Esiste, può esistere Cultura, cioè studio e culto delle Idee
e delle Memorie di una nazione, senza un genere letterario, anzi, di "letteratura civile", fino a tutto il Risorgimento e
perfino al primo Novecento fondamentale per la crescita degli Italiani, e oggi vergognosamente
negletto, come la biografia? La risposta non può che essere “no”. Salutiamo,
perciò, con vivo plauso una raccolta di ritratti biografici e ideali di uomini grandi e illustri
(e, anzi, è già da meravigliarsi che quasi tutti siano giudicati almeno illustri, perfino dall’attuale società), liberali per lo più, ma anche non liberali, che
hanno onorato l’Italia di ieri. E quanti ce ne vorrebbero, nella degradata
Italia di oggi, di personaggi del loro calibro! (NV).
“Figure dell’Italia civile” (*), l’ultimo libro di Pier
Franco Quaglieni, è una raccolta di trenta profili individuali di personalità a
lui “vicine”, sia che siano state fisicamente conosciute dall’autore, sia che
esse abbiano semplicemente avuto un ruolo nella sua formazione intellettuale e
siano state punti di riferimento nella sua attività di operatore culturale alla
guida del Centro “Pannunzio”. Il primo motivo di interesse dell’agevole volume
è il suo carattere biografico, un genere che la storiografia in Italia non ha
molto frequentato.
L’incontestabile influenza del marxismo nel secondo
dopoguerra ha indirizzato la ricerca e l’analisi piuttosto in direzione dei
movimenti, dei partiti o delle grandi correnti di pensiero, un contesto in cui
l’individuo in qualche modo rimaneva sullo sfondo.
Connesso a questo
atteggiamento è il giudizio critico nei confronti della civiltà liberale: di
qui il rifiuto nei confronti dell’individuo come membro di una classe
dirigente, di cui per molti anni ci si è preoccupati soltanto di dire male o di
non dire assolutamente nulla. Anni fa, Brunello Vigezzi sottolineava una
dicotomia tra civiltà individualista e “diritti” delle masse che, come è facile
immaginare, non ha giovato al genere biografico.
Figure dell’Italia civile dunque non è una semplice galleria
di personaggi illustri di cui si scrive con tono elogiativo, un qualcosa di
assimilabile alla biografia “pedagogica”, quella in cui gli uomini sono
rappresentati come depositari di sole virtù, come modelli ideali che il lettore
deve seguire. Anche se non si riscontra una esaustività del dato prettamente
biografico, qui si nota uno sforzo di collocazione dei personaggi citati nel
tempo in cui hanno vissuto, nel contesto sociale in cui hanno agito, con molta
attenzione ai luoghi in cui si sono mossi, al loro carattere ed anche alle loro
debolezze.
A ben guardare, le “vite parallele” di Quaglieni non servono
soltanto per una migliore lettura del “loro” tempo, ma costituiscono chiave di
interpretazione del presente.
In che cosa consiste questa “Italia civile” di cui
scrive? Che cosa accomuna Einaudi e
Spadolini, Chabod e Calamandrei, Pannunzio ed Ernesto Rossi, per citare
solo alcuni dei profili proposti: il percepire la libertà come un valore
assoluto e una conquista da difendere quotidianamente, il senso delle
istituzioni, l’amore per lo studio, la considerazione del valore della cultura
e del fatto che non ci può essere politica senza cultura, il senso del dovere e
dell’impegno quotidiano, la sobrietà di vita, il coraggio, anche di rivedere le
proprie posizioni e di riconoscere i propri errori, l’indipendenza di giudizio
e quindi la ripulsa di ogni atteggiamento “servile”. In quale misura questi
caratteri sono presenti oggi nella vita pubblica di questo Paese?
Difficile non condividere il tono sconsolato dell’autore;
tanto che potremmo facilmente cambiare il titolo del suo libro da Figure
dell’Italia civile in Figure di un’Italia perduta.
Se però proviamo a pensare a
quanta volgarità, a quanto conformismo ed anche a quanta violenza hanno dovuto
opporsi durante la loro esistenza gli uomini di cui ha scritto Quaglieni, il
suo libro diventa una piccola, ma significativa testimonianza di speranza.
GERARDO NICOLOSI
(*) Pier Franco Quaglieni. Figure dell’Italia civile, Torino,
Golem Edizioni, 2017.