21 luglio, 2011

 

La Repubblica degli avvocati. Altro che “garantismo”: privilegi e cavilli per la Casta.

Benedetto Croce ed Enrico De Nicola (foto ripulita) Il grandissimo (e galantuomo) avvocato liberale Enrico De Nicola era talmente stimato che nessun partito politico, compresi i comunisti, si oppose alla sua elezione a Presidente provvisorio della Repubblica Italiana negli anni tumultuosi ma pieni di speranza del Dopoguerra. Mai confuse i diritti di libertà del cittadino con i propri interessi professionali o i pretesi diritti dei clienti da lui difesi in processo. Cosa che invece negli ultimi anni – che in futuro saranno tristemente noti come “Regime berlusconiano” – è accaduta. Ma oggi per “Repubblica degli avvocati” si intende una cosa del tutto diversa e per niente nobilitante. Con la scusa del “garantismo”, principio sacrosanto nel Liberalismo, complici anche certi gruppi politici, si intende che ogni mascalzone della classe politica, qualunque cosa abbia fatto di criminale, è assolutamente paragonabile al cittadino onesti “fino alla sentenza della Cassazione”. Eh, no, la classe politica ha l’obbligo morale e politico di “apparire”, almeno, più immacolata del cittadino comune.

Perciò, devo confessarlo (se non qui, dove? se non ora, quando?), alla notizia del sì all’arresto d’un Papa politico mi si è allargato il cuore. Un riflesso condizionato anticlericale? Non scherziamo. Oppure eccesso di rigorismo ottocentesco? Forse, ma certo non butto via l’occasione storica: un deputato, un giudice sospeso dal CSM perché la Magistratura lo ha rinviato a giudizio e ne ha chiesto l’arresto per reati che vanno dalla corruzione alla concussione, dall’estorsione al favoreggiamento (l’associazione per delinquere è ancora in forse), è stato eccezionalmente consegnato dalla Camera dei Deputati al giudice naturale. Così, la vicenda di Papa è diventata un simbolo, al di là della vicenda personale: una volta tanto (è appena la quinta volta in tutta la storia della Repubblica) una richiesta di arresto per un deputato è convalidata. Dopo decenni di omertà corporativa e mafiosa che ha coperto col mantello dei privilegi di Casta i reati – spesso molto gravi – dei parlamentari. Durante la XI legislatura, quella di Tangentopoli, i giudici si sono visti respingere 28 richieste d'arresto su 28.

Sarà poi la giustizia a fare il suo corso. E certo, i giudici si assumeranno le proprie responsabilità, se il Papa dovesse essere scarcerato per sopraggiunta prova dell’insussistenza dei reati dopo poche settimane o mesi. Ma con le attuali imputazioni, che si riferiscono a ben dieci episodi – calcolano gli esperti – il deputato incarcerato potrebbe essere condannato a 12 anni di detenzione.

Quel che è certo, è che con le polemiche sulla Casta che salgono da ogni dove, pochi deputati se la sono sentita stavolta di apparire morbidi agli occhi della stampa e degli elettori. Ne è andato di mezzo un deputato, chissà, forse non peggiore di altri, come dicono cinicamente gli innocentisti? Visto il livello morale della classe politica, sarà pure vero, ma questo non esimerebbe di sicuro il singolo politico “corrotto come tutti gli altri” dal dover pagare fino in fondo per i suoi reati. Anche se, è incredibile, la Casta conserva i suoi privilegi perfino in carcere. Papa, infatti, anche in cella conserva il diritto allo stipendio di parlamentare e può presentare proposte di legge, mozioni, interrogazioni e interpellanze. Potrebbe perfino votare con l’autorizzazione del giudice. Per la decadenza da deputato ci vorrebbe una sentenza di interdizione dai pubblici uffici, ma – campa, cavallo – il processo a suo carico non è neanche iniziato.

