10 ottobre, 2008
Seguaci ultrà, amici critici, nemici: ecco come i liberali si dividono su Pannella
Cordialmente.
Adalberto Scarlino, Firenze
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STANCO DELLE "PANNELLATE"
All'insofferenza di Scarlino ha risposto l’amico Beppi Lamedica di Veneto Liberale, la cui newsletter monografica sulle lotte libertarie di Pannella e dei radicali era stato il casus belli tra liberali amici che si dividono tra loro solo quando si parla di Marco.
Chi l’avrebbe detto? Scopriamo con questa lettera-sfogo che l’amico Adalberto, colto e raffinato liberale fiorentino, non ne può più non dell'ingerenza dello Stato o della Chiesa sulla vita del cittadino, o della mala giustizia, o dell'assenza di selezione per merito e delle raccomandazioni. No. Ma dell'ingerenza di Pannella. Insomma, sono un'emergenza le solite "pannellate", dopo l’ennesimo digiuno, per quello che potrebbe sembrare un mero fatto tecnico, "interna corporis", avrebbero detto i legulei di Giustiniano, cioè l’elezione d’un giudice della Consulta.
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MA IL RISPETTO DELLE REGOLE E’ IL CONTENUTO DEL LIBERALISMO
Lo capiamo, certi sfoghi li abbiamo avuti perfino nei Congressi radicali negli anni 70. Ma eravamo ventenni. Però attenti a non gettar via assieme ai modi, al teatro, al folklore apparente, solo apparente, di quell’onestissimo furbone che è Pannella, anche la difesa delle regole, che è essenziale nel Liberalismo. Scarlino e gli altri amici liberali insofferenti delle mattane di Marco li conosciamo, sono troppo liberali e troppo colti per non sapere che il rispetto delle regole istituzionali è il Liberalismo stesso. Anche nelle istituzioni, non solo nell’arte, la forma è sostanza, avrebbe detto il benedett’uomo di Pescasseroli.
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TEATRO, ANZI RITO NECESSARIO
D’accordo, esistono perfino gli antipatizzanti liberali, che magari, anzi sicuramente, distingueranno tra Pannella (eccessivo) e i Radicali (giusti). Ma sbagliano a distinguere, perché ormai non esistono più altre anime nel partito.
Questo sfogo, comunque, rappresenta bene quella fascia dell’opinione pubblica, anche tra i liberali, che non sopporta proprio più il narcisismo e il gigionismo autoreferenziale di Marco.
Chiedo loro: e l’esibizionismo degli altri politici, anzi, il teatrino della politica all’italiana, fatta ormai solo di annunci, interviste, pettegolezzi e "sparate" ai comizi e in tv (cfr. Berlusconi, Veltroni, Di Pietro ecc)? Lo sopportate? E’ forse meno fastidioso, perché più discreto? E che sia diretto a secondi fini, oltretutto, non vi secca un po’ di più, da liberali?
Almeno quello messo in scena ogni giorno da Marco è un teatro "pedagogico", quasi un’operina morale come certi drammi religiosi del 600, una rappresentazione sacra…. Un mistero gaudioso dove si contempla il Santo rompicoglioni e antipatico che sferza i simpaticoni ridenti sì, ma con la faccia da figli-di-puttana alla Bogart. Per questo – ci mancherebbe altro che non l’avessi fatto – ho messo Pannella tra i grandi personaggi (vedi colonnino nel mio blog personale), nei quali per qualche aspetto mi riconosco. Eppure l’ho criticato spesso, e continuo a farlo. Anzi, lo critico più io che sono un suo fan che i suoi nemici.
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MORALISTA INTRANSIGENTE
Ma abbiamo molto in comune. Sì, l’ho sempre detto che Pannella è un grande, inimitabile moralista, e in questo senso, con il suo bisogno d’urgenza (qui e ora, di doman non c’è certezza) è rimasto l’unico vero religioso laico dei nostri tempi. Perché laico? Perché la libertà è giustizia, ecco quello che certi liberali aristocratici – un ossimoro – non capiscono. O la libertà ce l’hanno tutti o non esiste. La libertà di pochi si chiama società autoritaria.
Pannella ha ragione, quindi, nel pretendere la libertà (e i relativi doveri, spero) per tutti, non solo per i borghesi, i redditieri, gli ereditieri e figli di papà, ma anche per gli emarginati (cfr. Einaudi). E giustamente la pretende in questo mondo, non nell’altro. Del resto, lo ripete sempre a chiare lettere (una delle tante cose belle e commoventi dei Radicali è che dicono tutto), come un vecchio clown triste, ormai stanco del suo ruolo, che però per vivere deve continuare ad andare ogni giorno in scena, con i suoi 70 anni suonati. Possibile che gli amici liberali anti-pannelliani non ne sono toccati? E lo scopo è sempre annunciato chiaramente, scoperto, onesto, per niente mistificatorio: è l’unico sistema per costringere giornali e tv ad affrontare certi temi che altrimenti censurerebbero.
