Ma che cos'è quest’improvviso cambio di scena attraverso il Tempo e lo
Spazio in quell’esagerato teatro barocco che è la Chiesa Cattolica Apostolica
Romana? Del resto, era nata come finta-rivoluzionaria, ma fu subito reazionaria e populista. E tornare indietro e battere le piazze e le città è sempre stata la sua
specialità. Ma oggi, che vuol dire questo ritorno - se mai se ne è allontanata - al feticismo fanatico delle reliquie (che neanche è vera religione, come ha detto in televisione il filosofo Umberto Galimberti), alla esibizionistica traslazione-ostensione – senza nessun
motivo plausibile, neanche una ricorrenza di date – di una salma, quest’assurdo
portare in giro e mostrare al pubblico impudicamente il cadavere d'un frate,
oltretutto discusso già in vita, biasimato e indagato da tre Papi, tanto da
rischiare di essere spretato, considerato esibizionista, imbroglione, perfino
lussurioso; ma poi stranamente – ecco il suo vero e unico miracolo – fatto "santo",
a sorpresa, da un altro Papa, anch’egli grande gigione, ben oltre il parere di
teologi e curiali, a furor di popolo?
Ora Padre Pio è costretto dal gesuita papa Francesco (quanto diverso da
Roncalli e quanto simile a Wojtila in questo!) a recitare anche da morto. Quale
parte deve recitare? Lo vedremo: sarà chiaro alla fine di questo articolo.
Intanto, lo portano in giro come mummia per l'Italia plebea, con tanto di
gendarmi: ben 800 giannizzeri pagati da noi Italiani, anche stavolta, non dal
Vaticano.
Una vergogna? Di più, molto di più, e peggio. Perché è una vergogna
complicata.
Torniamo ai secoli bui? È il segno tangibile della Restaurazione, si
dice. Questo appare ora ai superficiali, ma vedremo che è una finta, una
messinscena, come quelle che allestiva lo stesso Padre Pio. Anzi, è uno
sviamento di problemi, una distrazione orchestrata di massa. Altro che
laicizzare la società come pretenderebbe l’etica “edonistica” liberale; altro
che atteggiamento passivo di fronte alla crisi di vocazioni sacerdotali e di
fedeli nelle chiese; altro che fine della religione e trionfo dell’ateismo;
altro che debolezza imbarazzante di fronte all’Islam; altro che sostituzione
dell’antico fervore popolare col carisma del solito Papa istrione, altro che confronto
tra Family Day e Family Gay.
Quali altri significati potrebbe avere questa ridicola e inquietante
messinscena? Già da tempo urgeva riavvolgere all’indietro il film della storia
della Chiesa. Occorreva dire basta con questa Chiesa che rischia di apparire
laica, scettica, relativistica, razionale, perdente, di volta in volta
liberale, socialista, ecologista (be’, dopo quell’Enciclica...) o comunista.
Torniamo alla Chiesa vera – devono essersi detti gli “gnomi del
Vaticano”, gli oscuri uomini in nero bordato di rosso porpora – la Chiesa delle
narrazioni favolistiche, delle emozioni popolari, delle invocazioni e delle
urla isteriche (ricordate il “Santo subito!” ai funerali di Wojtila?). Una
Chiesa del cuore, non del cervello e, se proprio questio organo va usato, non
della corteccia cerebrale ma dell’ipotalamo. La religione non dei vivi ma dei
morti, non dello spirito critico ma dei miracoli, non dell’incenso dei
chierichetti ma delle ascelle del popolo grezzo che dal profondo Sud accorre in
treno o pullman a piazza S.Pietro, olezzante sali di acido valerianico, formico
e caprilico, per dirla con quel genio pazzo di Gadda.
Ma sì, devono essersi detti cardinali di Curia e lo stesso Francesco, visto
che la Chiesa dei ricchi intellettuali sarebbe povera, torniamo furbo paradosso
della redditizia “Chiesa dei poveri”, laddove i poveri ovviamente sono gli
spettatori passivi, la platea abbagliata dalla grandiosità e terribilità dello
spettacolo, il consueto, coloratissimo, teatro Cattolico che tanti frutti,
vocazioni e soldi aveva dato con Wojtila.
Nessun tour operator avrebbe potuto fare di meglio nell’organizzare per
mesi in silenzio e nel segreto (gli Italiani non dovevano saperne nulla; se no,
sai che ironie, proteste, problemi...) una simile full-immersion nei valori
antiquati e regressivi del Cattolicesimo: l’infantilismo, l’ignoranza, la
superstizione, la seduzione delle folle dei semplici. Il pensiero va ai tempi
delle masse sudate degli idiots du village, agli ottusi delle campagne del
Medioevo, insomma ai "chretiens" per dirla con Odifredi, e quindi
sotto sotto – del resto se la solo voluta – alla mercificazione, al santino, al
rosario portentoso, alle litanie che assicurano la salvezza, insomma all’imbroglio;
ma soprattutto al cospicuo biglietto del pullman della parrocchia o del
Vescovado, e ai modesti 50 euro di pernottamento negli alberghi clan destini
delle suore (quelli che spacciati per luoghi “religiosi” non pagato l’IMU), che
è quello che conta di più per mandare avanti la barca.
