14 gennaio, 2015

 

Un Presidente? Deve essere esperto e saggio come Einaudi; ma non prepotente o avventato.


Giorgio NapolitanoDa liberale critico con tutti, anche con parecchi Presidenti passati (quante colpe, quanti gesti avventati!), voglio ricordare ora che ha terminato il suo mandato Giorgio Napolitano, un Presidente della Repubblica a lungo esponente comunista di spicco, che avrebbe potuto in tempi normali essere ricordato per piglio, personalità, signorilità, laicismo e stile addirittura come il miglior Presidente della Repubblica in Italia dopo Einaudi, figura a cui confessò, col paradossale snobismo degli anziani, di volersi ispirare, pur provenendo dal Pci. 
      Peccato, però, che da Presidente abbia compiuto per decisionismo e personalismo o perché mal consigliato dai collaboratori, vari errori di valutazione, come nelle scelte di politica estera (p.es. l'appoggio alla guerra in Libia, da cui sono scaturiti per l'Italia disastrosi effetti) e nei rapporti con l’Europa, o nel fidarsi dell'ambiziosissimo Renzi, da molti ritenuto un demagogo arrivista senza qualità. Ma devo ammettere che neanche Einaudi, che pure da primo Presidente nel dopoguerra si era trovato a dover fronteggiare contingenze ancora più drammatiche, come la difesa della lira e la Ricostruzione, aveva dovuto fare i conti con una classe politica così inadeguata da richiedere che molti problemi fossero risolti non in Parlamento o nel Governo, ma al Quirinale. Compito di supplenza che invece toccò a Napolitano, per di più ormai molto anziano.
      Troppo interventista? In realtà troppo esperto, e perciò reso sicuro e autorevole per eccesso di autostima ed esperienza in mezzo a politicanti improvvisati e di mezza tacca, per non emergere come il Grande Suggeritore che “manovra”, anzi, salva gli sprovveduti neofiti della nuova classe politica, i tanti "cittadini" senza arte né parte trovatisi improvvisamente al Potere, spesso capaci di tutto e buoni a nulla. Di qui l'accusa di "grande burattinaio" della politica italiana per più di sette anni, che si ritorce non solo contro tanti deputati o ministri "burattini", ma anche contro gli sconsiderati che senza opporre alternative organiche osteggiavano le sue soluzioni, certamente discutibili, e che per questa impotenza avrebbero gettato l'Italia nel caos.      Questo grande lavorio di "supplenza" politica e diplomatica, soprattutto dietro le quinte, lo inserisce nel grande filone della storia politica italiana e ricorda un poco, più che la neutralità di Einaudi, la passione e la prepotente volontà del grande Cavour, compresa l'abilità e la fantasia nel trovare soluzioni impensate e nel volere e sapere gestire di persona problemi insolubili per i mediocri uomini di Governo o del Parlamento. Solo che Cavour era Capo di Governo, mentre Napolitano è stato Capo dello Stato, una differenza non da poco.
      Ecco il perché delle critiche, per lo più postume, al suo personalismo e alla sua forte influenza di "persuasore occulto" o decisionista. Ma sono i risultati che contano: l'essere stato determinante nel far uscire l'Italia dalla crisi. Il che gli ha fatto perdonare il burrascoso passato di ambiguo esponente del PCI, insieme legato a Mosca, ma anche con qualche entratura degli Stati Uniti. Ma per fortuna come Einaudi anche Napolitano era di quella bella generazione per cui i doveri vengono prima dei diritti, e il senso dello Stato, la difesa della Patria (parola che ogni farebbe sghignazzare i ragazzotti sottoculturali su internet ed eccitare solo i teppisti fascistelli) sono l’ultimo scopo della Politica.