Lo “Spirito del Tempo” voleva qualche vittima, finalmente, tra la classe politica. Del resto, gli ultimi anni hanno visto decine e decine di politici e ministri sotto processo, e spesso per reati gravi. I cittadini, perciò, vorrebbero che finisse questa selezione al contrario dei candidati al Parlamento, diventata spudorato sistema da quando al Governo c’è Berlusconi. Il Parlamento è oggi un vero refugium peccatorum. Sembra quasi che l’uomo ideale per entrare in politica, soprattutto nel PDL, sia quello che ha guai con la giustizia. Le espressioni popolari di “traffichino” e “maninpasta” gli si attagliano perfettamente. Ben 84 sono i parlamentari già condannati o inquisiti, per reati che vanno dalla concussione al collegamento con organizzazioni mafiose. Primo in classifica, naturalmente, il berlusconiano PDL. Peggio ancora nelle Regioni. La Sicilia, ovviamente, ha il primato: 28 consiglieri su 90, praticamente 1 su 3, sono indagati o sottoposti a giudizio. Senza che la “buona” borghesia palermitana e siciliana protesti o trovi un residuo di moralità per isolare i mascalzoni o almeno indignarsi: ecco come si spiega, poi, la sua nostalgia per i Borboni!

Come non comprendere, allora, l’esasperazione di quell’altra parte di cittadini italiani che è ancora onesta e meritevole? E’ cinico e mafioso accusarla, in questa situazione di degrado morale generalizzato, di “giacobinismo” o “giustizialismo”. Anzi, sono degli eroi. I conservatori e anarchici, che hanno la furbizia di fingersi “liberali”, non battono ciglio per i reati e la disonestà della classe politica, anzi vanno cianciando di liberismo come terreno di caccia di “sani spiriti animali”, ma poi si rivoltano quando qualcuno cerca di reprimere quei reati e punire i colpevoli. Certo, con gli errori inevitabili. Prima di accusare la voglia di legalità di una parte dei cittadini di essere sbrigativa e di passar sopra ai cavilli giuridici a difesa dell’imputato, prima di scagliarsi contro i Pubblici Ministeri e i Giudici, bisognerebbe aver almeno tentato di ridurre l’illegalità e la corruzione in Italia. Cosa che sia gli anarco-libertari, sia i legulei e formalisti del diritto che ora si stracciano le vesti non hanno mai fatto. Insomma, la protesta, sia pure sommaria dei cittadini è sacrosanta, anche e soprattutto per un liberale, che si aspetta piuttosto che un parlamentare non sia neanche sfiorato, non dirò dalla condanna, ma addirittura dalla Giustizia. Altro che attendere la sentenza della Cassazione! Insomma, è il giudizio etico-politico che deve prevalere su quello tecnico-giudiziario. Eppure, questa decisione della Camera, sia pure sofferta, a sorpresa, per alcuni eccessiva, è stata vista dai cittadini, forse un po’ ingenui, come un primo segnale forte per porre fine all’impunità per i politici e la Casta. Basta, dice la gente, arrestato un Papa, non se faccia un altro.

Che dite, secondo voi ha giocato l’impazienza popolare per le ingiustizie e i privilegi dei potenti? Io dico di sì. Anche se il Senato non si è mostrato altrettanto severo, ed ha “graziato” il sen.Tedesco (PD). “Pericolo di giacobinismo”, “prepotenza dei giudici”, “governo della piazza”? Macché, a dire queste sciocchezze sono stati – fateci caso – o politici del PDL o giornalisti pagati dalla Destra, o avvocati, che ovviamente tirano l’acqua al proprio mulino. Del resto, il provvedimento lo ha deciso la stessa Camera dei Deputati. Si potrà obiettare sul piano tecnico – dicono i giuristi – che visto che non c’era pericolo di fuga e di inquinamento delle prove, la custodia in carcere poteva essere evitata, ma la Magistratura ha scelto diversamente. E la Camera si è adeguata. Con un atto politico, quindi basato anche sul senso della opportunità.

Dunque, io non mi straccio le vesti per gli eventuali errori formali da parte dei giudici, e non mi scandalizzo per questa curiosa immediata adesione della Camera, anzi, vi confesso che godo “per compensazione”, pensando alle centinaia di reati dei politici – ben più gravi di questo – che in passato non sono stati perseguiti per il mancato placet del Parlamento. Ma come, tu liberale? Certo, malgrado io sia (o forse proprio perché sono) un liberale risorgimentale, e perfino un radicale, sia pure dissidente. [Ma stavolta i Radicali in Parlamento hanno giustamente interpretato lo “Spirito del Tempo”, cioè il valore liberale dell’indignazione popolare]. Questo è il punto del problema: l’inversione di tendenza. Finora si dava credito solo alle tesi degli avvocati, oggi finalmente qualcuno dà credito – per una volta – alle tesi dei magistrati.