Soldi e commerci moderni, ma effetti antichi. Il cadavere del santo, ormai
quasi solo ossa, ricostruito e coperto di cera colorata, insomma è finto,una
vera e propria statua kitsch idealizzata che starebbe bene al Museo delle Cere
di piazza SS.Apostoli. Eppure ha sempre il suo fascino perverso sulle folle superstiziose.
Il morboso connubio ieros-thanatos, il sacro e la morte, attira sempre. Il
trionfo dei corpi che negano se stessi. O putrefatti o fatti polvere o
mummificati, sempre morti sono. Purché colpiscano l’infantile immaginazione
popolare con un invitante ribrezzo.
Eccoci riportati a un Medioevo barbaro e macabro che a differenza dei
civilissimi Etruschi-Romani, intinge il pane nei liquami della materia
organica, inala golosamente il fetore dei morti, e attribuisce ai “santi” che
non si lavano mai per disprezzo e vergogna del proprio corpo il massimo
dell’apprezzamento etico-olfattivo. “E’ morto in odor di santità”, dicevano i
cinici monsignori, maestri nell’arte dell’eufemismo e dell’ipocrisia, per non
dire: viveva ormai come un barbone.
Resta il monstrum, la stranezza della fiera al mercato del giovedi nei
villaggi dell’Ottocento, col ciarlatano che arringa gli ebeti del villaggio: "Venghino,
siori, venghino! Ché qui gli mostriamo una vera mummia parlante e benedicente,
in carne e ossa! Non c'è trucco, non c'è inganno! Fatti avanti, ragazzo. Senza
timore: tocca, tocca le piaghe purulente... Col nostro facile metodo di cinque
Ave, quattro Gloria e un Paternoster, rimettiamo a contadini e cavalieri,
vergini e maritate, tutti i peccati passati, presenti e futuri! Basta versare
il modesto obolo di euro 80 più Iva, pullman compreso, andata e ritorno! E' un
affare! Venghino, siori, venghino".
Vengono i brividi. La vista si appanna, il sole sparisce, il cielo si
oscura di nubi fosche, innaturalmente nere. Un film di Dreyer? No, ma una
saetta a questo punto ci sta benissimo (grazie, tecnico delle luci!). Chissà,
il popolo bruto crede alla messinscena, e attende il miracolo. Dio, o meglio il
presunto servo di Dio, “deve” farlo ‘sto miracule, se ha le palle, se è un
uomo. Aggio pagato ‘u biglietto d’u trenu, e lu miracule debbo vedé. Sinnò, nun
torno a lu paese!”
Ma chi non crede al miracolo e alla santità è proprio la Chiesa. La
Chiesa vera, quella che sta in alto, la più cinica, contrapposta alla Chiesa
che sta in basso, al popolino ignorante. Cinismo politicante e massmediatico,
perfino “scientista”, della Curia Romana, dei Cardinali, dei Papi, a partire da
papa Roncalli con la sua razionalizzazione e modernizzazione del Concilio
Vaticano II, contro l’insopportabile, sottoculturale e reazionaria
superstizione popolare? Così è, se vi pare. Ma allora, se i monsignori non ci
credono (non ci hanno mai creduto, perché Padre Pio è stato sempre combattuto,
e dai più alti esponenti della Chiesa), come mai ora cavalcano il mito popolare
d’un santo a furor di popolo e ne espongono in un tour mediatico le spoglie
mortali?
Per interesse, solo per convenienza, insieme economica, politica e di
immagine. Ecco una prima spiegazione dell’ambiguità della Chiesa sul fenomeno
Padre Pio e su altri problemi ed eventi di oggi. Ecco il crudele e spudorato
cinismo, la contraddizione stridente di chi dopo aver per 2000 anni predicato
spiritualità, estasi maniacali, visioni ed emozioni popolari, ora vorrebbe
trovare nella scienza prove sicure di questa religiosità maniacale. E non
trovandole, ovviamente, prende le distanze dal suo stesso volgo, che essa
stessa ha fatto nei secoli così ignorante. E allora, che cosa scegliere?
Nessuna, cioè entrambe le cose.
