23 giugno, 2011

 

Non solo mercato e “liberismo” economico, c’è e deve esserci anche uno Stato liberale

La Costituzione della Repubblica italiana delinea un sistema economico misto, contraddistinto dalla necessaria compresenza di apparati pubblici e di iniziative attivate dai privati. Ciò esprime una concezione in cui l'economia è qualcosa di più del "market system". Si tratta di una concezione complessa, in cui il Governo non è onnipotente, ma non è nemmeno impotente rispetto alle richieste degli operatori economici e finanziari privati.

Nel contempo, la medesima concezione prevede che alcuni pubblici apparati siano in una posizione di neutralità e di terzietà rispetto agli attori politici, proprio per assicurare l'imparziale assolvimento dei compiti di istituto, a garanzia di specifici beni costituzionalmente protetti e dell'interesse generale di tutti i cittadini. Talvolta la Costituzione garantisce una condizione d'indipendenza ad alcuni pubblici funzionari –come espressamente previsto per i magistrati dell'Ordine giudiziario, ma lo stesso dovrebbe valere per altre Istituzioni, come, ad esempio, la Corte dei Conti – nel senso che essi non sono subordinati ai detentori del potere politico, cioè ai titolari delle funzioni di governo, a tutti i livelli, centrale, regionale, locale. Sono subordinati soltanto alla Costituzione ed alle leggi vigenti.

Richiamo di seguito alcune disposizioni costituzionali.
"La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali" (Art. 41, 3° comma, Cost.). Quindi, si prevede che l'attività economica possa essere sia privata che pubblica.
"La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati" (Art. 42, 1° comma, Cost.). Nel successivo comma si afferma lo scopo di assicurare la "funzione sociale" della proprietà privata.
"A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale" (Art. 43 Cost.).

Le modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 non interferiscono con le predette disposizioni, inserite nella prima parte della Costituzione. Ma è stato affermato il principio di sussidiarietà (in senso orizzontale): "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà" (Art. 118, 4° comma, Cost.). Ciò significa che quando privati cittadini, singoli e associati, si propongono per svolgere "attività di interesse generale", la loro iniziativa deve essere favorita dai pubblici poteri. I quali, contestualmente, rinunciano ad esercitare quelle attività tramite apparati pubblici (pubbliche amministrazioni, enti pubblici, aziende, eccetera). Va da sé che non basta proporsi. La gestione da parte dei privati deve realizzare l'interesse generale e, in particolare: i princìpi di "buon andamento" (ossia economicità, efficienza efficacia) e di "imparzialità" (che l'Art. 97, 1° comma, Cost. afferma per l'organizzazione dei "pubblici uffici"). Deve altresì realizzare il principio di "adeguatezza", stabilito dall'Art. 118, 1° comma, Cost., unitamente a quelli di sussidiarietà (in senso verticale) e di "differenziazione", per regolare la distribuzione delle funzioni amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, a partire dal livello più prossimo ai cittadini amministrati.

Si può concludere che la nostra Costituzione, nel modellare il sistema economico, respinge tanto il collettivismo integrale (tutti impiegati pubblici), quanto il liberismo integrale (meno apparati pubblici ci sono, meglio è, perché il supremo regolatore è il mercato).

La distinzione tra liberalismo e liberismo economico esce rafforzata dall'impianto costituzionale: si tratta, di volta in volta, di appurare quale soluzione gestionale realizzi meglio l'interesse generale dei cittadini e la tutela del bene comune.

Distinguere il liberalismo dal liberismo economico non significa che le due concezioni debbano necessariamente e sempre confliggere tra loro. La distinzione teorica si traduce nella consapevolezza di una non scontata coincidenza: significa che in relazione ad alcune scelte (valutate nel loro contesto temporale e spaziale, e nei prevedibili concreti effetti), i punti di vista possono concordare, mentre rispetto ad altre scelte divergere e magari contrapporsi. E che giudice di ultima istanza resta la coscienza individuale.
Per i liberali che colgono questa distinzione teorica, le pubbliche amministrazioni non soltanto non sono un male in sé, ma sono necessarie. Si tratta di organizzarle bene e di farle funzionare. Obiettivo che sembra impossibile soltanto a quanti, per pregiudizio ideologico, pensano che tutto ciò che è pubblico debba essere inefficiente ed antieconomico.

Il cattivo funzionamento delle pubbliche amministrazioni è la premessa perché abbiano campo libero faccendieri, intrallazzatori e speculatori di ogni risma. Anche la criminalità organizzata (mafia, camorra, 'ndrangheta, eccetera) incontrerebbe molti più ostacoli se ad ogni livello si incontrassero funzionari pubblici che fanno il proprio dovere, assolvendo con coscienza i propri compiti istituzionali.

In altra occasione ho ricordato che il Testo Unico "delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato", approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, stabiliva all'articolo 17, rubricato "Limiti al dovere verso il superiore", quanto segue:
"1. L'impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni.
2. Se l'ordine è rinnovato per iscritto, l'impiegato ha il dovere di darvi esecuzione.
3. L'impiegato non deve comunque eseguire l'ordine del superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale".

