28 novembre, 2013
Berlusconismo. L’ epilogo di un’Italia malata di populismo, demagogia e clerico-fascismo.
Se l’uomo è stato cacciato dal Parlamento, perché finalmente si è potuta applicare la legge, quella legge che finora in altri casi non era stata “uguale per tutti” e lo aveva salvato mille volte, il suo sistema resta.
Il berlusconismo, infatti, non è un metodo politico come un altro, ma è un sistema di Potere che gioca su contraddizioni e ossimori infiniti. Intanto, parte paradossalmente da un mezzo moderno come la tv per rivolgersi al suo pubblico, che è ormai il più antiquato, e grazie alla psicologia della comunicazione di massa (perfezionando e parodiando le grandi dittature del Novecento – comunismo, fascismo e nazismo – che si affidavano in modo ossessivo a manifesti, radio e giornali) fa di tutto per raccordarsi con la dovuta sbrigatività e rozzezza all’anima insieme plebea e anarco-individualista, reazionaria e clerico-fascista, conservatrice e populista degli Italiani. Un misto caotico di estrema destra e pulsioni ribellistiche di disobbedienza, tipiche di sinistra. Insomma, pura demagogia.
Il berlusconismo, perciò, non è una svolta improvvisa, il colpo di testa di un uomo solo contro tutti, e neanche una accidentale “parentesi della Storia”, come qualche liberale credette per il Fascismo (errore scusabile: era la prima volta). No, è purtroppo la naturale rivincita di un’Italia parallela e costantemente presente negli sgabuzzini della sottocultura di provincia, sbrigativa e anticulturale per antonomasia, finora nascosta sotto le ceneri della Storia: quella degli Italiani sconfitti dal Risorgimento e dalla Resistenza, “educati” dal Fascismo e dalla Democrazia Cristiana. In tre generazioni, ben 60 anni di clerico-fascismo vorranno pur dire qualcosa, o no? E quanti sono questi Italiani contrari geneticamente e antropologicamente alla democrazia liberale? Sono oggi il 25 per cento, sono la metà, sono ancora di più?
Ma è curioso che nell’irrazionalità ludica, nell’improvvisazione teatrale, nella recita irresponsabile, nella scommessa continua d’un uomo freddamente amante del rischio e buon giocatore nato, molte scelte le abbia poi suggerite paradossalmente il Caso. Quest'uomo, infatti, più che agire è stato “agito”, com’è tipico dei dittatori e dei politici demagogici e populisti.
Il soggetto vero, infatti, non è stato lui, ma la folla. Ed è questo che inquieta ancor di più, perché diventa un dato di costume sociale, antropologico. La folla vera, di rado e nei primi anni; la folla virtuale il più delle volte: la tv. E per televisione si intendono tutti i programmi, non solo Mediaset e Rai, ma anche gli altri canali, visto il gran parlare che se n’è fatto ogni giorno per vent’anni. O “amato leader” o “odiato leader”, sempre pubblicità è. E che pubblicità! Determinante ai fini elettorali.
Grazie alla televisione, non si è imposto, ma è stato scelto, anzi scoperto, dalla folla dei tele-abbonati, come perfetta immagine di sé. E’ stato visto e riconosciuto e amato a prima vista, giustamente, dal 25 per cento o dalla metà ignorante e un poco corrotta degli Italiani. Quella che ci piace schematicamente immaginare abituata a dire alla minima difficoltà “Piove, Governo ladro”, a non rispettare una coda, a parcheggiare l’automobile in terza fila, a evadere le tasse, a sopraelevare una costruzione, a sanare un illecito, a farsi condonare questo o quello, a raccomandare o a farsi raccomandare (dall’amico o dal monsignore o dal politicante di turno), ad avvalersi di privilegi, favori e permessi speciali, piccoli o grandi non fa differenza, ad aggirare divieti. Insomma a vivere furbescamente per il proprio utile individuale disinteressandosi totalmente degli altri, anzi pubblicizzando le perdite e privatizzando gli utili. E un’Italia così non è solo il 25% o la metà degli elettori, ma è ancora più numerosa.
Così lo hanno visto o immaginato, e così lo hanno votato specchiandosi in lui, come il più perfetto rappresentante. Lui, con con la sua cinematografica arroganza da attore consumato, con l’esibita sicurezza di sé, diciamo pure faccia tosta, con le volute gaffes che ripercorrevano ad uno ad uno tutti i luoghi comuni del peggior “italiano medio” della pubblicistica satirica del Novecento, con l'elogio continuo della furbizia d’un tipico, presunto “piccolo imprenditore del Nord”, della prepotenza spacciata per simpatica disinvoltura, dell’aggirare la legge, col suo ostentato sessismo maschilista (per catturare simpatia e strappare l’applauso identitario, come nell’avanspettacolo), col suo evidente non saper far nulla grazie ai propri meriti, neanche le tanto strombazzate, perfino dagli avversari, televisione ed editoria, senza appoggi politici, amicali e giudiziari, come hanno appurato le sentenze (p.es. quella di condanna per il lodo Mondadori).
