01 dicembre, 2014
La vergogna dell’8 per mille: lo Stato italiano finanzia la Chiesa con i soldi dei non-credenti.
Dite la verità: quanti fedeli della religione delle “Assemblee di Dio” avete conosciuto nella vostra vita? Uno, due? Io neanche uno. Stupendi templi ricchi d’arte da mantenere? Nessuno. Migliaia di preti? Neanche. Eppure nel solo 2014 questa “confessione-fantasma”, ha ricevuto dallo Stato un finanziamento di ben 1.457.185 di euro, quasi 3 miliardi di vecchie lire, grazie alla famigerata legge dell’8 per mille che permette ai cittadini di destinare a una confessione religiosa una percentuale delle imposte dovute allo Stato (Stato che non ha un euro per arte-cultura-scienza, il nostro vero patrimonio, e la nostra industria elettiva insieme alla difesa del territorio).
E hanno ricevuto quasi il doppio, 2.273.891 di euro, gli Avventisti del 7.o Giorno, noti negli Usa per il loro vegetarismo, ma in Italia mai visti, almeno da chi scrive. Tutto questo per la dabbenaggine dei cittadini contribuenti (che d’ora in poi non potranno lamentarsi se cultura e territorio sono abbandonati a se stessi...), i secondi dal 1990 a oggi hanno incassato con l’8 per 1000, ben 53 milioni e mezzo di euro, mentre i primi 21 milioni di euro. Ma queste sono solo le briciole dell’8 per mille: il grosso se lo è pappato la Chiesa Cattolica: solo nel 2014 ha ricevuto l’enorme somma di un miliardo di euro, pari a circa 2000 miliardi di lire (e finora, dal 1990 a oggi, la stratosferica somma di 18 miliardi di euro). Lo Stato italiano, invece, solo le briciole: appena 170 milioni quest’anno, non solo per le scelte dei contribuenti, ma anche per la propria insipienza e colpevole passività (tesa a favorire sottobanco la Chiesa).
Ma a poco a poco queste cifre sono diventate troppo alte: i cittadini italiani, ottusamente, stanno destinando alle religioni troppi soldi, complice una legge sbagliata e ancor più delle norme di attuazione truffaldine. Non era meglio, rag. Rossi e sig. Bianchi, se quei soldini andavano allo Stato Italiano, con tutto il suo deficit, per la tutela delle opere d’arte e del territorio in dissesto idrogeologico?
Ora, una delibera della Corte dei Conti addita all’attenzione dei cittadini proprio questa grave stortura nell’applicazione di una legge già di per sé eccentrica rispetto ad altre consimili leggi europee: la Chiesa e le altre confessioni religiose riconosciute dagli accordi, non solo ricevono troppi soldi destinati in origine alle opere dello Stato (che lo Stato non può più permettersi), ma ricevono anche, abusivamente, le quote di IRPEF dei cittadini che non esprimono alcuna scelta, in proporzione con le percentuali delle preferenze espresse. Così chi ha avuto, per ipotesi, il 5% delle preferenze espresse si prende anche il 5% di chi non ha espresso nessuna preferenza, perché ateo o distratto o pessimista sul funzionamento di questa legge, o perché è disinformato ed è convinto che nessuna delle non-preferenze vada ad arricchire una qualsiasi religione, ma che tutte le non-preferenze portino soldi allo Stato. Ma così non è: le religioni sono finanziate anche da chi non crede in loro e anzi le avversa, come scettici, agnostici e atei. Un paradosso che ovviamente nasconde una situazione di illegalità.
Perciò interviene la Corte dei Conti. Che fa notare, con una lunga, interessante e schietta relazione ricca di tabelle, che la Chiesa Cattolica, con appena il 37,9% delle indicazioni espresse dai cittadini, ha ricevuto nel 2011 ben l’82,3% dell’intera somma, e cioè 1.054 milioni su un totale di 1.279 milioni. In sostanza, l’8 per mille di quegli italiani che non vogliono esprimere nessuna indicazione (il 53,9%) viene per la maggior parte dato alla Chiesa Cattolica. Non in base al dato del 37,9% rispetto al totale dei contribuenti, ma perché è l’82% delle dichiarazioni espresse.
Uno scandalo, un enorme finanziamento obliquo e immeritato che discrimina tra cittadini a seconda delle idee religiose-filosofiche, su cui dovrebbe intervenire la Corte Costituzionale, e anche l’Unione Europea
La Chiesa, visto questo Bengodi, si è buttata a pesce in campagne pubblicitarie per a dare ad intendere alla gente, con immagini di buone suorine e preti solerti, che le proprie finanze sono sempre al limite della sopravvivenza, che è insomma con l’acqua alla gola. E invece è straricca. La Corte dei Conti sottolinea in una apposita tabella gli enormi investimenti che la Chiesa Cattolica fa in pubblicità sulle rete RAI. Ma anche altre fantomatiche confessioni religiose (adesso ci sono anche i buddisti: ma non andavano dicendo che la loro era solo una “filosofia”?) hanno trovato il pozzo di San Patrizio del benessere dopo decenni di vita marginale e stentata. Grazie ai cittadini ingenui e soprattutto alla perversa legge dell’8 per mille.