Ecco a che cosa ha portato la campagna delle reti dei cittadini contro la Casta, per la moralizzazione della politica e per il Bene comune. E in questi temi idealistici ritrovo un po’ la mia adolescenza. Da critico della classe politica fin dai miei sedici anni, quando leggevo il Mondo di Pannunzio e la Tribuna. Allora, noi Giovani Liberali, a differenza di quelli di oggi, inquinati dalla mentalità super-individualista e iper-liberista alla Reagan-Thatcher (che non furono liberali, sia chiaro, ma ultra-conservatori), e dai metodi strafottenti e anarcoidi del berlusconismo, eravamo giustamente severi contro la corruzione e la disonestà, eravamo consapevoli, insieme con i cugini repubblicani, di impersonare un “ideale partito degli onesti” contro il “partitismo”, e avevamo il “senso dello Stato”, sia pure liberale. Insomma stavamo sia con Croce che con Einaudi. E poi il linguaggio! Non avevamo modi da estremisti, spazientiti e strafottenti. Due nostri miti erano Bozzi e Valitutti, altro che l’anarco-capitalista Rothbard! E non parlavamo come cinici avvocaticchi del Sud abili a districarsi utilitaristicamente nel formalismo giuridico dei nostri Codici e a dividere ogni capello in quattro (“tessarotricotomisti” li chiamo) in favore del proprio cliente super-pagante, ma mostravamo indignazione verso i disonesti e un sano disprezzo risorgimentale verso i machiavellici, corrotti o comunque interessati “professionisti della Politica”. Eh, come sono cambiati i Liberali in questo Paese! Sembrano sempre più attenti alla forma, ai trucchi, alle scappatoie, che alla sostanza delle cose! Ma liberale non è, non deve essere, non è mai stato, sinonimo di cinico. I grandi liberali del passato erano anche dei grandi idealisti, e attraverso la politica perseguivano anche un grande disegno etico.

Il discorso, perciò, si allarga e diventa generale. Perché i grandi Autori liberali hanno insegnato che un uomo di Governo, un politico, non deve avere più diritti e meno doveri di un cittadino qualunque, come accade in Italia, ma semmai l’opposto: più doveri e meno diritti. Perché non solo deve essere, ma deve “sembrare” onestissimo. E’ anche per questo che è votato. Come infatti teorizzano nei Paesi anglosassoni. Dove i parlamentari si dimettono non perché condannati con sentenza passata in giudicato, come vorrebbero in Italia, ma solo perché “sfiorati dal sospetto”. In Italia, invece, e questo è il vero scandalo, la faccia di bronzo è tale che si attendono i rinvii a giudizio o addirittura le sentenze… E poi, facendo credere che la libertà del Parlamento e la dignità di un politico consistano nella buona difesa degli avvocati, e anzi insinuando che tutti i parlamentari siano potenziali “vittime” della Giustizia, a Isernia e a Palermo, a Milano o Messina, si sentono con grande faccia tosta addirittura più “liberali” che a Londra e Glasgow! Ma se è così, visto che mancano del minimo di sensibilità politica e buoncostume sociale, segno che sono in politica solo per poter arraffare quanto più possono, e perciò non si dimettono neanche a cannonate – come invece è obbligatorio nei Paesi liberali – vanno cacciati con la legge, e a questo punto anche utilizzando quei cavilli a cui loro stessi ricorrono. E altro che ad un fumus persecutionis, ad un sospetto di persecuzione da parte dei giudici, bisogna stare attenti, ma semmai al più leggero venticello di voci e sospetti. Tanto delicata è, infatti, in democrazia liberale la posizione dei rappresentanti dei cittadini, che il sia pur minimo privilegio, la più piccola scorrettezza, il più piccolo reato, sono visti come il fumo negli occhi dai cittadini. Altrimenti si determinerebbe un vero e proprio classismo dei Protetti e Potenti contro i non protetti, cioè una arroganza di Potere senza pari. L’opposto dello Stato liberale. Insomma, con gente di tal fatta, “ad arrogante arrogante e mezzo”, l’accusa sempre meglio della difesa. A così tanta esasperazione hanno condotto i cittadini.