Che esistano anche i liberali visceralmente anti-pannelliani, non ci scandalizza. Noi liberali ci siamo dovuti confrontare subito, da quando Pannella lasciò da giovane il PLI, con questo ingombrante guru della non-violenza politica, questo genio della "commedia dell’arte" politica, unico nel panorama europeo, che con modi così singolari ha assicurato all’Italia importanti conquiste di civiltà.
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LIBERALI RISARCITI DELLA MANCATA RIFORMA
Certo, il pannellismo ha cambiato il radicalismo, cioè l’ala intransigente e movimentista del liberalismo. Ma ha avuto quasi una funzione mimetica e risarcitoria per noi laicisti. Mimetica, perché per curioso paradosso, pur ricorrendo all’emotività, ai ricatti morali, alla seduzione delle anime, al carattere – tutti elementi effettivamente non liberali in politica, semmai cristiani e socialisti – il pannellismo si è dimostrato lucido e razionale nei fini ultimi autenticamente liberali e illuministici. Risarcitoria, perché il preteso clown, imbavagliandosi e bevendo urina, ha di fatto compensato i nostri famigerati deficit liberali, bilanciando in 30 anni, con leggera fantasia italiana e duri metodi gandhiani, i 3 secoli di riforma illuministica e protestante che sono mancati all’Italia.
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O IDENTIFICAZIONE O DISTINZIONE
Naturale, perciò, che proprio i liberali, più ancora di clericali, conservatori, socialisti, fascisti e comunisti, siano paradossalmente i più toccati nel vivo da un "concorrente" che con la sua lucidità, con la sua petulante "insistenza per la verità" (Satyagraha), con la sua visibilità pubblica non concessagli dal sistema mediatico ma duramente conquistata, insomma col suo stesso successo, dimostra a tutti che proprio i liberali hanno sempre sbagliato, che forse hanno saputo "essere" ma non "fare" i liberali.
Ogni volta che Pannella parla o agisce, insomma, rappresenta obiettivamente – che lo voglia o no - il personaggio "che sa fare il liberale mille volte meglio dei liberali". Naturale, perciò, che questo possa piacere (si sentono finalmente vincenti, rappresentati da un personaggio positivo, che fa parlare di sé, invece che dai soliti uomini grigi del proprio apparato), ma anche dispiacere (l’invidia verso chi sta rubando lo spazio politico ai liberali, il disappunto verso chi interpreta il liberalismo in modo eccentrico, ecc). In entrambi i casi, i liberali hanno sempre prestato attenzione al fenomeno Pannella, un caso irrisolto o addirittura una ferita aperta per molti di loro. Quasi tutti i liberali, perciò, sono portati o a identificarsi o a distinguersi da lui.
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I TRE ATTEGGIAMENTI
Su Pannella, gli atteggiamenti dei liberali sono raggruppabili in almeno tre posizioni.
1. Liberali emotivamente convertiti e ultrà. Liberali sedotti sulla via di Torre Argentina che abbandonano il PLI definendolo conservatore, immobilista, gerontocratico e passatista, per entrare tra i Radicali, dove in genere i più tenaci arrivano alla dirigenza: Teodori, Mellini, Ercolessi, Strik Lievers. Ma ci sono stati anche molti peones liberali che non hanno fatto carriera, e che non ricordo. Alcuni di loro, ex-dirigenti compresi, però, attenzione, in tarda età possono pentirsi e passare alla casella n.3 o addirittura 2 (vedi), o per il carattere di Marco (Mellini) o - sintetizzo rozzamente - per l'ostinato rifiuto da parte di Pannella di creare un partito vero e fare politica vera (Teodori).
2. Liberali cordialmente antipatizzanti. Liberali che, certo, per carità, riconoscono il valore liberale e libertario delle battaglie di Marco e dei Radicali, o per lo meno di alcune. Ma che non amano i modi, i metodi, la sguaiataggine, le parolacce, i digiuni, le bevute d’urina, i referendum ("Qualcuno sì, ma cento…!"), i bavagli, i ricatti, gli aut-aut, le occupazioni, i cortei, le raccolte di firme, le votazioni con maggioranze bulgare, il fatto che Pannella-Kronos uccide i suoi figli troppo bravi e indipendenti, e perfino che è proprietario – dicono – del partito e di Radio Radicale. Però lasciano capire che se i Radicali fossero educati e perbenisti come un Partito Liberale o un Partito repubblicano, appena più attivo e fantasioso, se Pannella mettesse la testa a posto e assomigliasse a Costa o a Biondi o a La Malfa junior, be’, allora potrebbero anche valutare l’idea di aderire.
