VIVA LA COSTITUZIONE (e guai a chi la tocca). Oggi, 22 dicembre, ricorre il 70.o anniversario dell’approvazione quasi all’unanimità (un miracolo laico, tra tante passioni e ideologie, una contro l’altra) da parte dell’Assemblea Costituente (1947) del testo definitivo della Costituzione della Repubblica Italiana. Ci furono 458 voti favorevoli e 62 voti contrari. Rispetto ai tempi bizantini di oggi, i lavori erano stati rapidissimi, pur dovendo affrontare scelte fondamentali e questioni molto complesse: appena 1 anno e mezzo.
Fu subito chiaro anche agli occhi di osservatori stranieri che avevano seguito i lavori e studiato il testo – come notò il vecchio Ruini, pres. della ristretta Commissione dei 75 che aveva preparato il progetto presentato all’Aula – che si trattava forse della migliore tra tutte le Carte costituzionali, nonostante – disse – difetti, lacune, esuberanze e incertezze. Apparve uno scandalo, p.es., che i Comunisti approvassero la proposta dei Cattolici di recepire il Concordato nell’art.7.
Ma si era compiuto un doppio miracolo: mettere d’accordo in un tempo breve un quadro istituzionale tipicamente liberale (separazione rigorosa e bilanciamento sapiente dei Poteri, grande spazio a garanzie, diritti di libertà e alla loro realizzazione pratica, attivazione e corresponsabilità dei cittadini singoli, indipendenza della Magistratura ecc.) le visioni stataliste, comunitarie, solidaristiche, tipiche delle due Chiese (cattolica e marxista), che unite avevano la stragrande maggioranza nel Paese, con la visione liberale, individualistica, attivistica e fondata sulla cultura e responsabilità personale, già allora ormai minoritaria dopo la crisi del Liberalismo nel primo 900, ma che aveva un prestigio anche tra gli avversari molto più vasto dei suoi voti, se un Togliatti si alzava per andare ad ascoltare Croce da vicino (don Benedetto odiava il microfono).
Un terzo miracolo, davvero laico, fu il peso delle idee liberali, molto più rilevante dei loro numeri tra i Costituenti. E fu la salvezza dell’Italia, perché tutti e tre i maggiori partiti eletti alla Costituente nel 1946 erano totalmente estranei alla tradizione liberale del Risorgimento. E forse se ne rendevano conto, chissà, forse pativano un complesso d’inferiorità. (Democrazia cristiana, 207 deputati e 35 per cento dei voti; Partito socialista, 115 deputati e 20,7 per cento; Partito comunista, 104 deputati e 18,9 per cento dei voti). Fatto sta che i tre partiti minori, di ispirazione liberale, sia pure molto diversi tra loro, non furono affatto emarginati, anzi ebbero un prestigio e un peso tale da contare nell’Assemblea molto più dei loro voti (Unione democratica nazionale, 41 rappresentanti e 6,8 per cento; Partito repubblicano, 23 deputati e 4,4 per cento; Partito d’Azione, 7 deputati e 1,5 per cento).
Quei tre “miracoli”, l’accordo armonioso tra avversari, il tempo breve per l’accordo e la redazione del testo, e il rispetto unanime per le idee liberali sulla struttura dello Stato e le garanzie dei cittadini, oggi sarebbero forse impossibili. Ecco perché oggi non bisogna riformare la Costituzione: risulterebbe inevitabilmente sbilanciata, faziosa, mal fatta, subito deperibile.
Ma a ben vedere, non erano miracoli caduti dal cielo, condizioni casuali. Erano i frutti della grande cultura e dei grandi ideali della classe politica e dirigente d’allora, formatasi nella dura selezione dell’opposizione al Regime fascista. Nelle persone meno istruite, la scuola era stata almeno la strenua lotta contro la Dittatura, la tanta passione per la libertà, il patrimonio delle tante idee radicate e motivate, che allora una qualsiasi persona – liberale, cattolica o comunista che fosse – doveva avere per essere considerata “per bene” ed essere presentata candidata a rappresentare il Paese. Altro che oggi, quando ai cittadini elettori si presentano i peggiori. Con la motivazione – ovviamente non detta – che «essendo della loro stessa pasta, si spera che piacciano di più agli ignoranti senza idee e senza ideali che votano».