E poi basta con la difesa della Casta politica, solo perché ci ricatta con la “Democrazia” (notate le virgolette?) di cui si è impossessata senza merito e solo per guadagni personali. Va a finire, secondo loro, che i “costi della politica” sono i “costi della Democrazia”. Noi cittadini, tanto più in uno Stato liberale, siamo la controparte naturale, i controllori impietosi e costanti, gli avversari istintivi, dei politici di professione e dei Governi. Non i loro complici o avvocati. Noi siamo i cittadini elettori, cioè “consumatori” di beni e servizi pubblici e politici, loro sono i cittadini “produttori” per noi e in nostro nome. Non dobbiamo difenderli, ma criticarli e pungolarli senza pietà.

Certo, siamo garantisti. E allora? Certo, veneriamo la divisione dei poteri cara a Montesquieu. E che c’entra? Dunque, siamo liberali veri, completi di tutto, che non badano solo al formalismo e che conservano l’intelligenza, cioè il buonsenso. Non apparteniamo ad una banda di anarchici, o ad un circolo di avvocati di provincia, ma ad una dottrina che governa i grandi Stati dell’Occidente con un’arma implacabile, tipica del Liberalismo: la Legge. E che deve garantire, in pratica, le libertà e l’uguaglianza nei diritti a tutti, costi quello che costa. Legge che è la sola garanzia di libertà, perché distingue il criminale, il prepotente, il furbo, dagli onesti. E i diritti di libertà di tutti si difendono colpendo chi attenta a questi diritti.

Se io fossi un criminale, credetemi, mi rifugerei in uno Stato dittatoriale e dunque corrotto o corruttibile, e fuggirei da uno Stato liberale. Perché tutti sanno, tranne in Italia, noto Paese illiberale dove anche la stragrande maggioranza dei sedicenti “liberali” sono in realtà conservatori, che ancorché umana la Giustizia di uno Stato Liberale è, deve essere, più severa e implacabile, perché a differenza della dittatura ha il consenso preventivo dei cittadini. E non è giusto che il disonesto sia trattato come l’onesto. Io protesto, la vedo come una grave ingiustizia. Facciamo tanto per mantenerci onesti, patiamo danni per questo, e poi arriva dal profondo Sud un qualche deputato, un privilegiato, uno che non ha meriti né intellettuali né morali superiori ai nostri, che deve essere “perdonato” per principio, solo perché deputato?

Proprio in Italia, poi, questa difesa corporativa appare inopportuna e imbarazzante, perché il Paese è in declino proprio a causa del secolare disprezzo per la Legge delle regioni del Sud, che ormai si sta estendendo anche al Nord. E i cittadini italiani, pur avendo le loro gravi colpe, sono stufi della giustizia con due pesi e due misure: una per il cittadino comune, un altro per i potenti delle Corporazioni. Dunque c’è anche insensibilità psicologica e cinismo nei potenti e nei loro dipendenti che ora protestano per il sì della Camera all’arresto di un deputato. Dicono che è eccessivo e inutile. Quale insolita delicatezza! Magari la avessero per i problemi del semplice cittadino! Non afferrano l’indignazione, l’esasperazione della gente dopo tante prevaricazioni? Basta con i parlamentari “disuguali” di fronte alla Legge rispetto ai cittadini comuni. E, si badi, l’uguaglianza di fronte alla Legge è il cardine n.1 dello Stato di Diritto, cioè liberale. Ancor più della separazione dei Poteri. Che qui comunque non è minimamente toccata: è il libero Parlamento che ha deciso.