3. Liberali aderenti e simpatizzanti, ma critici. E’ la posizione più razionale, laica e lucida, lontana dalle contrapposte emotività. Molti sono giornalisti genericamente laici-liberali, categoria che ammira molto l’ex-collega Marco, l’unico politico dopo Mussolini a creare le azioni politiche "già pronte per la stampa", oggi diremmo "già in formato giornalistico". Una pacchia per fotografi, reporter e commentatori. I maligni sospettano che lo facciano per gratitudine verso il primo "creatore di notizia" d’Europa. Notizie che hanno dato a molti di loro il pane quotidiano. Ma non è vero: ammirano l’intelligenza, provocatoria, goliardica, spesso crudele, diabolica, ma che contrasta con la generale stupidità del mondo politico italiano, che i giornalisti italiani – chi l’avrebbe detto, visto che sono tutti raccomandati? - disprezzano. Sono estasiati dalla sfrontatezza ingenua, dalla capacità acrobatica di Marco di essere nello stesso tempo politicamente onesto e machiavellico, moralista e immoralista, chiaro nelle opzioni ma oscuro nel linguaggio, ingenuo, disarmato, ma furbo di tre cotte, vecchio e giovane, saggio e avventato, non-violento e violentissimo, democraticissimo e liberalissimo (con qualche spruzzatina di socialismo umanitario) all’esterno, ma autoritarissimo e intollerante all’interno.
E, sempre tra gli amici critici, che dire dei liberali non giornalisti? Molti restano nel PLI o nel PRI, e si rendono visibili perché nei Congressi portano sempre ad esempio i Radicali, ma non si iscrivono mai. Dicono che è per il caratteraccio autoritario di Pannella, per la sua abilità levantina di politico politicien della I Repubblica. "Bravissimo – dicono – altro che Andreotti: ormai l’unico vero politico puro è lui. Anche mentre dorme, ammesso che dorma, pensa a trucchi e machiavelli politici. Basta vedere come ha conquistato i nove deputati, rubandoli al PD: un capolavoro tecnico. Però, che cinismo. Se solo fosse più democratico all’interno…")
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ALL’INFERNO CON SGARBI, LA CICCIOLINA E IL MAGO OTELMA
D’accordo, mi son lasciato prendere troppo la mano dal personaggio, ho voluto divertirmi. Ma certo, gli amici liberali antipatizzanti di Pannella si iscrivono d’autorità nel primo cerchio: gli avversari psicologici senza se e senza ma, e visto che spesso calcano la mano sul fastidioso esibizionismo di Marco devono appartenere al girone dantesco dei liberali discreti, raffinati e perbenisti, quelli che Dante oggi condannerebbe per contrappasso a soggiornare in un Inferno tappezzato di rifiuti napoletani, con l’invadente presenza di esibizionisti, primedonne e narcisisti di professione come Sgarbi, Pannella, la Cicciolina nei suoi anni migliori, Mughini, Odifreddi e il Mago Otelma. Un vero inferno per l’amico Adalberto e gli altri antipannelliani. Come non capirli?
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RADICALI D’UN TEMPO
Per quanto mi riguarda personalmente, sono stato tra tutti noi liberali doc quello che – dopo Strik Lievers – ha sicuramente curiosato o soggiornato più a lungo tra i Radicali (dai primi 70 ad oggi, con alti e bassi, anni di nausea e ritorni), senza però essere mai interessato alla dirigenza. Tanto che fino a 15 anni fa ero bollato come "radicale" nelle polemiche degli avversari, mai come "liberale".
Per me il periodo d’oro dei Radicali risale agli anni 70. Allora in via di Torre Argentina c'era più libertà e c'era un vero dibattito, c’erano gruppi con diverse idee su tutto. Io, anche se distratto dalla mia battaglia ecologista della prima ora (fondai dentro il PR il primo club ecologista in Italia, la Lega Naturista, nel 1975, 10 anni prima dei Verdi), in politica appoggiavo Mellini e Teodori, due liberali doc, il primo conosciuto addirittura nella sede PLI di via Frattina. E anzi, da questa circostanza rassicurato, visto che come giovane liberale ero un po’ diffidente verso i Radicali, lo seguii al PR senza eccessivi timori. Così, io sofisticato liberalino in giacca e cravatta, imparai a fare cose che non avrei mai immaginato di fare: arringare passanti, tenere un tavolo, volantinare, scandire slogan al megafono. Non sono timido, sono sempre stato fantasioso, e anche per questo i Radicali facevano per me.
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"CHI PROPONE, FACCIA"
Già nel 1967, come direttore del giornale degli Universitari della Sapienza "Roma Università" (rettore il severissimo e freddissimo, anche verso i liberali, Gaetano Martino), feci una intervista a Pannella sul "Clericalismo oggi". Gli detti la copertina. Eppure, quando subito dopo entrai in via di Torre Argentina, sbalordii nel vedere l'autoritarismo carismatico e da guru di Marco. Allora era un ragazzone sempre in maglione (mai visto con la giacca e la cravatta), ma – immaginate – dieci volte più pressante, veloce, intuitivo di oggi. Era dura stargli attorno: si era sottoposti ad un controllo, ad una guida continua. Da lui ho imparato molte cose. La prima? Bellissima e molto liberale: "Proponi una cosa? Falla". Altro che i soliti liberali PLI o PRI, tutti bravi nel "dare consigli" agli altri senza fare mai nulla. Responsabilità e fiducia personale: chi propone, faccia. Un esame continuo per noi giovani. E il bello di Marco era che ti controllava, colloquiava, dava consigli, ti prendeva in considerazione, si metteva sullo stesso piano. Era un giovane tra i giovani. Non come gli altezzosi e vecchi anzitempo dirigenti liberali. Insomma, i giovani si sentivano spinti, motivati. Di qui l’attivismo estremo, incontrollabile, della galassia radicale negli anni 70. Una fucina, un laboratorio perenne. E attenti a non sbagliare porta: in ogni stanza trovavi un gruppo diverso, espertissimo, motivatissimo, bravissimo, che col suo entusiasmo contagioso ti fagocitava.
