16 agosto, 2009
Volli: "Allora, per usare il linguaggio della Chiesa", io sono un bieco illuminista"
Le recenti commistioni con la politica di Governo, in Italia, con l’appoggio imprevisto e imbarazzante di noti atei politici o giornalisti che hanno deciso cinicamente di strumentalizzarne l’appoggio a fini di consenso elettorale e di carriera personale, i funerali religiosi negati ad un cattolico reo di aver voluto staccare la spina elettrica che lo condannava ad un’impossibile non-vita, la crudeltà inutile e vendicativa imposta alle coppie che chiedevano la fecondazione medica, la chiusura medievale alla scienza, le continue intromissioni, anche legislative (e qui scatta la fattispecie di clericalismo della classe politica parlamentare di Destra e Sinistra), nella vita dei cittadini, anche protestanti, ebrei o non credenti, devono aver intaccato in modo sensibile il rapporto tra autorità cattoliche e comunità, anche nella sua piccolissima fetta cattolica praticante.
Il linguaggio rozzo e medievale, aggressivo, degno più d’un comizio politico che d’una predica, di cardinali o vescovi della Conferenza episcopale italiana, ha dunque le sue motivazioni. Si torna ad attaccare, ovviamente nemici inesistenti, a tagliare l’aria con gli spadoni contro i mulini a vento, quando si è in difficoltà.
Lo provano le rilevazioni statistiche e demoscopiche. Piazza S. Pietro semivuota durante i discorsi di papa Ratzinger (di qui la reazione isterica alla battuta sui "quattro gatti" a Rai-Tre), le minori richieste all’udienza papale, sono state due segni allarmanti per la Curia. Il Papa non "tira" più sul piano della comunicazione di massa, e attrae sempre meno turisti, perfino dalle cittadine delle province più depresse.
La Chiesa deve aver capito ormai che senza il grande imbonitore, l’ex attore Woytila che nulla lasciava al caso e che naturalmente era portato a teatralizzare e spettacolarizzare gli eventi attirando perfino il voyeuristico giovane "popolo dei telefonini" (v. la satira sui funerali in "San Karol" e il consuntivo sul suo pontificato, "Woytila e la Chiesa", sulla newsletter del Salon Voltaire), la semplice parola del professore di teologia Ratzinger, per quanto austera e passatista, non basta. Certo, anche Giovanni Paolo II era reazionario, come del resto "deve" essere un Papa, che non vende progresso, libertà e scienza, ma paure, inferni e paradisi, divieti, condanne morali, autoritarismo, privilegi, miti. Ma sapeva vendersi meglio, usando magistralmente la parola. Non quella di Dio, ovviamente, ma la propria.
In tempi di crisi, insomma, la Curia di Roma e la Cei stanno tentando di abbarbicarsi agli assurdi privilegi che la nuova classe politica clericale assicura, facendo mostra ridicolmente di voler tornare indietro, prima della Rivoluzione francese, comunque "superando perfino le norme fasciste del Concordato" (prof. Domenico Maselli, della Comunità delle Chiese Evangeliche, a Radio Radicale il 16 agosto). Ecco la nuova violenza verbale su scuola, divorzio, aborto e pillola abortiva, e fine vita.
E con le stupide espressioni Ancien Régime la Chiesa si tradisce da sé come sorpassata, perdente, ostica e bizzosa come un vecchio rimbambito. Pura ottusità, autolesionismo. Sembra di assistere (proprio gli stessi errori) alla rovinosa caduta del Comunismo!
Sull’ultima, poco rispettosa, poco cristiana, molto aggressiva, definizione della Cei d’una sentenza del Tar in materia di ora di religione a scuola ("bieco illuminismo"), ho il piacere di riprendere l’articolo di Volli apparso sulla benemerita agenzia Informazione Corretta, di cui condivido ogni riga, compresa naturalmente la critica al Voltaire antisemita, come tanti intellettuali del suo tempo.
NICO VALERIO
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Cartoline da Eurabia
ECCO, LO AMMETTO, SONO UN "BIECO ILLUMINISTA"
di Ugo Volli
da Informazione Corretta, 14 agosto 2009
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"Cari amici, prima che continuiate a leggere queste cartoline, devo farvi una confessione. Poi deciderete se sono degno della vostra attenzione. Ecco, lo ammetto: sono un "bieco illuminista", per usare l'espressione impiegata ieri dalla Cei a proposito della sentenza sull'ora di religione. Bieco illuminista. Proprio bieco. A parte Voltaire, il cui antisemitismo è insopportabile, e Rousseau che illuminista non era davvero, ho simpatia per quasi tutti quegli intellettuali che nel Settecento lavorarono per fare uscire l'umanità o almeno l'Europa dalla sua "minore età" per dirla con Kant: Kant stesso, naturalmente e Diderot e D'Alambert e Lessing coi suoi tre anelli e naturalmente il nostro buon Mendelsohn. I predecessori inglesi e scozzesi, da Locke a Hume a Adam Smith, i padri della nazione americana, da Whashington (avete mai letto la sua nobilissima lettera agli ebrei di Newport sulla libertà di religione?) a Hamilton e Madison e Franklin. Sullo sfondo la figura geniale e modesta di Spinoza.