E basta, infine, con gli avvocati in politica: ce ne sono troppi in Parlamento, come lamentava già Cavour. Sono lontani i tempi gloriosi dei grandi avvocati liberali: o democratici, come Rattazzi, Cocco-Ortu, De Caro, Calamandrei, Villabruna e molti altri, oltre al già citato De Nicola. A vederli operare in politica, ci si dimenticava che erano o erano stati avvocati. E perfino tra i Mille garibaldini si contavano almeno 14 avvocati. Anche in tempo recenti abbiamo avuto avvocati impegnati in politica con grande dignità e senso dello Stato: Mellini, De Cataldo, Fortuna, Milio, Pisapia ecc. Oggi, però, nel Parlamento italiano ci sono ben 134 avvocati, cioè il 14 per cento dei parlamentari, un record mondiale. E’ avvocato (commercialista) perfino il ministro dell’Economia. E gli avvocati detengono la maggioranza nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato (come si legge nel sito di un avvocato e soprattutto nel bell’articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera). Una specie di “conflitto di interessi”: gli avvocati prima fanno le leggi – scrive Rizzo – poi le interpretano e le applicano. Perché in Italia un parlamentare avvocato, di solito, continua a difendere in giudizio. Una pacchia. Che direbbero loro se così tanti giudici sedessero in Parlamento? Che sarebbe aggirata, nientemeno, la divisione dei poteri teorizzata da Montesquieu! Nessuno contesta la loro importante funzione, ovviamente, però in Italia gli avvocati sono i più numerosi (circa 220 mila) e più protetti al mondo, e per colpa di un sistema giudiziario troppo formalistico finiscono per essere responsabili con i loro cavilli dei tempi lunghi della Giustizia. L’era berlusconiana, infine, ha dato il colpo di grazia alla categoria, perché sono stati fatti eleggere parlamentari gli avvocati personali del Premier. Inutile cercare, quindi, grandi idealità nella carriera politica degli avvocati di oggi. Sono eletti più per le loro conoscenze tecniche, utili alla Casta, che per i loro spessore politico. Eppure, sia dentro il Parlamento che fuori, continuano ad essere una potentissima lobby trasversale che influenza molto i giornali e le tv, e forma le idee correnti della società. A sentirli parlare – la loro specialità – finisci per dargli sempre ragione. E hanno la furbizia di parlare dappertutto, soprattutto negli ambienti laici: basti pensare allo spazio che hanno a Radio Radicale e in tutta l’area liberale. Ma il loro capolavoro di persuasione è dare ad intendere furbescamente – proprio loro che non dovrebbero manifestare idee o preclusioni morali, dovendo difendere chiunque – che la loro professione privata, spesso tra le più ricche, sarebbe in realtà quasi una sorta di missione etico-politica da compiere in nome della Libertà di tutti. E forse ci credono, perfino: per loro, difendere il peggior criminale della Casta significa “difendere la Libertà e la Democrazia”, nientemeno. Una mistificazione, di cui gli avvocati-politici sono maestri. E molti, nell’area garantista e liberale, ci cascano.

Il problema è anche di mentalità, psicologico, dunque. Come mai il “liberale” italiano tipico tende ad identificarsi con l’imputato, ovviamente “innocente”, e mai con la Legge, che è il baluardo unico dello Stato liberale, come invece fa d’istinto il liberale anglosassone? Certo che i diritti di libertà e le garanzie giuridiche del cittadino sono fondamentali per noi liberali, ma lo devono essere per tutti, non solo per la Casta. Cosa che i migliori avvocati hanno capito. Ma, ricordiamolo sempre, i problemi di libertà e giustizia non sono degni di nota solo se coincidono con gli interessi della classe forense, come il garantismo non è rilevante solo se di tratta di salvare il singolo potente. Esistono anche e soprattutto le esigenze di moralità di una società e le garanzie di uno Stato liberale. E la Giustizia, l’ordine che viene dalla certezza e immediatezza del diritto, è fondamentale per le Libertà.

Quindi di che cataclisma si va ipocritamente cianciando in questa “Repubblica dei Disonesti” che è diventata l’Italia? Per fortuna abbiamo un Presidente della Repubblica, che, benché ex comunista, per senso dello Stato, visione etico-politica e buonsenso ricorda curiosamente il liberale Einaudi. Teme, Napolitano, che le "comprensibili insofferenze" dell'opinione pubblica per i privilegi e i costi della politica potrebbero trasformarsi in "pericolosi umori antidemocratici", se i partiti non correranno ai ripari con "tangibili correzioni del costume politico". Ma aspettando la “Repubblica degli Onesti”, nel frattempo, come non dobbiamo ricorrere per emergenza ad una giustizialista Repubblica dei Giudici, così, a maggior ragione, dobbiamo vigilare perché non s’instauri neanche (mentre invece si rischia proprio questa, ammesso che già non ci sia, e sarebbe ben peggiore) un’innocentista Repubblica degli Avvocati! 
NICO VALERIO

IMMAGINE. L’avvocato napoletano Enrico De Nicola, bella figura di liberale, incontra Benedetto Croce ai tempi dell’Assemblea Costituente.