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UN ALTRO PADRE AUTORITARIO? NO!
Ma dopo qualche anno, pur riconoscendone il genio cominciai a contestare il paternalismo soffocante e autoritario di Pannella. Allora, poi, combattevo già in casa una dura battaglia contro l’autoritarismo di mio padre. Non volevo un secondo padre come il primo. Memorabile un mio intervento notturno al Congresso di Napoli (avevo imparato da lui l'arte oratoria). Non a caso notturno: anche loro usavano questi mezzucci da presidenti di assemblea, abili nel far parlare i meno allineati nelle ore impossibili. Purtroppo per loro tra le 5 persone in platea c'era un perfido giornalista politico della Repubblica, che sulle mie accuse scrisse un articolo a tutta pagina.
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ANTIPATIA, UNICA VERA DROGA
Tradimento? Ecco un termine poco liberale: i partiti non sono chiese, sette, come spesso si crede in casa radicale. No, è che giudicavo così ingiusto il mio isolamento da dover assolutamente ristabilire il giusto equilibrio, cioè replicare attaccando. Tanti erano i nemici interni (l'antipatia verso gli altri, soprattutto "compagni", è la segreta molla cinetica che manda avanti ma distrugge anche la baracca radicale, forse perché produce adrenalina!), che tanto valeva parlare chiaramente. I molli non sono considerati, bisogna esser duri in casa radicale.
Contestavo Marco e alcuni suoi colonnelli, perché non volevano fare un partito vero, propositivo, che facesse alleanze come gli altri, che si sporcasse le mani col "fare", ma solo un movimento agitatorio, contestativo e moralistico da strada. Anche Teodori la pensava così. Ma di mio aggiungevo la critica al teatro della politica – che non ho mai sopportato e non sopporto tuttora – il gigionismo sfrenato, l'esibizionismo patologico, anche rispetto al solito esibizionismo dei politici italici, la furbizia elevata a sistema, e all’interno l’abitudine di far crescere i giovani fino a farli diventare bravissimi politici, per poi stroncargli le gambe se pensano con la propria testa, e cominciano a fare ombra al leader carismatico.
Solo ora, dopo aver fondato il Comitato per l'unificazione dei Liberali Italiani, ora che sto toccando con mano l'ottusità di tanti liberali - gente comune, partiti, club, intellettuali, politici - mi rendo conto che quel che pretendevo allora, nientedimeno, era che il Partito Radicale di Pannella si trasformasse in un grande, moderno, efficiente, razionalista, ma duro (movimentista e contestativo, quando fosse il caso), Partito Liberale. Un'utopia, una generosa ingenuità.
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IL RISCHIO DELLA SETTA
Il rischio era già allora che i Radicali da circolo chiuso autoreferenziale si trasformassero, proprio a causa dell’emarginazione di cui erano e sono vittime, in una vera e propria setta, per l'abuso stesso di carisma del capo, la vita in comune, il fanatismo inevitabile negli allievi potenziali "primi della classe", i metodi di cooptazione casuali o irrazionali della classe dirigente, la grande emotività interna (i congressi allora erano degli psicodrammi), senza contare i ricatti morali insiti nel metodo stesso della non-violenza (sciopero della fame e della sete, catene, bavagli, occupazioni ecc), oltretutto rivolti proprio al pubblico più vicino, ai più sensibili, ed anche per l'abuso paranoico dei referendum, come se avessero perso ogni speranza di dialogo col sistema. Sul quindicinale l’Astrolabio e sul settimanale Aut scrissi articoli contro le sventagliate di 13 referendum.
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UN POSSIBILE RALPH NADER ITALIANO
Che altro potevo rimproverargli? Be', sì, Pannella col semplice non promuoverla stroncò la prima associazione ecologista in Italia, da me fondata dentro il PR nel 1975, la Lega Naturista, che poneva già interconnessi tra loro tutti i nodi che ora sono arrivati al pettine: l’ambiente, lo stato della Natura, l’agricoltura, la tutela di piante e animali, l’autosufficienza, il rispamrio energetico e le energie rinnovabili, la tutela del cittadino consumatore come parafrasi della libertà liberale del cittadino. Ora, però, tra i Radicali gira da anni una vulgata secondo cui nel loro DNA c'è anche l'ambiente... Sarà, ma da chi l'avrebbero imparato? Non capì che avrebbe potuto fare il Ralph Nader italiano, il difensore dei consumatori: troppo poco per lui. Lui voleva, vuole essere addirittura l’ago della bilancia politica in Italia. Però, bisogna riconoscerlo, appoggiò il I Referendum anti-caccia, anch'esso inventato da me, e portato avanti con l'amico Carlo Consiglio, socio della mia Lega, e l'apporto dei Radicali. Qualcuno fece notare che ciò accadeva solo perché era un nuovo referendum.