Queste disposizioni, rispondenti ad una saggezza amministrativa molto risalente nel tempo, servivano a puntellare in modo efficace il principio di legalità dell'attività amministrativa. In uno Stato che si ispira ai princìpi del liberalismo (e che, quindi, necessariamente si configura come Stato di diritto), non soltanto i governanti non possono imporre la propria volontà agli apparati burocratici quando questa volontà sia manifestamente contra legem, ma anche la stessa catena di comando gerarchica può spezzarsi. Ogni pubblico impiegato, che ha giurato fedeltà alla Costituzione della Repubblica e che è tenuto ad operare "al servizio esclusivo della Nazione" (come prevede l'Art. 98, 1° comma, Cost.), non è un automa che debba dare esecuzione comunque all'ordine del superiore gerarchico.

In altre parole, il principio di legalità dell'attività amministrativa è coerente con una concezione in cui i funzionari pubblici sono chiamati a realizzare ed a custodire l'ordinamento giuridico. Una concezione che chiede conto a ciascun funzionario, singolarmente considerato, ovviamente nei limiti delle sue attribuzioni e competenze.
Possono sembrare idee vecchie, superate. Oggi molti pensano che le ragioni dell'economia debbano prevalere sulle regioni della politica (e dell'ordinamento democratico rappresentativo). Sono convinti che le amministrazioni siano un impaccio, perché in ogni caso ritardano la velocità delle transazioni e degli affari. "La moneta deve girare", come si dice dalle mie parti.

Viceversa, distinguere il liberalismo (e la democrazia) dal liberismo economico significa riproporre il primato della politica sull'economia. Significa puntare sul primato dei valori umani. Ad esempio, esseri umani preoccupati del degrado dell'ambiente naturale e delle sorti del pianeta Terra, potrebbero liberamente e consapevolmente decidere di adattarsi ad un'esistenza più austera. Con meno beni da possedere, meno comodità. Con la prevalenza della ricchezza spirituale su quella materiale, dell'essere sull'avere.

Illusioni di "un'opposizione neo-romantica", come la chiama Luca Ricolfi (La Stampa, 22 giugno 2011)? Ricolfi è uno dei tanti intellettuali che pur avendo un passato "di sinistra", e magari pur continuando a definirsi "di sinistra", hanno subìto la fascinazione del liberismo economico. Il guaio è che pensa che liberismo economico e liberalismo siano coincidenti, per cui ritiene di interpretare pure il punto di vista dei "liberali".

I liberali autentici che fecero parte dell'Assemblea Costituente e che discussero e votarono la nostra Costituzione si richiamavano ad un'altra tradizione, ben presente nella storia d'Italia. Era costume, tra quei liberali, considerare migliori politici quelli che dimostrassero, nei comportamenti, di avere "senso dello Stato". Gli odierni antistatalisti programmatici, i teorici del "privato è bello", sono altra cosa. Dal mio punto di vista, sbagliano e ci sono solidissimi argomenti, ben radicati proprio nella cultura politica liberale, per confutarli.
LIVIO GHERSI


Comments:
Non mi trovo affatto d'accordo.
Lei parla di "solidissimi argomenti", ecco io vorrei che li esplicitasse, quanto sono solidi.
E' sufficiente una lettura di Mises, senza dover scomodare Rothbard per comprendere come la Costituzione Italiana sia scritta male, pensata peggio e tendente per forza di cose all'interventismo, il quale degenera PER FORZA, come spiega, lui si con solidissimi argomenti, MISES, nel socialismo più becero.
In realtà non esiste alcuna prova che un regime "misto" come lo definisce lei, o "interventista", come lo chiamo io e tutta la scuola economica austriaca, non degeneri in un socialismo sempre più marcato.
Ci sono evidenze del contrario. E anche basi teoriche che affermano che qualunque sistema interventista tende ad allargare sempre di più il raggio di azione governativo a scapito delle forze di mercato.
 
"Significa puntare sul primato dei valori umani. Ad esempio, esseri umani preoccupati del degrado dell'ambiente naturale e delle sorti del pianeta Terra, potrebbero liberamente e consapevolmente decidere di adattarsi ad un'esistenza più austera. Con meno beni da possedere, meno comodità. Con la prevalenza della ricchezza spirituale su quella materiale, dell'essere sull'avere."


Anche questa frase:
Lei dice "liberamente", ma liberamente in realtà è il frutto di leggi e costrizione, quindi di libero non c'è nulla.
SE IO VOGLIO, decido meno comodità SE IO NON VOGLIO invece, dovrei poter decidere il contrario.
Invece si pretende che sia il Governo a dirmi di fare una vita più austera per il bene del "pianeta".
E questo si chiama DIRIGISMO. Si trova agli antipodi del liberalismo.
Inoltre, i danni all'ambiente sono causati da una non corretta applicazione del principio di proprietà privata e responsabilità personale, che vengono frodati proprio dal sistema di leggi inventato dallo Stato.
Un esempio come tanti. Il mare è proprietà pubblica, per questo ci sverso gli scarti industriali.
A casa mia non sverso nulla.
Io credo che prima di addentrarsi in disquisizioni tra "liberalismo" e "liberismo" con le accezioni che ha dato a questi termini, sarebbe opportuno leggere attentamente e capire almeno due o tre libri di Mises.
Cominciando da "Socialismo"
 
E, infine ci sarebbe da parlare della solita, stantia, pseudo contrapposizione tra mercato e "valori umani". Non c'è nulla di più MORALE e pieno di valori UMANI di uno scambio volontario di servizi tra due parti.
E non c'è nulla di più IMMORALE e privo di ogni valore umano, di uno scambio coatto in cui una delle due parti costringe l'altra a sottostare ai propri capricci.
E' il socialismo e la politica che distruggono i valori umani.
Non il mercato.
Per quanto riguarda la solita frase secondo cui nel mercato conta solo l'economia, si può bellamente rispondere che anche nel socialismo. Solo che nel mercato devi per forza venire incontro alle esigenze del cliente.
Il socialismo è stato inventato per permetterti successi economici senza dover soddisfare il cliente.
 
