19 dicembre, 2014

 

Crisi economica e corruzione? Italiani, la colpa è nostra, scopre (meglio tardi che mai) Il Fatto.

Meglio tardi che mai. Che perfino un giornale italiano, e pure uno che si spaccia per anticonformista come Il Fatto Quotidiano, dia del “pirla” al cittadino italiano medio, contravvenendo al Primo Comandamento del giornalismo, l’ottuso “divieto di parlar male dei lettori”, è un segno dei tempi. Ma come, i “cittadini” non erano “la parte sana”, l’unica speranza di rinascita (e di autogestione dal basso di uno Stato minimo e condiviso) sia per Il Fatto, sia per il Movimento di Grillo, di cui il giornale condivide molte tesi? Come interpretare il cambiamento? Con un sillogismo a sua volta squisitamente giornalistico e sociologico. Se ormai molti Italiani, perfino i più distratti, assenti e sottoculturali, i più corrivi, i più ignoranti in tema di Democrazia liberale e di funzionamento delle Istituzioni, i più ingenui in fatto di psico-sociologia del Potere (ma anche della vita quotidiana), cominciano a capire che non è certo dalle alternative politiche, da un nuovo Governo Bianchi o Rossi o Neri, né da un Parlamento – per ipotesi – di tutte casalinghe “a rifiuti zero”, o disoccupati volontari “per il bene comune” o pensionati che praticano la raccolta differenziata, che potrà mai venire la nostra rinascita nazionale, ma solo dalla nostra individuale maturazione civica, etica e culturale, allora anche un giornale deve dirlo. Perfino Il Fatto.

Così è accaduto che il giornale definito dagli avversari di Destra, Centro e Sinistra il più “protestatario” e “dietrologico“, il più “populista” e “arruffa-popolo”, il più “allarmista” e “complottista”, il quotidiano – basta dire – in cui scrivono quegli ironici e superciliosi simpaticoni che sono Travaglio e Scanzi, perfetti bastian contrari da tv, diretto da quel cordialone “cuore in mano” d’un Gomez che per contrasto fa apparire come umana e divertente perfino la Giulia Innocenzi, abbia pubblicato un articoletto nel quale si danno tutte le colpe non banalmente alle solite “Destra e Sinistra unite, che ormai sono la stessa cosa, perché di comune accordo imbrogliano gli Italiani e, altro che Riforme, di nuovo producono solo parole, quando non leggi balorde” (spero di aver sintetizzato bene), ma agli stessi Italiani.

E chi sarebbero questi Italiani, improvvisamente sbucati fuori dalle tenebre giornalistiche della polemica politica, se non quei sacrosanti e intoccabili “cittadini” che il Movimento di Grillo, nato – ricordiamo – dalle spontanee liste civiche? E, continundo il sillogismo, non sono forse i grillini quella base “sana” a cui sembra spesso rivolgersi Il Fatto, sia negli articoli, sia come platea di lettura?

Macché, sembrano dire al giornale, «Contrordine, cittadini. Siete voi, per la vostra ignoranza e pigrizia, per la vostra distanza e indifferenza, e anche – diciamolo – per la vostra corruzione, la causa prima del degrado dell’Italia». Oddio, che sta succedendo? Non saranno diventati all’improvviso liberali al Fatto Quotidiano?

E allora siamo d’accordo. Anzi, cose del genere le abbiamo dette fin dai tempi del liceo sui giornaletti studenteschi, e poi su quelli universitari. Il Fatto arriva un pochino in ritardo. Meglio tardi che mai.

