21 gennaio, 2006
Un'ombra sul settennato. Se "Ciampino" segue la lobby dei giudici
Proprio alla fine del mandato, quando cadono remore e inibizioni e un Presidente può essere finalmente se stesso, Ciampi ha censurato una legge che toglieva quel di più persecutorio, inutilmente borbonico e statalista, ai ricorsi dei processi, allineando almeno in questo l’Italia a qualche democrazia liberale d’Europa e d’America. D’accordo, gli italiani – vecchia storia – avendo la coda di paglia e sapendo di essere portati a infrangere la legge per genetica indisciplica, sono per lo più "innocentisti". Ma che ci sia "disparità di trattamento" in quanto al numero di ricorsi possibili, tra accusa e difesa, ci sembra irrilevante: è la difesa dei diritti dell’individuo, non la "tutela dei diritti dell’accusa" il problema in Italia. E lo scopo della norma non è garantire gli stessi "round" come nella boxe, ma appurare nella "verità processuale" se Tizio è colpevole o no. O al primo o all’ultimo processo. E se la sua innocenza viene trovata subito, in primo grado?
D’altra parte, anche in casi estremi, è inutile prolungare la tortura di processi, indagini e magari carcerazione, quando le prove portate dagli inquirenti (con tutte le polizie che abbiamo in Italia) sono modeste o inesistenti. Un processo non è "la verità" assoluta, né un giudizio morale completo sull’uomo, ma solo una decisione presa dopo che le parti hanno detto le loro ragioni. Se queste - sufficienti o insufficienti che siano - portano in primo grado ad una assoluzione, perché insistere? Ormai le prove sono quelle, ben poco di nuovo verrebbe fuori da nuove indagini. Sarebbe solo un di più inquisitorio, un’inutile e costosa persecuzione, il cui unico scopo è quello di confermare il Potere dell’Accusa, e indirettamente le Alte Prerogative dello Stato sul cittadino. Assurdo, poi, che la Cassazione, visto che c'è, non possa pronunciarsi sulle illogicità evidenti e sui vizi di contentuo d'una sentenza, anziché soloi sui vizi di forma.
Il Presidente, insomma, è sembrato cadere malamente su questioni giuridiche di lana caprina che non sono tutte farina del suo sacco, ma il frutto dei superpagati e pletorici uffici di consulenza al Quirinale, e in primis del segretario generale Gifuni, ma anche – si vocifera – delle pressioni della corporazione dei giudici e del loro organo di autocontrollo, in realtà ormai vera e propria lobby extra-costituzionale. Tanto che c’è stato perfino chi ha lamentano che sulle telefonate sicuramente intercorse al riguardo tra Quirinale e giudici, non siano state rese note finora intercettazioni telefoniche. Come a dire: ma come, ormai intercettano cani e porci, perfino la badante russa del piano di sotto, e mancano nei computer di Carabinieri e Finanza proprio le dritte di questo o quel politico (o magistrato) alla Presidenza della Repubblica? Comunque, Ciampi ha sbagliato. Una brutta ombra sul suo settennato.