Cittadini che per spirito umanitario/ecologico scegliessero una vita più austera non avrebbero necessità di legiferare in merito. Basterebbe iniziassero a praticare ciò che professano. Nel momento che legiferano, in realtà mirano ad obbligare gli altri ad adottare i loro stessi comportamenti... Alla faccia del liberalismo!

Né più né meno dell'approccio clericale che vuole regolato per legge conformemente alla morale cattolica quelli che ritiene "valori inviolabili e indisponibili dell'uomo".
Ritengo che il liberalismo vero sia altro.

Quanto a Ricolfi, condivido la sua stigmatizzazione dell'opposizione "neoromantica". La culla del liberalismo è per me il mondo anglosassone, molto pragmatico e poco romantico. Capace di coniugare (e rimodulare) settore pubblico e settore privato a seconda delle necessità.

Christian Arrobio
 
L’autore Livio Ghersi, se vorrà, potrà replicare. Da parte mia, visto il livello preconcetto e fanatico di qualche commento che ritiene soli autori degni di credito nello sterminato universo liberale due interpreti estremi e non centrali nella tradizione liberale come von Mises e Rothbard (oltretutto con un processo alle intenzioni, al non detto), voglio rivelare che ho deciso di pubblicare l'articolo proprio quando ho letto il 3.ultimo cpv. Che non impone proprio nulla, tantomeno è socialista come vaneggia Libertyfighter. Dice solo in grande sintesi (magari io avrei usato qualche parola esplicativa in più, come ho fatto sul mio blog Ecologia Liberale per esprimere concetti analoghi) che la distinzione dal liberismo è utile anche perché – mi permetto di completare – essendo quest’ultimo sempre collegato dagli ultra-liberisti al principio dell’accumulazione delle cifre, del fatturato, delle quantità, del prodotto interno lordo (arbitrariamente, aggiungo, perché non sta scritto in nessun testo di Liberalismo, anzi la Costituzione USA parla di “felicità”), questo potrebbe essere un utile supporto ai tanti che oggi, individualmente, decidono di puntare sull’essere, non sull’avere. Addirittura, sul non-consumo (con inevitabile calo del PIL, ma aumento della felicità personale e con diminuzione del degrado ambientale). E’ esattamente quello vado dicendo come liberale e come ecologista. Il fanatismo nevrotico (ben 3 commenti uno dopo l’altro: non è normale) impedisce – ormai lo conosco – al pur intelligente in teoria Libertyfighter di comprendere correttamente il testo facile d’un articolo. L’ira ottunde anche le intelligenze discrete dei caratteriali (sprecate, a questo punto). E così non afferra quello che qualunque scolaro di III.a media avrebbe dovuto capire dal brano: che non si parla di nessuna coazione, di nessun Governo autoritario o socialista, e che la scelta della prevalenza della “ricchezza spirituale su quella materiale, dell'essere sull'avere”, sarebbe semmai del tutto individuale, non certo imposta dall’alto o con leggi come dice Acrobio. E’ per la loro infantile emotività e il loro caratteriale polemismo erga omnes che gli ultra-liberisti un po’ anarcoidi, rothbardiani o viennesi che siano, non vinceranno mai.
 
Reputare Von Mises non fondamentale nel panorama liberale, significa semplicemente non aver capito le basi del liberalismo. Reputare Von Mises "estremista", idem. Si può considerare Estremista Rothbard, ma sicuramente non Von Mises.

Se stiamo parlando di persone singole che evitano di produrre e consumare perché (secondo loro) degradano l'ambiente o perché sono più felici così, non vedo dove sia il problema e perché dovremmo discuterne. Ci sono intere comunità negli states che vivono con la tecnologia dell'800. E sono pure felici così.
TUTT'ALTRO accade quando le decisioni ambientali le decide lo Stato.
Il protocollo di Kyoto non l'ho scelto io liberamente. Mi è stato imposto da una manica di ignoranti forti del "volere popolare" o meglio della demagogia che è alla base di qualsiasi democrazia, in cui non conta la conoscenza, ma il numero.
Quando, in nome del consumo di energia mi è stato IMPOSTO di rinunciare alle lampadine ad incandescenza per usare solo quelle a basso consumo, dove stava la libera scelta?
Quando in nome di una non meglio specificata "tutela della salute", mi si è cercato di impedire di mangiare fiorentine con l'osso, o pizze cotte a legna, dove stava la scelta libera?
Quando la comunità europea ha deciso che il pesce di paranza era illegale, dove stava la scelta libera?

Tu potrai pure non essere ferrato nel liberalismo, e nel frattempo potrai anche supporre di esserlo dimenticando di leggere gli autori veri, ma non puoi assolutamente dirmi che le decisioni imposte per via legislativa sono "libere".