Se c'è una ragione al mondo per non arrendersi al medioevo islamico, una ragione per sperare che ce la faremo a lasciare alle prossime generazioni un mondo più decente, sta proprio nell'eredità di questo "bieco illuminismo". Mentre la Chiesa stava ancora spazzando le ceneri degli ultimi eretici bruciati vivi, e teneva gli ebrei chiusi nei ghetti cercando di umiliarli e maltrattarli fino alla conversione, quando gli stati assolutisti pretendevano conformità religiosa e personale, questi eroi borghesi, senza corazze e senza bandiere, tracciavano l'idea di una società libera, equilibrata, razionale, aperta. Leggete "La libertà e i suoi nemici" di Isaiah Berlin per capire che non si tratta di una mera questione di storia delle idee. Che la chiesa usi illuminista come un insulto mostra come la questione bruci ancora.
E se proprio devo autodenunciarmi, aggiungerò che fra "l'umanesimo cristiano" che piace al Papa e "l'umanesimo ateo" che egli gli contrappone identificandolo col terribile nichilismo, se proprio devo scegliere fra queste due pietanze così mal tagliate, io che sono ebreo scelgo il secondo che per me diventa l'umanesimo tout court, senza qualificazioni confessionali. Tanto più che ieri mi sono imbattuto in una citazione del papa attuale, che qualcuno vuole considerare un amico dell'Occidente, pronunciata quand'era capo del Sant'Uffizio. Scriveva dunque Razinger (la citazione si trova sul "Times" di Londra, 27.6.90, per questo è in inglese): "The freedom of the act of faith cannot justify a right to dissent. This freedom does not indicate freedom with regard to the truth, but signifies the free determination of the person in conformity with his moral obligations to accept the truth." Capite la sottigliezza teologica di uno che non è certamente illuminista, né bieco né no? "La libertà dell'atto di fede [cioè il fatto che la fede deve venire dal cuore e non può dunque essere imposta, UV] non implica affatto un diritto al dissenso. Questa libertà [della fede UV] non autorizza affatto una libertà rispetto alla verità, ma equivale solo alla libera determinazione della persona a conformarsi al suo obbligo morale di accettare la verità" Cioè certo, la fede non può che essere libera. Ma libera solo di credere alla "verità" che decide la Chiesa, non libera di non crederci o di dissentire. Se no si viola la norma morale che impone di riconoscere la verità vera, quella della chiesa. Ratzinger lo sostiene ancora: la ragione consiste nell'aderire alla fede (cattolica). Per questo si spaccia per un razionalista. E dove ha potuto, la Chiesa come l'Islam ha sempre trovato solide e magari brucianti ragioni per appoggiare la libertà di osservare la norma morale di credere quel che è giusto credere.
E' un po' come l'ora di religione, che per carità, dicono i vescovi non è catechismo ma cultura, insegnamento della verità sulla fede. Gli italiani non possono restare ignoranti su una dimensione così importante delle nostre radici culturali, lo spiega anche Cacciari. Peccato solo che il corso su cui si discute si chiami "insegnamento della religione cattolica", non buddista o ebraica o raeliana né tantomeno "storia delle religioni"; che gli insegnanti non siano selezionati per la loro conoscenza storica ma per la loro ortodossia; e che per garantire questa ortodossia vengano selezionati non da un'università o da un concorso statale ma dal vescovo, che può sempre togliere loro il gradimento (e con esso l'incarico), se per caso li scoprisse inclini al "bieco illuminismo" o a qualche altro pericoloso errore "contro la verità". Per questo, cari amici, io non potrei mai insegnare cultura religiosa, che pure stimo quasi quanto il buon cattocomunista sindaco di Venezia. Il fatto è che sono un bieco illuminista umanista ateo nichilista. E anche ebreo. Il peggio del peggio. Adesso che lo sapete, per il bene della vostra anima, non leggete più le mie cartoline. Puzzano di zolfo!.
UGO VOLLI