Stupidi e incapaci, sì, ma che cosa fare per migliorare? Questo l’articolista non lo dice. Lo diciamo noi, a costo di far la parte di pedagogisti dell’Ottocento (ma c’è poco da prendere in giro: è l’ultimo secolo in cui come popolo siamo stati dignitosi). E’ chiaro che c’è urgente bisogno di formazione culturale e ideale dei cittadini. Bisogna tornare alle idee, ai ragionamenti, all’intelligenza. “Fare” non serve a nulla, anzi, fa solo danni, se prima non ci sono idee e e cultura. Dice: ma ormai i cittadini sono così dappertutto; hai visto quanti votano in Gran Bretagna o negli Stati Uniti? Ma no, per noi è diverso. La gente in Italia non può copiare le distratte borghesie mature dell’Occidente, già consapevoli dei propri diritti e doveri nel Settecento. Loro, beati loro, “hanno già dato”, cioè già si sono impegnati nelle generazioni passate. Noi no, noi ignoranti a quei tempi “non eravamo ancor popolo, eravamo divisi” (per parafrasare un Inno che appare ancora più veritiero alla luce della nostra storia post-unitaria), e in seguito dimenticando il Risorgimento ci siamo coperti di vergogna con fascismi, clericalismi, uomini qualunque, comunismi, berlusconismi, leghismi e grillismi. Mentre gli alti Paesi costruivano la democrazia, noi sceglievamo sempre e soltanto autoritarismo o conservatorismo o populismo, mai la democrazia liberale.

Gli Italiani hanno tanto lavoro che si è ammucchiato nelle generazioni: devono riprendersi la Democrazia liberale, devono partecipare alla vita dei partiti, devono di nuovo interessarsi della Cosa Pubblica, devono studiare e decidere le alternative possibili, devono imparare a valutare e scegliere i delegati alla Politica, anche a costo di giocare meno con la playstation o a burraco, di non accompagnare la figlia a lezione di danza, di andare meno al ristorante. Ripetiamo: non possiamo imitare gli altri popoli democratici: non abbiamo mai fatto i compiti e dobbiamo studiare tutto il programma. Tanto lavoro arretrato che si porterà via una generazione.

O così o niente. La Democrazia liberale è fondata sulla cultura, sulla passione politica,  sulla visione “di Governo”, sul senso critico, sulla partecipazione e sul controllo assiduo dei rappresentanti, sul senso civico, sociale e sulla solidarietà, se lo mettano in testa gli Italiani. Ogni altra soluzione è illusione. La democrazia liberale non si fa dall’alto o con una leggina, ma dal basso. E’ tempo, insomma, di continuare quel Risorgimento interrotto che avevamo cominciato così bene nell’Ottocento.

E se ormai non fa più scandalo dire che “il re è nudo”, e che questo viziatissimo re è proprio il popolo italiano, così bravo a bofonchiare, borbottare, spettegolare, lamentarsi, piagnucolare, sparlare del prossimo, inveire sul Governo, ribellarsi (a parole: al bar, sotto l’ombrellone, in sala d’aspetto, in treno, nei talk show televisivi, ma anche con cortei in piazza: è la stessa cosa), ma nello stesso tempo ad aggirare o infrangere le regole, a infischiarsene degli altri, anche a un giornalista del Fatto Quotidiano sarà venuto in mente di scriverlo. Lo avranno digerito bene in Redazione? Forse sì, al Fatto c’è tutto e il contrario di tutto: hanno deciso di cavalcare ogni protestantismo. E dunque anche Ferruccio Sansa può dire la sua.

Ma, a proposito, Sansa, chi? E’ il figlio del noto magistrato ed ex sindaco di Genova, Adriano. Ma allora, se non ricordiamo male, qualche anno fa deve aver avuto qualche simpatia grillina, o meglio, il Movimento aveva visto in lui un possibile candidato locale. Il precedente non ci dispiace. E’ ancora più bello che un giornalista a suo tempo non lontano da un Movimento che aveva idealizzato la casalinga e il pensionato come simboli di virtù civiche a prescindere da esperienze e competenze, e che poi aveva fatto eleggere in Parlamento perfetti “signor Nessuno”, cioè cittadini qualunque senza arte né parte, abbia scoperto che le colpe della crisi, del degrado e della corruzione sono (lui scrive “anche”, noi diciamo “soltanto”) dei cittadini Italiani. NICO VALERIO

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CARI ITALIANI, SIAMO DEI PIRLA

«Cari italiani la colpa è anche nostra». Immaginate un politico che esordisse così. Immaginate un Presidente della Repubblica che ce lo dicesse in faccia nel discorso di Capodanno, mentre guardiamo distratti intrippandoci con lo zampone. E poi:

«Basta dare la colpa all’arbitro, agli avversari fallosi e al pallone sgonfio come fanno le squadre piagnucolose. Basta prendersela con l’euro, la Germania, gli immigrati, le mezze stagioni che non ci sono più. Abitiamo forse nel Paese più bello del mondo. Abbiamo una qualità della vita ancora ineguagliabile, che non nasce solo dalla bellezza, dal clima, dal cibo frutto della nostra terra, ma anche da noi; da quella cordialità, quel calore, che rivelano un senso della vita profondo. E invece ecco come ci siamo ridotti.