      E anche grazie a questo, forse, è stato un uomo – e un uomo politico – serio, di grande rigore e professionalità, grande conoscitore della dinamica Politica e delle Istituzioni, con molta esperienza personale in Italia e all’Estero, garante convinto dell’Unità d’Italia, europeista, arbitro neutrale e giusto, laicista deciso ma senza inutili esibizioni, tanto da essere molto stimato anche da due Papi, oltre che dai Capi di Stato e Governo degli Stati Uniti, Germania, Regno Unito e dell’Europa tutta.
      Guy Verhofstadt, leader dei Liberali al Parlamento Europeo e buon conoscitore dell’Italia e della sua politica, ha scritto: «Grazie Napolitano! La ringrazio, Presidente, per il continuo impegno e sostegno ai principi europei in Italia: continuiamo a contare su di lei!»
      Con saggezza e lungimiranza ha inciso sulla vita politica dell’Italia e dell’Europa. In momenti di grandi sfide ha reagito con avvedutezza trovando compromessi che hanno giovato al suo Paese e a quelli dei suoi partner» ha riconosciuto il Presidente tedesco Joachim Gauck, che lo ha ringraziato «per l’instancabile impegno a favore del disegno europeo e della comprensione tra Italia e Germania». E ancora: «Il presidente Giorgio Napolitano è un grand’uomo, un uomo di storia che ha stabilizzato l’Italia in momenti molto critici, e stabilizzando l’Italia ha stabilizzato anche l’Europa: non ha meriti semplicemente nazionali, ma anche europei» (Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo). Che così ha proseguito: «Un ricordo bellissimo che ho di Giorgio Napolitano è il processo della ratificazione della Costituzione Europea. È stato un cammino per lo stesso trattato di Lisbona, un momento che ho condiviso con lui. Un uomo di grande esperienza politica, e io stesso ho approfittato delle conoscenze che aveva all’epoca»
      E perciò è stato anche ricco di idee, fantasia politica, cultura e carisma, lucidissimo e capace di esporre complessi concetti a braccio fino a quasi 90 anni, eroico nel volersi sobbarcare, per l'insistenza dei politici incapaci, un’ulteriore fatica in tarda età, quella della riconferma. Una circostanza eccezionale dovuta alla crisi politica, che si è ricomposta come annunciato dopo un anno, con le dimissioni per motivi di tarda età e stanchezza, alla fine del semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea.
      Ma sarebbe stato un Presidente qualunque se non avesse saputo rispondere con idee, fantasia e coraggio eccezionali ai momenti di grave crisi delle Istituzioni, quando un intero Parlamento neoeletto, frastornato, senza esperienza e senza idee, in disaccordo su tutto, non sapeva chi eleggere e che cosa fare.
      Lui, malfermo in salute, ormai stanchissimo, fu costretto ad accettare un nuovo mandato «perché c’era in gioco l’interesse nazionale, cioè qualcosa che per lui contava più di qualsiasi prezzo ci fosse da pagare» ha scritto Arrigo Levi che gli è stato vicino come amico e consigliere. Perché Napolitano appartiene «alla generazione che viene dall’antifascismo e si identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della Patria - e so di usare un’espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche - Napolitano avrebbe vissuto il proprio ritiro come una diserzione. Insomma, era indispensabile che rimanesse al suo posto per la salute della Repubblica. Per fortuna, con grande sacrificio, ha onorato l’impegno».

