05 maggio, 2010

 

150 anni di Unità d’Italia. Da Quarto il 5 maggio partono Garibaldi e i Mille

La Storia insegna? Sì, ma solo agli intelligenti, e se leggono i libri. Gli ottusi campanilisti delle varie leghe del Nord e del Sud, sul cui livello culturale e scolastico nascono ogni giorno gustose vignette satiriche, perché come tutti gli stupidi danneggiano gli altri ma anche se stessi, non sanno che i Mille garibaldini che partirono di nascosto da Genova Quarto erano molto più intelligenti e infinitamente più colti di loro. Erano quasi tutti idealisti mazziniani e intellettuali repubblicani. Tra i Mille si contavano quasi 800 "padani" (trad.: italiani del Nord), molti dei quali di Milano, Bergamo e Brescia, e ben 100 medici e farmacisti, 50 ingegneri, 150 avvocati, 500 artigiani e commercianti. C’erano anche 71 siciliani. Ed era stato proprio il siciliano Crispi, in nome dei patrioti conterranei che già si erano sollevati contro gli ottusi Borboni, a pregare Garibaldi di liberare la Sicilia dall’odiato tiranno.
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Si celebra oggi la ricorrenza di un secolo e mezzo dalla partenza avventurosa - il 5 maggio 1860 - dallo scoglio genovese di Quarto, della spedizione dei Mille capitanata da Giuseppe Garibaldi. Fu l’evento davvero risolutore del nostro Risorgimento, perché condusse, anche al di là delle aspettative e contro l'attendismo dei moderati, alla tanto desiderata unità d’Italia.
La figura dell'irregolare generale nizzardo, una delle più belle e forti del nostro Ottocento, accanto a quella di Cavour, lucido e decisivo stratega politico, è di quelle che basterebbero da sole a disegnare un'epoca.
I Mille, liberali idealisti accorsi da tutt'Italia e perfino da vari Paesi d'Europa, erano giovani, inesperti e mal equipaggiati. Si imbarcarono su due navi a vapore, Piemonte e Lombardo, nascostamente messe a disposizione dal Regno di Sardegna, ed arrivarono a Marsala per dare inizio alla conquista del Regno delle Due Sicilie. Erano discretamente appoggiati dalla marina inglese.
Il Regno delle Due Sicilie si disintegrò al primo urto a Calatafimi, pur avendo un esercito regolare decine di volte più numeroso, molto meglio equipaggiato e preparato. Ma debole perché corroso dalla corruzione e dall'autoritarismo ottuso dei Borbone, privo del consenso di un popolo mantenuto ignorante, offeso dall'ingiustizia, taglieggiato dai privilegi dei vassalli locali (un sottopotere anarcoide fondato su bande private che poi darà luogo alla Mafia).
La dichiarazione dell’Unità d’Italia avvenne nel marzo 1861. E infatti nel 2011 si concluderà il ciclo di cerimonie commemorative che si è appena aperto, sotto il titolo di "Luoghi della Memoria". E che memoria! Mai l'Italia,
aveva avuto, dopo l'antica Roma, glorie maggiori.
Con la deposizione di una corona d’alloro, portata da due corazzieri, ai piedi della stele celebrativa della partenza dei Mille da Genova Quarto - riferisce La Stampa sul suo sito web - il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha avviato le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il presidente della Repubblica accompagnato dal ministro della Difesa si è recato davanti al monumento dei Mille per assistere agli interventi del sindaco di Genova e del ministro per i Beni culturali. Al termine, sulla terrazza sottostante il monumento ha visitato l’area destinata a ospitare la stele con incisi i nomi dei mille garibaldini.
Poi il Presidente ha dato il segnale di partenza della traversata celebrativa Genova-Marsala che ricorda l’impresa dei Mille. Alla regata prenderanno parte due barche con equipaggi composti da noti velisti tra cui Mauro Pelaschier e Francesco De Angelis. Arriveranno a Marsala l’11 maggio dopo avere toccato Talamone e Porto Santo Stefano, come a suo tempo le navi che trasportavano i garibaldini. Successivamente il corteo presidenziale è giunto alla Stazione Marittima dove il Capo dello Stato si è trasferito sul ponte di volo della nave Garibaldi e accompagnato dal ministro della Difesa e dai vertici delle Forze Armate ha passato in rassegna un reparto schierato con bandiera e banda. Dopo aver visitato una mostra di reperti storici ha firmato l’albo d’onore sulla Garibaldi.