Pensiamo alla Sicilia dove lo Stato e la Regione sono diventati solo vacche da mungere e non ci si accorge che derubiamo noi stessi. Che ci mettiamo un soldo in una tasca e ne perdiamo uno dall’altra. Prendiamo sussidi perfino per le vendemmie che non facciamo e così le scuole vanno a pezzi.

Pensiamo a Roma, che a camminare tra i palazzi è una gioia per gli occhi, che fa una pippa alle capitali del resto del mondo. E dove invece si vive così faticosamente, intrappolati nel traffico, dove ci sono voluti più di vent’anni per fare mezza metropolitana quando a Londra ne facevano 400 chilometri.

Pensiamo al Veneto, alla sua campagna dove Tiziano e Tintoretto venivano per cercare i colori, e dove in pochi anni abbiamo costruito una muraglia cinese di capannoni rimasti vuoti che messi in fila sarebbero lunghi 1.800 chilometri.

Pensiamo alla Liguria dove un mese fa c’è stata l’alluvione e oggi gli unici cantieri che lavorano sono quelli per aggiungere nuovo cemento. Altri centri commerciali a due passi dai fiumi, altri condomini in una regione che ha il record di case vuote.

Pensiamo alla Lombardia che aveva la sanità migliore del mondo e oggi l’ha offerta ai privati e lottizzata.

Pensiamo a Milano che sapeva unire spirito di impresa e solidarietà, borghesia e socialismo (non quello di Craxi, però) e che oggi si lascia passivamente infiltrare dalla ‘ndrangheta e punta il dito contro gli immigrati.

Lo so, mi date del disfattista, pensate che vi abbia fatto l’elenco dei disastri. È il contrario, invece: queste sono tutte occasioni. Per realizzarle non serve il Tav, non abbiamo bisogno dei soldi dell’Europa, di cacciare gli immigrati. Basterebbe cambiare la nostra testa, smettere di corrompere, evadere, rubare a noi stessi».

Chissà come la prenderemmo se un politico non ci dicesse più che siamo solo un popolo di santi, poeti e navigatori: «Cari italiani siamo stati dei pirla» (per usare il dialetto di Salvini, ma vanno bene anche mona, ciula, belin, minchioni), «ma possiamo cambiare. Questa sarà la nostra rivoluzione». FERRUCCIO SANSA

AGGIORNATO IL 23 DICEMBRE 2014


Comments:
Sono stra-d'accordo, bravo!
 
Amico, l'Italia non è una. C'è un'Italia del Nord che è Europa e una del Sud (bellissima) che è però culturalmente terzo mondo. Chi le ha messe insieme ha fatto il disastro. E'tutto qui l'inguacchio. Generalizzare di un Italiano medio è una forzatura che poi rende incomprensibile il problema. Per tenere insieme questo Paese che non esiste, hanno messo in mano alle popolazioni del Sud, quelle con il minor senso dello Stato, lo Stato! La cosa pubblica è piena ovunque di gente che viene dal Sud, come possiamo aspettarci uno Stato che funzioni? Gran parte dei politici che hanno fatto la Storia del nostro presunto Paese, da lì venivano. E con Sud intendo, ahimè che sono capitolino, anche Roma. Adesso, con gli scossoni della Lega (che aveva un buon progetto ma lo ha stupidamente accantonato, le Macroregioni di Miglio)sono venuti fuori politici da altre zone del Paese, compreso Berlusconi, ora Renzi, ma credo la sostanza sia impossibilitata a cambiare. Da sempre, la moneta cattiva scaccia quella buona e in Italia ormai circola soprattutto la prima.
 
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