Così, a basarsi sulla pubblicità che deriva da questo ennesimo coup de
theatre è il Vaticano, o SCV, che però non è la Chiesa, è solo un Governo
amministrativo che si occupa di fogne e francobolli (e infatti sbagliano i
Radicali ad accusarlo di tutto, per non dover sparlare della Chiesa). I cinici
registi occulti, monsignori e cardinali, alcuni dei quali sicuramente scettici
e perfino atei, stanno altrove, nelle segrete stanze: sono quegli omuncoli
tutti uguali vestiti di nero o di rosso che stipulano contratti e legalmente rappresentano
– Papa o non Papa – la Chiesa Cattolica. Così poco credenti nella spiritualità
da far venerare agli incolti i corpi e le cose terrene. Ma sanno che ora la
Chiesa ha bisogno vitale di obiettivi e vittorie facilmente raggiungibili, di visibilità
mondiale e quindi di maggiore influenza, soprattutto di maggiori entrate, visto
che l’8 per mille sta calando. E i Giubilei ormai da soli non bastano più:
servono gli “eventi” mass-mediatici, i colpi di scena. Come le processioni per
l’Italia delle spoglie del frate più popolare, appunto. Anche a costo di
contraddire i pretesi poteri spirituali d’un Santo, che a rigore di teologia non
avrebbe bisogno di essere trasportato per diffondere grazia ed effetti
taumaturgici. E invece, no, è costretto alla stregua d’un laico baule qualunque
a valicare fisicamente città, montagne e valli, come se quel frate morto fosse
un buono a nulla, un insieme di ossa e pelle incartapecorita che anziché
librarsi invisibile nei Cieli e volare dappertutto, ubiquo e sempiterno come la
sua Santità vorrebbe, deve essere trasportato manualmente qua e là come un
volgare “collo” postale. E chissà se arriva, e se arriva intatto, dipende dal
camion e dalle buche.
Intanto, nel feticismo necessario, superstizione nella superstizione, si
crea spontaneamente un piccolo “indotto” economico, a metà tra golosità e
satira. Su internet sono apparse, diffuse dalla blogger Selvaggia Lucarelli, le
foto inquietanti di biscottini macabri e orripilanti a forma di “mani con le
stimmate”, come ha riportato
La Stampa attribuendoli a una giovane cattolica
inglese. Nessuno scandalo. Del resto, non esiste già una pasticceria devozionale
cattolica che riprendendo un’atavica tradizione pagana ci ha deliziato con le
“minne [mammelle] di Sant’Agata” e gli “occhi di Santa Lucia”.
Ma allora che cosa resta di quel monaco assai poco monaco – riferirono gli
ecclesiastici suoi contemporanei – accusato dai più noti e prestigiosi
religiosi (tra cui padre Gemelli, papa Giovanni XXIII, dom Franzoni ecc.),
medici e scienziati dell’epoca che più volte, non collegati tra loro, lo
avevano visitato, di essere un furbissimo mistificatore, un abile istrione, un
esibizionista patologico, un isterico, uno psicopatico, un autolesionista, un
malato mentale, un imbroglione, un profittatore che pare “studiasse da santo”
fin da giovane? Già nel 1919 due farmacisti della zona – riporta lo storico
Sergio Luzzatto – avevano testimoniato di avergli fornito sostanze chimiche
irritanti in grado di procurare e conservare le piaghe, come acido fenico e
veratrina. Poi venne a galla anche la tintura di iodio. Per papa Giovanni
XXIII, che da buon cattolico indagò anche sui rapporti ambigui e imbarazzanti di
“P.P.” (come lo chiamava nelle sue lettere) con le “sue” donne più fedeli, insomma
una specie di Rasputin di provincia con tanto di contessa plagiata, l’intera
vicenda di Padre Pio era “un immenso inganno”, il frate stesso non era che “un
idolo di stoppa”. Santo solo perché lo ha voluto il suo popolo, popolo
ignorante e pagante, profumatamente pagante, soggiogato dal suo carisma. E
ancor più perché troppi e scandalosi interessi speculativi si sono accentrati
su di lui, per poter distruggere il suo impero dalle uova d’oro. (v. la
spudorata industria della credulità sorta attorno a lui a S.Giovanni Rotondo,
perfino un ospedale, che il popolino ha sempre interpretato – ahimè a torto –
come il più indicato “per i mali incurabili”). Una vicenda inquietante ma anche
grottesca e ridicola, come una notte di tregenda rozzamente riprodotta con le
primordiali finzioni tecniche dell’epoca dei film muti degli anni Venti.
Per saperne di più, si veda: il saggio dello storico Sergio Luzzatto (“Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento”, Einaudi), la voce “Padre Pio da Pietralcina” su Wikipedia e l’articolo di A. Cazzullo sul Corriere della Sera (25 ottobre 2007).
AGGIORNATO L'11 FEBBRAIO 2016
# Nico Valerio 18:51