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LIBERALI DILETTANTI, RADICALI PROFESSIONISTI
Ma neanche i liberal-radicali, cioè gli amici del "sì, ma", ci vanno leggeri con le critiche all’amico Pannella. Che a ben vedere esprimono solo l’insofferenza che i liberali hanno, come aderenti ad un tipico "movimento d’opinione" in cui non si fa nulla ma si parla (quando si parla), verso chi al contrario "fa", organizza, lavora ogni giorno dell’anno, comprese le festività. In questo senso c’è un abisso logistico ed esistenziale tra Liberali e Radicali. I primi sono dilettanti allo sbaraglio, i secondi professionisti esperti dal piglio sicuro. Un qualunque ragazzino radicale (quando ancora esistevano e non erano stati soppiantati dai pensionati) è molto più bravo nel fare politica d’un sessantenne avvocato liberale, con tutta la sua prosopopea.
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LIBERALI CHE CRITICANO PANNELLA? SENTI CHI PARLA
Guardino, perciò, in casa propria, alla propria storia recente, i liberali e i repubblicani classici, anziché criticare gli unici bravi ed efficienti della galassia liberale, gli amici radicali. Facciamo un passo indietro, anche per dimostrare che le cose non sono cambiate.
Io scappai dal PLI alla fine degli anni d’università, per l'autoritarismo severo, non fantasioso, né goliardico come quello di Pannella, ma freddo, austero e distante, di Malagodi e di tutta la dirigenza liberale. Ed era un autoritarismo di gran lunga peggiore di quello di Pannella. Perché Marco almeno si sfogava con te, ti contestava a sua volta, discuteva, parlava, in fondo ti dava importanza. Malagodi, invece, chiuso nella sua stanza inaccessibile (bisognava prima parlare con un dirigente e una segretaria, per sentirsi quasi sempre dire di no), prendeva provvedimenti, vietava, stroncava, sopiva, allontanava. Senza apparire mai, senza una parola. Perfino gli impiegati e gli usceri al PLI erano così snobisticamente altezzosi e severi da essere fuori posto. Ricordo con simpatia il supercilioso Piccio Crepas, un brav’uomo che mi guardò sempre con sospetto (sarà stata la barba o la strana voglia di fare?), che si considerava più liberale del Segretario politico, quasi la vestale che doveva conservare il Sacro Fuoco del Liberalismo...
No, non poteva essere una setta, per la distanza borghese che divideva tra loro i dirigenti (tutti si davano del lei) e gli iscritti, ma certo era un salotto snob conservatore. Tutto ciò che non era espressamente consentito era vietato. Nel senso che era prudente non proporlo neanche, mi faceva capire a bassa voce lo zelante Crepas. Volevo fare un giornale "per i giovani"? Ohibò. Una saletta per riunirsi? Riunirsi per fare cosa?. E così via. Dovette arrivare la campagna del divorzio (Baslini) per ribaltare tutto e far ritrovare al PLI la sua vera natura riformatrice
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PICCOLI LIBERALI IN CRAVATTA
Le assemblee e i convegni della Gioventù liberale erano la copia esatta, grottesca, delle analoghe iniziative dei parlamentari professionisti. Ragazzi in giacca e cravatta, giocavano a fare i politici di professione, come avevano visto fare in tv. Si illudevano di fare la fronda ai grandi, ma ne ripetevano tutti i difetti, tutti i tic. Ricordo un impetuoso Strik Lievers, un più compassato Sforza Fogliani, un flemmatico MacDonald, un tesissimo Marzo, un invasato Ercolessi, un pignolo Morelli. Tutti insieme a sbracciarsi e urlare mozioni d’ordine, emendamenti, a eccepire cavilli regolamentari, a fare scenate teatrali pour épater la platea, a scannarsi per ore sulle virgole di un comunicato. Decisi che, no, non avrei voluto diventare così "da grande"...
Insomma, ero già un anti-politico o anti-partitico, pur essendo imbevuto di cultura politica, di ideologia e filosofia politica liberale (entro i 25 anni lessi tutto il Croce umanamente leggibile: politica, testimonianze biografiche, storia, estetica). Le assemblee non facevano per me. Le trovavo ridicole, Delle finzioni rituali. E invece alcuni di quei ragazzi liberali me li ritrovai dai Radicali, sempre ad agitarsi e a urlare per un emendamento, sempre in camicia (però, senza più la cravatta). Con le stesse, stessissime scene ai Congressi. Dopotutto, gli psicologi sanno che il rituale delle assemble è un vero e proprio "gioco sociale", cioè una parafrasi razionalizzata della vita, che sublima gli scontri, altrimenti troppo sanguinosi, e incanala le aggressività naturali riportandole in un alveo compatibile con la società, purché regolato. Evidentemente, io non sono aggressivo, o forse - suggerisce con onestà il Nico-2 - sublimo le mie aggressività in altri campi...