Il Testo costituzionale, poi, è bellissimo anche come lingua italiana (rivisto alla fine da Concetto Marchesi, comunista, grande filologo e latinista): ogni parola è chiarissima e semanticamente pregnante, neanche una può essere tolta senza compromettere l’intero articolo (a differenza dei testi legislativi attuali: prolissi-ridondanti-equivoci-burocratici, scorretti).
Insomma, anche per me è una bellissima Costituzione. Che infatti piacque, nonostante che si votasse con molta passione su testi preparatori e su ogni articolo, anche ai valenti grandi Liberali dell’Assemblea, tra cui Einaudi e Croce, e al grande giurista azionista Piero Calamandrei (ecco un passaggio del suo
commento ai giovani), gente colta e aperta, e nient’affatto ottusamente conservatrice o beghina come certi sedicenti pseudo-liberali e laicisti di oggi (in realtà o conservatori o, molto peggio, senza idee proprie, e quindi senza passione, capaci di tutto).
La Carta Costituzionale fu poi firmata il 27 dicembre da quel galantuomo liberale che era il capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, amato e rispettato da tutti, avversari compresi. Personalmente monarchico, fu un Presidente impeccabile che separò nettamente il suo ruolo dalle proprie convinzioni. E lo stesso si deve dire per il primo Presidente regolare, Einaudi.
Altri uomini, altri tempi, d’accordo; ma non è che nel frattempo i valori umani siano cambiati: ce ne fossero oggi! (dico io). Ma mi rispondo subito: gente così oggi non sarebbe presentata candidata dai Partiti, e se presentata per errore non sarebbe eletta. Perché oggi abbiamo in Italia una democrazia di massa, falsa, solo formale, in realtà solo oligarchica, non disinteressata, che non insegna al Popolo, che non mostra esempi, impersonata da gente arrivista, insieme ignorante, poco intelligente e furba, solo attratta dalla scalata sociale, dal Potere, perfino nei casi rari in cui non è attratta dal denaro.
IMMAGINI. 1. Il liberale Meuccio Ruini, Presidente della Commissione dei 75 dell'Assemblea Costituente, firma il 27 dicembre 1947 il testo della Costituzione della Repubblica italiana, tra il cattolico De Gasperi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e il comunista Terracini (Presidente dell'Assemblea Costituente). 2. L'Aula di Montecitorio dove si svolsero le votazioni della Costituzione.
AGGIORNATO IL 28 DICEMBRE 2017
L'Arcivescovo di Torino,
Fransoni, fu processato e condannato a un mese di carcere per aver invitato il
clero a disobbedire alle leggi dello Stato, in particolare alle leggi Siccardi
(1850) che finalmente eliminavano alcuni intollerabili privilegi della Chiesa,
equiparando la legislazione piemontese (e poi italiana) a quella della maggior
parte degli Stati europei.
Oggi, oltre 160 anni dopo, l’arcivescovo di Torino,
Nosiglia, vuole inutilmente ripetere le gesta reazionarie del suo lontano
predecessore, invitando non tanto i fedeli cattolici a non ricorrere alla nuova
legge del “bio-testamento”, cioè alle ultime volontà del malato in caso di
rischio di “accanimento terapeutico”, di cure eccessive e inutili per una
malattia terminale o incurabile (compreso il tenere artificialmente e
crudelmente in vita con macchinari e alimentazione forzata una vita che la Natura
avrebbe già estinto in santa pace); ma la loro controparte, i medici, a
rifiutare autoritariamente (il loro rifiuto infatti ha conseguenze cogenti e
drammatiche sui malati, contro ogni principio di libertà) l’applicazione della
legge con una malintesa “obiezione di coscienza”, laddove per “coscienza” –
udite, udite – non s’intende quella del soggetto vero, il malato, ma quella del
medico!