Aggiungerei poi che non l'ho fatto per non apparire pedante, ma visto che tre commentini sono sintomo di fanatismo, allora ti comunico che di tutto l'articolo, si salva veramente ben poco. E per motivi concettuali.
Veniamo al dunque:

Una Costituzione che dice che la proprietà privata deve essere dallo Stato "indirizzata verso una funzione sociale", non è liberale.
La proprietà privata è un concetto ben definito. Una roba è mia e io decido come e se usarla. Nessuno si può permettere di "indirizzare" l'uso di una roba mia.
Questo fa parte dell' ABC del liberalismo. Non è una visione "estremista".
Casomai la Costituzione dovrebbe solo impedire gli usi della proprietà privata che arrecano danni diretti a proprietà o persone terze. Chi indirizza è socialista.

L'esproprio, non è liberale.
Si chiama FURTO. Non ha altri nomi.
 
Inoltre il "liberalismo integrale" non è:
"meno apparati pubblici ci sono, meglio è, perché il supremo regolatore è il mercato"

Questa è sempre la BASE del liberalismo.
L'estremismo è ZERO APPARATI PUBBLICI.
Se invece qui qualcuno pensa che sia sbagliato dire "meno apparati pubblici ci sono meglio è perché il supremo regolatore è il mercato", semplicemente NON E' LIBERALE.
Non è un liberale moderato, all'acqua di rose o sbiadito.
Riconosce la superiorità dello Stato, del PUBBLICO, rispetto al PRIVATO.
E dunque, fino a che non cambiamo ancora i termini per fare confusione, è un COLLETTIVISTA. Siccome il liberalismo è una teoria INDIVIDUALISTA, non può certo riconoscersi in esso. Il liberalismo riconosce la superiorità dell'INDIVIDUO sullo STATO.

Il cattivo funzionamento delle amministrazioni pubbliche non è la premessa per qualcosa. E' la CONSEGUENZA NETTA dell'esistenza delle amministrazioni pubbliche.
Non esistono amministrazioni pubbliche che funzionano bene per un periodo di tempo sufficientemente lungo. E' IMPOSSIBILE, come è stato dimostrato da uno dei due autori "secondari ed estremisti".

Ipotizzare "se il pubblico funzionario facesse il proprio dovere" è analogo a dire "se avessimo risorse infinite non avremmo problemi economici"
Fuori dalla realtà.

La tiritera sulle azioni contra legem che i funzionari si dovrebbero astenere dal fare si scontra sul fatto che CHI CHIEDE azioni "contra legem" è lo stesso Stato che ha il potere di CAMBIARE LEGEM. Quindi il tutto non ha senso. Lo Stato può farti fare tutto, al limite deve cambiare la legge, ma essendo in grado di farlo, è teoricamente onnipotente.

Le "ragioni della politica" sono un nome altisonante per dire le "ragioni della forza bruta". La politica, per un liberale è l'istituzionalizzazione dell'atto di forza.
Invece il pezzo sembra improntato sulla "divinità dell'azione politica", ovviamente quella buona, che esiste, sicuramente, anche se nessuno l'ha mai vista. Non è questione di uomini. E' questione di concetti.
La politica è un concetto sbagliato e sarà sbagliata e cattiva qualunque persona ci sia a comandare.
I "liberali autentici" quando hanno redatto la costituzione italiana, o non c'erano proprio, o dormivano, o semplicemente, come peraltro sostengono un pò tutti i liberali veri (veda a tal proposito Martino), sono stati schiacciati dalle richieste socialiste avanzate dal PCI e dalla Democrazia Cristiana.

Poi uno può non essere d'accordo con quanto ho espresso, è suo diritto. Ma non è suo diritto chiamarsi liberale se non condivide i punti suddetti.
 
Faccio notare che il fatto che i commenti siano multipli deriva dal fatto che il blog non accetta commenti troppo lunghi.

In parole povere. Liberale è uno che si fida DEL MERCATO, che reputa INVIOLABILE LA PROPRIETA' PRIVATA, e che NON SI FIDA MAI dei Governi e degli Stati.

Se non si possiedono tutte e tre queste caratteristiche non si è liberali. Punto e basta.
 
Facile quesito.
Per qualche motivo supponi che la sopravvivenza dello stato italiano sia appesa ad un filo. Dopodomani, in assenza di novità, il parlamento si sfalda, il governo cessa di funzionare e l'Italia va incontro ad una serie di secessioni sempre più piccole.
Per evitare questo tragico scenario è necessario andare a casa di Rossi Mario, un incensurato ed onesto operaio edile e ucciderlo. E' l'unico modo per evitare lo scenario descritto.
Cosa fai?
 
