23 gennaio, 2006
Sinistra: la levatrice nascosta nel sottoscala. E quella della Destra?
Se Mannheimer o Piepoli si prendessero la briga di sottoporre un grande sondaggio sul liberalismo in Italia, siamo sicuri che verrebbe fuori che gli Italiani d’accordo con tutti i punti tipici del liberalismo, dal mercato ai diritti civili, dall’anti-Stato alla correttezza dei bilanci, dal merito al laicismo, non sarebbero più – ed è grasso che cola, del 30 per cento. Con tutto che l’Italia fa parte dell’Occidente sviluppato. E questo, non perché, come qualcuno scrive, certi temi liberali sono superati (al contrario, sono tutti ancora attuali, se no il liberalismo non sarebbe l’unica dottrina al mondo che funziona), ma proprio perché gli Italiani non sono geneticamente liberali. Sono corporativi per interesse, protezionisti per paura, statalisti per raccomandazione, clericali per tradizione, comunisti (fascisti o anarchici) per ribellione.
Il nostro Risorgimento, per Gobetti fu una "rivoluzione incompiuta". Ma ringraziamo il Cielo che ci fu. Oggi sarebbe impossibile. Fu un miracolo laico, portato a compimento solo per la furbizia del grande Cavour, grazie anche a colpi di mano, finanziamenti inglesi, corruzione dell’esercito borbonico e alcuni trucchetti. Altrimenti in Italia avremmo ancora venti staterelli. Fa sorridere, ma oggi nella Penisola tira una tale aria reazionaria, clericale e localista che un Risorgimento e una Unità d’Italia non sarebbero più possibili. Pera, Casini e Buttiglione, che non sono né Rosmini né Gioberti, con l’appoggio cinico di sparsi teo-con e neo-con (in francese, lett.: "nuovi coglioni"), proporrebbero una "federazione sotto il Papa". Solo Pannella rifarebbe la Breccia di Porta Pia. Ma risvegliamoci dall’incubo: per fortuna il Risorgimento c’è già stato.
Ma proprio perché sono così poco liberali (e infatti tutti si definiscono tali), gli Italiani sono inclini al tribale e triviale scontro di uomini e sigle, senza veri programmi. Come per le squadre di football. Perché, del resto, tifare Milan o Roma? Per una particolarità dello stile calcistico, per la qualità del gioco, al limite per un sano campanilismo (milanesi tutti i giocatori del Milan, romani quelli della Roma)? No, solo per simpatia, antipatia, emotività infantile, spirito di gruppo, conformismo, odio settario. Tutti vizi italiani. Ebbene, una psicologia simile si è ormai impossessata della politica italiana. Non si vota per convinzione sui programmi, e infatti i partiti non li mostrano. E solo così, tacendo ambiguamente, riescono a fare l’en plein dei voti.
Ma un vero programma c’è, ed è comune sia al cosiddetto (ma è solo un nome) Centro-destra, sia al sedicente (ma è solo un nome) Centro-sinistra: populismo, demagogia, scelta dei peggiori, raccomandazioni degli amici, settarismo, sottomissione alle corporazioni, alle grandi banche, ai sindacati, agli impiegati pubblici, al Vaticano, agli gnomi di Strasburgo e Bruxelles. Il deficit di liberalismo è enorme, da una parte e dall’altra. Con qualche differenza, però: nella Casa delle libertà di liberalismo si parla senza quasi farlo o facendolo a dosi omeopatiche (però il Presidente si vanta di essere "liberale"), anche perché ogni partito ha la maggioranza o una grossa minoranza anti-liberale. Mentre nell’Unione va anche peggio: non se ne parla neanche, e non solo per timore di ben tre interi partiti anti-liberali (Comunisti italiani, Rifondazione e Verdi) e di un terzo dei Ds. Eppure qualcosina di liberale si aspettano i Poteri forti, il Corriere, e non più d’un decimo degli elettori di sinistra, se la Sinistra va al Governo. Di qui il silenzio drammatico ed eloquente di Prodi.
Già, ma noi liberali che facciamo? Ognuno, come sempre, si cercherà la sua soluzione individuale? Sta iniziando la campagna elettorale e nessuno sa quali sono i programmi della Casa delle libertà e dell’Unione. Un deficit non di trasparenza, ma di quella sana "contrattualità" liberale tra politici ed elettori molto più grave di qualsiasi conflitto d’interessi, perché tocca non la credibilità d’un candidato ma l’intero sistema politico, ed è di per sé fonte di corruzione ideologica e di disaffezione dei cittadini. Altro che Partito democratico nella Sinistra al posto degli ex trinariciuti post-comunisti, come vorrebbe giustamente il Corriere (ma si dovrebbe fare solo su un valore nuovo e rivoluzionario – dice bene Panebianco – cioè "l’anticomunismo democratico", campa cavallo…). Per ora abbiamo solo l’apporto di quei liberali ultrà, attivisti senza schema, che sono gli amici Radicali. Come la levatrice di Socrate ci provano a tirar fuori dalla pancia della Sinistra un neonato liberale. Missione difficile, quasi impossibile. Potrebbe venirne fuori un feto malformato. Per il quale s’imporrebbe l’aborto. Ma se la Sinistra ha il maieuta storico Pannella, sia pure relegato nel sottoscala, quale levatrice liberale avrà la Destra?
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