20 aprile, 2011
“Santo subito!” Dal nostro inviato ai funerali di papa Giovanni Paolo II, futuro San Karol
Se non ora, quando? Le malelingue dicono che la Curia ha affrettato i tempi, perché la memoria della gente, dagli anziani ai “Papa boys”, si sa, svanisce presto. Ma anche per reagire alla caduta verticale di popolarità del Papato (con tutte le inevitabili conseguenze negative sul business del turismo religioso, Romana Pellegrinaggi in primis) che viene imputata all’understatement del timido Ratzinger. La Chiesa avrebbe deciso, così, di attingere a man bassa, per rifarsi, a quel che resta del carisma da Grande Attore che Wojtyla si porta dietro anche da morto. I dietrologi, poi, insinuano che si tratti addirittura di una promessa, d’un gesto dovuto per riconoscenza, da parte di chi fu onorato del ruolo di consigliere numero uno di Giovanni Paolo II. Fatto sta che ora che papa Karol, contro una tradizione secolare della Chiesa, sta davvero per essere beatificato (1 maggio), incredibile a dirsi, appena sei anni dopo la sua morte e senza aver fatto praticamente nulla delle cose che dovrebbe fare un vero "beato" per bene, va assolutamente riproposta la cronaca dei suoi funerali, quelli del famigerato e cinico popolo dei telefonini venuto dalla provincia profonda, che scherzando e ridendo urlava “Santo subito” in un modo ritmato che dava fastidio perfino agli atei, come se si trattasse d’un cantante rock o del protagonista del Grande Fratello. Se non ora, quando? La pubblicammo sulla graffiante e satirica Newsletter quindicinale del Salon Voltaire: era il n.24 dell’11 aprile 2005. La trovate anche nell’indice sul colonnino, con l’originaria impaginazione, a firma di quel mangiapreti del barone Peppino d'Holbach:
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San Karol: 10, 100, 1000 Padre Pio
MA SUL CRUSCOTTO NON C’È POSTO
Quando si dice "dare il cuore". "A questo punto potrebbero farlo anche martire…", ha detto, in conflitto d’interessi, il proprietario d’un negozio di ricordi religiosi di via della Conciliazione. Un dito, un piede? Qualcosa di più: di Lui volevano il cuore. E la formalina per conservarlo? No, quella l’avrebbero comprata a Cracovia, ché là costa pure di meno. Con una richiesta d’altri tempi, la Polonia, forte d’un esercito di 38 milioni di pallidi, magri e invasati devoti, pretendeva, se non il corpo intero, almeno una "reliquia importante" del suo emigrato di maggior successo dopo Chopin. Da adorare nei secoli a venire con calma e in silenzio in Patria. Basta con le urla, gli striscioni, il teatro, gli slogans, le chitarre, gli applausi di quei meridionali esibizionisti senza pudore, laggiù a Roma.
Niente meraviglia: siamo al 1630° anniversario dell’invasione della Polonia da parte degli Unni. Nel cuore, per loro, c’era l’anima, il coraggio e perfino il pensiero dell’Eroe. E anche per i Cristiani ("Sacro Cuore"). Questo è, allo stato dell’arte, il feticismo idolatrico del cattolicesimo dei wojtiliani orfani di papa Wojtyla.
E in Italia? Tranquilli, non c’è pericolo: in confronto, Formigoni e la Bindi, Buttiglione e la Pivetti sono atei e razionalisti. Certo, però, come per le terribili fans dei Beatles, la devozione popolare può diventare violenta. Divora letteralmente i suoi beniamini. E gli è andata pure bene al Woytila da morto: in certe tribù africane i parenti defunti di grado elevato li si mangia subito dopo i funerali. Mica tanto, solo un pezzetto, una cosina simbolica. Antropofagia rituale, della variante religiosa.
In mancanza della "Omas di Dio", il febbricitante Socci, quello dagli occhi lucidi, lo sguardo stralunato da monaco medievale, la barba di sei settimane da condannato ("Tanto, che se la taglia a fa’? Sta pe’ mori’…", ripete ogni volta mia nonna toscana), per sapere qualcosa su "Sua Santità", una volta tanto preso alla lettera, dobbiamo contentarci del mistico agiografo Messori. Meno male, sul sito ha una rassicurante faccia da commesso di alimentari. Ma, attenti, è uno scrittore divino, e non nel senso che indulge al buon Chianti, ma che è ispirato direttamente dal Cielo. Quindi l’Ordine dei giornalisti gli fa un baffo, se lui "non controlla le fonti". Sono le "fonti" a controllare lui. E di ordini ne conosce solo una categoria: quelli dall’alto, anzi dall’Altissimo.