Odio le polemiche fini a se stesse, cerco di esporre il mio pensiero con pacatezza.
Nico Valerio giustamente ricorda che la Costituzione USA parla di perseguimento della felicità. Felicità ora come allora significa innanzitutto avere la pancia piena, e quindi avere un lavoro che permetta di riempirla a sé e ai propri famigliari. Non capisco quindi questo contrapporre la politica all'economia, o voler assegnare ad una delle 2 un primato. Entrambe lavorano per far sì che il singolo possa ricercare la propria felicità (che non coincide, comunque, con la pancia piena o con un lavoro). Il sistema viaggia bene quando entrambe viaggiano insieme. E' fuor di dubbio che vada un po' rivisto il paradigma economico fatto di PIL, fatturato e via di seguito, il mondo e le sue risorse non sono infiniti, anzi, perciò una rappresentazione economica fatta solo di PIL in crescita è una rappresentazione falsa. Il liberismo può sicuramente essere riformato e migliorato, non penso che possa essere accantonato o sostituito con sistemi "dirigisti".
Non capisco pertanto come si possa distinguere fra liberalismo e liberismo, che sono le 2 faccie della stessa moneta: l'una riguarda la politica, l'altra l'economia. Fra l'altro insieme penso costituiscano la teoria politica più naturale, più vicina alla realtà delle cose. Il liberismo in economia e il liberalismo in politica hanno dimostrato di essere più efficienti di altri paradigmi nel descrivere le dinamiche con cui si muovono gli uomini; socialismi e fascismi partono da presupposti idologici che la realtà dei fatti ha dimostrato errati. Liberalismo in politica e dirigismo in economia non mi sembra possano viaggiare insieme: se dico castronerie attendo ben volentieri di veder esempi concreti che dimostrino il contrario.
Quanto al prof.Ricolfi, non mi piace quando si giudica qualcuno sul fatto se sia di sinistra o di destra. L'essere "di sinistra" (o "di destra") non è di per sé un punto di merito o di demerito. L'importante è che ciò che dice sia basato su dati oggettivi, verificabili, cosa che ritengo faccia solitamente il personaggio in questione.


Christian Arrobio
 
Beh, il commento di Christian lo trovo molto in sintonia col mio pensiero. Liberalismo in economia e pure in politica. Poi, chiamatelo come volete.
Un paio di precisazioni. La "ricerca della felicità" così come è presente nella Costituzione USA, rimanda ad una felicità puramente soggettiva, che per inciso potrebbe anche essere:
"non avere la pancia piena, non avere un posto dove dormire, non avere nulla".
Quando in Italia si parla di Felicità, si pensa sempre ad una politica che debba garantire la "felicità". Come peraltro disse Prodi a suo tempo. La politica NON PUO' conoscere quale sia la felicità soggettiva di ognuno dei suoi cittadini. Deve quindi astenersi da definirla e astenersi dal cercare di "indirizzare" le persone verso quello che essa crede sia la felicità.
Teniamo presente che la felicità potrebbe essere un misto di desideri materiali e spirituali. Ma dal momento che di essa fan parte anche i desideri materiali, anche la ricerca della felicità rientra nel campo economico. Infatti le risorse materiali sono SCARSE e quindi è realisticamente IMPOSSIBILE accontentare tutti.
Questo per dire quanto possa essere sbagliato ragionare in termini non economici. L'economia coinvolge QUALUNQUE COSA non sia a disponibilità INFINITA e costo NULLO.
 
Mi dispiace aver suscitato l'indignazione del Signor "Lottatore per la libertà". Spero che la sua pressione non si sia troppo alzata per colpa mia.
Il Signor "Lottatore per la libertà" ritiene di essere un autentico liberale? Benissimo, allora converrà con me che ciascuno ha i suoi gusti. Per lui Ludwig von Mises è stato la massima incarnazione del liberalismo? Libero di pensarlo. I miei gusti sono differenti. Possiedo diversi libri di von Mises, ma, nonostante sia un lettore allenato, capace di digerire libri non propriamente leggeri, non sono stato conquistato da questo autore. Direi, anzi, che ne sono stato respinto. Miei limiti, ovviamente. Ad esempio, Mises argomenta che il nazismo avesse torto perché realizzava uno Stato socialista. Io penso che il nazismo avesse torto perché era illiberale, totalitario e schiacciava gli individui. Che poi si traducesse pure in una variante di socialismo di Stato, per me è un dettaglio.
Il Signor "Lottatore per la libertà" ha scritto due cose, per me degne di nota. La prima: "Il mare è proprietà pubblica, per questo ci sverso gli scarti industriali. A casa mia non sverso nulla". E' vero che gli individui spesso hanno cura della propria casa, del loro giardino se ne possiedono uno. Hanno cura del proprio pezzo di terra se, per diletto, o professionalmente, si dedicano al'agricoltura. Tuttavia, non riesco ad immaginare che il vasto mare possa essere suddiviso in tanti piccoli lotti e che ciascuno venga ricondotto alla responsabilità di un singolo individuo.
L'individuo non è una monade, vive in un contesto. Gli piaccia, o non gli piaccia, le sue condizioni di vita, la sua serenità, dipendono in considerevole misura dai comportamenti di altre persone. Se qualcuno "sversa nel mare" provoca certamente danni ad altri esseri umani. Di conseguenza, è rispondente all'interesse generale che ci siano funzionari, poliziotti e giudici, che, nelle varie fasi, si occupino, di prevenire, di reprimere, di giudicare e di condannare chi commette reali ambientali, avvelenando beni comuni come la terra, l'acqua, il mare, l'aria.
Qualche apparato pubblico, dunque, è necessario. Io attribuisco molta importanza al fatto che non tutti gli Stati storicamente conosciuti siano uguali, nel rapporto con i cittadini. So distinguere tra uno Stato dittatoriale, uno Stato totalitario, ed uno Stato liberale che è uno Stato di diritto.

