12 settembre, 2013
La morale dell’ateo sta nella coscienza, dice papa Francesco. Ma come si forma una “coscienza”?
Avete presenti certi banali impiegati senza idee e dalla faccia inespressiva che per darsi un tocco intellettuale si fanno crescere la barba, meglio se bianca, e per rimorchiare meglio nei salotti pongono con aria inutilmente seriosa e pensosa quesiti “esistenziali” terra-terra?
Il fondatore di Repubblica, il prolisso Scalfari, che dopo una vita passata a sbagliare facendo il “saggio” (vi ricordate di quando era uno sponsor del democristiano De Mita?), ora da vecchio si atteggia senza pudore a scrittore-pensatore. Il che fa pensare che quand’era deputato socialista o giornalista non abbia mai pensato.
Ebbene, ora chiede al nuovo papa Francesco, tra tante prolisse banalità, se un ateo, nientemeno, ha qualche speranza di essere "perdonato" dal Dio dei cristiani.
Bah… A parte l’artificiosità tutta giornalistica di una domanda del genere (mai un ateo-agnostico-indifferente si pone questo problema, perché se teme un Dio vuol dire che è credente), è curiosa la risposta del Papa: basta la coscienza.
A prima vista, come no, sembrerebbe una risposta laicista, umanista, liberale. Certo, è da lodare questa “apertura” del Papa, perché sembra riportare il problema della morale e della supposta “verità” all’individuo. Dall’assolutismo al relativismo.
Ma fino a un certo punto. Se ci pensiamo un attimo, è una risposta banale a una domanda banale.
Infatti, che cos’è la “coscienza”? Quella di Adolf Hitler, per limitarci a esempi di personaggi storici, era severissima, inutile negarlo, e doveva essere sensibilissima alla violenza verso i bambini, gli animali, la natura. Non poteva neanche vedere il sangue. E anche il bandito Lutring, il celebre rapinatore a suon di mitra, che poi divenne perfino pittore, anche i capi e i gregari delle Brigate Rosse, anche – nel 1922 – il presidente del Consiglio Facta, anche re Vittorio Emanuele III, che dopo aver a lungo pensato si rifiutarono di far arrestare il rivoltoso Mussolini quand’era possibile, anche Mussolini stesso, anche Ho Chi Min, Napoleone ecc., avevano una coscienza. Proprio come Seneca, come Montaigne e tutti i saggi del mondo macerati nel dubbio e nell’introspezione. O no?
Insomma, se la coscienza è il complesso delle idee da cui discendono le nostre personali norme morali, quindi coincide con la personalità, ebbene questa non è “infusa” dallo Spirito Santo, ma è tutta da costruire giorno per giorno. Bisogna aver avuto un ambiente adatto, letture appropriate, stimoli e tempo libero per pensare fin da piccoli, famiglia o scuole o amici d’un certo tipo. Hai detto niente. Perché, dunque, l’ipocrisia della “coscienza”, che molti semplicemente non hanno?