Ecco spiegato il suo scoop: l’immediato futuro ci riserva la beatificazione e la santificazione "a furor di popolo" di Karol Wojtyla. Ora lo dicono tutti, ma Messori è stato il primo a dirlo. Già bastava vedere il papa assorto sull’inginocchiatoio – osserva lo scrittore – per capire l’intensità speciale della sua fede. E anche i più distratti si sono accorti che la fiumana biblica accorsa a S.Pietro per eternarlo con i video-telefonini a futura memoria non "pregava per lui, ma lui stesso". Insomma, fate conto, dieci, cento, mille Padre Pio.
C’è stata una nobile gara, una lotta contro il tempo là "dove si puote ciò che si vuole", e alla fine l’algida Polonia è stata beffata dalla caliente America latina. Messori, che è addentro queste segrete cose, riferisce che a poche ora dalla sua morte sono giunte notizie dei primi "miracoli" del neo-taumaturgo Giovanni Paolo il Grande. Come il prodigio del bambino guarito a Zacatecas (Messico), ed altri verificatisi durante il pontificato di Wojtyla.
"Santo subito" esigevano gli striscioni. Il popolo buono delle tende e dei sacchi a pelo, che la sa lunga, ben più di quei corrotti cardinali di Curia, ha deciso: Karol sarà santo.
"Ma come, si fanno così i Santi?" obietterà qualche miscredente. E pensare che avevamo avuto da ridire perfino sull’acclamazione a Imperatori dei generali romani – che pure avevano superato regolari concorsi – da parte delle truppe. Sembra che per questo fosse crollato l’Impero Romano. Che sia agli sgoccioli anche la Chiesa Romana? O siamo noi laicisti ad essere più cattolici dei cattolici, troppo condizionati da civiltà giuridica, garanzie, ruoli, elites, procedure, divisione dei poteri?
Il carisma lo si conquista in strada, dice oggi la Chiesa. Lo Spirito Santo va in testa al popolo, non ai soliti potenti, ricchi e privilegiati della Curia. Ma sì, ecco perché il neo-cattolicesimo piace ai cinesi (tanto che hanno doppi vescovi: di Stato e privati): ha qualcosa di marxista. Non deve essere più la Chiesa sfruttatrice e di casta a cooptare i Santi, dopo lunghi e cavillosi processi con giudici corrotti e di destra, ma la gente qualunque, le casalinghe, gli anziani, i disoccupati, i giovani, insomma i consumatori.
A pensarci bene, un ragionamento che non fa una grinza, visto che sono loro in fin dei conti a doverli usare, i Santi. Perché il popolo ha "sensus fidei", istinto religioso, ricorda Messori. "Sensus fidei"? Buono a sapersi. Allora quando i fedeli osannavano Sant’Alessandro (Del Piero) e San Francesco (Totti) allo Stadio delle Alpi o all’Olimpico avevano ragione.
Solo, da gente pratica, ci chiediamo: dove metterlo? Sì, il nuovo santino di San Karol. Facciamo mente locale. Già tutti i parabrezza tra Terni e Lecce sono occupati da Padre Pio, tutti i cruscotti da Cuneo a Treviso ospitano papa Giovanni. In Campania "vanno" solo le decalcomanie di San Gennaro a Napoli città, e della Madonna di Pompei in provincia. Clonate al computer e vendute sottobanco a Forcelle. Sui cruscotti di Bari c’è già San Nicola che distribuisce orecchiette al povero: altre bocche da sfamare non sono ammesse. E c’è anche una diversificazione di status per neo-ricchi: nella Padania operosa sui cruscotti di finta radica delle Mercedes si adora l’esclusivo e griffato santo Escrivà, dell’Opus Dei. Lo devi pregare in "cravatta scura e dinner jacket". E attento al triplice inchino: ci tiene tanto. Nelle zone agricole, invece, contadini, paesani e vecchie zie ornano le Panda sgangherate con le cartoline color seppia anni ’40 della Madonna di Lourdes. Ma nelle Marche si espone quella di Loreto. Mentre nelle periferie urbane le vecchie Uno ostentano la contraddizione anatomica del Volto del Sacro Cuore. Santi elitari, "di nicchia", ornano i parabrezza panoramici dei pullman turistici, abbinati a cartoline di classe ("Souvenir de Monte Carlo", "Bibione by night", "La spiaggia di Santa Margherita nel 1890". A bordo di Tir, camion, furgoni e betoniere si adorano solo icone "sacre" (da "sacer", vietato) di Alessia Merz e Monica Bellucci senza perizoma.
Per San Karol non restano, perciò, che i motorini. Se il nuovo santo polacco vorrà accontentarsi. Ma il suo ufficio stampa potrebbe non considerarli "media di adeguata visibilità".
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