01 luglio, 2018
Utopia di Ventotene. Non “egoismi”, ma Storia e naturali interessi contro l’Europa dell’ipocrisia.
Ma dall'Anti-Stato, tipico estremismo liberal-radicale, si arriva all'Anti-Patria, dimenticando un non marginale particolare: che la Libertà dei Liberali nasce proprio - paradossalmente, direbbero i radicali - con la "invenzione" da parte del Liberalismo dello Stato come entità indipendente dal Re, che per secoli aveva potuto dire: lo Stato sono io, tutto quello che c'è nei miei territori mi appartiene. Meraviglia, perciò che i divinatori illuministi del Manifesto di Ventotene, tanto più quelli di più marcato spirito liberale, non si accorgano di questa contraddizione che smentisce le origini stesse delle lotte liberali. Così, sbagliavano a definirsi "senza Patria". Oggi anche il liberale crociano Corrado Ocone rileva magistralmente questa contraddizione in un articolo che condivido totalmente.
E già il giovane Leopardi, in una bella pagina dello Zibaldone (3 luglio 1820, quindi ben prima dei moti del Risorgimento) che oggi suona come geniale e preveggente intuizione, mette in guardia dai rischi di sposare l'ideologia puramente razionale e illuministica dell'Universalismo e del Cosmopolitismo. Gli uomini senza Nazione, senza Patria, senza Storia e senza Identità sarebbero certamente come atomi slegati tra loro meno protetti, più soli, quindi più deboli davanti ai Poteri, più facile preda degli Autoritarismi e Prepoteri di ogni sorta, dai super-Stati continentali che ne deriverebbero - integriamo noi - alle religioni, soprattutto quelle fanatiche che esportano terrorismo, ai grandi imperi finanziari trans-nazionali, ai grandi speculatori sui mercati borsistici (oggi raggoiungibili da ogni luogo via computer), fino allo stesso mostro di un "mercato" da burletta, quella una anonima globalizzazione economica senza padri e senza Patrie che smentisce l'equivalenza liberale nei diritti tra Offerta e Domanda, tra produttori e acquirent (cfr. Einaudi in Lezioni di Politica Sociale), e vede nei cittadini solo dei passivi e succubi "consumatori", privi di ogni potere perfino giuridico, quello che invece assicuravano bene o male i forti Stati nazionali deprecati non solo dall'ideologia sottostante del Manifesto di Ventotene, ma anche da molti liberali.
Invece, l'utopia anti-storica dell'Universalismo illuministico prevalse nel Manifesto di Ventotene. «Altra via d’uscita non v’è, fuor di quella di mettere accanto agli Stati attuali un altro Stato. Il quale abbia compiti suoi propri ed abbia un popolo “suo”. Invece di una società di Stati sovrani, dobbiamo mirare all’ideale di una vera federazione di popoli, costituita come gli Stati Uniti d’America o la Confederazione Elvetica. Gli organi supremi, parlamento e governo, della confederazione non possono essere scelti dai singoli Stati sovrani, ma debbono essere eletti dai cittadini della confederazione. Esercito unico e confine doganale unico sono le caratteristiche fondamentali del sistema. Gli Stati restano sovrani per tutte le materie che non siano delegate espressamente alla federazione; ma questa sola dispone delle forze armate, ed entro i suoi confini vi è una cittadinanza unica ed il commercio è pienamente libero. Fermiamoci a questi punti che sono gli essenziali e da cui si deducono altre nume-rose norme. Entro i limiti della federazione la guerra diventa un assurdo, come sono divenute da secoli un assurdo le guerre private, le faide di comune e sono represse dalla polizia ordinaria le vendette, gli omicidi ed i latrocini privati. La guerra non scomparirà, ma sarà spinta lontano, ai limiti della federazione. Divenute gigantesche le forze in contrasto, anche le guerre diventeranno più rare; finché esse non scompaiano del tutto, nel giorno in cui sia per sempre fugato dal cuore e dalla mente degli uomini l’idolo immondo dello Stato sovrano» (Luigi Einaudi, in “Il Risorgimento Liberale”, 3 gennaio 1945).
Una “Unione” divisa come sempre, da secoli, che vede in economia, immigrazione, eserciti, accordi industriali strategici, commerci e politica estera il prevalere sistematico degli interessi nazionali (“egoistici” li chiamano i Cattolici e i post-marxisti che ormai sono tutt’uno; ma il termine è sbagliato: la Politica non è il Catechismo) dei soliti Paesi, più forti non perché sempre con i conti economici in pareggio, ma perché più prepotenti, come Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Interessi, sia ben chiaro, che ormai sono veri e propri caratteri di cui bisogna tener conto – guai a definirli moralisticamente “vizi”, alla cattolica – caratteri naturali e antichi, comunque ben lontani dalle utopie del Manifesto di Ventotene e, quel che è più grave, dalla retorica mistificatoria e “buonistica” dagli Europeisti convinti di oggi, quando ormai tutte le prove provate di politica, economia, costume e psicologia dei Popoli sono a disposizione di chiunque.
Ma anche nel caso che dall’alto delle proprie posizioni di Governo avessero intravista o prevista, ma sottovalutata come “facile da superare”, la meschina ma naturale componente egoistica, campanilistica e centripeta dei popoli europei, ebbene, quale “Democrazia liberale” immaginavano, se si permettevano di assegnare alle élites al Potere al momento delle decisioni un ruolo illuministico, “educativo”, coercitivo così forte da essere, a differenza dell’Ottocento e del Risorgimento italiano, ormai incompatibile con la moderna democrazia di massa?
Eppure, quella dei primi anni Cinquanta, prima ancora del Trattato di Roma del 1957, era, ma loro non lo sapevano distratti com’erano dalla dipendenza economica dagli Stati Uniti e dalla diatriba con l’URSS e con le quinte colonne interne dei partiti comunisti contratissimi all’Europa, la prima e l’ultima occasione storica degli Europeisti. Altro che timidi Euratom e CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), col senno di poi era proprio la Federazione Europea, il vero super-Stato politico ed economico, col suo esercito, immaginato da Einaudi e Spinelli, che con un folle colpo di mano avrebbero dovuto realizzare, mettendo il Mondo di fronte al fatto compiuto. Ma questo non fu fatto per eccesso di prudenza e mancanza di quel Genio che avevamo avuto nell’Ottocento.
Così, quando fu realizzata la UE a Maastricht nel 1992, ancora in modo limitato e parziale, era già tardi, troppo tardi. E come se non bastasse, tali e tanti sono stati gli errori, tale il peso della non-decisione (o del decisionismo burocratico più minuzioso) nei campi più importanti e più disparati, che l’idea, la stessa parola dell’Europa ha finito per disgustare i popoli. Ora siamo addirittura alla reazione popolare diffusa, all’anti-europeismo. La gente ha avuto il tempo di pensare a storie patrie troppo diverse e divergenti, alle tante guerre europee all’ultimo sangue durate secoli. E contro i Popoli uno Stato non può nascere. L’Europa non si farà mai.
IMMAGINE. Mi conforta che anche Luca Ricolfi, sociologo ed editorialista di vari giornali, e il liberale crociano Corrado Ocone, con cui quasi sempre concordo, non ritengono il Manifesto di Ventotene un modello per noi cittadini dell'Europa di oggi.
AGGIORNATO IL 21 GENNAIO 2020