Un uomo politico di questo genere ha compromesso politicamente, economicamente ed eticamente l'Italia per 20 anni, tanto quanto è durato lo stesso Fascismo, procurando danni irrimediabili alla democrazia, al liberalismo, al riformismo, come neanche aveva fatto l’infausto Ventennio del Duce, che almeno non aveva l'improntitudine di definirsi addirittura "liberale"! Cosa che i liberali, e non solo quelli di centro e di sinistra, ma anche quelli di destra, non gli perdoneranno mai. E il berlusconismo è certamente il periodo più buio della storia dell’Italia moderna.
Così ha finito, volente o no, per “educare” al proprio metodo, cioè diseducare, tutti: Destra, Centro e Sinistra, Nord e Sud. Il cosiddetto “bipolarismo” interpretato e imposto dal berlusconismo è stato una copia-burletta di quello vero, anglosassone, in cui si scontrano non due politici senza idee ma con tanta voglia di Potere, bensì due personalità che espongono programmi precisi e contrapposti.
Certo, le colpe vere sono di chi lo ha appoggiato e votato, di chi si è lasciato diseducare (noi no, per esempio). Non è solo il famigerato settarismo italico (guelfi e ghibellini, bianchi e neri), becero e rozzo come il tifo calcistico, fatto apparire come giusta “passione”. Su questo è stato determinante anche il deficit culturale, quella famosa immaturità scolastica e quindi di idee degli Italiani, ultimi per lettura di libri nell’Europa avanzata, il 70% dei quali da indagini scientifiche è risultato “non comprendere esattamente il significato d’un testo”. Cosa di cui ci rendiamo conto anche su internet, e che riguarda lettori o autori di blog e frequentatori di Facebook, perfino se laureati e docenti. E’ noto che l’italiano medio non sa discutere e argomentare: non usa il metodo socratico di stare solo all’ultima affermazione dell’avversario, ma salta di palo in frasca e straparla all’improvviso di tutto in modo disordinato, solo per prevalere col fiume di parole sull’altro. Non dialettica ma litigio. Che scelte possono fare persone del genere, digiune, p.es., di storia e di educazione civica? Il berlusconismo, appunto, è stato il terreno di coltura ideale per questa larga fetta di Italiani. Solo la scuola, la lunga educazione, anche sociale (gli altri cittadini) e i viaggi all’estero nel Nord Europa, perciò, potranno cambiarli: ma ci vorranno generazioni.
In quanto ai danni provocati dal responsabile del berlusconismo, vittima di se stesso e forse anche del pubblico dei berlusconiani che restano, ripetiamo, i primi attori di questa tragedia-farsa, sono così gravi che non pagherà mai abbastanza. Gli Antichi erano crudeli e si ingegnavano a creare pene astruse e fantasiose per i reprobi. Ebbene, la pena del contrappasso ideale per chi ha umiliato e screditato l’Italia all’estero, imponendo la logica dell’egoismo strafottente dei propri interessi e ridicolizzando la democrazia liberale, oltretutto ostentando la ricchezza personale come Potere, è impossibile da trovare. Noi liberali non amiamo troppo il carcere e, pur severi, rifuggiamo dalla crudeltà. Però a tutto c’è un limite. Così, anche se il berlusconismo ha costretto noi liberali e garantisti a rimpiangere le pene più atroci dell'Antichità, ci siamo sforzati di immaginare più umane misure alternative. Che secondo noi, visto il tipo, sarebbero le più efficaci. Sempreché le Convenzioni internazionali lo consentano… Per esempio, pulire i cessi degli immigrati a Lampedusa per 10 anni, vivendo con 5 euro al giorno e dormendo e mangiando alle tavolate comuni con loro. Perché no? Questo, tra l’altro spingerebbe anche a migliorare le condizioni di alloggio degli immigrati clandestini. Ma sì, più ci pensiamo e più ci convinciamo che ogni altra pena sarebbe inadeguata.
IMMAGINE. Il disegnatore satirico, sconosciuto per quante indagini abbiamo fatto, ha preso felicemente spunto da una tavola della più famosa edizione di Pinocchio di Collodi.