogna.
A parte la patetica interpretazione veteromarxista da bar, secondo cui Israele è per principio colpevole perché è ricco, capitalistico e bene armato, mentre i Palestinesi hanno sempre ragione perché poveri, disorganizzati e addirittura "male armati", come se non ci fossero state le ruberie miliardarie di Arafat e dei corrotti governanti palestinesi, o i carichi di armi dall’Iran e dai Paesi arabi che alimentano scontri militari e attentati continui. Vulgata che oltretutto non tiene conto della verità storica, che cioè è stato proprio il rifiuto dei Paesi arabi ricchi e tradizionalisti dell’accettazione di un eversivo e populistico Stato palestinese alle loro porte l’origine del problema palestinese. Basta considerare come hanno fatto cronicizzare i campi profughi, ormai più che ventennali.
Ma oggi le cose sono cambiate, e in peggio. Fa comodo agli arabi estremisti e ai musulmani fondamentalisti che la "questione palestinese" non venga mai risolta: è una spada di Damocle che sta sopra la testa di Israele e dell’Occidente.
Ma anche in Europa e in Italia, i 60 anni di Israele sono una data critica. Le bandiere israeliane bruciate in piazza il I maggio a Torino ci ricordano che la risorgenza dell’odioso pregiudizio nazista – questa volta più all’estrema sinistra che a destra – costituisce un pericolo grave per le Comunità ebraiche in Europa e nel Mondo, per la stessa Israele (attentati, attacchi militari, rischio di distruzione per attacco nucleare), per tutto il mondo libero d’Occidente.
Con la sua democrazia liberale, che avrà pure i suoi difetti – come in tutti gli altri paesi liberi – ma vale mille volte il dispotismo medievale e reazionario dei Governi arabi, col suo coraggio eroico, con l’equilibrio del suo grande popolo (immaginiamo che succederebbe a Napoli o Milano se ci fossero attentati sanguinosi e casuali ogni giorno), Israele sta insegnando a tutto il mondo medio-orientale, anzi al Mondo intero, non solo la liberal-democrazia spicciola d'ogni giorno, che è quella su cui cadono parecchi Stati, non solo la virtù civile della dignità, ma anche la psicologia sociale. E sì, perché il popolo israeliano mostra a tutti, a reti tv unificate, come si può convivere in democrazia col dramma quotidiano senza perdere la testa e senza ricorrere a Governi autoritari.
Del resto, la tolleranza e il pacifismo tradizionale del popolo d’Israele sono testimoniati dal buon trattamento della forte minoranza araba israeliana, che oltretutto è cresciuta dal 1948, fino a superare il 30 per cento. Arabi che non vorrebbero mai stare dall’altra parte. E all’opposto, quanti sono gli ebrei felici e contenti in un Paese arabo?
Perciò "è giunta l'ora di dire grazie a Israele", riconosce nel suo ultimo numero il settimanale Famiglia Cristiana, più consapevole di altri cattolici delle gravissime colpe della Chiesa di Roma contro gli ebrei: E così argomenta l'editoriale del vicedirettore Fulvio Scaglione: "Mentre sulle piazze ricompare la miseria dei bruciatori di bandiere, noi cittadini dell'Europa e delle democrazie liberali [be’, finalmente un corretto aggettivo, non è la solita solfa antistorica della cosiddetta "Europa cristiana" NdR] riconosciamo il debito con lo Stato di Israele. La ragione è semplice: Israele, come peraltro il vicino Libano [ahiahi, uno Stato autoritario messo alla pari di uno democratico, solo perché non uccide i cristiani. NdR], è uno Stato multireligioso, multiculturale e multietnico in un Medio Oriente che pratica, al contrario, l'esclusivismo religioso, culturale o etnico, quando non tutti e tre insieme".
Israele è insomma "un modello di apertura alla diversità", scrive il settimanale cattolico. "Se un giorno i Paesi arabi sapranno meditare la propria storia e farsi competitivi nella gara della pace, molto del merito andrà a Israele".
Grazie, Israele, aggiungiamo noi, perché così cominciò nei Paesi protestanti anche il Liberalismo: con la libertà di credere in ciò che si vuole (o anche di non credere), in tempi in cui – e Famiglia Cristiana diventata "liberale" ha un’improvvisa amnesia – la Chiesa per questa "libertà religiosa" oggi tanto cara a Famiglia Cristiana comminava la pena di morte, in quanto eresia grave da punire col rogo.
Insomma, amici cattolici di Destra e Sinistra, un po’ di coerenza, che diamine! Quando riconoscerete che fino a ieri l'altro eravate come l’Islam più fanatico dei nostri giorni, allora forse potrete essere considerati, se non proprio liberali, almeno, che so, "neo-lib".

Comments:
Grazie a te, invece. Lucido e appassionato articolo.
 
Graffiante il passaggio su Famiglia Cristiana. Però non essere troppo severo: posizioni così aperte tra i cattolici non le trovi facilmente.
 
Non hai citato Vattimo, sei stato troppo elegante ignorandolo con un personaggio del genere. O te ne sei dimenticato?
 