Palermo, 23 giugno 2011
Livio Ghersi

(prima parte di due)
 
La seconda cosa scritta dal Signor "Lottatore per la libertà" che mi sono appuntato è che: "nessuno si può permettere di indirizzare l'uso di una roba mia". L'economia attiene, per definizione, alla gestione di beni non illimitati; dei quali si ponga un problema di scarsità. Ho l'impressione che il Signor "Lottatore per la libertà", così come i maestri da cui ha imparato, immagini il mondo come se ancora fossero disponibili le sconfinate praterie del Far West. Invece, esistono fenomeni come la sovrappopolazione, o la riduzione di risorse primarie (come l'acqua potabile), che oggi rendono oggettivamente molto meno sicuro e certo il fatto che una cosa sia "roba mia".
Si può reagire all'incertezza del futuro rinchiudendosi nel proprio egoismo e cimentandosi in una sorta di guerra permanente contro gli altri esseri umani, visti come pericolosi competitori, da tenere a bada.
Per quanto mi riguarda penso che l'egoismo sia uno stadio da superare. Ogni esistenza umana è processo, svolgimento, divenire. Ci andiamo trasformando nel tempo, non solo nel fisico, ma anche nel modo di pensare. Il metodo liberale, aperto al confronto con i più diversi punti di vista, può servire a trovare, nell'esercizio della propria libertà, la strada per dare una sempre maggiore importanza a beni spirituali, non suscettibili di valutazione economica, rispetto ai beni materiali. Tra i beni spirituali rientra certamente l'esigenza di un rapporto migliore possibile con gli altri esseri umani.
Taccio del Creato, in cui tutto nasce come dono, e dell'idea del buon Dio — che pure nella mia dimensione soggettiva sono importanti — perché probabilmente, d'accordo con Ricolfi, il mio interlocutore liquiderebbe questi riferimenti come espressione di una sensibilità neo-romantica.

Palermo, 23 giugno 2011
Livio Ghersi


(seconda parte di due)
 
Il signor livio ghersi evidentemente non ha ben capito la letteratura da me suggerita. Mises non è un libro di narrativa che può piacere o non piacere. Dice delle cose che sono giuste o sbagliate.
Si dia il caso che nell'analisi economica Mises è quello che dice le cose più corrette. Questa, mi spiace per lei è una realtà oggettiva. Ma capisco che se il suo modo di usare i libri di Mises è per reggere la porta dello studio, poi diventa difficile.

Parliamo del nazismo.
Il nazismo aveva torto, secondo Mises perché realizzava un socialismo.
Per lei invece perché era illiberale e totalitario e schiacciava gli individui.
Ordunque, siccome "socialismo" e "totalitario, illiberale e schiaccia individui" sono SINONIMI secondo l'accezione misesiana, non vedo alcuna contraddizione.
Viceversa per lei che non ha ben compreso il pensiero e gli studi misesiani, per un "qualche arcano motivo" il nazismo diventa totalitario e illiberale, ma questo non perché sia un socialismo.
Lei ipotizza socialismi buoni ed utili, che non esistono ed è per questo che fondamentalmente lei è un socialista.
Invece il nazismo era totalitario, illiberale e schiaccia individui SEMPLICEMENTE IN QUANTO SOCIALISMO.
Cosa che si fa sempre finta di non vedere.
Anche il Comunismo era illiberale e totalitario semplicemente perché SOCIALISMO, non perché Stalin era cattivo e mangiava i bambini.
A Cuba c'è un regime illiberale e totalitario perché SOCIALISTA.
Non perché Castro sia la reincarnazione del Demonio.
E potrei andare avanti.



Sull'esempio del mare, forse non mi sono spiegato bene. Le esteriorità negative esistono perché non è tutelato a dovere il diritto di proprietà. E questo perché siamo in uno Stato che da un lato lo afferma e dall'altro se lo mette sotto le scarpe. Resta così individuato un parlamento che diviene nei fatti "proprietario" del mare e decide autonomamente SE e CHI perseguire per eventuali sversamenti in mare, a prescindere da quali cittadini vengano danneggiati e da chi.
So che il mare non è facilmente privatizzabile, ma l'esempio voleva far capire che in un sistema a diritto privato le esternalità negative possono essere tenute a bada molto più che in un sistema a diritto pubblico.
Si pensi ad esempio agli elefanti indiani, che si stavano estinguendo fino a che erano protetti dallo Stato. Quando l'India ha deciso di permetterne la vendita e lo sfruttamento ai privati, gli elefanti si sono moltiplicati e vengono usati con successo per diversi lavori.
(prima parte di due)
 
E veniamo al resto della sua livorosa (e la capisco), quanto sconclusionata replica.
Sappiamo tutti che l'individuo non è una monade. Infatti vive in società e progredisce e sta meglio attraverso scambi volontari e divisione del lavoro. Il liberalismo o liberismo è forse la filosofia che più tiene a mente che si vive in società.
Il liberalismo se fossimo monadi, non sarebbe mai sorto.
Lo schiavismo, o se preferisce, il socialismo invece SI.
Non c'è bisogno di interazioni e giochi di società per costringere qualcuno a sottomettersi, basta la forza bruta.

Inoltre, della sovrappopolazione ne parlava già MALTHUS e in ogni epoca storica si è sempre convinti che ci sia sovrappopolazione, salvo poi, almeno fino a guerre che ci sterminano, constatare che le generazioni successive campano in molti di più in quello stesso lembo di terra che era giudicato sovrappopolato duecento anni prima.
Sovrappopolazione è un concetto limitato nel tempo e pure nello spazio. Basti pensare che la Cina, il Brasile, la Russia, gli Stati Uniti e pure tutta l'Australia sono DESERTI. Sottopopolati da schifo.
Se poi il concetto di sovrappopolazione è che tutti devono vivere a Roma centro....