Legge che – lo dice la stessa Corte dei Conti – va assolutamente ripensata con quote molto diminuite. E per dirlo loro, che sono solo giudici della Magistratura contabile... Noi diciamo invece che la legge dell’8 per mille va del tutto eliminata, perché è di per sé una vergogna per qualsiasi Stato di diritto liberale, ma anche perché è un’enorme spreco di risorse, proprio in anni di crisi economica e finanziaria.
Ecco il Comunicato emesso dalla Corte dei Conti a presentazione della Relazione allegata:
CORTE DEI CONTI
Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato
Comunicato stampa del 28 novembre 2014
Relazione concernente la
“DESTINAZIONE E GESTIONE DELL’8 PER MILLE”
Grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse dell’8 per mille, i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa; infatti l’ammontare è distribuito ripartendo anche le quote di chi non si è espresso, in base alla sola percentuale degli optanti.Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati (...).
I contributi alle confessioni risultano ingenti, tali da non avere riscontro in altre realtà europee – avendo superato ampiamente il miliardo di euro per anno – e sono gli unici che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati.
Già nel 1996 la parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei incaricata delle verifiche triennali dichiarava che “non si può disconoscere che la quota dell’8 per mille si sta avvicinando a valori, superati i quali, potrebbe rendersi opportuna una proposta di revisione. (...) detti valori già oggi risultato superiori a quei livelli di contribuzione che alla Chiesa cattolica pervenivano sulla base dell’antico sistema dei supplementi di congrua e dei contributi per l’edilizia di culto. Un loro ulteriore incremento potrebbe comportare in sede della prossima verifica triennale una revisione dell’aliquota dell’8 per mille”. Tuttavia negli anni seguenti il tema non è stato più riproposto dalla parte governativa, nonostante l’ulteriore rilevante aumento delle risorse a disposizione delle confessioni.
La possibilità di accesso all’8 per mille per molte confessioni è oggi esclusa per l’assenza di intese, essendosi affermato un pluralismo confessionale imperfetto, in cui il ricorso alla bilateralità pattizia permette l’affermazione di uno status privilegiato solo per alcune di esse.
Manca trasparenza sulle erogazioni; sul sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella sezione dedicata, non vengono riportate le attribuzioni annuali alle confessioni, né la destinazione che queste nella loro discrezionalità danno alle somme ricevute. Al contrario, la rilevanza degli importi e il diretto coinvolgimento dei cittadini imporrebbero un’ampia pubblicità e la messa a disposizione dell’archivio completo delle contribuzioni versate negli anni, al fine di favorire forme diffuse di controllo.
Non ci sono verifiche sull’utilizzo dei fondi erogati alle confessioni, nonostante i dubbi sollevati dalla parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei su alcune poste e sulla non ancora soddisfacente quantità di risorse destinate a interventi caritativi, né controlli sulla correttezza delle imputazioni degli optanti, né un monitoraggio sull’agire degli intermediari.
In violazione dei principi di buon andamento, efficienza ed efficacia della Pubblica Amministrazione, lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni. Risulta pertanto del tutto frustrato l’intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, non volendo finanziare una confessione, aspirino comunque a destinare una parte della propria imposta a finalità sociali ed umanitarie.
A ciò ha contribuito: a) la totale assenza – negli oltre 20 anni di vigenza dell’istituto – di promozione delle iniziative, risultando lo Stato l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività con campagne pubblicitarie; non si è proceduto in tal senso nemmeno per il 2014, nonostante la novità consistente nella possibilità di destinare risorse per l’edilizia scolastica, tema particolarmente sentito dai cittadini; b) la drastica riduzione delle somme a disposizione, dirottate su altre finalità, a volte antitetiche alla volontà dei contribuenti; peraltro l’istruttoria sulla richiesta dei contributi è svolta dalla Presidenza del Consiglio anche per gli anni in cui questi non sono assegnati o attribuiti in misura minima, rendendo tale attività priva di utilità, con conseguente ingente spreco di energie e risorse pubbliche; c) il fatto che una parte consistente delle risorse da ritenersi alternativa a quelle in favore delle confessioni, sia stata veicolata verso scopi riconducibili agli interessi di queste ultime; d) l’insufficiente determinatezza delle tipologie degli interventi, della loro straordinarietà e delle modalità sulla concreta destinazione dei fondi, che ha prodotto la scarsa coerenza delle scelte effettuale, attraverso erogazioni a pioggia ad enti spesso privati.
Al fine di garantire la piena esecuzione della volontà di tutti, la decurtazione della quota dell’8 per mille di competenza statale va eliminata; è infatti contrario ai principi di lealtà e di buona fede che il patto con i contribuenti venga violato. Peraltro, sono penalizzati solo coloro che scelgono lo Stato e non gli optanti per le confessioni, le cui determinazioni al contrario non sono toccate, cosa incompatibile con il principio di uguaglianza.
Ufficio Stampa Corte dei Conti
AGGIORNATO IL 18 DICEMBRE 2014