Anna, un po' di sarcasmo me lo devi consentire, se no le unghie crescono troppo, come ai felini. E quella frase ipocritamente bipartisan Israele=Libano era troppo bella per lasciarla impunita.
Dottor Grossier, no non l'avevo dimenticato questo filosofo che dimostra col suo comportamento lontano dalla cattedra che è proprio vera la famosa battuta dei bar di provincia, cioè che la "filosofia non serve a nulla". Neanche a valutare la personalità dei filosofi. Tra una commessa del discount Todis e Vattimo sembrano non esserci differenze di principio apprezzabili, tranne che la seconda almeno ha le tette, cose sempre più utili d'un inutile Vattimo.
 
Altro che Israele in Europa, come vuole giustamente Pannella (ma la Turchia no, per favore, se no con quel passe-partout entrano tutti i terroristi orientali, dall'Iraq all'Afganistan...). Qui non si riesce neanche a svelntolare le bandiere israeliane a Torino.
 
Grazie Nico. Dall' Italia, quest' articolo trovo particolarmente infrescante.
Julie Goell (USA)
 
Perfetto. In cauda venenum.
 
grazie alle persone come NIco
 
Grazie.
Cordiali saluti
Fulvio miceli
redazione IC
 
Ho apprezzato molto il tuo articolo e mi sono permessa, citando ovviamente la fonte, di pubblicarlo sul mio blog: http://viaggisraele.blogspot.com/
Grazie Chicca Scarabello
 
http://www.direfarepensare.it/dossier_Israele.html

segnalo questo link delsito www.direfarepensare.it
 
Tempo galantuomo:
Ti allego un articolo sul Corriere (diretto dall'ebreo Paolo Mieli) di
ieri di Sergio Romano. Per sua fortuna non ha ricevuto il trattamento che ho subito io da quasi tutti i presenti-e te compreso,caro Nico!- della Comunità, per aver detto le stesse cose da Bibli!!!!!!
Saluti, Umberto Rondi

Lettere al Corriere
Sergio Romano

Martedi' 27 Maggio 2008

I CAMPI DI SABRA E SHATILA LA TRAGEDIA E I SUOI EFFETTI


Grazie a un recente film è tornato alla ribalta, dopo 26 anni, il
massacro degli arabi palestinesi nei campi di Sabra e Shatila alla
periferia di Beirut. Contrastanti sembrano essere le opinioni sulle
effettive responsabilità dell'accaduto, ma comunque non convincenti:
può aiutarmi a capire come andarono realmente le cose?



Michele Toriaco, Torremaggiore (Fg), |




Caro Toriaco, L'esercito israeliano invase il Libano nel giugno 1982
mentre da sette anni infuriava in quel Paese la guerra civile. Israele
voleva impedire alle formazioni palestinesi di utilizzare il
territorio libanese per operazioni di guerriglia, ma si proponeva
altresì uno scopo meno confessabile: la tutela di un piccolo Stato
vassallo, nel Libano meridionale, governato per procura dalle milizie
cristiane del maggiore Saad Haddad. Vi fu quindi, sin dall'inizio
dell'operazione, una sorta di collusione tra forze israeliane e gruppi
cristiani. Dopo avere sconfitto rapidamente le forze siriane e
palestinesi schierate alla frontiera, i 75.000 uomini del corpo di
spedizione israeliano puntarono sui campi profughi, vivaio delle
reclute che Yasser Arafat arruolava tra le famiglie di coloro che
avevano abbandonato la Palestina nel 1948 e nel 1967. Gli invasori
speravano che l'operazione avrebbe permesso l'annientamento dell'Olp
(Organizzazione per la liberazione della Palestina) e la cattura,
«vivo o morto», di Arafat. Ma dovettero accontentarsi di un accordo,
negoziato grazie alla mediazione degli Stati Uniti, che avrebbe
permesso a una parte delle milizie palestinesi (circa 15.000 uomini)
di lasciare il Paese verso la fine di agosto. In quegli stessi giorni
il Libano ebbe finalmente un nuovo presidente nella persona di Bashar
Gemayel, leader delle Falangi cristiane. Ma la sua presidenza durò
soltanto sino al 14 settembre quando il capo dello Stato morì con
venticinque uomini in un attentato organizzato forse dai siriani. Fu
quello il momento in cui il governo Begin e il suo ministro della
Difesa Ariel Sharon decisero di occupare nuovamente Beirut per
espellere i palestinesi rimasti nella città. L'operazione sarebbe
stata condotta dalle milizie cristiane, ma gli israeliani, installati
a 200 metri da Shatila, crearono una cinta intorno ai campi e
fornirono i mezzi necessari all'operazione. Il massacro durò due
giorni e provocò, secondo stime difficilmente verificabili, circa
3.000 vittime. In Israele vi fu una grande manifestazione di protesta,
a cui parteciparono quattrocentomila persone, e venne costituita una
commissione d'inchiesta che attribuì a Sharon la responsabilità del
massacro e lo costrinse a dimettersi. L'operazione non impedì ai
palestinesi di riorganizzarsi ed espose Israele alle critiche della
società internazionale. Ma la maggiore e più grave ricaduta politica
del massacro fu l'apparizione di un nuovo nemico: un movimento
politico e religioso che si chiamò Hezbollah, «partito di Dio», e
riunì i gruppi di militanti sciiti che avevano sino ad allora
partecipato in ordine sparso alla guerra civile. Fu quello il momento
in cui la lotta contro Israele smise di essere prevalentemente laica
per divenire anche e soprattutto religiosa. E fu quello infine il
momento in cui l'Iran, dove gli Ayatollah avevano conquistato il
potere poco più di tre anni prima, poterono contare su un amico
libanese di cui si sarebbero serviti, da allora, per influire sugli
avvenimenti della regione.
 