L'acqua potabile... Sparizione di risorse di acqua potabile?
Impossibile. Abbiamo degli strumenti tecnologici che servono a potabilizzare l'acqua. Al costo di meno di una bomba, tali strumenti hanno reso potabile l'acqua del Tigri e dell'Eufrate a Baghdad.
L'acqua potabile scarseggia? Se si fosse in un libero mercato (ma in Italia la demagogia sull'acqua pubblica ha fatto danni seri), il prezzo dell'acqua tenderebbe a salire, scoprendo opportunità di guadagno per nuovi capitali che vi investissero, ad esempio comprando i potabilizzatori.
L'aumento di produzione di acqua potabile tenderebbe poi a soddisfare più facilmente la richiesta e a far calare i prezzi.

Certo che se invece di vederla come un bene economico e quindi da assoggettare al libero mercato, la vediamo come un bene infinito e sempre a disposizione di tutti, e quindi da far gestire al pubblico, è chiaro, o almeno dovrebbe esserlo ad un liberale, che la direzione che si prende è sempre e solo una.
L'acqua razionata.

Riguardo alla "roba mia", anche qui ha dei concetti piuttosto confusi.
E' proprio in quanto i beni sono scarsi e c'è competizione che il miglior modo possibile per dividerli è il libero scambio.
Ci sono solo due modi di dividere dei beni scarsi. Il libero scambio e la spoliazione (e qui cito Bastiat).
Se dice che è sbagliato vedere gli altri come competitori e concorrenti, implicitamente sta dicendo che bisogna vedere qualcuno come spoliatore. Che toglie a chi ha per dare a chi non ha, secondo logiche che non mi va neppure di approfondire in quanto è sbagliata la premessa. Il togliere coattamente a qualcuno che ha.

Per quanto riguarda il resto, la diminuzione dell'egoismo, i beni spirituali e quant'altro, il suo punto di vista, per quanto interessante è personale.
Io ad esempio non vedo alcun male nell'egoismo e non trovo contraddizioni nell'avere tanti beni materiali e tanti spirituali.
In ogni caso, se proprio vuole privarsi di beni materiali, sono disposto a lasciarle il numero della mia postepay onde riversare a me il contenuto attivo del suo conto in banca e dedicarsi a proficue elucubrazioni spirituali.
In particolare sto dicendo che è un giudizio di valore il reputare nocivo l'egoismo e più utile un bene spirituale di uno materiale.
E un giudizio di valore, come ben sa è soggettivo e non generalizzabile.
 
Infine vorrei stemperare un pò gli animi. Non mi piace fare polemica, non mi piace aggredire verbalmente gli altri. Il problema è che per definirsi liberali bisogna credere in alcuni principi. E da questi principi si deriva poi tutto il resto mediante ragionamento. C'è tutta Human Action di Mises a spiegarlo. Un pò come la geometria. Si parte dagli assiomi e si dimostrano i teoremi.
Gli assiomi del liberalismo sono la superiorità del diritto privato sul pubblico, la sacralità della proprietà privata del proprio corpo e di tutto ciò che si è acquisito mediante scambi volontari. Se non si crede in questi due punti cardine, non è giusto definirsi liberali.
Si fa un torto sia a se stessi che a coloro che leggono.
 
1. LIBERALISMO OPPOSTO ALL’ANARCHISMO: LEGGE, REGOLE, CONTROLLI, PARLAMENTO, BENEVOLENZA, SOLIDARIETA’. E SOPRA AL MERCATO UNO STATO LIBERALE. Libertyfighter, hai parlato tanto, hai superato lo spazio a tua disposizione, ora fammi concludere. Ho letto anni fa 2 o 3 libri di von Mises ma non ricordo giudizi così tranchant ed estremistici contro la democrazia liberale. Quindi o sarà colpa tua o di Rothbard. Ma vista la parodia che ne faceva Martino, il quale sosteneva di avere il diritto di fumare in faccia agli altri le sue sigarette inoculando migliaia di composti cancerogeni (contestando, anzi, che provocassero il cancro!), e che vietare il fumo in pubblico è un atto da Stato autoritario, l’ala dell’estremismo anarco-capitalistico è ormai totalmente screditata presso i liberali.
Ormai ci conosciamo da tempo. Voi anarchici di Destra avete in comune coi fans del rock la psicopatologia isterica degli adolescenti: elevare il cantante preferito a guru, eroe eponimo, santone, e ignorare tutti gli altri 1000 autori, oltre alla Storia stessa della Musica (ovvero il Liberalismo). Non si fa così: il Liberalismo è l’intera cultura e storia liberale, non solo Stuart Mill o Einaudi o tantomeno solo Mises interpretato in modo tendenzioso. Io p.es. trovo in tutti gli autori qualcosa di buono, e ricordo che mi piacque anche Mises: non sono così fanatico da pretendere che uno solo mi dia tutta la “verità”.
Tu sei un anarco-capitalista e ti esprimi in conseguenza. Il liberalismo non c’entra nulla, è solo una copertura lessicale, perché un’altra cosa brutta di voi anarchici o ultra-conservatori è che vi vergognate del vostro nome. Come i nudisti, che vogliono farsi chiamare, senza esserlo, naturisti.
Il Liberalismo è l’opposto, è il tuo avversario. "Le decisioni imposte per via legislativa sono forse "libere?", chiedi, tradendoti. Certo, viste dall’Unico di Max Stirner, dal Singolo individuo anti-sociale e reazionario per cui tutti sono sempre “troppo liberali, troppo socialisti, troppo comunisti” (ecco, almeno gli anarchici seri capivano che avevano qualcosa in comune…), dal super-individuo, dal selvaggio isolato fuori del consorzio umano... Al limite potrei darti ragione in parte come naturista amante di boschi e montagne (anch’io ho un piccolo lato anarchico che razionalizzo così… ma dura poche ore a settimana). O vuoi il governo diretto, la polis greca con soli 1000 cittadini, e tutti gli altri 200 mila schiavi? Trovo gravissima e tipicamente anarchica, non liberale ma anti-liberale, questa frase che attacca insieme il diritto e la democrazia rappresentativa, cardini del Liberalismo in quanto mezzi dello Stato di diritto, l’unico che possa distinguere tra diritti e prepotenza, libertà e privilegio. (continua)
L’individualismo sfrenato e velleitario, si sa, porta al caos, alla prevalenza di esigue minoranze,.alle rivolte sociali, all'autoritarismo. All'opposto il liberalismo democratico è fondato sulla Legge e sulla rappresentanza. E la legge che crea i diritti e li distingue dalla prepotenza. E se sei in minoranza devi rispettare la decisione della maggioranza, cioè le leggo. Ti riempi la bocca di America, ma se là ti dovessi comportare coerentemente con le tue idee rischieresti grosso: lì arrestano per un nonnulla (continua).
 