Per salvare l’Italia si inventò il governo «tecnico» di Mario Monti, poi le «larghe intese» di Enrico Letta e l’esecutivo «di scopo» (le riforme) di Matteo Renzi. Altro che «debordare dai propri limiti», come alcuni faziosi senza memoria hanno insinuato: tutti i Presidenti, e tanto più i grandi, nei periodi di crisi, «hanno colmato i vuoti della politica con scelte penetranti e incisive», ha detto Levi.
      Napolitano ha così salvato anche all’Estero l’onore dell’Italia, compromesso non solo dalla crisi economica e finanziaria, ma da rappresentanti del Popolo dilettanti, velleitari e inadeguati come in poche altre volte nella nostra Storia.
      Napolitano ha utilizzato al meglio, meglio di tutti i suoi predecessori, gli altissimi e ampi poteri che la bella Costituzione Italiana affida al Presidente (che solo gli ignoranti continuano a dire che devono limitarsi a quelli di mero arbitro e rappresentante dell’Unità nazionale): sciogliere il Parlamento, nominare in totale autonomia il Capo del Governo, dire no a leggi e decreti, inviare messaggi al Parlamento, comandare le Forze Armate, presiedere il Consiglio della Magistratura ecc. Un bravo Presidente deve intervenire, eccome, specie nel litigio continuo degli Italiani e con una Costituzione che gli affida così tanti e importanti compiti.
      È stato accusato di aver travalicato i propri doveri, di aver svolto con troppa partecipazione un ruolo di supplenza verso il vuoto di potere e di idee di Governi troppo deboli e d’un Parlamento troppo inadeguato al proprio compito. Anzi, ha detto bene un commentatore laico, Enrico Cisnetto: avrebbe potuto fare ancora di più e meglio, per esempio spingere Governi e Parlamento a dare vita a una nuova fase Costituente, per rinnovare in modo serio e razionale la Costituzione, se davvero era convinto che la cronica crisi della politica italiana dipende dai “lacci e lacciuoli” delle regole, dei bilanciamenti e dei controlli previsti dal nostro sistema costituzionale liberale, anziché da una classe politica inadeguata e corrotta.
      Così divenne fautore e ispiratore – con Renzi come longa manus – d’una non richiesta e non urgente “riforma” della Costituzione per rendere «più semplice ed efficiente» il funzionamento della macchina statale. Non è stata soltanto colpa sua, ma soprattutto dei tira-e-molla del Parlamento e dell’incultura e dei diktat del Capo di Governo, Renzi (che mai avrebbe dovuto proporre una riforma della Costituzione: è stato un vero e proprio conflitto d’interessi), se poi le Camere hanno consegnato al Referendum popolare di conferma un testo mal scritto, confuso, caotico e addirittura peggiorativo in alcuni punti che ha finito per deturpare la nostra bella Costituzione. Ecco, qual è stato l’unico neo della Presidenza Napolitano e il tragico errore del Governo di Renzi.
      Pur molto amato e considerato per la sua competenza dai cittadini, era stato criticato dalla Destra perché “ex-Pci”, dalla estrema Sinistra e da Grillo perché “troppo accondiscendente con Berlusconi”, e infine fatto oggetto di attacchi da settori ultras della magistratura per presunte "trattative Stato-mafia". «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei suoi doveri», ha detto Levi. «Lo dimostra la tranquillità - in quel caso ben più che un dono di carattere - con cui ha affrontato quella prova di forza».
      Ad ogni modo, la figura fondamentale e centrale nella Costituzione, quella del Presidente della Repubblica, Napolitano, dobbiamo riconoscergli, l'ha impersonato come pochissimi altri con grandissima dignità e prestigio, riconosciuti anche in tutta Europa e in America. Esperto, saggio e coraggioso, così deve essere, anche per adempiere ai compiti della Costituzione italiana, un buon Presidente della Repubblica.
      Grazie a Giorgio Napolitano. Non dimenticheremo né le sue qualità, né i suoi difetti. E, anzi, rabbrividiamo al pensiero di chi ora potrebbe succedergli. Nessuno dei “papabili” ha la sua caratura.

IMMAGINI. 1. La foto ufficiale da Presidente della Repubblica. 2. Una immagine degli anni Settanta.

AGGIORNATO IL 23 GIUGNO 2019

Comments:
Ma dopo qualche anno stanno venendo al pettine troppi atteggiamenti autoritari e alcune scelte sbagliate, veri e propri errori di politica estera, come l'appoggio alla Francia nella guerra in Libia, causa prima del caos libico e dell'emigrazione africana in Europa. La testimonianza del deputato Crosetto, notoriamente persona onesta, se riferita correttamente, è illuminante: http://www.ilgiornale.it/news/politica/guerra-libia-crosetto-rivela-napolitano-mi-cacci-stanza-1493170.html?mobile_detect=false
Sto valutando se cancellare del tutto l'articolo o modificarlo profondamente.
 
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