E invece questa legge sul “bio-testamento”,
sia pure imperfetta e ancora molto moderata e sottoposta in troppi casi alla possibile
discrezionalità moralistica e paternalistica del medico (p.es. con la scusa di “nuove
terapie” scoperte nel frattempo), è pur sempre una scelta di civiltà. Una mediocre
legge è pur sempre meglio di niente. E incivili sono quelli che come volevano
impedire la sua approvazione in Parlamento, così ora vogliono impedire l’utilizzazione
della legge approvata non a se stessi, cosa del tutto lecita e sensata, ma agli
altri, che è una prepotenza autoritaria bell’e buona.
A differenza del suo omologo
ottocentesco, nei lontani e felici tempi di sensato e deciso Liberalismo laicista
attuato paradossalmente da una gloriosa classe politica risorgimentale in gran
parte di origine cattolica, oggi l’Arcivescovo di Torino non rischia nulla. Perché
i Cattolici sono ridiventati illiberali e arroganti, e ormai, grazie al famigerato
Patto Gentiloni, al Fascismo di Mussolini e a cinquant’anni di potere
democristiano, hanno il Potere in Italia, dove occupano tutte le cariche importanti,
comprese tutte le più alte cariche dello Stato, e dove sono infiltrati in
posizioni dominanti in tutti i Partiti, a cominciare da quelli di
pseudo-Sinistra.
Ma l’arcivescovo di oggi ha ancora
minori ragioni, perché stavolta la legge, quella sul fine vita, a differenza
della legge Siccardi non tocca il clero e quindi non intacca nessun suo
interesse diretto, ma si applica solo a quelli che la richiedono espressamente per
iscritto.
Con quale diritto, dunque,
alcuni esponenti della Chiesa si permettono di spingere alla disobbedienza di
leggi dello Stato? Quella dei Cattolici è dunque la solita prepotenza arrogante
di chi abusivamente (in base a quale mandato, a quale rappresentanza,
addirittura a quale precetto specifico sacro?) si è impossessato di quelli che
evidentemente sono reputati i temi cruciali della vita (nascita, sessualità,
matrimonio, morte) di tutte le persone, comprese le cattoliche dissidenti, gli
atei, i credenti in altre religioni, al puro scopo di impossessarsi in modo
obliquo di tutta la loro esistenza e quindi di avere il Potere, sia pure di
veto e di ricatto.
E' forse un ritorno
fondamentalista alle origini o alla lettera di qualche messaggio religioso? Gesù,
almeno come la Chiesa lo ha ricostruito a posteriori e descritto mettendo
insieme spezzoni disparati di biografie, allo scopo di conservare il Potere che
nel frattempo aveva conquistato, non è mai esistito. Ma ammettendo pure che sia
esistito, a limitarsi alle frasi a lui artificialmente attribuite dalla stessa
Chiesa, mai avrebbe assunto posizioni simili. Dunque, sono perfino
anti-cristiani. Perfino papa Woytila che desidera “morire in pace” smentiscono.
Basta con le secolari
prepotenze della Chiesa e le sottili crudeltà psicologiche dei preti cattolici.
È ora di finirla con le intromissioni della Chiesa cattolica, fossero pure i
tentativi di qualche suo esponente, nella vita quotidiana dei cittadini.
Nessun’altra Chiesa cristiana fa altrettanto, e per trovare qualcosa di
similmente autoritario bisogna arrivare all’Islam, che anzi fa di peggio, molto
peggio. Ma questo non deve autorizzare gli esponenti della Chiesa a imitarli
nel mettere il naso dappertutto. O la Chiesa diventa davvero liberale, cioè
rispetta gli altri, come auspicavano i grandi Cattolici Liberali che hanno reso possibile il Risorgimento, o non c’è alcun motivo valido per difenderla, tollerarla e
rispettarla.