2. LIBERALISMO OPPOSTO ALL’ANARCHISMO (continua). E poi è patologico, patetico, credimi, vedere il socialismo dappertutto. Non è da persone intelligenti, ma fanatiche e fuori della realtà. Il socialismo non esiste più. Tutto il dibattito odierno è all’interno del Liberalismo stesso. E poi lo stesso socialismo nacque come continuazione del liberalismo, per superarlo (invano). Esci dalla tua tana di ultimo combattente giapponese: oggi tutti i socialisti sono liberal-socialisti, dei…”liberali di sinistra”. Segno, appunto, che il Liberalismo ha vinto. Ha vinto, ma si è anche evoluto. Ha vinto perché variegato, elastico, capace di mille sfaccettature. Non una cosettina chiusa, ideologica e rigida come dici tu, che neanche andrebbe bene per amministrare il comune di Graffignano (VT). E oggi si occupa di tutto e prevede una risposta, anche solidale, morale, etica, a tutto. E’ sempre stato così: i Grandi Autori, i Grandi Politici liberali sono magnanimi e aperti (appunto, non gretti e meschini, ma benevolenti e generosi, cioè “liberali”): il fanatismo è tipico degli allievi meno intelligenti. Noi liberali, come dice il nome e la nostra Storia, non siamo malati di egoismo, rozzi, individualisti pazzi e odiatori del genere umano, come sembra a leggere gli ultra-conservatori e gli anarco-capitalisti. Il Liberalismo è opposto al Conservatorismo, figùrati all’anarchismo. E nel PLI non avevano alcuna simpatia per gli estremisti Thathcher-Reagan. Malagodi, che pure era un liberale di destra, da presidente dell’Internaz. Liberale trattò molto male la Thathcher.
E la solidarietà non è una cosa socialista. Hai letto le Lezioni di politica sociale di Einaudi, o anche lui è un pericoloso marxista? Lo “statalista” Keynes aveva la tessera liberale, lo sai? Perfino l’arido Cavour, oltre a fare l’Italia dall’alto, visto che i cittadini non erano maturi, dava incentivi a più non posso, e lamentò in un saggio commissionatogli dalla Gran Bretagna che il Piemonte e tutta l’Italia non manifestassero abbastanza solidarietà per poveri, carcerati e malati. Lo Stato liberale deve facilitare l’esercizio dei diritti di libertà dei cittadini. Ed Einaudi diceva che i cittadini (la domanda, i consumatori) devono sapere, devono avere gli stessi diritti dei produttori. Ma se così non è? Devono essere aiutati a porsi su un piede di parità con l’offerta. Se no, il finto mercato è solo un trucco per avvantaggiare i produttori o i soliti pochi speculatori. E l’Unione Europea oggi, solo oggi, lo ha capito. Ecco perché ci sono le Autority. E il liberale Zanardelli che creò le Ferrovie dello Stato (giustamente, superando i tanti monopoli locali che gravavano sui cittadini lucrando le rendite di posizione senza investire) sarà nella tua follia un Komunista!
E del resto non solo lo spettro del comunismo, usato come spauracchio continuo da Mussolini e Berlusconi, ma anche il socialismo puro non esiste più. Non capirai mai, non ammetterai mai, come un conte Monaldo chiuso nel suo mondo, che la moderna società di massa, le grandi dimensioni degli Stati, la globalizzazione, i legami tra Stati ecc. fanno sì che si siano attenuate le grandi differenze tra i tre Poli della democrazia liberale: liberali in senso stretto, liberal-conservatori e liberal-socialisti. Permangono differenze, certo, ma non come in passato. Ed è la Politica che deve scegliere tra questa opzioni.
Quindi, finiamola qui, ti prego di non insistere: anche lo spazio web dei blog non è infinito.
 




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