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GENTE E PROPAGANDA, QUESTE SCONOSCIUTE
Ma almeno loro, i Radicali lavorano, sanno impostare gli obiettivi e lavorare per raggiungerli, dopo il lavacro del "rito democratico" dell’assemblea, di cui addirittura abusano. Perciò sbaglia Scarlino ad avanzare sospetti sulla democraticità delle riunioni: si scannano come ai bei tempi per una virgola. Certo, poi sulla mozione finale c’è unanimità o maggioranza bulgara. Ma a causa dell’omologazione culturale e della cooptazione dei dirigenti che ormai appiattisce i Radicali di oggi, non per problemi di democrazia formale. E’ semmai un problema di psicologia e sociologia.
Invece, nessuno degli adulti o dei giovani liberali era-è capace di andare sulle strade a fare propaganda. Una parola estranea al verbo aristocratico del PLI. Gli elettori, secondo i liberali, devono già conoscere i programmi del PLI, se no, peggio per loro. Non sanno fare neanche un comunicato, un poster, uno slogan. Negati per la psicologia politica? Sì, negati. Perché il loro campo non è la politica, ma la cultura, le idee, l’ideologia. Gli altri, la gente, i votanti? Non esistono per i liberali. E il viziaccio pseudo aristocratico dura tuttora. Bisognerebbe, prima di eleggere un segretario PLI o PRI, vedere come sa volantinare nei mercati rionali, come scrive un comunicato stampa, come inizierebbe un articolo, come disegnerebbe un manifesto, quali fotografie ha da distribuire alla stampa.
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LE CONTRADDIZIONI DELL’EPOCA
E i liberali della oggi troppo osannata "Era Malagodi", e di quella immediatamente successiva, fecero errori grossolani. L’amico Lamedica ha ricordato un particolare che avevo dimenticato: l’atteggiamento morbido verso Pinochet. Non era bastato l’errore con Mussolini?
E poi, a parole eravamo contro il partitismo, ma loro piazzavano i giornalisti liberali alla Rai-TV, e altri rappresentanti in altri Enti e posti di sottopotere, come tutti. E, sia chiaro, non è che ci fossero geni, tutta gente normale, direi mediocre. Solo, presentata dal Partito. Chiunque abbia competenza giornalistica può assicurare che mai i giornalisti liberali, cioè presentati dal PLI o dal PRI, si sono distinti per alte qualità, tali da giustificare una segnalazione straordinaria, diciamo "di merito".
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NATURALE CHE UN VENTENNE ANDASSE VERSO LA VITA
E poi l’atmosfera polverosa, il conservatorismo, il pessimismo esistenziale, il provincialismo meschino, la scarsa cultura generale (non basta leggere Croce e Einaudi), lo snobismo retrò, che aleggiavano nei corridoi di via Frattina erano quanto di meno stimolante potesse esserci per chiunque avesse personalità, giovane o vecchio che fosse. E per un giovane di 20 anni, dai molti interessi, emigrare dai cupi, silenziosi, autoritari, ottusi e snob liberali verso i pazzi, estroversi, fantasiosi, crudeli, ma intelligentissimi radicali, anche se ugualmente autoritari, fu quasi un istinto biologico, un viaggio della salvezza. Si trattava soltanto di respirare. Se non altro era gente intelligente. Che sapeva comunicare. Almeno conoscevano, come me, non l'abc, ma addirittura l’azw della psicologia. Per avere persone così, centinaia di ragazzotti malvestiti e senza nome, in casa liberali avresti dovuto risalire fino a nomi noti di intellettuali, pubblicitari, giornalisti, filosofi e cattedratici.
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SCARSA DEMOCRAZIA? PERFINO TROPPE LE ASSEMBLEE RADICALI
Non capisco quindi di che cosa si lamentino ancor oggi, con tutti i propri errori, gli amici liberali a proposito di Pannella. Imputare ai soli Radicali la scarsa democrazia interna dei Partiti? Non abbiamo visto nel frattempo come si comportano i grandi, quelli che hanno responsabilità di Governo, cioè le liste personali di Berlusconi e Veltroni? Abbiamo contato quanti Congressi veri hanno tenuto FI e PD dalla loro fondazione? Certo, Pannella ha avuto l’idea di personalizzare il suo partito prima degli altri. Ci sarà cooptazione, è vero, come nell’attuale triade di donne al comando, ma almeno i radicali fanno fare al povero iscritto indigestione di assemblee, convegni, congressi, e di esercitazioni pratiche di democrazia, dove le regole sono certissime e minuziose. Sono perfino troppo precisi e pignoli. E sempre sotto gli occhi e le orecchie di tutti con Radio radicale e i video disponibili per chiunque. Certo, ora i Radicali non hanno opposizione interna, perché anche lì, la cooptazione dall'alto ha lavorato bene negli anni. E in più il carattere eroico, un po’ masochistico, del loro attivismo impaurisce gli aderenti. Ed hanno altissime quote associative. E chiamano a raccogliere firme o a visitare le carceri anche a ferragosto, a Natale e a Capodanno. E’ duro essere Radicali.