Umberto, conosciamo l'antipatia di Sergio Romano per Israele, più volte manifestata, e per di più si sa poco delle circostanze vere, oltre alle solite bugie della propaganda palestinese. Romano non ha certo fatto una rivelazione.
Ma a te sfugge la questione di fondo: Israele non è uno Stato come tutti gli altri: esiste la Storia. Il Passato. La sua storia è legata agli ebrei. Che abitavano lì migliaia di anni (Palestina era un nome amministrativo inventato dai Romani). E gli Ebrei dopo tante persecuzioni ingiuste (cristiani in particolare) hanno ora anche grazie all'aiuto finalmente della Comunità liberale internazionale il diritto di esistere e di difendersi "a qualunque costo". Se sono contornati da terroristi e Stati fascisti (non ce n'è uno democratico tra gli arabi) che li odiano perché retti da nazisti antisemiti (non a caso i nazi vi si rifugiarono e Hitler fece accordi col Gran Mufti di Gerusalemme), devono difendersi, anche attaccando coloro che li vogliono distruggere.
Prova a disarmare ogni arabo o musulmano e vedrai come d'incanto smobilitare l'esercito di Israele.
Ma finché questo non accade Israele non solo ha il diritto ma anche il dovere di opporsi, con ogni mezzo. Perché così difende anche la nostra libertà dal fondamentalismo islamico. Siamo stufi delle Religioni che fanno politica e propagano fanatismo.
Invece tu che fai? Isoli un episodio e lo interpreti come se Israele fosse il Kossovo o l'Albania, e avesse iniziato una qualche aggressione ai vicini...:-(
E no. Io aderisco al 100% allo spirito pacifico degli ebrei: non far male a nessuno. Ma se qualcuno inizia le ostilità e mi vuole uccidere, faccio come gli antichi Romani: lo prevengo... Mi spiace ma sulla difesa della propria vita non ci sono margini di discussione.
Perfino nei Codici c'è la legittima difesa: se fai finta di non capirlo è per i residui dell'antico anti-giudaismo cattolico....:-). E tu quest'accusa di Sabra e Chatila provocatoriamente l'hai detta gridando in faccia ad esponenti della Comunità ebraica di Roma, venuti ad una conferenza d'arte con tanto di kippà. Se non era un'aggressione a tradimento, che cos'era? Neanche Alemanno lo avrebbe fatto 30 anni fa. Oggi perfino la Chiesa comincia a capire: è ingiusto mettere sullo stesso piano con un "pacifismo" formale chi odia e chi è odiato, chi inizia le ostilità e chi reagisce. Perché non sono uguali: gli arabi esisterebbero anche senza guerra a Israele, gli israeliani non esisterebbero senza difendersi. Ma dalla tua reazione isterica dispero che tu possa capire. Idee e emotività sono troppo distanti.
 
NICO VALERIO,
FRANCAMENTE NON C'E' AL MOMENTO ALCUNA POSSIBILITA' DI DIALOGO CON CHI,COME TE,ASSERISCE TALI COSE E OFFENDE PERSINO GLI ALTRI. E' SCONCERTANTE IL TUO ATTEGGIAMENTO E RIPROVEVOLE QUELLO CHE E' ACCADUTO DA BIBLI NEI MIEI CONFRONTI, NON CREDO CHE SIA ''PROPOGANDA PALESTINESE''QUELLO CHE,APPUNTO SI SA-NON SI DICE-SU QUANTO E' ACCADUTO A SABRA E CHATILA COEM E' CRIMINALE QUELLO CHE E' STATO COMPIUTO ANCHE IN ALTRI CAMPI DI PROFUGHI E PER DECENNI-FERMO RESTANDO LA CONDANNA FERMA E PERENNE DI QUALSIASI ATTENTATO CONTRO IL POPOLO E EBRAICO. E' PROPAGANDA ANCHE L'AVER DISTRUTTO MIGLIAIA DI CASE?
E' INTOLLERABILE E DOLOROSO CHE PROPRIO DA TANTI (MA NON DA TUTTI,NOTA BENE E PER FORTUNA)ESPONENTI DI CHI COME GLI AMICI EBREI TANTO HANNO SOFFERTO CI SIA QUESTA SPAVENTOSA INCAPACITA' DI GUARDARE AI FATTI.
SPERIAMO CHE UN GIORNO SUCCEDA.
UMBERTO RONDI
 
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