Comments:
Certo, no alle repubbliche degli avvocati così come bisogna dire no alle repubbliche dei giudici (ma quando mai gli avvocati hanno invocato loro repubbliche? E' invece successo ai giudici, temo). Intanto Papa è un magistrato, non un avvocato. Tedesco è un dirigente della sanità, non viene certo dal foro.
 
Gli avvocati, come ho integrato meglio riscrivendo la filippica, fanno lobbing incessante ovunque, dentro il Parlamento e fuori. L'Italia è già la Repubblica degli avvocati. E questi confondono abilmente i loro guadagni con una sorta di missione in favore... della Libertà di tutti. Figuriamoci. Il che spiega tutto.
 
Mi sembra assolutamente condivisibile, almeno dal punto di vista del povero cittadino qualunque. Non so che cosa abbia fatto questo Papa, ma se un magistrato ne chiede l' arresto, qualche grave indizio o magari prova inconfutabile c'e', non e' credibile la storia del fumus persecutionis, quanti altri magistrati lo hanno incriminato? L'ira di Berlusconi e' per lo meno sospetta, certo Papa sa molte cose di casa PDL...
 
Bravissimo! Mi hai tolto le parole di bocca.
 
Grandioso davvero, quasi un manifesto etico-politico!
 
Fare lobby non è crimine e non è un peccato, almeno non mi risulta. Non è neanche un crimine nè un peccato sostenere le proprie tesi con degli argomenti, soprattutto quando a questi argomenti si può controbbattere e rispondere come fanno i magistrati, con argomenti che sono identici anche se rovesciati e con maggiore efficacia e maggior danno per la collettività, come si può notare dall'andamento di certe inchieste e di certi giudizi succedutisi negli ultimi anni, innanzitutto sui cittadini e al di là di quel che sta succedendo a Berlusconi o ai suoi parlamentari magistrati come Papa, che è appunto un magistrato in aspettativa. Gli avvocati, poi, te li puoi scegliere e gli puoi revocare il mandato; i magistrati non te li puoi scegliere e, ormai, non puoi neanche più sperare di essere giudicato dal tuo giudice naturale, come previsto anche dalla costituzione. Gli avvocati, poi, se stanno in parlamento (e se quindi fanno parte di un potere) è perchè qualche elettore li ha votati, mentre i magistrati costituiscono un potere nel complesso, reclutato con concorso, e tutti voi sapete come vanno i concorsi in Italia. Fidando in questo potere, che dovrebbero esercitare nel complesso, mentre singolarmente sono solo i rappresentanti di un ordine (quello giudiziario) e devono limitarsi ad applicare la legge, hanno una vasta influenza sulla società italiana, che è sproporzionata rispetto al ruolo che dovrebbero avere in essa: altro che Lobbing.
 
Non che io voglia fare l'avvocato d'ufficio degli avvocati, ma mi pare assurdo che una requisitoria che in altro caso sarebbe pure condivisibile, sia praticamente utilizzata verso un'unica categoria, utilizzando contro di essa strumentalmente il caso che coinvolge per di più non un avvocato, ma un magistrato in aspettativa. E' semplicemente assurdo, al di là del merito di quanto scritto da Valerio, che diveramente potrebbe pure essere condivisibile.
 
Sì, lo so, non va giù la provocazione sull'abnorme peso parlamentare e sociale degli avvocati in Italia, e solo in Italia. Lo avevo preventivato. A nulla serve che mi obiettino che l'imputato Papa è un magistrato. Certo, ma è difeso da mezzo parlamento con una mentalità da avvocati più che da liberali. E' la "mentalità da avvocati" non certo una professione che io contesto. Cioè il voler dare ad intendere che la Difesa sia più liberale dell'Accusa. Una degenerazione libertaria (o libertina?) che parte da una psicologia e diventa malcostume politico. Perché allo stesso modo si difende la Casta.
 