Ci piace questo Presidente ex-comunista che ricorda paradossalmente il grande presidente liberale Luigi Einaudi. Ha raccomandato in questa occasione di ritrovare la concordia e lo spirito unitario, ed ha criticato giustamente le volgari strumentalizzazioni politiche anti-unitarie e anti-risorgimentali. Ma soprattutto - ha detto - dobbiamo «incitare noi stessi ad avere un po’ più di orgoglio nazionale». Che oltretutto è fondamentale anche per ricostruire ("L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli Italiani") la nostra immagine all'estero, immagine che le stupide contestazioni di Lega Nord e neo-borbonici del Sud contribuiscono ad abbassare in modo autolesionistico, con esiti disastrosi perfino sul piano commerciale. Ma, si sa, l'intelligenza e il buon senso non sono tipici di questi gruppi, che altrimenti non avrebbero assunto posizioni così ottuse, smentite dalla grande storiografia a cominciare da quella meridionalistica, tutta fatta di grandi intellettuali meridionali.
Come controprova, basta vedere il diverso piglio di francesi, inglesi e tedeschi, Nazioni non diversamente travagliate e divise storicamente dell'Italia, ma con borghesie molto più colte e intellettualmente meno provinciali.
Del resto, l'Italia già è piccola e poco influente nell'economia globalizzata dove contano solo i grandi numeri e gli Stati forti. E' una piccola provincia dell'Europa, che comincia a sua volta ad essere poca cosa rispetto ai giganti Stati Uniti e Cina. Suddividerla ancora in regioni o macro-regioni, tornare indietro nel tempo, sarebbe folle: saremmo tutti più deboli. E solo pensare che Veneto o Sicilia, Lombardia o Campania, possano da sole competere sui mercati internazionali e anche nella considerazione politica degli stranieri è ridicolo. Ma questo i provinciali sottoculturali della Lega Nord e del Sud, con tanto di patetici neoasburgici e neoborbonici, non lo capiranno mai. Per capire bisogna aver studiato la Storia, e da come parlano o scrivono al Sud e al Nord si capisce subito che il loro problema principale è l'ignoranza.

Comments:
"Ci piace questo Presidente ex-comunista che ricorda paradossalmente il grande presidente liberale Luigi Einaudi [...]".
Mi pare un po' forzato come paragone.
A me personalmente questo Presidente non piace. E non perché — sia ben chiaro — è un ex-comunista. Mi sembra soltanto un vecchio brontosauro capace solo di fare discorsi (già, dimenticavo, di questo sono capaci tutti i politici; e mediamente la logorroicità è inversamente proporzionale alla materia grigia).
Tradotto: una sorta di burattino coi fili magistralmente guidati dal Primo Ministro e dal suo entourage ... ma forse esagero.
Comunque — senza alcuna retorica — viva l'Italia!

Mario Pezza
 
Il paragone non è estemporaneo: siamo in molti a pensare che la dignità, riservatezza e neutralità (almeno apparente, ma in politica conta ciò che appare...) di questo Presidente trovino un precedente proprio nello statista ed economista di Dogliani. E' un salto all'indietro di molte presidenze, tutte troppo diverse dal riservato e taciturno e austero Einaudi: Ciampi, Scalfaro, Saragat, Pertini, Leone, Gronchi. L'unico liberale era Ciampi, ma troppo ciarliero, simpatico e interventista per essere paragonato al primo Governatore della Banca d'Italia...
Napolitano - dici - asservito al Primo Ministro? Non direi: ha rimandato indietro più d'un provvedimento (come, appunto, Einaudi). E più non può fare, se il Governo insiste. In Italia non c'è una diarchia costituzionale.
E figurati se mi sottraggo al "Viva l'Italia"!
 