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UNA GALASSIA CHE VANTA MOLTI SUCCESSI
Ma, almeno, a parità di malcostume democratico interno, i radicali offrono soluzioni politiche e inventiva a non finire. Hanno inventato associazioni nazionali e internazionali che stanno cambiando la storia d’Italia e hanno addirittura indirizzato la diplomazia mondiale, come la "Ass. Coscioni per la libertà di ricerca scientifica", o "Nessuno tocchi Caino" (e proprio oggi, Giornata mondiale contro la pena di morte, sono loro i festeggiati in un Convegno di grande prestigio alla Camera).
E hanno antenne sensibilissime: non si imbarcano mai su una nave che farà acqua. Sono gli unici crudelmente intelligenti e geniali dell'intera galassia liberale, fatta di mezze figure, di personaggi scialbi e mediocri, di gente provinciale (parlo di ristrettezza di idee non di ubicazione dell'indirizzo), insomma di personaggi che non brillano per intelligenza e creatività.
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L’ INADEGUATEZZA DEI LIBERALI
I liberali, perciò, perdono non per il "destino cinico e baro" di Saragat, o per colpa di fantomatici anti-liberali, ma per la loro inadeguatezza culturale, psicologica, politica, pratica. Ci sono fondati sospetti perfino sull'intelligenza stessa del loro ceto politico e sociologico. Un mediocre, infatti, dove andrebbe mai a nascondersi, secondo voi: in un partito estremista, comunista o fascista, dove ti controllano ed esaminano ai raggi X, oppure dove con la scusa della libertà dell'individuo non si chiede agli iscritti nessuna "prova del fuoco" o testimonianza ideologica, e dove spesso non si parla neanche di politica?.
E infatti tutti i suggerimenti, tutte le mozioni, tutte le modernizzazioni - a cominciare dai loghi, le intestazioni, gli slogan - tutte le esortazioni per una svolta, tutti i programmi per una Grande Rifondazione con Stati Generali di tutti i liberali italiani d'ogni tendenza, cadono nel vuoto, anzi generano ironie. I liberali ormai, dopo una lunga selezione al contrario, sono vecchi dentro anche quando giovani fuori, all'opposto dei Radicali, giovani dentro anche quando, come oggi, sono vecchi, come il giovane vecchio Pannella.
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CON TUTTI I SUOI DIFETTI, NON C'E' UN LIBERALE MODERNO CHE ABBIA FATTO PIU' DI LUI
Pannella, è vero, come i liberali PLI e PRI che con grande faccia tosta lo criticano, non ha fatto nulla per unire tutti i liberali, in quanto il suo personalismo narcisista ha prevalso. Ma spetta proprio a lui riunire i liberali? Lui si mise in salvo, e dal PLI se ne andò da giovane, come molti di noi (io, però, sono tornato alla doppia tessera ideale). E oggi, come non capirlo: in una ipotetica troika a capo di tutti i liberali unificati, con tutti i moderati o conservatori sedicenti liberali che ci sono in giro, pensate voi che uno come Pannella avrebbe qualche possibilità di esserci? Parliamoci chiaramente, andando di questo passo nella deriva reazionaria e clericale, chi pensate che ci troveremmo un giorno come portavoce unico dei Liberali Uniti? Meglio non scriverlo neanche.
Quindi, per favore, non spariamo proprio sull’unico di noi che ha fatto qualcosa per la libertà delle idee e per la giustizia liberale in 40 anni di vita politica italiana. Critichiamolo, punzecchiamolo amichevolmente, certo, ma nelle grandi scelte appoggiamolo senza se e senza ma. Perché con tutti i suoi difetti caratteriali e i suoi piccoli errori politici, era, è e resta il migliore di tutti noi.
Al di là delle etichette (tu liberale di centro, io liberale di sinistra, radicale, liberalsocialista), noto sempre con piacere che c'è fra me e te un'identità di vedute pressocché totale (anche nelle critiche ai radicali e a Pannella).
E' da tempo ormai che vedo rappresentanti dell'area laica accomodarsi in questo o quel posticino senza dare alcun contributo fattivo.
Quando rimangono fuori dai giochi, per scelta propria o altrui, cominciano a vagheggiare terzi poli (che quasi mai vengono alla luce) per le successive elezioni politiche o europee e ricordano sempre con tanta malinconia i "bei tempi" del CAF.
E scrivono, scrivono, parlano, parlano, senza mai lanciare un'iniziativa politica degna di questo nome.