Fare lobby non è certo un crimine, ci mancherebbe. Tanto è vero che nei palazzi di Governo a Washington ci sono stanze istituzionali riservate alle varie lobbies, cioè gruppi di pressione. Ma, per prima cosa, in Italia le lobbies sono sotterranee e non alla luce del sole, in secondo luogo sono troppo forti, e non trovano lobbies antagoniste altrettanto forti. Per esempio una lobby dei cittadini-consumatori, che metterebbe a posto parecchie lobbies di professionisti. Insomma in Italia certe lobbies sono monopolistiche. Godono di illiberali rendite di posizioni. E allora, sì, devono preoccupare un liberale, anche perché - de iure condendo - potrebbero essere perfino ritenute illegali. A proposito, quando si stabilirà per legge che è illegale influenzare solo da una parte, senza aver sentito i rappresentanti dell'altra parte, la vita economica, sociale e civile?
 
La mentalità da avvocati non è un problema degli avvocati, così come la mentalità da farmacisti non è un problema dei farmacisti (lo dico perchè dove vivo io, se uno è tirato e poco propenso a dare agli altri, gli si da del "farmacista"), la mentalità da medico non ha nulla a che fare coi medici (che forse devono appunto agire con una certa mentalità), la mentalità da filosofo non è un problema dei filosofi, etc... Ovviamente se qualcuno agisce, in buona o cattiva fede secono l'imprinting di una mentalità che non gli è propria, anche solo perchè non possiede a monte una preparazione anche solo civile ed elementare per sostenerne il peso (e magari appunto perchè è in cattiva fede), non è un problema di chi, come l'avvocato, fa una professione che è ovviamente connessa a certi modi di fare, di pensare, di agire. Se un avvocato, poi, ottiene l'esito di convincere gli altri e di ottenere la salvezza per il reo che difende (che spesso può essere appunto innocente, più di quanto si pensi), allora è un ottimo avvocato e anche un ottimo cittadino, dato che chi fa bene la sua professione lo è, anche i maggiorenti liberali che cita sarebbero stati d'accordo. Se poi oggi i politici fossero professionisti nel vero senso della parola allora staremmo veramente nello stato ideale. Il discorso sulle lobby, ovviamente anche con gli argomenti da lei proposti nell'ultimo messaggio, è un discorso che va declinato in generale e che non si può mettere sul groppone agli avvocati o solo ad essi, ovviamente. Le lobby dei cittadini-consumatori comunque esistono e, a parte una sparuta minoranza, gli avvocati (che ormai in Italia sono oltre 260000) non sono strapagati, come scrive nel suo articolo ... "spesso strapagati" non basta, perchè anche così non va. Poi si può anche essere per l'abolizione degli ordini e delle casse di previdenza separate, cosa per la quale sono d'accordo anche io, però si ricordi che non è così che si risolvono tutti i problemi di sistema, che in Italia appunto derivano da una legislazione in materia che è corporativa alla fonte e sulla quale gli ordini come li conosciamo oggi non è che abbiano inciso più di tanto, anzi spesso per niente. Basti pensare alla legge sull'ordine dei giornalisti, che va a realizzare un vecchio progetto fascista che voleva appunto eliminare il pericolo rappresentato dai troppi avvocati liberali e socialisti che, soprattutto nei capoluoghi di provincia, dirigevano importanti giornali e fogli di informazione, non necessariamente anti-fascisti ma anche solo equanimi e attenti all'evoluzione della società e spesso critici verso il nuovo regime. Il fascismo stesso non considerava bene gli avvocati, questo è notorio ... quindi attenzione.
 
Ovviamente all'inizio della mia risposta volevo scrivere "la presunta mentalità".
 
Ah, un'ultima cosa: la difesa non è necessariamente più liberale della accusa ... anche perchè non sempre paga questo discorso, quindi certe volte persino la difesa deve essere "giustizialista" per ottenere il rilascio del cliente, l'ho visto più volte nelle corti, come nel caso di un noto spacciatore latino-americano che davanti ad una corte era difesa dall'avvocato che ammetteva l'atto contestato, chiedeva scusa e, nel contempo, convinceva la corte a rilasciarlo dal carcere mantenedolo solo in residenza obbligata nel comune dove abitava (misura blanda, tanto soprattuto per il giudice che la impartiva, per cui persino i poliziotti che erano presenti e conoscevano la tendenza giustizialista dell'onorevole decisore, si complimentavano col giovane difensore). Persino una difesa di un parlamentare per cui si chiede l'arresto può essere giustizialista e portare ad un voto favorevole, in certi casi può pagare... Non riesco a ricordarmi l'esempio, ma in passato c'è stato qualcosa persino. La difesa è comunque un diritto, è quella che deve convenire al difeso nel caso concreto ed è invece illiberale contestare qualsiasi tipo di difesa, di qualunque cosa si tratti; piuttosto ci si metta a sostenere l'accusa (ma in Italia ce n'è proprio bisogno?), se si vuol utilizzare bene il tempo, piuttosto che fare intemerate provocatorie contro una categoria in particolare, la sua presunta mentalità e contro la difesa che è intesa come più liberale dell'accusa (affermazione che può risultare anche risibile).
 