Bravo! Sono con te.
 
6 maggio 1860, ore 2.30 circa.
Un migliaio di ardimentosi capeggiati da Giuseppe Garibaldi partono per la Sicilia con l'intento di costruire, costi quel che costi, la Patria tanto agognata. Nei loro sogni un'avventura che si chiama Italia.
150 anni dopo, da alcune parti, tristi parti, si cerca di infangare quell'impresa, quegli uomini, e tanti altri che hanno creduto, hanno lottato, sono morti, per l'Unità Nazionale.
Già nel 1911 per il Cinquantesimo, i socialisti di allora, in nome di una non ben chiara Internazionale, cercarono di far passare in sordina l'avvenimento. Oggi molto peggio. Anche all'interno dello stesso Governo, si dileggia la Bandiera, il Risorgimento, l'Unità Nazionale. E oltre: la solidarietà, l'accoglienza, la storia e la cultura degli altri.
Il ridicolo teatrino di questa gente che non conosce la storia, né ha avuto orecchie per ascoltare quella raccontata dai propri avi, non ci deve far sorridere, ma preoccupare. Come ci deve far preoccupare lo squallido razzismo di nefasta memoria che pretende di dividere l’Italia tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, assumendo a diritto di residenza o di cittadinanza il reddito; riformando le classi in base alla capacità economica. Di quanti secoli vogliamo far retrocedere la storia e la civiltà? Tutti concordiamo sulla necessità di punire chi vìola la legge e di perseguire con fermezza i malfattori. Ma la miseria non è sinonimo di delinquenza e le lotte di Garibaldi in difesa dei deboli e dei diritti sono quanto mai attuali, in qualsiasi parte del mondo si trovino. A coloro che accusano l’Eroe di aver rovinato la Padania, ricordo che la sua prima moglie, Anita, è morta nelle paludi di Comacchio, gravida di 7 mesi, per aver seguito Garibaldi nel disperato tentativo di liberare Venezia. Venezia, non Palermo. Si ripassino la storia.
L'Unità nazionale è un simbolo ed una conquista che non si tocca. La solidarietà anche. Dimostriamo riconoscenza ai nostri avi partecipando alle manifestazioni in ricordo di quegli eventi, di quel coraggio, di quella voglia di Italia. Non solo per i mondiali di calcio.
Renato Garibaldi
 
Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo "150° Anniversario dell'Unità d'Italia" http://uniroma.tv/?id_video=15950

Ufficio Stampa di Uniroma.TV
info@uniroma.tv
http://www.uniroma.tv
 
Libro su Garibaldi- Bellissimo e tecnico, ma piacevole e rapido (come il Generale), il volume gratuito ristampato dall'Ufficio Storico dell'Esercito, dal titolo "Il generale Giuseppe Garibaldi". Va assolutamente letto: descrive minuziosamente tutti i dettagli, le decisioni, i movimenti di Garibaldi e dei suoi belle varie Campagne di guerra in Italia. Gli autori, episodio per episodio, furono storici generali o ufficiali superiori dell'Esercito nei primi del 900. E' una ristampa (con qualche erroretto) dell'edizione degli anni Trenta.
Il bello nel bello è che rivela particolari non conosciuti e incredibili.
 
Grande Garibaldi, hai ragione (del resto i documenti storici parlano chiaro), fu chiamato, addirittura a lungo implorato dai patrioti liberali meridionali, che odiavano come tutta la popolazione del su gli ottusi e crudeli Borboni. E davvero Garibaldi si batté per la libertà e dignità delle popolazioni meridionali. E anzi l'appoggio di massa del popolo siciliano (ben diverso in tutto da quello napoletano) ai garibaldini lo dimostra. Fu quella anzi dopo i Vespri la seconda e più grande occasione di riscatto del popolo meridionale dopo secoli di servitù.
 




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