Ma questi sono i fantasmi e non so nemmeno io perché bisogna perdere tanto tempo a parlarne ancora...
Sulle uniche iniziative liberali di questo Paese c'è sempre il marchio dei radicali, pare quasi un "monopolio di fatto"... Un radicale, o un amico dei radicali dovrebbe forse gongolare per questa esclusività?
Io penso di no, ma forse il problema non è se si aggiungeranno altre voci ed altre braccia a quelle dei compagni radicali, ma quanto durerà ancora l'attività di questa splendida, sgarrupata, ipertecnologica, esibizionista, "succube" del leader carismatico, baracca...
Il post era lungo (quasi pannellianamente smisurato), stimolante, preciso, ma anche emozionante per chi sa veramente di cosa parli, quindi spero di non averti annoiato per essermi dilungato anch'io nel commento.
Grazie!
Saluti radicali (anche se senza tessera...).
Filippo Modica
Http://Panther.ilcannocchiale.it
In quanto alla lunghezza pannelliana dell'articolo,
mi scuso. Ma ricordo ai lettori che sintetizzare, stringere, tagliare, vuole molto tempo,
e quindi lo faccio solo nel giornalismo o nei libri. Nei blog -almeno questo - scrivo in presa diretta, come se parlassi.
Questa volta il Nico-2 ha preteso almeno tanti titoletti per dare respiro e far scegliere.
E poi, credimi, Filippo, si trattava anche di parlare della mia vita, dei miei 20 e 30 anni, dei "favolosi" anni 70, e dei creativi anni 80. C'era, sia pure attenuata dalla dignità liberale che non ama gli esibizionismi, una partecipazione emotiva intensa. Che spero non si noti...
Mi sono rivisto attraverso la tua appassionata rievocazione. Anchio PLI e poi PR. E ora?
Inoltre gli articoli lunghi sono vere e proprie monografie per esaurire l'argomento e non parlarne più. Se sommi tutti i post che gli altri scrivono, e se consideri che scrivo pochissimo... alla fine è un risparmio di molte righe!
Anche a me piacerebbe fare tanti piccoli articoli ogni giorno.Ma, come ho già spiegato più volte, per me è troppo costoso perdere tempo per sintetizzare. Non ho tempo.
Ho trovato un compromesso accettabile: i titoletti. Così uno si legge il capoverso che lo attira di più.
Quanto alla lunghezza chilometrica del post, non volevo farti affatto una critica... Semplicemente appena ho visto la consistenza mi sono stupidamente spaventato (sai quante persone prima di leggere su Internet fanno una selezione in base alla brevità?), ma poi, proprio perché immaginavo la ricchezza del post (ti dico subito che l'articolo sul 20 settembre era il migliore che abbia letto in questo periodo) mi sono tuffato volentieri in questo mare...
Sull'individualismo liberale potresti scriverci un post storico-filosofico: per me l'individualismo non è egoismo, né incapacità di organizzare un lavoro comune, ma quella concezione antropologica che esalta l'unicità, la libertà, la capacità di autodeterminazione dell'uomo, di ogni uomo.
E' la carenza di tale individualismo che rende il popolo italiano così permeabile ai fenomeni clientelari, alle carriere di cordata, alla formazione di branchi, a quei fenomeni di selezione alla rovescia di cui parla De Marchi da anni ed anni...
E' questa la tragedia italiana!
Quanto ai politici che provengono dalla gloriosa tradizione liberaldemocratica, che dire? Erano diventati abilissimi a gestire la loro fetta di potere fino agli ultimi anni della Prima Repubblica, ma poi, se non sei democristiano, il potere ti logora anche se ce l'hai per tanto, troppo tempo...
La tua partecipazione emotiva si notava e ha contagiato anche me che sono nato alla fine degli anni 70 e che a quegli anni ha fatto sempre riferimento a costo di sembrare e forse essere vecchio.
Un caro saluto.
Filippo Modica
Secondo me sono frutto di una precisa strategia.
Hai delineato bene il complesso rapporto di identificazione-repulsione tra liberali e radicali. Fatto sta che i liberali che passano coi radicali poi non si vedono più in casa liberale. Tu sei l'unico (si vede che non sei iscritto radicale, ma solo simpatizzante esterno) che ancora vedo ogni tanto ai Congressi PLI.
http://www.nogod.it/ritratti.htm
e su
http://www.liberelaiche.it/donne_in_gamba.html
Confesso, sono un po' prevenuto nei vs confronti: non è che negli ultimi 60 anni avete, in media, brillato per attaccamento al lavoro, produttività e rispetto del cittadino che vi dà lo stipendio: lo avete guardato sempre dall'alto in basso.
Però non fate scena: deve ancora nascere un Governo italiano che va contro i suoi statali. Vedrete, "purtroppo" tutto si aggiusterà. Se dipendesse da me potreste guadagnare il doppio (fino al 100% in più a chi supera gli obiettivi di produzione prefissati per ogni Ente). Ma, di numero, eehm... sareste come la ricchezza e la nobiltà: "la metà della metà".
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