Ecco, perfetto, ha sintetizzato benissimo il mio pensiero sottostante: "la mentalità da avvocati non è un problema degli avvocati". E' proprio quello che tento di spiegare. Quindi non mi riferivo alla professione. Alla professione imputo però di avere costituito una lobby troppo potente, per colpa anche della debolezza di lobbies contrapposte. Insomma, torniamo al punto: ci sono troppi avvocati nel Parlamento italiana. Ho aggiunto qualche dato. Tratto dal sito di un... avvocato..:-)
 
Beh, se è troppo potente allora io intensificherei la critica alle altre lobby e, soprattutto, ad un sistema che è comunque iniquo a prescindere dalle posizioni, dagli atti e dalla stessa esistenza degli avvocati e del loro ordine (che, se la situazione di sistema continua a essere tale, vale poco abolirlo che non cambia niente, anzi! Rischia di essere una autorete, se il contesto non evolve ... e per di più in una direzione "virtuosa", ma le colpe non sono assolutamente degli avvocati).
 
Se poi portano acqua al loro mulino, e sanno anche farlo, bravi e meglio per loro (e, certe volte, meglio per tutti).
 
Infatti nessuno contesta il dato che gli avvocati sono i professionisti più rappresentati, ma non c'entra nulla coi problemi di sistema. Sarei anzi curioso di sapere i dati della loro presenza in tutti i periodi e legislature, in particolare del periodo pre-fascista. Probabilmente si scoprirebbe che è quanto meno costanze, e il dato sarebbe più o meno costante anche per le altre categorie. Forse è anche perchè se sei un avvocato sei più portato a candidarti in parlamento (e forse sei pure più portato in generale a lavorarci).
 
Sommessamente, mi pare che il problema non sia tanto quello di dar più ascolto, in quanto più o meno liberali, alle argomentazioni della difesa piuttosto che a quelle dell'accusa ma proprio di sbarazzarsi della logica dell'argomentazione giudiziaria che è, o dovrebbe essere, *altra* rispetto a quella politica. Esempio concreto: in tribunale posso tranquillamente giustificarmi dicendo che una ragazzina minorenne è riuscita a gabbarmi; se lo faccio da presidente del consiglio i miei colleghi di partito e i miei elettori dovrebbero cacciarmi a pedate in quanto evidentemente inadatto per capacità cognitive o morali a ricoprire la carica. Certo, se si comincia a dire che per rendere opportune le dimissioni di un politico ci vuole la sentenza di Cassazione invece di ciò che i fatti rivelano è chiaro che ci si impiglia in discussioni giuridiche infinitamente cavillose ("quale formula di condanna? e la prescrizione? e il patteggiamento? ecc.") ma a mio avviso è proprio la posizione di chi pretende che a certificare l'imprensentabilità dei poltici debba essere la magistratura ad essere giustizialista (mentre il garantismo riguarda proprio altre faccende).
 
Panda, credevo che questo concetto ci fosse. Ma se non l'hai afferrato vuol dire che nel gioco della consecutio temporum il concetto si è diluito. Ora provvedo a renderlo più esplicito.
 
Caro Nico, tu sei chiarissimo, sono io che sono ripetitivo.
Nell'occasione vorrei però spezzare la proverbiale lancia a favore degli avvocati in politica ricordando un caro amico di mio nonno, avvocato perlamentare sorretto da un granitico ethos liberale: Bruno Villabruna. A dimostrazione (ma chi ne ha mai dubitato?) che si può onorare sia la politica che la professione.
 
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